Capitolo 2
«Theo, la scopa se n'è andata, ma niente di grave. Abbiamo un paio d'ore prima che chiami, devono fare accertamenti. Ti prego, ti scongiuro, divertiti finché puoi! Ho anche visto una ragazza carina, appoggiami in tutto quello che faccio.»
Brant enfatizzò il soprannome con delle virgolette immaginarie per poi riprendere a camminare verso la pista da ballo.
Theodore alzò le spalle. «Se non mi avessi interrotto, ti saresti accorto che mi stavo già divertendo. Mi sono già divertito, anzi, con o senza scopa.»
«Scusami, volevo avvisarti.» Si scusò dispiaciuto.
«No scusami tu» disse nel mettergli una mano sulla spalla. «Hai fatto bene. I miei avrebbero voluto così. Anzi, appena lo sapranno mi spediranno subito da lei a fare da balia. Meglio abituarmi all'idea.»
Bridget indicava uno dei pochi ragazzi degni di essere notati a quel matrimonio, a suo dire.
Peccato che le mille persone che si paravano davanti alla loro vista confondessero le idee delle due amiche.
«Star?» chiese Morgan. «Addirittura?»
Annuì l'altra muovendo i boccoli rossi. «Di meglio. Non star qualsiasi, ma titolati!»
Lilian e l'amica risero. «Sai che novità. Ti ricordo che il college che frequentiamo è pieno di teste blasonate, se poi devi parlare di Cecil ti prego, risparmiaci il supplizio!»
L'altra scacciò l'idea con la mano. «Ma figurati se mi eccito per la presenza di quella spocchiosa duchessa! No, io parlo del conte del Leicestershire e il suo parente. O meglio, lacchè.»
Intervenne nella loro conversazione uno di quegli occhialuti che sapevano tutto loro. «Non era certo mistero che la famiglia Lowell-Pending fosse qui...» le guardò con tono sprezzante.
A parte l'occhiata cattiva di Lilian, le altre lo ignorarono alla grande.
«O mio Dio!» urlò Morgan, all'improvviso euforica. «Non dite nulla ma... ho appena visto l'uomo della mia vita!»
«Qual è?» chiesero le altre due, curiose e già dimentiche dei nobili ospiti.
«Alto, sorriso smagliante e completo grigio, credo. Oddio, i nostri figli sarebbero stupendi. Però anche quello accanto non è affatto male.» E diede di gomito all'amica.
A Lilian ricordava maledettamente qualcuno, poi accanto le sembrò di vedere una chioma bionda di sua conoscenza, in cui solo un po' di minuti prima aveva affondato le dita.
Peccato che dalla descrizione dell'amica non si capisse a chi si stesse riferendo. E se avesse parlato dello sconosciuto del bagno? I rapporti tra loro sarebbero diventati più imbarazzanti del previsto.
Bridget rise. «Cara Morgan, il tuo gusto è sopraffino ma... è proprio il conte di cui parlavo. E l'altro è quella sottospecie di famigliare che si ritrova. Baronetto, per esattezza.»
Lilian sputò l'acqua che stava bevendo in faccia a Clive, l'occhialuto saccente che aveva avuto l'ardire di rivolgere loro la parola.
Non aveva seguito bene il discorso, così non aveva appreso chi dei due fosse il conte.
«Ehi, che modi!» Clive era indignato da quel comportamento così poco femminile ed elegante.
Ma Lily lo era di più per le notizie appena apprese. «Ringrazia che sia solo acqua!»
Mentre si puliva con il tovagliolo, tornò a interloquire con il proprio vicino, prima però le regalò uno sguardo sprezzante.
Quando Lilian si voltò, i ragazzi di cui avevano parlato guardavano nella loro direzione e Bridget li salutò.
«Che fai?» chiesero le due amiche terrorizzate, mentre a forza le abbassarono il braccio.
«Li saluto, no? Sarebbe stato maleducato il contrario!» Alzò gli occhi al cielo. «Conosco Brant, i suoi e i miei genitori sono amici di lunga data.»
In quel momento, però, le squillò il cellulare. «Maledizione! Devo recuperare Madlaine, è stata rapita da sua zia Ellen, ha bisogno di aiuto.»
