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Capitolo 12. Secondo tentativo

Appena aprì la porta del suo appartamento, corse dentro, quasi dimenticandosi di chiuderla dietro di sé, ed acchiappò il telefono, digitando il numero spasmodicamente. In Europa, Jean Pierre Polnareff sentì il suo telefono fisso dell'ufficio squillare e staccò, roteando nella sua sedia con le rotelle:

-Bonjour! C'est Jean Pierre Polnareff, le detective privé.-

-Polnareff: sono io.-

-Oh! Jotaro! Scusami, stavo aspettando una chiamata da un cliente e pensavo fosse questa... Che succede?-

-Ho un problema. Un problema grosso.-

L'umore del francese cambiò rapidamente e si sedette per bene sulla sedia.

-Prenoto il primo volo per Orlando che trovo. Chi è il nemico?-

-Che? Oh. No. Non è una cosa così.-

-E allora cosa?-

-Mi piace una ragazza.-

Silenzio. Polnareff guardò intorno al suo ufficio imbarazzato e poi disse:

-Congratulazioni, amico. È gnocca?-

-Sì.-

Rispose nervosamente.

-Sacrebleu... Hai appena detto che una ragazza è GNOCCA?! Siamo sicuri che non hai la febbre?-

Disse Polnareff sporgendosi dalla sedia per mettere a posto delle carte sulla scrivania. Jotaro alzò gli occhi al cielo.

-Non è questo il punto, Polnareff! Andiamo...-

Il giapponese sperò con tutto se stesso che quel tono perentorio ed eloquente fosse abbastanza per far capire al suo amico le sue vere preoccupazioni e che non fosse davvero così stupido. Infatti fu così.

-Ok, Jotaro, penso di sapere che cosa intendi... Ma non ti preoccupare. Io e me medesimo abbiamo appena messo la parola fin ai nostri problemi!-

-Da...vvero?-

Polnareff si rigirò tra le dita l'amuleto con un sorriso stanco, ma soddisfatto.

-Già. Ci ho messo tutta la notte a rintracciarlo... Sono stato fortunato che il portatore non si è mosso di nuovo da Lione. Il piccolo bastardo mi ha fatto dannare per tutto il Nord Europa.-

-Che ne farai?-

-Non sono mica scemo: lo consegnerò alla Fondazione Speedwagon. Loro sapranno come nasconderlo a dovere.-

-Che ne è del tuo cliente? Verrai pagato?-

-Il mio cliente non ha la più pallida idea del vero valore di questo amuleto: voleva solo che gli riportassi quello stupido tappeto. Però mi pagherà profumatamente per la testa di questo ladro...-

Jotaro non disse nulla, ma il suo amico precedette i suoi pensieri:

-È stata difesa personale! Lo sai che non avrei mai ucciso qualcuno senza un vero motivo.-

-Sì. Lo so.-

Polnareff poggiò di nuovo l'amuleto sulla tavola.

-Quindi che stai aspettando? Vai da lei subito!-

-Polnareff... È notte qui...-

"E poi non ho il coraggio di tornarci ora come ora. Che le dico? Oh, scusa se sono scomparso dopo averti baciata, Marina, vogliamo riprendere da dove avevamo lasciato?"

Pensò il ragazzo arrossendo al solo pensiero di rivederla.

-Aspetta... Aaaaah... Giusto... Sono cinque ore indietro, non avanti...-

-Quindi ti ho...-

-No, non mi hai svegliato. Te l'ho detto: sono stato sveglio tutta la notte. Credo che andrò a dormire, ora, però... Me lo sono meritato.-

-Certamente. Grazie, Polnareff.-

-Grazie? Ma di che cosa?-

-Di starmi a sentire.-

Polnareff fece l'occhiolino, anche se consapevole che il suo amico non potesse vederlo.

-Nessun problema, amico. Ti auguro buona fortuna. E assicurati di chiamarmi per dirmi tutto!-

Jotaro gli attaccò in faccia, e poi sospirò, imbarazzato ed estremamente insicuro.

-Jotaro? Jot... Ah. Ha attaccato. Bisogna ancora lavorare sui suoi modi.-

Rimise a posto il telefono. Acchiappò l'amuleto al volo e lo mise in tasca, alzandosi.

-Mh.-

Esitò sulla porta.

-Ma ora che ci ripenso...-

Si risedette ed prese un volantino di compagnie aeree.

Tornando al nostro Jotaro, invece.

