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Capitolo 1

Leicestershire, 22 Aprile 2017

Dire che Lilian fosse annoiata e non avrebbe voluto essere lì sarebbe stato riduttivo. Eppure accompagnare Morgan al matrimonio della cugina Valerie, conosciuta ai più come la "mancata soubrette", rientrava nel suo ruolo di amica.

Aveva studiato ogni minimo particolare del padiglione sotto al quale si trovavano: il beige sobrio che li copriva, i nastri leggermente rosa a tratti nauseanti che lo tenevano legato ai lati e le decorazioni esotiche esagerate. Era un mix perfetto tra qualcosa di estremamente pacchiano ed elegante che ci si aspettava da una donna con l'aspirazione a diventare la nuova Kardashian.

I fiori recisi freschi e bellissimi, i centrotavola verdi e rigogliosi.

L'amica l'aveva convinta ad andare lì parlandole della presenza di ragazzi single e carini, sapeva bene quanto Lilian fosse succube del fascino di tanti uomini disponibili. Era libera e le piaceva flirtare.

In quel momento però si rese conto di una cosa: era chiaro che Morgan le aveva parlato di un altro matrimonio, trascinandola così con l'inganno.

La falsa promessa di una facile flirt.

A parte il biondino con cui si era scambiata occhiate di fuoco durante tutta la funzione – rischiando così la scomunica – e altri cinque o sei invitati, certo non si poteva dire che i single fossero tali senza una ragione.

Era una sfilata di teste calve e occhiali dalle montature così obsolete che non si sarebbe stupita di ritrovarle in un ritratto risalente all'epoca Vittoriana o giù di lì.

Lilian era una che teneva a precisare che cedeva con facilità davanti al fascino di un bel ragazzo, ma non precludeva agli altri la possibilità di conquistarla. Sapeva che c'erano doti più importanti e durature della bellezza e lei stessa non era una modella di Victoria's Secret che poteva permettersi di scegliere tra prestanti sportivi e ricchi imprenditori, ma era difficile pescare tra gli invitati quando superavano i cinquant'anni e si aggiravano per il ricevimento con le mogli altolocate al braccio.

Inoltre quelli che le erano stati spacciati per aitanti e simpatici single erano casi umani, in realtà. Anche i nerd più nerd di Big Bang Theory assumevano un aspetto molto più interessante se paragonati al novantasei percento dei presenti.

Aveva notato che i single carini invitati sotto i trenta erano stati messi ad altri tavoli, ben distanti dalle due amiche. Doveva essere il modo carino di Valerie per rovinare loro la giornata.

Per fortuna c'era il vino.

Morgan e lei, annoiate da tutta la fisica quantistica e le strategie più gettonate a Risiko che giravano a quel tavolo, si erano prodigate in brindisi agli sposi.

«A quel santo di Peter, che ha sposato King Kong e ancora non se ne è reso conto! Chissà lo stupore quando le leverà il vestito...» E alzò il flute per brindare all'augurio. Il settimo, o forse l'ottavo.

Iniziavano a perdere il conto.

Lilian rivolse un sorriso ebete all'amica, segno che ormai le bollicine stavano sortendo il loro effetto.

«Lily! Val non è così despota. Ed è mia cugina.» Le puntò un indice ammonitore contro, poi però Morgan fece tintinnare il proprio bicchiere con quello dell'amica, bevendo d'un fiato lo champagne sotto lo sguardo stupito degli altri commensali.

Lilian alzò gli occhi al cielo per quella reazione e decise che quel vestito e i capelli castani acconciati in una morbida coda laterale erano sprecati per quei noiosi che occupavano il tavolo.

Non avevano rivolto loro la benché minima parola né attenzione e avevano evitato accuratamente di invitarle a ballare. Prese in mano la situazione e, per sopperire a quella mancanza, trascinò Morgan con sé attraverso i tavoli attorno a uno spazio vuoto al centro dell'immenso gazebo.

«Dove mi porti con tutta questa grazia?» chiese quell'ultima, ormai incerta sui tacchi.

Il vino stava agendo sulle loro facoltà mentali.

Lilian ringraziò di nuovo l'alcool, l'unico amico in una simile occasione a non voltare mai loro le spalle.

Le faceva sentire la testa leggera, aiutandola a smaltire quella noia mortale.

