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Capitolo 4


«Se dovevi rompere così tanto perché non sei andata con lui?!» chiese Morgan offesa.

«Perché se non fossi venuta qui con te me l'avresti rinfacciato a vita. Ed è più facile convivere con il rimpianto di non essere andata alla festa degli amici di Theodore e Brant che sopportare i tuoi musi lunghi ad vitam! Lui di certo non se la prenderebbe in quel modo se rifiutassi... » Ma Lily si era accorta di aver formulato la frase in modo errato.

Cosa che non sfuggì all'amica, svelando la vera entità della situazione. «No! Non ti ha invitata! È così?»

Ok, Morgan era intelligente e perspicace. Ma lo era troppo.

Sempre. In ogni caso.

Era fastidioso.

«Già» ammise con noncuranza. «Non me l'ha detto e, per la cronaca, non mi dispiace. Insomma, dopo averlo incrociato» sorvolò sul fatto di essersi incrociati anche sotto le lenzuola. «Al college, ci sono uscita cinque volte! Se me l'avesse chiesto, sarei scappata a gambe levate. Odio le colle.»

«Si certo, come no, e io ho lo stesso quoziente intellettivo di Megan Fox!»

«Perché ti sopravvaluti così tanto?» era volutamente ironica.

Tanto da far sfoderare la lingua all'amica, che continuò sadica nella sua opera di distruzione. «Lo sai che a quella festa in pompa magna dove ci sono tutti i giovani blasonati c'è pure Cecil?»

«E sai che oltre a Theodore da molestare c'è pure Brant e mille altri ragazzi con dei titoli veri?» cercava di non dare in escandescenze.

Eppure sapeva bene perché una come Cecil doveva mettere gli occhi su Theodore. Non era nobile, ma era di famiglia molto benestante.

E, per una come lei, abituata a puntare al meglio sul mercato, era un ottimo boccone, anche se non le portava un titolo. Che tra l'altro, lei già aveva. L'unico motivo per cui non le interessava davvero cercare un aristocratico.

Essendo duchessa, pochi potevano avere un titolo più prestigioso del suo, ovvero i principi e i re.

Morgan alzò le spalle. «Ma Brant e io almeno abbiamo formalizzato la cosa. Tutto il mondo sa che usciamo insieme!» E, per sottolineare la cosa, bevve dal suo bicchiere.

Anche loro due erano a cena da amici.

O meglio, amici di Morgan.

Quelli che Lily vedeva volentieri, ma a piccole dosi. E soprattutto, non tutti.

Gli amici più stretti della compagna di stanza erano simpatici e tranquilli, gli altri, degli schizzati da paura capaci di compiere ogni gesto.

Una volta li aveva visti presentarsi ubriachi alla festa di beneficienza del padre di Morgan, un ambasciatore, vestiti con le pinne, il boccaglio e le paperella attorno alla vita.

Si giustificarono semplicemente con un "Anche noi volevamo contribuire alla causa. Volevamo salvare le foche a modo nostro!"

C'era da dire che i pochi amici che Lilian aveva lasciato a Manchester erano diversi.

Casinari certo, ubriaconi anche, ma meno... plateali.

Lily si alzò e la trascinò verso il buffet degli stuzzichini. «Se non la pianti giuro che ti uccido, e poi la serata si svolgerà in modo diverso. Sarà la riproduzione reale di Cluedo. Solo che, al contrario del gioco in scatola, l'assassino non verrà mai svelato.»

«Come sei acida Mrs Peacock!» rispose l'altra, sorridendole allegra per prenderla in giro in modo sfacciato.

«È colpa tua! Per una volta che non ho paturnie, vuoi farmele venir tu?» La guardò male per chiudere il discorso.

Morgan alzò le spalle, allontanandosi per andare alla toilette e lasciarla al proprio destino, ovvero nelle grinfie del proprietario di casa.

«Ehi, ti cercavo! Ho organizzato questa festa solo per te!» le disse allegro nell'abbracciarla. «Sei splendida.»

