IV - Incontri strani
Capitolo Quattro: Incontri strani
Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev'essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io. Vorrei immaginarla, e immaginare che lei debba essere là fuori e che anche lei stia pensando a me. Beh, spero che, se tu sei lì fuori e dovessi leggere ciò, tu sappia che sì, è vero, sono qui e sono strana proprio come te.
-Frida Kahlo
Era così furiosa per quello che le stava capitando che sbatté il telefono contro il cruscotto dell'auto, urlando all'impazzata. Sbatteva i pugni sul volante e il clacson suonava ripetutamente.
Sicuramente non sapeva mantenere la calma, tanto è vero che quella mattina ruppe anche lo schermo del suo telefono. Già pensava alla scusa da propinare ai suoi genitori, probabilmente avrebbe detto che l'avevano spinta per distrazione mentre cercava su Google dove trovare la biblioteca dell'università e il cellulare le era caduto, provocando diverse crepe sullo schermo. Già si immaginava la risposta e come si sarebbe evoluta la situazione.
Oh tesoro, che disdetta... Lo mandiamo subito in assistenza. Lei si sarebbe finta dispiaciuta per il danno e sarebbe andato tutto per il verso giusto.
Dovrei fare un corso di teatro invece dell'Università, pensò visto che temeva di non riuscire ad arrivare in tempo per il colloquio e che tutta la sua vita sarebbe andata in frantumi esattamente come il suo iPhone.
Nonostante lo schermo rotto, il telefono funzionava alla perfezione e riuscì a trovare una strada alternativa. Circondata da campi di grano e enormi spazi verdi, pensò che forse il traffico era un segno e che doveva attraversare quelle strade desolate, ma magnifiche, per migliorarsi la giornata.
Prima il sogno, poi gli enormi spazi deserti e fantastici...
Non aveva mai creduto nel fato o nell'oroscopo, ma quelli dovevano essere per forza segni del destino, segnali mandati per spingerla a cambiare modo di vivere.
La strada la portò a destinazione in meno di un'ora e si sentiva estasiata.
Il college appariva come un enorme palazzo in mattoni rossi e quasi si sentiva come una principessa tornata al suo castello. Sapeva ci fosse uno stadio ed era una delle università più grandi di tutti gli Stati Uniti: sarebbe stato molto semplice perdersi, soprattutto a causa del suo pessimo senso dell'orientamento. Ne parlava come se già fosse stata ammessa e fosse il suo primo giorno.
Dopo aver parcheggiato l'auto nel parcheggio dedicato ai visitatori, Izzy si diresse nella direzione dove avvistò più persone.
Tutti la fissavano: era eterea. L'abito le fasciava in modo delicato le forme e sui tacchi sembrava slanciata e sicura di sé, un vero e proprio incanto per gli occhi.
A lei, però, sembrava che tutti fossero estremamente distratti e distaccati, non osò fermarne neanche uno per chiedere indicazioni per il timore che potessero trattarla male.
Riuscì a trovare uno studente sul prato con il suo laptop sulle gambe e pensò che era la persona perfetta per chiedere indicazioni.
«Ciao» gli toccò delicatamente la spalla, accovacciandosi, per avvertirlo della sua presenza. Egli si girò e la scrutò. Izzy si sentì un vuoto nel petto: sembrava che lei avesse proprio qualcosa che non andava.
«Hey, ti serve aiuto?» rispose il ragazzo. Le sorrise e Izzy sentì di nuovo il suo cuore battere. Per fortuna sono ancora viva.
Dopo il sogno avuto quella notte, la ragazza aveva il terrore costante che potesse morire o che fosse già morta. Era molto suscettibile, tanto è vero che ogni volta che qualcuno nei film si faceva male, lei sentiva delle fitte dolorose esattamente in quel punto.
«Sono Izzy e sto cercando la biblioteca: ho un incontro con Mr. Garcia» spiegò, scandendo bene le parole.
«Piacere, io sono Mark e studio giurisprudenza. Mr. Garcia dovrebbe essere il professore di ingegneria... Uomo molto esigente, ma simpatico. Vuoi studiare qui?» chiese.
«Oh sì, lo vorrei tanto»
«Hai i capelli rossi, sicuro ce la farai!» la rassicurò Mark. Izzy rimase interdetta: come avrebbe potuto il suo colore di capelli influire sull'andamento del suo colloquio?
