2. There's nothing wrong with just a taste of what you've paid for
Solo l'entrare nell' appartamento mi fa sentire meglio. Lei mi sorride e si siede al bordo del letto. Indossa una vestaglia blu di raso che le cala sulla spalla sinistra, ed è legata alla cinta in modo molto affrettato. L'apertura sul davanti mostra la pelle candida ed io vorrei accarezzarla. Ha un piccolo neo sul seno sinistro, ed ha colorato le labbra di vermiglio, e sembra disegnata.
Non può essere solo una prostituta. Perché ci sono delle regole chiare e precise, ed io la guardo e voglio infrangere ognuna di quelle regole.
Prima di tutto, è severamente vietato anche solo tentare di darle un bacio sulle labbra. Non posso baciarla. Non vuole baciarmi. Non ha senso. E' straziante. Io vorrei solo sedermi accanto a lei e prendere il suo volto tra le mani ed assaggiare quelle labbra. Sono morbide e piene. Sono rosse come il sangue.
Odio non poterlo fare.
Lei mi sorride. Un'altra cosa che odio è cominciare a chiedermi se mi tratta allo stesso modo di tutti gli altri suoi clienti. O se faccia mai qualcosa di unico per me.
Io sono solo un nuovo paio di scarpe o dei soldi messi da parte per un futuro migliore. Sono nervoso e lei mi fa segno di sedermi accanto a lei.
Io la guardo ed è strano. A differenza di tutte le altre donne con le quali sono stato sperando di dimenticare Jordan, lei è l'unica che non voglio e non riesco ad immaginare sia Jo. Le altre erano tutte inutili e vuote. Ed io ci mettevo tutta l'energia che potevo nel fingere che loro fossero Jordan, che loro fossero belle e interessanti quanto lui, che loro sapessero anche solo lontanamente toccarmi ed amarmi ed eccitarmi come sapeva fare lui.
«Hai tagliato i capelli? Stai bene, così...» dico guardandola. Non so perché, ma mi sudano le mani. E lei mi guarda sorpresa, passandosi le dita tra i capelli scuri. Si, probabilmente nessuno dei suoi clienti si sofferma a guardare i dettagli. Probabilmente nessuno dei suoi clienti le fa mai un complimento sincero. Mi viene la nausea. Immagino tutti quegli uomini dirle cose volgari e mi si stringe lo stomaco.
«Grazie...» dice quasi sottovoce, ed è imbarazzata. Si che è imbarazzata. Non è giusto. Così diventa tutto più complicato.
Non doveva ridere quel giorno, e non doveva ringraziarmi ora. E non deve essere imbarazzata. Le prostitute non hanno diritto di sentirsi in imbarazzo. Così si complica tutto. Perché non deve esserci anima, né sincerità, né sentimento. Non deve esserci nulla. Assolutamente nulla. E invece così c'è una vera persona. Lei non è solo un corpo a mia disposizione, ora. Lei ha sorriso ed ha mostrato un leggero velo d'emozione, allora lei non è più solo una prostituta. Lei è una persona con dei sentimenti ed un'anima ed io ho intravisto tutto questo ed ora non riesco più a pensare di poter andare a letto con lei per dimenticare Jo dimenticando poi anche lei. Io non riesco a pensare più a nulla.
Mi viene da chiedermi se gli altri clienti la rispettano. E se ha un protettore. E se ha scelto lei di fare questa vita. E se quando si guarda allo specchio le viene la nausea come sta venendo a me al pensiero di uomini schifosi e sudati sopra il suo corpo candido. Sopra e dentro di lei.
E voglio sapere il suo vero nome. Ora voglio conoscere la vera lei. Quella che c'è quando non è in questa camera, mezza nuda, impegnata a rendere felici uomini repressi dalle proprie mogli, o chissà cos'altro.
«Ti trattano bene?» domando d'un tratto.
Lei mi guarda aggrottando lievemente le sopracciglia, incerta. Si morde un pò il labbro.
Voglio infrangere tutte quelle regole.
«Come?» chiede.
«Gli altri clienti... Gli altri uomini che vengono qui... L'uomo che è stato qui prima di me, ad esempio. Ti tratta bene?».
«Certo...» dice quasi infastidita. Un'altra emozione. Cazzo. Non va bene.