"Vorrei davvero chiedere a Marina di uscire... Però... Cavoli, andrà a finire che l'unica persona a cui posso chiedere un consiglio sarà mio padre... E io non ci voglio parlare con quel bastardo."

Gli eventi della serata l'avevano scombussolato a tale punto che si era quasi dimenticato di chiamare il vecchio. Digitò il numero mentre guardava l'orologio da polso.

"Dovrebbe essere pomeriggio in Giappone..."

Infatti, Joseph rispose.

-Fa niente, Sadao. Rispondo io. Potrebbero essere i dottori dell'SPW...-

-Quindi come sta?-

Joseph si accorse che era la voce di Jotaro.

-Jotaro! Tempismo perfetto! Stavo per chiamare i medici della Speedwagon per bloccarli.-

-Che intendi dire?-

-È Jotaro al telefono?-

-Sì, Sadao, ci parlo io. Tu vai da Holly.-

-Quindi non bene?-

-Al contrario! Si è ripresa da almeno tre ore.-

-Lei... Cosa?-

-È stata una cosa davvero magica... Un secondo stava col febbrone e quello dopo stava sorridendo di nuovo, felice come una pasqua!-

-Non è che fa finta? Ci ha già provato una volta...-

-Ti assicuro di no. Me ne accorgerei se fosse così...-

Jotaro fece un sospiro di sollievo.

-Ma basta parlare di noi, come vanno i tuoi studi? Per fortuna che non ti abbiamo prenotato questo volo, sarebbe stato inutile farti sopportare undici ore di volo per un falso allarme.-

-Perché?-

Joseph sentì il tono del nipote diventare offeso.

-Fai pure scena... So benissimo cosa dirai adesso: "Se voglio andare in Giappone, lo farò e basta! Non sfidarmi, vecchio!"-

-Se voglio andare in Giappone, lo farò e basta! Non sfidarmi, vecchio! Ma che...-

L'uomo sorrise beffardamente.

-Ho ancora il tocco!-

-Come ti pare... Non ho tempo di parlare con te. Tienila d'occhio e basta.-

-Lo farò!-

E attaccò, di nuovo.

"Uh. Che strano... Appena dopo aver baciato Marina, tutto ciò che stava andando storto nella mia vita si è sistemato da solo..."

Arrossì appena quel pensiero gli attraversò la mente.

-Oh cielo... L'ho baciata...-

La ri-realizzazione improvvisa di quello che aveva fatto gli indebolì le gambe e lo fece crollare al suolo, seduto.

-Non solo l'ho baciata, me ne sono anche andato senza dirle nulla!-

Si strofinò gli occhi, cercando di riflettere.

-Che cosa farebbe Kakyoin in questa situazione?-

"Beh... Trattava le donne con rispetto, al contrario di quell'idiota che ero io nel passato..."

Guardò Star Platinum.

-Che cosa farei senza di te, amico?-

-Ora!-

-Hai ragione. Le ho rovinato il primo appuntamento comportandomi da maleducato. Come faccio sempre. Devo farmi perdonare invitandola a casa mia.-

Disse, alzandosi con le gote ancora rosse. Non era abituato a pensare a queste cose.

"Abituarsi alla vita da studente normale è molto più difficile di quanto pensassi, accidenti..."

-Troppi pensieri: per stanotte direi che può bastare!-

Urlò, andando a letto tentando di pensare a come chiedere a Marina di uscire il giorno dopo.

Il giorno dopo, Marina era davvero convinta che quel bacio se l'era sognato. Non fu finché non chiuse il suo armadietto, e sentì:

-Ehi.-

Che il suo sangue si ghiacciò. Era lui. Jotaro stava accanto a lei, fissandola da sotto il cappello bianco. Lei non replicò, soprattutto perché non sapeva cosa dire, così proseguì lui:

-Ieri è stato un fiasco, quindi perché non ci riproviamo?-

Marina tenne gli occhi incollati al suo armadietto pensando:

"Mi sta davvero chiedendo di uscire?"

-Stavolta facciamo a casa mia. Sei libera venerdì sera?-

Il suo tono... Non sembrava forzato o di cortesia. Sembrava serio, ed aveva un leggero tremolio, come se fosse leggermente imbarazzato, ma Marina ignorò quel pensiero. Uno come Jotaro non poteva essere imbarazzato mentre parlava, con una ragazza per giunta... Voleva disperatamente dire di sì, ma le mancò la voce, e tutto ciò che riuscì a fare fu annuire. Anche lui annuì di risposta, e poi se ne andò, come se nulla fosse.