«Grazie Ben, anche tu sei sempre in forma» rispose con cortesia.

Ben, il proprietario di quella casa a due piani e del giardino in cui si teneva la cena, era il più caro amico di Morgan.

Si era preso una sbandata colossale per Lilian, che lei rifiutava sempre con molta grazia, grazie al modo delicato che aveva Benjamin di flirtare con lei.

Ogni volta non perdeva l'occasione di invitarla alle famose feste, solo per vederla ed essere sicuro di assicurarsi un po' di tempo con lei.

Sarebbe stato il partito ideale, pensò Lilian, che poteva immaginarsi in quella deliziosa casa a due piani e un giardino curato a crescere i loro figli, ma non era il tipo per lei. Non, soprattutto, da quando aveva conosciuto Theodore. Era incredibile come in poco tempo fosse riuscito a mettere a soqquadro il suo mondo, ma a renderlo soprattutto più vivo.

«Non sono ancora alla tua altezza?» chiese abbozzando un sorriso in risposta al convenevole di lei che nemmeno un po' si avvicinava al suo complimento.

«Non è questo il punto...»

Si stava avvicinando, Lilian era nel pallone. Dov'era Morgan quando serviva? Si divertiva alle sue spalle?

Gliel'avrebbe fatta pagare, era una promessa.

Quando la mano di Ben si posò sulla sua guancia incandescente, il telefono di Lilian squillò.

«Salvata in corner. Lilian Penelope Whitley, lassù devi avere una buona stella...» Le sorrise gentile, con una punta di tristezza a condire quel gesto.

Quando vide il nome sul display lei smise di ascoltare le parole dell'interlocutore, sorridendo davanti a quelle quattro lettere.

«Il tuo ragazzo?» domanda che gli sorse spontanea, data la faccia raggiante e incantata di lei.

«Già.» E si allontanò.

Era brutto mentire, ma almeno avrebbe fatto capire a Ben che di speranze non ce n'erano poche, ma nemmeno mezza.

Inoltre le sarebbe piaciuto davvero avere Theo come ragazzo. Forse un giorno. In fondo, non lo conosceva bene, poteva pure sbagliarsi, ma si fidava del proprio istinto.

«Pronto?» rispose con il cuore in gola.

«Lily! Pensavo ti stessi divertendo troppo per rispondermi...»

Di sottofondo sentiva un gran casino, peggio di quello della sua festa.

«No, non riuscivo a trovare il cellulare nella borsa. E poi stavo parlando, ho preferito allontanarmi prima di rispondere. A te come va?» lo chiese con disinteresse, ma la verità era che stava morendo di curiosità. Avrebbe voluto avere tutti i dettagli della festa, specialmente quali e quante ragazze si erano avvicinate a lui con la speranza di essere abbordate.

«Ti vergogni così tanto di me da doverti scostare dal tuo interlocutore?» Rise, non era per nulla offeso da quel comportamento dato che lui aveva fatto esattamente lo stesso. «Comunque qui è una bolgia, peccato che non sia così divertente. Anche se da quanto ho capito, c'è pure un addio al celibato. Incredibile, no?» Fece una piccola pausa. «Eri in compagnia di qualche ragazzo interessante?»

In quell'ultima domanda lasciata lì per caso, c'era tutta la sua curiosità.

«Ragazzo sì, interessante no. Una storia lunga... ma, addio al celibato? Tra aristocratici? C'è pure il principe Henry?» Era preoccupata, tutti conoscevano la sua fama di festaiolo incallito.

«No, Henry non c'è. Perché?» Theo fu sorpreso da quella domanda. «Vuoi conoscerlo? Guarda che non te lo presento!»

«No, volevo constatare quante possibilità ci fossero di veder comparire delle spogliarelliste. Senza il principe penso che la loro presenza non sia così sicura.» Rise. «Però sì, ora che mi ci fai pensare, mi piacerebbe conoscerlo.»