Bridget si dileguò senza tanti problemi, intanto i due si avvicinavano pericolosamente al tavolo.
Il panico si impossessò di Lilian. Al contrario, Morgan si sistemò e sfoggiò il suo sorriso migliore.
«Scusate, era qui Bridget Lowington?» Esordì il ragazzo con i capelli castani, un sorriso furbo ma affabile stampato in faccia.
Morgan rispose qualcosa, ma Lilian aveva perso lo sguardo in quegli occhi grigi che la fissavano di rimando, le sembrava di rivivere i momenti trascorsi nella toilette.
Divenne rossa.
«Scusate, come siamo scortesi!» disse il primo ragazzo. «Non ci siamo presentati. Io sono Brant Andrew Nathaniel Lowell-Pending.»
«Morgan Anne Richfield» rispose prontamente l'amica.
«Lilian Penelope Whitley.» Dato che tutti si presentavano con i loro cacchio di secondi nomi, decise di farlo anche lei.
Al posto di stringere le mani delle ragazze, Brant le prese e le avvicinò alle labbra, ma non le sfiorò. «Lieto di fare la vostra conoscenza.»
Anche se in realtà, sembrava ben contento di mangiare con lo sguardo Morgan.
«Io sono Theodore Maximilian Charles Lowell-Pending, suo nipote di terzo grado, all'incirca.»
Brant alzò le spalle e rise appena. «È semplicemente un modo per dire che non siamo parenti, ma c'è mancato poco.»
«Chi dei due è il conte?» chiese Lilian senza peli sulla lingua.
«Mi dichiaro colpevole vostro onore.» E Brant alzò la mano.
Lily tirò un sospiro di sollievo, era contenta di non essersi cacciata nei guai.
O così pensava.
Vedeva però l'amica tuffarcisi a capofitto. D'altronde i problemi in cui aveva voluto inoltrarsi erano azzurri, non c'era modo di sfuggir loro.
«Possiamo sederci?» chiese il conte indicando le sedie.
«Se permetti, Brant, io ho un conto in sospeso con Lilian. Penso che almeno mi debba un ballo.»
Lilian avvampò, le sembrava che quella frase innocente avesse reso pubblico ciò che avevano fatto prima, che di innocente aveva ben poco.
Eppure, la proposta la lusingò.
«E come mai?» Era stata Morgan a intervenire, ma si vedeva dallo sguardo che anche Brant era avido di particolari.
Erano due anime destinate a incontrarsi.
Theodore rispose ancora. «Abbiamo avuto uno scontro alla toilette, mi sembra il minimo farmi perdonare.» La fissò di sottecchi, lo sguardo malizioso e divertito.
Scontro. Era la parola giusta, pensò lei tra sé.
«Io non so ballare.» Lilian si giustificò appena, cercando di evitare un contatto intimo con lui dove però erano implicate pure le parole. Si sentiva in trappola.
Ma era impaziente, le sarebbe piaciuto.
«Miss Whitley, è l'uomo a condurre, non preoccuparti.» Le porse il palmo, dove lei poggiò la mano. Lui la guidò verso la pista da ballo.
Morgan si girò verso Brant, che la guardò con un sopracciglio alzato.
«Cos'hai?» Gli domandò.
«Giuro, non ho mai visto Theo così... charmant» replicò spiazzato e divertito.
«E io non ho mai visto Lily così timida.» In effetti era un miracolo. Era sempre stata spigliata, non era da lei fare la ritrosa.
«È ovvio che si piacciono» concluse lui.
«Già.» Morgan sorrise divertita. «Ma parliamo di cose importanti. Parliamo di noi.»
Appena raggiunsero la parte opposta alla sala per accaparrarsi un buono spazio rimasto, partì il lento.
Lilian maledisse l'orchestra. La macarena dov'era quando serviva?
Gli U2? Ma che prendeva a quei concertisti?
No! Una canzone di Adele in versione per gli archi. Doveva essere una congiura.
«Allora Lilian...» Theo le poggiò una mano sulla schiena nuda, e un brivido la percorse nel punto esatto dove i loro corpi entravano in contatto.
A lui parve di sentire il cuore rimbombare sotto il proprio palmo, ma non poteva essere lui la causa di un tale batticuore, anche se gli sarebbe piaciuto.