Non era ubriaca, ma abbastanza brilla. In quel limbo dove si aveva ancora la giusta presenza, ma i freni inibitori iniziavano a sciogliersi per lasciare lo spazio alla voglia di parlare e divertirsi.

Si fermò al centro del tendone e alzò la voce per sovrastare la musica «A ballare, no?»

Le sorrise. Morgan cominciò a saltellare e a muovere la testa qua e là cercando di seguire la canzone.

Lilian seguì il suo esempio perdendosi nei ricordi.

Morgan non era stata sempre sua amica.

Si erano ritrovate a dividere la stessa camera al college, tre anni prima, quando entrambe erano ancora matricole. Lilian era un animale da festa, come amava definirsi lei stessa, eppure non disdegnava lo studio. Riusciva quasi sempre a trovare il giusto compromesso. Morgan, invece, aveva un'intelligenza fuori dalla media ed era determinata nel suo percorso di studi, una delle migliori studentesse del college.

La convivenza era stata pacifica, ma si svolgeva in una cordiale indifferenza.

Finché in uno di quei quasi di Lily avevano trovato la giusta chiave per avvicinarsi.

Avevano imparato a conoscersi piano, per poi influenzare in meglio l'una l'esistenza dell'altra.

Fino a vedere Morgan lasciarsi andare e socializzare a una festa messicana a base di tequila e assistere mentre Lilian correggeva un professore grazie a lunghe sessioni di studio in biblioteca.

Cose che fino a tre anni prima nessuno avrebbe creduto possibile.

Erano arrivate così al matrimonio di Valerie, cugina di Morgan, che si era sposata con Peter, uno dei futuri magnati dell'economia Londinese, o così speravano entrambi.

Lilian era stata invitata in quanto amica della cugina e conoscente della sposa.

Valerie aveva frequentato il Saint Francis college, lo stesso che tuttora frequentavano le ragazze, laureandosi però un paio d'anni prima.

Il presente travolse di nuovo Lilian con una delle sue canzoni preferite. Nonostante lei e Morgan fossero impegnate a ballare, la verità era che Lily sperava di incrociare un esemplare maschile degno di nota, magari addirittura il ragazzo della chiesa.

Era ben consapevole che, se voleva trovare persone piene di vita, al contrario di quelli seduti al loro tavolo, doveva cercarle nel casino.

E dove poteva essere se non al centro della pista da ballo?

Guardò alla sua sinistra, dalla parte opposta rispetto a dove erano rimaste sedute per il pranzo, perché era lì che le pareva di aver avvistato il ragazzo senza identità.

Peccato che accanto al posto che si presumeva fosse suo sedesse Cecil Louise Prescott, ragazza titolata e altezzosa che, oltre a frequentare il Saint Francis, lo trattava come se fosse la dependance di casa sua e lei fosse la padrona di ogni cosa nei dintorni. Tra le due non correva buon sangue, dato che si contendevano il posto d'onore alle feste e pure ai corsi extra curricolari.

E, anche se era finito il tempo dei crediti extra con i corsi, la sfida tra le due si teneva alta, mostrando a ogni occasione quell'odio che di cordiale aveva soltanto l'apparenza. Così voleva l'etichetta e loro dovevano rispettarla.

Non era una sorpresa che fosse lì. Tutte le persone più importanti del panorama finanziario e nobile inglese erano presenti, perché chiunque potesse permettersi l'iscrizione a quei tipi di college faceva parte del Regno Unito che contava.

Anche se Lilian Penelope Whitley non era nobile, faceva parte dell'upper class di diritto, essendo figlia di un magnate di Manchester che possedeva le industrie tessili di mezza Inghilterra.

La differenza tra lei e Cici – il soprannome con cui tutti conoscevano miss Prescott – era l'aver ben presente cosa fossero i valori e l'umiltà mentre l'altra usava il proprio titolo come lasciapassare per ogni cosa.

Ecco perché Valerie e Cecil si adoravano.

Ecco perché lei poteva essere al tavolo con quel bel ragazzo e Lilian no.

Eppure di lui nemmeno l'ombra.

Strano, avrebbe giurato di aver visto con la coda dell'occhio Cecil fare la gatta morta e lui sopportarla bonariamente, come se fosse stato un martire messo alla gogna.

Prese la mano di Morgan e le fece fare una giravolta, facendola scontrare con il loro vicino di balli.