Ero venuto qui per scoparmela e liberarmi mente e corpo. Non per metterci anima e sentimenti ed emozioni.
«Sono io a scegliermi i clienti. Non sono una puttana da strada» aggiunge senza guardarmi. Sembra offesa ed io mi sento una merda. Cazzo. Non va bene per niente.
«Scusa. Non volevo offenderti» borbotto nervoso.
Lei ora finge un sorriso. Finge. So che sta fingendo.
Probabilmente vorrebbe darmi fuoco. Probabilmente vorrei darmi fuoco anche io.
«Vieni qui...» dice poi.
Con la sua mano fina e bianca mi stringe il polso leggermente e mi tira a sé.
Voglio infrangere ognuna di quelle regole.
Non è più solo una prostituta.
Sono a pochi centimetri da lei, seduto nello spazio al suo fianco al bordo del letto, e lei avvicina il viso al mio collo e sento il suo respiro sulla pelle e vengo attraversato da miriadi e miriadi di brividi.
Voglio baciarla.
Cazzo, non va bene. Nella mia mente non voglio far altro che baciarla. Mentre lei poggia le labbra sul mio collo, voglio solo che le poggi sulla mia bocca.
Voglio infrangere tutte quelle regole.
La sua mano scivola lungo il mio braccio, poi torna su, poi si poggia dietro la mia nuca ed infila le dita tra i miei capelli ed io sono dannatamente eccitato e voglio scoppiare. In questo preciso istante.
E' solo una prostituta.
E' solo una dannata prostituta.
Però voglio credere che sia solamente mia. Che non sia di tutti quegli uomini che lei appaga in cambio di soldi. Così sono il primo ed unico uomo, mi dico, il primo ed unico uomo al quale lei sta baciando il collo, e poi l'unico al quale lei sbottona i jeans, e poi voglio esplodere, perché sto sudando ed il mio cuore è impazzito e le sue labbra sono vicino al mio orecchio ed ogni suo respiro mi fa perdere i sensi.
Voglio baciarla.
«Voglio baciarti.» dico d'un tratto fermando il suo volto tra le mie mani. I nostri sguardi si penetrano e i nostri volti distano di pochi millimetri. Lei è seria. Immagino che mi detesti. Immagino di essere solo l'ennesimo cliente rompicoglioni.
«Non puoi baciarmi. Sai che non puoi farlo.» dice seria, e in un secondo tutta quella magia sparisce.
Sono solo l'ennesimo cliente rompicoglioni. Fanculo.
Quasi con uno scatto si allontana da me e si stringe la vestaglia blu sul corpo, ed io la guardo mentre lei guarda altrove.
«Mi dispiace...» mugugno, tirando fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette.
Ne prendo una, poi porgo il pacchetto a lei. Lo guarda con la coda dell'occhio, poi allunga una mano e ne afferra una. La mette tra le labbra.
Continuo a voler infrangere tutte le regole.
Le porgo l'accendino con la fiamma accesa, lei aspira, la sigaretta brucia, poi sputa fuori una nuvoletta di fumo bianco e denso che si perde nell'aria, e in un attimo si alza e va ad aprire la finestra dall'altra parte della stanza.
Mi guardo intorno e non c'è niente di lei, qui. Niente che mi possa aiutare a capire chi sia. Voglio sapere chi è. Voglio conoscerla.
«Come ti chiami?» domando dopo un attimo di silenzio.
Lei non si volta nemmeno a guardarmi. Ha lo sguardo fisso sulla strada. Io quando sono qui dimentico che fuori c'è un altro mondo.
«Sai come mi chiamo» dice.
«Juliet non è il tuo vero nome. Come ti chiami?» insisto.
Voglio sapere tutto di lei. Non so assolutamente nulla, di lei.
La sento sbuffare e mi maledico. Voglio rivedere un suo sorriso.
Un suo sorriso sincero.
«Ok. Perché hai scelto Juliet?» domando allora, sperando di non sembrare invasivo, con questa domanda.
Lei si volta verso di me e scrolla le spalle «Romeo e Giulietta. Il loro amore è durato poco, ma è stato decisamente intenso... » spiega, con un'aria sognante negli occhi.
Lei vuole l'amore. Io voglio l'amore.
Io vogliolei. Spengo la sigaretta nel posacenere sul comodino e mi alzo «La persona di cui sono innamorato mi ha detto che sta per sposarsi...» dico mormorando, camminando a passo lento verso di lei.