«Allora Theodore, o forse dovrei dire Sir Lowell-Pending, dato che sei baronetto... » Lo prese in giro nell'afferrare la mano libera di lui e assumere la classica figura per i balli lenti.
Forse era risultata più dura e sarcastica di quel che voleva essere.
Lui se ne accorse e cercò di sdrammatizzare. «Theo per te, mi sembra ci sia la giusta confidenza.»
«Perché non me l'hai detto?»
Lo fissava negli occhi ed era difficile per lei mantenere quel tono distaccato. L'avevano rapita.
Lui sorrise. «Beh, non è mia abitudine prima di... far sesso, sfoderare il mio pedigree.»
Questa volta fu Lilian a ridere divertita. «Lo ammetto, non sarebbe stato carino. Anzi, probabilmente ti avrei ritenuto un tronfio aristocratico.»
«Esatto.» La guidava sul posto e sembrò che soltanto allora lei si fosse resa conto di ballare con il corpo di lui che la sfiorava. «E poi concedimi di peccare un po' di modestia. Mi piace pensare di averti conquistata per le mie doti, non certo per il mio nome.»
Era divertito.
Lo guardò sorpresa. «Ma se non abbiamo nemmeno parlato!»
Avrebbe voluto dirle che parlava di doti ben precise, ma il galateo – e la mancanza della giusta confidenza – non gli permisero di rispondere a dovere. «Beh, allora diciamo che preferirei dare il merito al mio fascino. Va meglio?»
«Decisamente sì.» Rise. Era incredibile come all'improvviso quel matrimonio fosse diventato divertente senza il supporto dell'alcool. E il merito era tutto di Theo.
Lui si ritrovò perso in quel sorriso, ne era rimasto colpito. Contagiava pure gli occhi.
Era raro che una ragazza ridesse alle sue parole perché davvero rallegrata da ciò che lui diceva e non perché era costretta a farlo per assecondarlo. A volte il suo titolo era più forte di quello che lui stesso era e lo odiava.
Con lei era stato diverso fin dal primo momento in cui si erano incontrati.
«Non scherzavo prima.»
«Quando?»
«Quando ho detto che mi piacerebbe rivederti.» Era diventato serio.
Lei divenne paonazza.
«Anche a me» ammise Lily a fatica, le mancava l'aria.
Si limitarono a muoversi sul posto senza dirsi nulla per il ballo successivo.
Improvvisamente la voglia di scoprire qualcosa l'uno dell'altra ebbe la meglio, dando il via così a domande superficiali e imbarazzanti.
Scoprirono così di aver portato entrambi l'apparecchio.
Lilian aveva paura dei piccioni, adorava giocare a tennis e aveva dato il suo primo bacio a un tale George.
Theodore invece aveva provato a formare una band che avrebbe voluto chiamare 'The Creeps', ma si era reso conto di non saper suonare nessuno strumento e nemmeno di saper cantare, odiava il caviale e aveva perso la verginità con Virginie – strano destino – una lontana parente di un suo compagno di un corso estivo.
«Frequento l'Abbey Cross college» rispose alla domanda di lei sugli studi.
«Ho fatto richiesta» disse Lilian tra una risata e l'altra. «Ma non mi hanno ammessa.»
Era un college molto religioso, nonostante accogliesse le leve più illustri dell'esercito, o comunque le future figure militari, solo quelle più promettenti e ricche, però.
«Diciamo che essere un Lowell-Pending ha dato una mano. Non saremo nobili, ma siamo una delle famiglie più antiche della Gran Bretagna. Tu invece, che college frequenti?»
«Io stud...» ma venne interrotta da qualcosa che si era attaccato all'abito.
O meglio, qualcuno.
«Ciao Nicholas!» Salutò il bambino con il sorriso più sdentato e contagioso che avesse mai visto.
Theo la guardò interrogativo.
«È il fratello della sposa e, al contrario di quest'ultima, lui mi adora.» Lo prese in braccio.
«Non è l'unico.» Lasciò cadere con noncuranza. Sapeva di essere affrettato, ma Lilian l'aveva affascinato da morire e non si sarebbe fatto scrupoli per corteggiarla.
Lei si girò di scatto nella sua direzione, con il cuore che schizzava fuori dal petto e le guance ormai rosse.