-Qualcuno mi regga, sento che svengo...-

Disse, arrossendo.


-Volpacchiotto furbacchione, che colpo.-

Disse Polnareff mordendo il suo hamburger. Jotaro non lo stava guardando: stava fissando gli altri tavoli, pensieroso.

-Quindi comincerai ad uscire con Marina?-

Un piccolo grugnito ed un cenno con la testa fu tutto ciò che ricevette come risposta e fu abbastanza.

-Ma guardati, maledetto bastardo... Hai finalmente trovato quella giusta! La ragazza che si è distinta dalla massa ed è riuscita a raggiungere il tuo cuore!-

E mentre lo diceva, si sporse sul tavolo per puntare il petto dell'amico con l'indice. Jotaro scostò il suo braccio stizzito.

-Ma tu perché sei qui?-

-Ti avevo detto che avrei prenotato il primo volo per la Florida...-

Disse Polnareff, sorseggiando la sua Coca Cola.

-Questa è un'emergenza, quindi ho deciso di venire.-

-Perché tanta fretta? Il nostro incontro è tra tre giorni.-

-Si chiama appuntamento. E comunque, cos'hai intenzione di cucinare?-

Jotaro alzò le spalle. Polnareff scosse la testa.

-Tch tch tch... Così non va bene, amico. Devi pianificare tutti i dettagli se vuoi che le cose vadano secondo i tuoi piani...-

-Che intendi dire?-

-Beh, se vuoi che vada a parare a qualcosa...-

Enfatizzò, continuando a bere. Il suo amico era quasi offeso da quella frase.

-Non ho intenzione di andarci a letto! Questo è il nostro secondo appuntamento! Tu di solito vai a letto con una ragazza al vostro secondo appuntamento?-

-Guardami bene, Jotaro: il primo basta e avanza.-

Jotaro alzò gli occhi al cielo, esasperato.

-Senti: ci siamo baciati solo una volta. Tutto qui.-

-E chi è che ha fatto la prima mossa?-

-Beh, io, però...-

-Tu... Davvero?-

Il giapponese si stropicciò gli occhi.

-Questo tono sorpreso è irritante! E comunque, non so nemmeno io perché l'ho fatto! È solo che...-

-Sai cosa? Ora ti darò un consiglio.-

-Tu? Tu mi darai un consiglio?-

Polnareff inghiottì un boccone dell'hamburger e strillò:

-Ehi: sarai anche un portatore più forte e capace di me e sarai anche più sveglio, ma se c'è qualcuno che può darti dei consigli sulle donne, quello sono io.-

Jotaro lo fissò dritto negli occhi, incerto, ma poi si arrese.

-Ha senso. Ti ascolto.-

E bevve un po' d'acqua.

-Perché l'hai baciata l'altra sera?-

-Te l'ho detto: non lo so! Io...-

-Te lo dico io il perché: perché ti sei mosso usando l'istinto e non la ragione!-

Jotaro sembrò confuso da quella frase.

-Ti spiego.-

Disse il francese, fregandogli due patatine dal piatto per mimare le sue parole.

-A te lei piace, vero?-

Arrossendo un pochino, Jotaro annuì.

-E allora voilà! Probabilmente è la prima volta che ti piace una ragazza... O qualcuno, in generale, da un po' di tempo...-

-Ehi!-

-Cosa? Hai intenzione di negarlo?-

Jotaro non replicò.

-È solo il tuo istinto che prende il sopravvento. Ti piace, l'hai baciata. Fine della storia.-

E poi rimise a posto le patatine. Jotaro ovviamente capiva cosa intendeva ed era quello che sospettava dall'inizio, da quando l'aveva invitato a casa sua. Ed era spaventato della cosa...

-Hai intenscione di finirl' quello?-

Chiese Polnareff con la bocca mezza piena, puntando alle patatine nel piatto dell'amico.

-No. Puoi anche prenderle.-

Polnareff esultò in francese e prese le due patatine, mangiandole.

-Forse dopotutto hai ragione, Polnareff. Devo solo agire seguendo il mio istinto.-

-Certo che devi...-

-Marina potrebbe essere la ragazza giusta per me.-

-Se ti piace, allora provaci.-

-E tu invece? Niente?-

-Ugh. Io? Sono ancora un vagabondo che viaggia di cuore in cuore alla ricerca di un posto dove piazzare le tende!-

-Da quando sei così poetico?-

-Così il mio personaggio ha più personalità!-

-Chiudi il becco.-

Disse Jotaro, ridendo, prima di finire la sua bottiglia d'acqua ed alzarsi per pagare.