Aveva notato che negli ultimi venti minuti quel ragazzo e l'amica si erano guardati spesso, ammiccando maliziosamente.

Non era certo un adone, ma di certo uno dei meno brutti lì dentro.

Il pretesto funzionò alla grande. Entrambi si scusarono con l'altro e si presentarono.

Dopo meno di cinque minuti Morgan fu portata via da Anthony, lasciando Lilian senza compagnia e soprattutto senza tracce del ragazzo misterioso.

Iniziava a pensare di averlo solo immaginato. Era famosa per la sua fantasia epica.

Le piaceva sognare.

Era convinta che il vino le avesse donato la lucidità necessaria per comprendere la triste verità.

Prima di entrare in chiesa doveva aver preso un colpo di sole.

Ovvio, dato che non era abituata a giornate calde e splendenti visto il clima uggioso inglese.

Sì, il lui in questione era un'allucinazione frutto dell'insolazione.

Con la testa che ancora le girava un po', decise di avviarsi alla toilette allungando però il percorso per evitare Cici e la sua cattiveria, così grande che doveva aver ricevuto un invito apposta, se no non si sarebbe presentata al matrimonio.

Quel gesto e la sua sbadataggine le fecero perdere il senso dell'orientamento – già precario – rispetto al tendone del rinfresco, arrivando per sbaglio alla villa.

Guardò la porta della toilette in modo distratto, perché l'omino che indicava il genere a cui era rivolto camminava, a parer suo.

Entrò in quell'ambiente calmo e ovattato che sembrava lontano anni luce dal clima festaiolo del matrimonio. Le piacevano le pareti rosse intervallate da colonne bianche e i lavandini in marmo.

Lo rendevano elegante. All'altezza della villa.

Mentre Lilian espletava il suo bisogno, ponendo fine all'asilo politico che il suo corpo aveva offerto allo champagne, la porta si aprì, facendo entrare qualcuno.

Uscì dal bagno e fece per lavarsi le mani, ma quando vide chi occupava uno dei due lavelli, urlò.

«Che ci fai qui?» chiese con una mano sul cuore nel tentativo di non farlo uscire dal petto, come se fosse possibile.

Quello spavento l'aveva fatta rinsavire del tutto.

L'effetto dell'alcool era passato, o così le piaceva pensare.

Però doveva ammettere che parlare con la propria allucinazione non era da persona sana.

«Mi lavo le mani?!» rispose lui, l'allucinazione, un po' incerto. «È il servizio degli uomini».

Seguì il suo esempio e mise le mani sotto il getto d'acqua senza smettere di guardarlo con un sorriso stampato in faccia.

«Oh. Non me ne ero accorta» si giustificò appena, scuotendo la testa.

Cavoli, era anche educato. Non pensava che la propria immaginazione arrivasse a tanto, non di sicuro dopo tutto quello champagne. Era strano, era convinta di vederlo leggermente trasparente, sperava di potergli vedere attraverso in modo da raccontarlo a qualche trasmissione assurda sui fenomeni paranormali, ma rimase delusa. sembrava così solido e reale.

Lo studiò attenta, ammirando cosa la propria fantasia aveva prodotto.

Alto, occhi grigi, capelli biondi spettinati ad arte o quasi, mascella dura e labbra piene. Indossava un completo blu.

Era bello da morire ed elegante. Non solo nel vestire, ma nel portamento.

«Non guardarmi così, ti prego, potrei perdere tutta la mia gentilezza» disse abbozzando un sorriso mentre si asciugava le mani, appoggiato di schiena al lavello.

Toglieva il fiato. Lilian si congratulò con la propria immaginazione. Sentiva di meritarsi un Oscar o un premio simile.

Poi si corresse e diede il merito allo champagne, doveva essere di ottima qualità, ma una statuetta l'avrebbe desiderata lo stesso.

Non pensava di avere un'idea precisa di un ragazzo ideale, ma a quanto pare era ben insita nel suo subconscio e quella leggera sbornia l'aveva fatta emergere.

Gli sorrise di rimando.

Voleva assaggiare il sapore della propria allucinazione.

Avrebbe avuto il gusto del vino?

Doveva scoprirlo.

Si protese sulle punte baciandolo appena.

Il sapore era anche migliore.

Due braccia le si strinsero in vita.

Poi la verità le piombò addosso.

Stava baciando qualcuno, qualcuno di estremamente reale.