«Spogliarelliste? No, solo escort, tranquilla!» Si prese del tempo per unirsi alla sua risata. «Sei per caso gelosa?»

Alzò un sopracciglio, in attesa della risposta.

«Oh sì, da morire. Se non fosse che io sono in una casa a Leicester e tu nella campagna di Anstey a quarantacinque miglia da qui circa, beh... mi butterei sicuramente tra le tue braccia.» Era contenta, l'ironia era venuta fuori in tutta la sua magnificenza.

Peccato che in quella frase ci fosse un pizzico di verità.

Avrebbe voluto essere tra le sue braccia, anche solo per un attimo. Le piaceva trascorrere il tempo con lui.

«Ah, dietro al sarcasmo noto un po' di verità!» disse scherzando. «Ora devo andare, Brant mi sta dicendo che è solo da troppo tempo. Mi manchi.» E attaccò prima di sentir risposta.

La verità era che Theo sentiva davvero la sua mancanza. Non la vedeva da quasi una settimana per via dei loro impegni.

Avrebbero dovuto vedersi quel pomeriggio, ma Lilian doveva parlare con un professore, cancellando così il loro appuntamento.

Gli mancava qualcosa.

Corse da Brant, doveva parlargli.

Lily, nello stesso istante, cercò Morgan tra la folla.

La trovò seduta su un dondolo con altri amici.

Prima che potesse raggiungerla l'aveva vista alzarsi e portare il cellulare all'orecchio.

Lilian rise, pensò subito a Brant che voleva vendicarsi di Theo, ripagandolo con la stessa moneta.

L'ora successiva trascorse in modo strano.

Era inquieta, non riusciva a stare ferma. Morgan passava più tempo con gli amici che non vedeva spesso, giustamente, così Lilian si ritrovava spesso da sola.

Una scelta volontaria, dato che cercava di evitare le imboscate di Ben e altri poco avvenenti ragazzi. Non che fossero davvero brutti, ma ai suoi occhi non reggevano il paragone con Theodore. Ormai le era chiaro quanto fosse interessata a lui, ma le costava ammetterlo. Un po' perché non era da lei comportarsi così, un po' perché aveva paura di farsi del male.

Passeggiava per il prato a vuoto, facendo girare nel bicchiere di plastica il ghiaccio e il gin lemon all'interno.

La cena era finita, erano le dieci e mezza e ormai erano passati ai super alcoolici.

Da lontano sorrise a Ben che osservava ogni suo passo.

Si nascose nella penombra per sentirsi un po' protetta da quello sguardo indiscreto.

In quel momento, vide dei fari illuminare la via residenziale, sparendo in un attimo.

Il rumore del motore finì subito dopo.

Tornò distratta a guardare il prato, dove la gente ballava, rideva, beveva e parlava.

C'erano ragazzi che flirtavano con le ragazze presenti.

E poi c'era Ben che parlava con Morgan, però con un occhio la controllava sempre.

Dentro la penombra si sentiva al sicuro.

Si mise a sedere sul muretto di mattoni a contemplare quel quadro.

Non aveva voglia di parlare con nessuno.

O meglio, la persona con cui voleva parlare, magari flirtare, era a chilometri di distanza.

Le mancava Theodore.

Due mani andarono a coprirle gli occhi, facendola sobbalzare e fare un piccolo grido.

La persona in questione tappò gli occhi con una mano e con l'altra le chiuse la bocca.

«Sssshhhh!» La intimò e rise.

Lilian si prese del tempo per pensare.

Chi poteva essere?

Non lo sapeva, sapeva solo chi voleva lei fosse.

«Chi sei?» chiese scioccamente, dopo che la persona estranea le liberò le labbra.

Una risata.

Non era una risposta!

Si mosse inquieta sotto quel tocco.

E poi, anche in quella risata ci ritrovava Theodore.