«Mi fai ballare?» Nicholas si avvinghiò al collo di Lily.
La fece concentrare su di sé, facendole abbandonare a fatica lo sguardo quasi adorante di Theodore.
«Certo! Potrei mai rifiutarti qualcosa?»
Lo rimise a terra e lo prese per le mani, facendolo saltellare.
Theo le passò accanto. «Ti aspetto al tavolo. È un problema?»
«No, affatto» replicò Lilian con un'espressione estasiata sul volto.
Dopo poco Theodore fu da Brant e Morgan, ormai entrati in sintonia.
«Cos'è successo, ti è andata male?» chiese il conte al lontano parente.
«Già, mi ha scaricato» rispose ridendo quell'ultimo nell'indicare il punto in cui, fino a poco fa, era intento a ballare.
I due seduti si voltarono verso la pista da ballo e videro Lilian impegnata a far saltellare Nicholas. Risero entrambi.
«Non si può nulla contro il fascino di un bambino!» disse la ragazza.
Nel quarto d'ora successivo Brant e Morgan si rituffarono nella loro conversazione, mentre Theodore passava il tempo a guardare Lilian alle prese con Nicholas.
Era incantevole. Spontanea e un po' goffa.
Gli piaceva il suo essere spensierata. La sua risata, il suo scansare i capelli da davanti gli occhi. Il modo in cui diventava rossa per un complimento troppo esplicito. Il suo parlare a mitraglietta di sé e di ciò che le interessava.
L'aveva studiata bene in quegli istanti.
Desiderava rivederla.
Vide la sua pochette abbandonata sul tavolo e, in un impeto di pazzia, decise di scrivere il numero del proprio cellulare su un foglietto ed infilarlo sotto un lembo della chiusura.
Chiamami, ci scrisse sotto.
Lei stava finalmente tornando al tavolo quando la sposa annunciò il lancio del bouquet.
Morgan e Lilian si guardarono. La prima elettrizzata, l'altra inorridita.
«Non ho intenzione di partecipare!» protestò Lily.
«Oh, tu invece ci verrai!» Morgan la trascinò contro la sua volontà.
I ragazzi le seguirono divertiti.
Tutti si alzarono, gli uomini e le donne sposate fecero da pubblico, mentre le ragazze in età da marito si posizionarono dietro la schiena della sposa.
Lilian cercò di scappare, e si mise di lato al gruppo per allontanarsi gradualmente, ma Bridget la intercettò e la fece rientrare nei ranghi.
Valerie studiò con la coda dell'occhio la posizione delle ragazze, cercando di evitare la cugina e l'amica, ma nel posizionarsi in cima a una collinetta d'erba, il tacco ci affondò facendole perdere l'equilibrio e lanciando così il bouquet in aria senza volerlo davvero.
Le ragazze subirono una trasformazione repentina dopo il lancio. Da miti esseri femminili divennero arpie e a Lilian ricordarono tanto i Pokemon con le loro improbabili evoluzioni.
Approfittò della distrazione di Bridget per allontanarsi, ma il bouquet le finì in faccia, cadendole poi tra le mani.
Le ragazze la guardarono con un misto di rabbia e invidia e qualche dolce vecchietta urlò: «Ecco chi si sposa entro l'anno!»
Entro l'anno?
Lilian sbiancò. «No!»
Sapeva che era soltanto una diceria, ma non le piaceva avere addosso un simile peso. Non aveva nemmeno un ragazzo!
E se le avesse portato sfortuna per il futuro?
Un'altra voce disse. «È tradizione!»
A lei invece più che tradizione sembrava una condanna.
Aveva ventiquattro anni, per la miseria. Non era certo una disperata zitella in cerca di un marito con la dote. Aveva tutto il tempo per quel genere di cose tristi.
Morgan le fu subito accanto, aveva dipinta in volto un'espressione sarcastica. «Per fortuna non volevi partecipare.»
«Infatti me ne stavo andando! Se quell'inetta di tua cugina non fosse inciampata tutto questo non sarebbe successo.»
Morgan si girò per vedere chi c'era alle proprie spalle e ciò che vide la fece sorridere.
Rivolse lo stesso gesto all'amica e si allontanò accelerando il passo. Da lontano le urlò: «Ricorda, è tradizione!»