Nessuna allucinazione.

Si allontanò quasi spaventata, di sicuro in imbarazzo.

«Cosa succede?»

Non riusciva a parlare, scuoteva la testa.

Lui si avvicinò, cercando i suoi occhi. «Era dalla funzione che aspettavo di conoscerti, poi non ti ho più vista. Ed ora ti presenti qui e mi baci, devi essere un dono del cielo. Ti prego, non smettere».

Ammaliava anche solo nel parlare. Era posato, dosava le parole e la lentezza con cui pronunciarle, così da assicurarsi di essere capito e non ripetere. Il tutto dava una certa profondità alla voce.

Le gambe le tremavano, così si appigliò al colletto del completo di lui.

A Theodore piaceva quella ragazza così carina. Un po' sfrontata e un po' ingenua.

Lo guardava come se fosse un ragazzo normale, come se non sapesse nulla di chi fosse.

Assomigliava tanto all'idea di donna che voleva al proprio fianco. E, anche se non sapeva nulla di lei, avrebbe voluto scoprire tutto ciò che la riguardava.

Si piegò sulla sconosciuta e la baciò di nuovo, facendole schiudere le labbra con le proprie.

Ora che l'aveva assaporata, il bisogno di avere di più era impellente.

La sollevò mettendola a sedere sul marmo, cercando la sua lingua e trovandola quasi subito perché anche lei era avida di conoscere il suo sapore.

Lilian gli mise una mano tra i capelli, avvicinandolo a sé ancor di più.

Lo voleva addosso e le piaceva più di quanto avesse immaginato.

Aveva una lista di cosa da fare entro i trent'anni, e una di queste era fare sesso con uno sconosciuto nei bagni di un aereo.

Mancava il mezzo di trasporto, ma non se la sentiva proprio di rinunciare a un'occasione simile. Insomma, quando le sarebbe ricapitato? Con un ragazzo così, per giunta?

Sapeva la risposta e non si sarebbe lasciata sfuggire il momento.

Lo stesso valeva per lui.

La voleva e lei si stava offrendo. Perché rinunciare?

Ci sarebbe stato del tempo, dopo, per tutto il resto.

Interruppe il bacio per far scattare la serratura, poi tornò da lei, si prese un momento per guardarla negli occhi e vide qualcosa che gli piaceva.

Eccitazione, desiderio, vergogna e un pizzico di divertimento.

La miccia era stata accesa.

Theodore seguì la linea del suo collo, scese piano verso il seno, depositando una scia di baci e morsi mentre allentava la chiusura del vestito dietro il collo, avendo così libero accesso alla pelle nascosta dal tessuto.

Lilian slacciò il doppio bottone dei pantaloni, che grazie al cielo non avevano cintura.

«Non smettere». La esortò. Di nuovo.

Ma lei non poteva smettere, era totalmente in balìa di quell'estraneo.

Tornò a baciarla e spogliarla di quel che poteva.

Le alzò la gonna del lungo abito quando ormai le mani di Lily erano arrivate all'interno dei boxer.

Sapevano di aver poco tempo a loro disposizione e non ne persero in preliminari inutili.

Lo vide trafficare con la confezione di un preservativo. Di solito avrebbe disprezzato l'idea di un uomo tanto sicuro di sé da aggirarsi per un matrimonio con un profilattico in tasca, ma in quel momento ne fu solo grata.

Lo sconosciuto la fece sua e lei mugugnò dal piacere, tanto da cancellarle ogni suo pensiero razionale dalla testa.

Theodore attese qualche istante prima di iniziare a muoversi in lei e con lei, il tempo necessario per farla adattare alla propria presenza.

Le gambe di Lilian, che prima ciondolavano inerti nel vuoto, si avvinghiarono dietro la schiena del ragazzo nell'intenzione di avvicinare ancora di più i loro bacini, incastrandoli in profondità e facendo ansimare entrambi.

I gemiti di lei cominciavano a farsi incalzanti e udibili, così lui li accolse tutti nella propria bocca, fermandoli con un bacio.

Una mano di lui era ancora sotto al vestito, intenta a torturare un seno.

Era deliziosa.

Lei e la sua essenza.

Lei e il suo corpo.

Lei e il suo orgasmo.

Lo sentì divampare attorno a lui, che affondò nella carne infuocata ancora un po' prima di raggiungere il suo stesso punto.