Sospirò arresa alla propria volontà. Avrebbe voluto prendersi a martellate in testa per il suo modo di pensare a lui. Da quando era diventata sdolcinata?

La persona sconosciuta si mise davanti a lei mentre toglieva le mani dai suoi occhi.

Una volta riaperti, li spalancò per lo stupore. «Theo!»

Si strozzò nel dire il nome, era impossibile.

«Sorpresa. Ti spiace?»

«No, affatto!» Gli sorrise radiosa. «Ma che ci fai qui?»

«Sono in missione.»

Non aggiunse altro, le prese il viso tra le mani e le impresse un bacio sulle labbra.

Fu lei a renderlo completo, caldo e passionale, facendo schiudere la bocca di lui col tocco impaziente della propria lingua. Lui si chinò un po' di più per arrivare alla sua altezza e permetterle meglio di approfondire quel bacio.

Quando misero fine al contatto per riprendere fiato, Theodore parlò. «Era da tutto il giorno che aspettavo questo momento. Non potevo attendere oltre.» Le sorrise accarezzandole la guancia con il pollice.

«E ti sei fatto quarantacinque miglia, cioè un'ora di viaggio, solo per baciarmi?»

«Sì.»

«Guarda che io ti sposo!» disse scherzando.

Si avvicinò al suo orecchio. «Se non erro, io te l'ho già chiesto – e promesso – questo matrimonio.»

La baciò di nuovo, lasciandola con il cuore sospeso tra un battito e l'altro. Era forse passata a miglior vita?

«Ora devo tornare alla festa, prima che qualcuno si accorga della mia assenza. Sai, sono io l'animatore. Senza di me non ci si diverte!» Le sorrise, si avvicinò per accarezzarle la punta del naso con le labbra e se ne andò.

Il motore ruggì, i fari si accesero e Theo se ne andò così come era arrivato.

Di nascosto.

Lilian, dopo quell'incontro, si rese conto di non ricordarsi altro di quella serata, specialmente cosa fosse successo dopo.

Theodore aveva il potere di mandarle in tilt il cervello, ma soprattutto il cuore.

«Andiamo! Sei nobile senza sangue blu!» Lo prese in giro lei.

Theodore la guardò male. «Ti prego! È solo un modo come un altro per i reali di mostrare il proprio potere.»

Lily rise.

«È vero! Insomma, se pure David Beckham è baronetto, vuol dire che non conta proprio nulla.» Fece lui per stemperare la discussione.

«Come fai a essere baronetto, tra l'altro? So che si tramanda. Per caso tuo padre è... venuto a mancare?» Cercava di essere discreta, non voleva essere invadente o maleducata.

Theo rise. «No! Sia mio padre sia io siamo stati insigniti del titolo. È una sua mossa.» Si fece insolitamente serio. «Siamo una delle famiglie più antiche dell'Inghilterra, ma non siamo nobili. Lui mira a questo, ed è riuscito a includermi nel progetto che è valso l'appellativo. Se te lo domandi è merito della beneficienza, proprio come Beckham. L'ha fatto solo per potermi dare un matrimonio vantaggioso.» Sospirò. «Sai, il fatto che il padre di Brant abbia sposato una contessa non gli è andato molto giù. E vuole che a trarne i vantaggi sia io, per la famiglia.»

«Capisco...» accennò appena lei.

«No, non capisci.» Ma non era duro. Le sorrise piuttosto rassegnato. «Anche se dovessi sposare una blasonata, non acquisirei il suo titolo, ma di sicuro il prestigio che ne viene. Insomma, non siamo aristocratici nemmeno in questo modo. Al massimo posso concederti che siamo l'anello mancante tra essi e... beh, la gente.»

Fece una pausa. «Senti, è meglio che ti dica come stanno le cose una volta per tutte...»

«Sei gay?!» chiese scioccata.

«No!» E rise. Perché Lilian trovava sempre il modo di divertirlo e tirargli su il morale.

La adorava per quello. E per molto altro.