E raggiunse Brant appena davanti a lei.
«Entro l'anno» borbottò al nulla, con fare stizzito, mentre guardava il bouquet con un crescente astio.
Sentì una mano sulla schiena e un brivido.
Riconobbe la sensazione.
Avrebbe potuto giurare su chi fosse. E non si sarebbe sbagliata, perché era proprio Theodore.
«Cammini veloce per essere una che indossa i tacchi.»
Ma quello che la destabilizzava era avere ancora la mano di lui sulla pelle della schiena.
Non era normale che le facesse quell'effetto.
Non era normale ricercare il suo profumo che la avvolgeva, già così riconoscibile per lei.
Ma forse in Theo niente era normale agli occhi di Lily, era qualcosa di straordinario.
«Comunque, ti sposi entro un anno, eh?»
Lei rallentò per lanciargli un'occhiata che era tutto, tranne che dolce e carina.
Lui le sorrise e si avvicinò al suo orecchio. «Non ti preoccupare, farò in modo di farlo diventare realtà.»
Lei inchiodò sul posto e lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Non ebbe il coraggio di dire nulla.
«Hai capito bene. Entro un anno, ti sposerò. Non vorrai andare contro le tradizioni, no?»
Sorrise furbo, cercando in quel modo di tranquillizzarla.
Solo dopo quello che le sembrò un secolo riuscì ad aprir bocca e a rimettere in moto il cuore «È una promessa o una scommessa?»
Le posò una mano sulla testa avvicinandola a sé e lasciandole un bacio sulla tempia «Entrambe.»
«Non fare promesse che non puoi mantenere.» Non le piaceva l'idea che quella tradizione fosse diventata per lui una sfida e lei un gioco.
Eppure, sperava che potesse farlo sul serio. Un uomo così era davvero da sposare e lei non se lo sarebbe fatto scappare.
«Mantengo sempre la parola data.» Sorrise nell'allontanarsi. «Ora devo andare, ma tu chiamami. Nella tua borsetta ho messo un biglietto con il mio numero di cellulare. Giuro che troverò il modo di mantenere la promessa.»
Era maledettamente serio con la mano sul cuore, e la cosa la sciolse come un ghiacciolo nel deserto.
Ma non doveva contarci molto, erano parole al vento.
Lui si allontanò camminando all'indietro, non perdendola mai di vista.
Theodore aveva una sola certezza in quel momento: l'avrebbe sposata. Era rimasto folgorato da Lilian.
Era lei la madre dei suoi figli, lo sentiva.
Non aveva mai desiderato una prole, ma in quel momento voleva una squadra di bambini.
Era vero, aveva solo venticinque anni e la vita davanti, ma il percorso gliel'avevano già programmato i genitori. Percorso che lui non voleva intraprendere.
Era una decisione insensata, ma avrebbe voluto davvero prenderla in moglie.
Il tempo per conoscerla e scoprirla l'avrebbe avuto dopo.
Avrebbero avuto tutta una vita, dopo.
Non era quello delle decisioni ponderate. Preferiva seguire le proprie sensazioni.
E la sensazione che gli dava Lilian non l'aveva mai provata.
Voleva gustarla, assaporarla appieno.
C'era comunque un anno dalla sua parte per conoscerla e vedere se era la persona giusta.
Gli avevano detto che di un cuore non si poteva misurare la grandezza, tantomeno dei sogni custoditi in esso.
Theodore aveva sogni, ma non grandi.
Quello, era il suo primo grande sogno. Lilian.
Non poteva certo quantificarne la grandezza, voleva solo viverlo.
Provare a rincorrerlo. Quella era la sua certezza.
Le aveva fatto una promessa, voleva mantenerla.
In dodici mesi avrebbe avuto tutto il tempo per accorgersi di aver sbagliato.
Ma era sicuro, la sensazione che provava era nuova e inebriante, nonché giusta.
Lei era la sua scelta, l'unica possibile.
Il problema era soltanto uno. Dover dire ai suoi che il fidanzamento stipulato da loro, come se fosse un mero contratto, non aveva più ragion d'essere.
Sarebbe andato di corsa in ospedale, parlarne con qualcuno che era nella sua stessa posizione poteva solo giovargli.
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