Si pulirono e rivestirono in fretta e alla bell'e meglio.

«Vorrei rivederti, se fosse possibile...»

Lilian era sorpresa che lo sconosciuto, dopo aver ottenuto quello che ogni uomo avrebbe desiderato, volesse vederla di nuovo. Si scoprì felice di quella semplice frase, e lo era al punto da essere rimasta senza parole e non sapere come rispondere.

Fu salvata da un colpo alla porta e dal tentativo di aprirla. «Occupato?»

Si guardarono imbarazzati e preoccupati.

Lei era in panico, aveva appena raggiunto un orgasmo fantastico e non le era permesso goderselo appieno. Se quella bravata fosse finita sulla bocca degli invitati la sua famiglia l'avrebbe ammazzata per averla messa in imbarazzo. Per fortuna lo sconosciuto, dotato di una buona dose di improvvisazione, le venne in aiuto: «Sai recitare?»

Annuì in preda al panico. Tutto pur di evitare che quello appena successo diventasse l'argomento di punta del matrimonio.

«Allora appoggiati a me e fingi di star male.»

Eseguì semplicemente l'ordine e quando aprirono la porta fu di nuovo lui a prendere in mano la situazione, scusandosi con chi fuori aspettava. Un uomo di mezza età, con più pancia che capelli. «Mi scusi, non si sentiva bene e voleva un po' di discrezione. Eravamo vicini e la toilette delle donne era troppo lontana...»

Lascio cadere il discorso nell'indicarla, appoggiata con la faccia pallida alla propria spalla,  cosa che gli costò uno sguardo bonario dell'uomo, intenerito da quel buon cavaliere in soccorso di una donzella bisognosa d'aiuto.

O forse, voglioso solo di assecondare la propria vescica.

Si ritrovarono accanto a una porta vetrata che dava sul tendone.

Lo sconosciuto fece un mezzo inchino, le prese una mano e la baciò, senza sfiorarla.

Stava per dirle qualcosa, ma un altro ragazzo stava venendo nella sua direzione chiamandolo, così si affrettò.

«Ci terrei davvero a vederti di nuovo, me lo concederai?» Era serio, ma il bagliore negli occhi tradiva aspettativa.

Lilian vrebbe voluto rispondere, ma l'amico lo raggiunse e lo trascinò via senza preoccuparsi di essersi intromesso nella loro discussione. Sembrava preoccupato e parlava in modo frettoloso.

«S... sì!» Balbettò appena con voce roca, al vento.

Lily era ancora sconvolta per quello che era successo, non riusciva a credere di essersi comportata in quel modo così lontano da lei. O da quello che gli altri si sarebbero aspettati da lei.

Ne era felice, non poteva essere altrimenti. Non si sarebbe mai pentita di quello che aveva fatto.

Si sistemò meglio il vestito e tornò al proprio tavolo, dove trovò Morgan intenta a parlare con Bridget, una loro compagna di corsi. Si mise a sedere con le gambe ancora molli e il cuore che martellava nel petto.

«Ehi, finalmente! Pensavo di dover chiamare Scotland Yard.» Fu il bentornato dell'amica. «Dov'eri finita?»

Si schiarì la voce in un modo che le sembrò colpevole, ma continuò come se nulla fosse. «Sono andata in bagno, ma ho fatto il giro lungo per evitare Cici e mi son persa...»

Risero tutte e tre. «Tu e il tuo pessimo senso dell'orientamento!»

Se soltanto avessero saputo la verità.

«A proposito di Cici» intervenne Bridget. «La stanno portando all'ospedale, si è sentita poco bene. Un'intossicazione alimentare, a quanto pare.»

«Mh, peccato. Speravo almeno in qualcosa che la tenesse lontano dal Saint Francis più a lungo!»

«Lily, sei perfida!» La ammonì scherzando Bridget.

«Sai che novità, eh?» rispose Morgan, abituata a quei picchi di acidità quando si parlava di Cecil.

«Ma ora passiamo al vero motivo per cui sono qui...» continuò la terza con fare cospiratorio.

«Cioè?» Lily era curiosa, sapeva che Bree era un asso nel gossip. Non era lei a cercarli, ma loro ad andare spontaneamente da lei.

«Abbiamo delle star al matrimonio!» e indicò un punto preciso tra la gente ammassata al centro della pista intenta a ballare.

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