«No. Solo che i miei mi hanno combinato un matrimonio, diciamo così, nel futuro. Con un'aristocratica, ovviamente.»

«Oh.» Era sorpresa.

E ferita.

Vedeva i sogni che piano le stavano affollando la mente e il cuore svanire piano, come cancellati dalla pioggia che erano le sue lacrime. Ma le avrebbe riservate per sé quelle gocce salate dal retrogusto amaro, voleva preservare la propria dignità.

«Prima che tu travisi le mie parole, è meglio che io parta dall'inizio.»

Lilian annuì in silenzio. La notizia l'aveva lasciata senza parole, non avrebbe avuto la forza di parlare nemmeno volendolo con tutte le sue forze.

«Ti ricordi il giorno in cui ci siamo incrociati qui?» Aspettò il suo assenso per continuare. «Dovevo parlare con mia madre. A proposito del fidanzamento.»

«Quindi tu sei fidanzato.» Sottolineò il verbo, per fargli notare la connotazione temporanea al presente. Non era una domanda, quanto più una lapidaria verità.

«Già. O meglio, lo ero.»

Lilian sgranò gli occhi, incapace di parlare.

Decise di ascoltare ciò che aveva da dire, perché non ci stava capendo nulla.

«Le ho spiegato la situazione. Dal matrimonio di Valerie e Peter, per esattezza» parlava con la sua solita calma, in modo che le parole le arrivassero e lei le assorbisse al meglio. «Non ho mai voluto quel fidanzamento, ma non avevo un motivo per ribellarmi a esso. Ho sempre temporeggiato. Poco tempo fa, ho trovato un motivo per annullarlo.»

Le accarezzò una guancia rossa per l'imbarazzo provocato da quelle parole.

«Sapevo di trovare in mia madre un'alleata e così è stato. Non era del tutto convinta, ma anche lei pensa che sia io a dover scegliere con chi stare, del titolo gliene importa ben poco. Ovviamente mio padre non è per nulla d'accordo e ora i rapporti sono cambiati. Beh, diciamo pure che non ci sono proprio rapporti, al momento» aggiunse ridacchiando, ma con lo sguardo serio.

Non voleva che Lilian si preoccupasse della sua situazione famigliare, aveva altre cose da farle comprendere.

«Questo perché a una cena tenutasi a casa mia poco dopo quella discussione, ho annunciato alla famiglia della futura sposa e alla ragazza stessa l'intenzione di annullare il fidanzamento. Tra l'altro, senza che mio padre sospettasse nulla. Pensava avessi archiviato la questione» sospirò. «Non ti riporto le liti e i piagnistei, ti dico solo che ora è ufficiale: non ho legami con nessuna. Sono libero» concluse sorridendole.

«Ma perché?» Fu l'unica domanda che le uscì di bocca.

Theo rise, davvero divertito. «È semplice. Perché sulla tua testa grava il peso della tradizione del bouquet. E io soccorro la damigella in pericolo!»

Ancora con quella storia? Lilian non ne poteva più. Non voleva essere presa in giro.

Era innamorata dell'amore e quel suo dissacrarlo la feriva.

«No Theo, lascia perdere. Non voglio sentire certe stupidate.»

Si mise a sedere sul muretto, con la schiena appoggiata alla colonna del cortile.

Lui le sorrise e la fece voltare nella propria direzione. «Non mi interessa nulla della tradizione. È solo una scusa per farti capire che voglio essere io l'uomo che ti porterà all'altare. Presto o tardi che sia.»

Le fischiavano le orecchie, il cuore batteva senza controllo e si sentiva svenire.

Erano quelli gli effetti della felicità?

«Prima ti ho detto che non ho legami con nessuna e sono libero, ma non voglio. E tutto dipende da te. Io vorrei essere legato a una sola persona, e sei tu. Vorrei però che per te fosse lo stesso» aggiunse infine arreso, con un sorriso triste.

Aveva capito che era impossibile lottare contro il muro che Lilian aveva eretto per proteggersi.