Voglio abbracciarla. Sento il disperato bisogno di stringermi a qualcuno. In modo diverso, stavolta.
Lei sembra davvero dispiaciuta. Mi chiedo se anche lei ama qualcuno. Sicuramente c'è qualcuno che ama lei. Sicuramente lei appartiene a qualcun altro. Sicuramente.
Come tutti appartengono a qualcuno.
Io sono solo. Tutti hanno qualcuno, tranne me.
E lei è in grado di capire di cosa ha bisogno un uomo. Perché lei mi stringe in un abbraccio.
Il suo profumo mi fa partire il cervello e poggio le labbra sulla sua spalla.
Eppure non vorrei che fosse Jordan. Non lei. Voglio che sia lei.
«Perché non posso sapere il tuo vero nome?» domando dopo un pò. Mi aspetto che lei mi scansi, ma resta abbracciata a me.
«Perché quando sono in questa stanza sono Juliet.» risponde parlando contro il mio corpo.
«Voglio sapere chi sei fuori di qui...» mormoro.
Lei non dice nulla. Mi chiedo se non sto esagerando. Ma non riesco a resistere alla tentazione di voler conoscere la persona che è in realtà.
Non so nemmeno quale sia il suo vero nome, eppure mi sento così legato a lei.
Cazzo, non doveva davvero mostrare di provare emozioni!
«Posso invitarti ad uscire?» domando poi. Lei sospira, sollevando il volto. Mi guarda. I suoi occhi scuri mi penetrano. Credo che voglia sorridere. Credo che le piaccia il fatto che sono così interessato a lei.
Voglio crederlo.
O forse le faccio pena. Forse sembro un idiota sfigato e disperato. Forse si è accorta che sono solo.
Non ho nessuno.
Però poi quel luccichio negli occhi che magari mi sono solo immaginato, sparisce.
«Puoi invitare Juliet. E tutto ha un prezzo.» dice.
Non ce la faccio. Voglio esplodere. Voglio sapere chi diavolo c'è dietro questa Juliet. Se solo così è tanto affascinante, com'è quando è davvero sé stessa? Mi gira la testa.
Lei è la mia valvola di sfogo, ed invece ora mi faccio tremila domande e non so rispondere a nessuna di queste e voglio esplodere e sapere chi diavolo è in realtà Juliet. E' straziante.
Cazzo. Se non ci metti l'anima, non soffri. Non dovevamo metterci l'anima. Io ci ho messo l'anima. Fanculo.
«Quanto vuoi per venire a cena con me stasera, e passare tutta la notte con me?» domando. Lei non risponde, ed io deglutisco sentendomi strozzare «Ti prego. C'è la festa di fidanzamento del mio ex e sarà una tortura.» supplico.
Lei fa una smorfia, poi scrolla le spalle «Non sarebbe meglio evitare di andarci?» mi chiede.
Certo che sarebbe meglio. Annuisco. Poi di nuovo lei si spoglia di ogni indifferenza e sorride. Sempre quel sorriso. Sempre sincero «Puoi restare qui, se vuoi.» dice quasi sussurrando.
Dio, ecco un'altra cosa che odio. Non sapere se lo sta dicendo pensando a quanto mi costerà comprare una notte intera con lei, o se lo dice perché vuole farmi stare meglio.
Credo sia la prima ipotesi, ma spero nella seconda, in realtà.
Sono uno stupido, un coglione, e sono disperato.
Non voglio vedere Jordan e Liz, e i sorrisi, le congratulazioni, buona fortuna, state così bene insieme. Fanculo. Odio Jordan ed odio Liz ed odio me stesso ed odio Juliet che mi rende così vulnerabile. Odio averci messo sentimento ed anima ed emozione. Odio lo sguardo di Juliet in attesa di una risposta. Odio chiedermi se vuole me o i miei soldi. Odio il fatto che pronuncio un «Ok, starò qui.» mentre vorrei piangere ed esplodere perché non so affatto cosa voglio. L'unica certezza è che voglio infrangere tutte le regole. Voglio baciarla. Voglio baciare qualcuno. Voglio baciare la ragazza che si nasconde dentro Juliet.
«Voglio sapere chi sei...» mormoro ancora una volta.
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