«Cosa c'entra il colore dei miei capelli?» Aggrottò le sopracciglia. Insomma, andavano ancora di moda i pregiudizi sui rossi?
«Io non ho mai visto una persona con i capelli rossi e... Sei strana»
Strana?
«Strana perché sono diversa da molti?»
Quel Mark iniziava a starle piuttosto antipatico: neanche si conoscevano e osava dirle che era strana. Certo, lo era parecchio, ma lui non lo sapeva ancora.
«In questo caso sì, ma strano significa così tante cose.
Strano può significare diverso, speciale, intelligente...» spiegò lui, gesticolando.
«Per me strano non significa nulla di tutto ciò e credo che per tutti strano significhi qualcosa di diverso da quello che intendi.» Izzy aveva perso la pazienza ed era rossa in viso, così arrabbiata che avrebbe demolito un muro.
«Scusa, sono un disastro nei rapporti sociali, soprattutto con le ragazze. Sono nuovo e ancora nessuno mi parla qui.»
Improvvisamente Izzy si maledì mentalmente per aver pensato tutte quelle cattiverie nei confronti di questo Mark.
«M-mi dispiace...» Abbassò lo sguardo.
«Figurati, va tutto alla grande: a volte stare soli è meglio»
«Ma non credi sia... strano?» domandò lei.
«Izzy, giusto?
Tralasciando le stronzate che ho detto prima, sto per farti un discorso in tutta sincerità. Chi decide esattamente cosa sia giusto e cosa sia sbagliato?
Chi decide che i rapporti sociali siano giusti e sani e lo stare soli sbagliato e strano?
C'è forse qualcuno che ha stilato una lista di cose da fare e un'altra di cose da non fare da seguire alla lettera?
Sono solo convenzioni sociali, non leggi da seguire e rispettare altrimenti ti becchi una multa o, addirittura, vieni rinchiuso dietro le sbarre.
Per me stare solo è la cosa più normale e giusta di questo mondo perché sono cresciuto così e sono abituato a questo stile di vita. Sarò strano?
Pazienza!
Lo sei anche tu, rossa.» Izzy rimase stupita dalle parole di Mark. Parlava in modo fluido e chiaro, accompagnando le parole con una voce roca e profonda, estremamente sensuale.
«Sono strana perché ho i capelli rossi?»
«Sei strana perché provi a far colpo su un professore indossando abiti succinti e tacchi a spillo, quando potresti usare benissimo la bella parlantina che hai. Insomma, sembri interessante, mettere in mostra il tuo corpo è sul serio la soluzione?» Lui alzò un sopracciglio, con fare interrogativo.
«Mi stai dando della puttana?» Stranamente non era arrabbiata: forse sembrava sul serio una puttana.
«Non sono così maschilista da pensare che siano gli abiti che indossi a definirti.» Distolse lo sguardo da lei, concentrandosi di nuovo sul suo portatile.
«Mi stai confondendo, e non poco.» I loro sguardi si incontrarono. Lui aveva grandi occhi grigi, come il cielo pieno zeppo di nuvole che minaccia tempesta. Il suo sguardo era come perso.
«La biblioteca è di là. Svolta a destra dove ti indico, poi vai dritto e al bar giri a sinistra. La troverai di fronte. La riconosci per la scritta.» E distolse di nuovo lo sguardo dagli occhi verdi di Izzy.
«Spero ti accetteranno, anche se con il carattere che hai qui faresti faville.» Aggiunse.
«Neanche mi conosci.» Rise lei, indispettita a causa dell'indisponenza del giovane.
«Mi basta molto poco per inquadrare le persone e tu, Izzy, sei una rossa tutto pepe.»
«Sembri mio nonno» ridacchiò lei. Chi diavolo usava ancora il termine "tutto pepe"?
«Farai tardi. Ci si vede in giro, Izzy.» Si alzò e andò via, lasciandola lì piuttosto perplessa.
Pensava che fosse la persona più misteriosa che avesse mai incontrato e la cosa la intrigava così tanto da seguirlo.
Cresciuta con i film della Disney, Izzy adorava Alice nel paese delle meraviglie e, come il Cappellaio Matto ricordava ad Alice, tutti i migliori sono matti.
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