Venerdì sera. Sette in punto. Jotaro stava apparecchiando, mettendo le posate d'argento e i piatti di ceramica. Si sentiva teso, forse per quello che aveva detto Polnareff. Lui voleva che andasse a parare da qualche parte? No, era troppo presto... E non solo per la relazione, ma anche per lui. Quella chiacchierata l'aveva reso ancora più consapevole del fatto che non aveva mai avuto una vera relazione prima di quel momento. Non mancava molto ai suoi diciannove anni e non aveva ancora avuto una ragazza... Non era imbarazzato dalla cosa, ovviamente non pensava che quell'appuntamento avrebbe portato a qualcosa di più. Anche se un pochettino ci sperava. Il fatto era che... Ora che Polnareff era riuscito a togliergli un problema dai piedi, si sentiva un po' più tranquillo. E poi quella di sua madre era stata solo una febbre passeggera, probabilmente dovuta alla stagione. Ma si sentiva comunque un po' agitato... E se le cose fossero cominciate ad andare bene? Poi si sarebbe affezionato a lei... Aveva paura.

-Ma perché sto pensando a questo? È il modo peggiore per prepararsi ad un appuntamento!-

Si disse, cercando di calmarsi.

-Forse dovevo aspettare un mese per riinvitarla o anche di più... Avevo bisogno di più preparazione.-

Il campanello suonò. Jotaro rimase paralizzato.

"Respira, Jotaro. È solo un appuntamento."

Evocò Star Platinum.

-Stammi vicino, amico.-

Disse Jotaro prima di rispondere al citofono. Marina entrò nell'appartamento e la prima cosa che notò fu la grandezza. Ci sarebbero benissimo potute stare due persone lì dentro. Il tavolo era coperta da una tovaglia azzurra e Marina non vedeva ancora nulla che assomigliasse a cibo, ma pensò fosse meglio non indagare.

-Mettiti comoda.-

Il ragazzo aveva lo stesso tono di qualche giorno prima, con quel tremolio incerto. Lei chiuse la porta dietro di sé e chiese:

-Dove poggio...-

Prima che potesse finire la frase, Jotaro le aveva già preso dalle mani la borsa e la giacca.

-Oh. Beh, grazie...-

"È forte che sia riuscito a prevedere la domanda. Immagino che sia nella norma..."

Si sedette a tavola e chiese:

-Quindi... Cosa mangiamo oggi? Hai ordinato una pizza?-

-Mh? No. Ho cucinato del pesce.-

Disse, mettendosi dietro il lavandino e prendendo una grossa ciotola d'acqua con una spigola dentro.

-E quando dico "cucinato", intendo lavato... Aspettavo che arrivassi tu per cucinare.-

Marina prese il silenzio che seguì quella frase come un invito a parlare:

-Va bene! Non ti preoccupare... Tanto non ho molta fame.-

Jotaro la guardò per un secondo prima di girarsi ed accendendo i fornelli. Marina non poteva sopportare quel silenzio: voleva rompere un po' il ghiaccio.

-Quindi... Ehm... Dove hai imparato a cucinare?-

Jotaro ci mise un po' a rispondere:

-Oh. Mia madre.-

Seguì un'altra pausa.

-Hai una famiglia numerosa? Intendo... Fratelli o...-

-No.-

Cadde di nuovo il silenzio.

"Gesù santo, non ho mai avuto così tanta difficoltà a parlare con qualcuno... So che è una persona silenziosa. Di sicuro non è timido, o almeno non sembra, quindi perché?"

"Cazzo... Non ho idea di cosa dire. Di che le parlo? Sembra passato un secolo dall'ultima volta che ho retto una conversazione seria con qualcuno. Da quando..."

Le sue mani si bloccarono mentre spinava il pesce. Marina sembrò non accorgersene.

"Star Platinum... Sei qui, vero?"

Guardò accanto a sé e il suo stand era lì, a fissare curiosamente il pesce. Questo lo rassicurò un pochettino. Deglutì e pensò:

"Ok: calmati. Loro non hanno niente a che vedere con questa faccenda. È quasi passato un anno... Devo passare oltre."