Fu Lily a fargli alzare il viso e a inchiodare i propri occhi nei suoi. «Per me è lo stesso, credimi.» Era felice di ciò che lui aveva detto, e non avrebbe mai negato ciò che sentiva in un momento simile.

Era difficile esporsi per lei, ma non poteva permettersi di perdere la cosa più bella che aveva. E Theodore lo era.

Le sorrise estasiato.

«Però ora possiamo cambiare argomento? Mi imbarazza un po' mostrare i miei sentimenti, e il chiostro del mio college non mi sembra affatto il posto ideale per farlo.»

Le prese le mani nel tentativo di trattenere una risata.

«Va bene.» Poi sbottò, incapace di contenersi. «Perché? Vuoi farlo davanti a tutti? Non mi sembra il caso.» E riprese a ridere.

Divenne pallida. «Theo! Hai capito benissimo a cosa mi riferivo!»

Si mosse a disagio sul muretto in pietra.

«Volevo solo prenderti in giro e cambiare argomento. Ok, proviamo così.» Si finse stanco. «Avanti, tira fuori quella cosa che hai comprato prima...»

Perché si erano incontrati a Leicester, la città più vicina nei paraggi dell'università con una vita notturna accettabile per dei ragazzi della loro età.

Lily si illuminò. «Quella cosa, come la chiami tu, in realtà è un burrocacao a forma di colla stick di un marchio di vestiti che ora ha lanciato questa linea fantastica!»

Lo rimirava come se fosse un anello di Tiffany, non un semplice cosmetico.

La sua espressione fece ridere Theodore.

Aprì la confezione e se lo mise. «Oh mamma, è buonissimo! Sa di dolcetti alla vaniglia e frutti di bosco!»

Era entusiasta. «Assaggia! Avanti, assaggialo! Assaggialo! Assaggialo!»

Glielo sventolava sotto il naso con una certa insistenza. Sembrava una bambina di cinque anni esagitata.

Era incredibile come riuscisse a mettere Theodore di buonumore. Avrebbe giurato di poter vivere di quei momenti per sempre.

Al posto di annusare lo stick le prese il volto tra le mani e la baciò, gustando al meglio il sapore del lucido misto a quello di lei e al calore delle sue labbra.

Lily, colta alla sprovvista, si lasciò andare a quel gesto e strinse Theo a sé, approfondendo il contatto mentre faceva aderire al meglio i corpi anche in quella posizione strana, dato che lei era seduta e lui le stava di fronte.

Poi si ricordò di essere nel bel mezzo del college, nel cortile principale, con studenti che passavano da un'aula all'altra.

Infatti sentì ragazze parlottare, altre ridacchiare e molte sospirare trasognate.

Si imbarazzò per quel primo bacio pubblico, alla mercé di tutti gli occhi lì intorno.

«Forse abbiamo dato spettacolo» disse ancora vicina alla sua bocca.

«Non mi interessa. E poi meglio che si abituino, perché voglio farlo spesso.» E, per dar valore alle proprie parole, impresse ancora le labbra su quelle di lei.

Un'improvvisa curiosità si impossessò di Lily. «Posso farti una domanda?»

«Certo. Tu puoi tutto.»

«Chi sarebbe dovuta essere la tua "futura" sposa?»

Lui si aprì in un sorriso mentre iniziò a guidarla verso l'appartamento. Doveva prepararsi per andare con lui, Morgan e Brant a un concerto. «Ah no, questo non te lo dirò mai. Soprattutto perché studia qui.»

«COSA?!» Era allibita.

Lilian andò avanti a punzecchiarlo per tutto il tragitto, cercando di estorcergli quel nome, con scarsi risultati. Facendo però sorridere chi li incrociava.

Peccato soltanto che a quel bacio assisté anche la fidanzata scaricata – ormai ex – che in quel momento aveva in mente solo una cosa: vendetta, tremenda vendetta.

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