-Quindi cosa vuoi fare finita l'Università?-

Marina stava giochicchiando con la forchetta e sobbalzò nel sentirsi interpellata.

-In realtà... Ancora non lo so con certezza. Qualcosa come... Fotografa o veterinaria.-

Jotaro si volse a mezzaluna per guardarla.

-Che scelte diverse.-

-Mi piace fotografare i paesaggi e gli animali nei loro habitat naturali... E mi piace anche aiutare gli animali, ma sono un po' incerta sulla storia della veterinaria. Ci vogliono cinque anni interi di specializzazione e poi dovrei anche prendermi un dottorato se voglio lavorare in proprio. Uno degli amici dei miei genitori faceva il veterinario in campagna e andavamo da loro per Pasqua...-

Marina continuò a parlare mentre Jotaro pensava:

"Sono riuscita a farla parlare. È un buon segno? Lo spero. Devo solo riuscire ad andare avanti così per il resto della serata."

Ci mise venti minuti a finire di cucinare il pesce e poi cominciarono a mangiare in silenzio.

"C'è troppo silenzio..."

-Che mi dici di te, Marina? Hai dei fratelli?-

-Oh, no. Sono figlia unica. I miei genitori non volevano altri figli e quindi...-

Jotaro annuì, bevendo un po' di vino mentre lei mangiava.

-E tu invece cosa vuoi fare dopo l'Università?-

-Biologia marina.-

Marina era stupita.

-Sei piuttosto sicuro.-

-Sì. È un anno che ho deciso.-

Di nuovo silenzio imbarazzante.

"Merda... Ho finito gli argomenti di cui parlare... Cercare di far parlare un introverso è come tentare di far uscire dalla gabbia un leone feroce. Però... C'è questa sorta di velo di mistero che lo circonda. Una specie di nebbia che lo rende una persona così interessante con cui stare. Vorrei solo essere all'altezza delle sue aspettative..."

Jotaro lanciò uno sguardo a Star Platinum.

"Ho come l'impressione che non stia andando benissimo... Dovrei cercare di farla parlare un'altra volta."

-Se non riesci a scegliere tra le due, perché non continui con biologia?-

Marina lo guardò, curiosa.

-Che intendi?-

-Non sto dicendo che devi per forza diventare una biologa, ma dico solo che è un lavoro che dovresti considerare...-

Disse, sistemandosi il cappello.

-Posso farti una domanda completamente a caso?-

-Ehm... Certo.-

-Perché indossi sempre un cappello? Cassidy te l'aveva chiesto e tu hai cambiato argomento....-

Lui guardò verso l'alto, dentro la visiera del suddetto cappello.

-Questo? Ci sono solo molto affezionato... Mi piace indossare cappelli. E poi... Questo qui...-

Non sapeva bene come spiegare cosa significasse per lui quel cappello. Quando aveva cambiato da quello nero... L'aveva fatto per cercare di tagliare ogni rapporto col passato e cercare di guardare avanti, anche se non aveva funzionato. Marina ovviamente non riuscì ad afferrare proprio tutto, ma la sua espressione le disse tutto ciò che doveva sapere:

-Ok, è importante per te e non sono affari miei. Va bene se non ne vuoi parlare...-

Bevve un sorso di vino prima di tornare a mangiare.

-Esattamente.-

Disse, fissato sui suoi movimenti. Il solo fatto che sapeva cosa dire, quando stare zitta, quando lui era di cattivo umore o addirittura come si sentiva soltanto guardandolo... Era abbastanza per lui.

-Questo pesce è davvero buono!-

-Mi dispiace che tu ti stia annoiando.-

Marina sembrò confusa nel sentire quella frase.

-Che vuoi dire?-

-È normale che sia così... Io non sono bravo a fare conversazione.-

-Cosa? No.-

Disse, mettendo giù la forchetta ed inghiottendo.

-Non è quello... Non mi sto annoiando...-

-Dici davvero?-

-Ti sei impegnato per cucinare qualcosa e hai riordinato casa per me... E in più, capisco che ci provi. È molto dolce, dico sul serio. È la prima volta che un ragazzo pensa alla cena invece di ordinare qualcosa al ristorante...-

-Questa è la prima volta che ho una ragazza.-

Marina arrossì e poi si rese conto:

-Oh cielo, la frase non continua... Pensavo che...-

-È strano?-

-Cosa? No... È solo che... Un attimo... Mi hai appena chiamato la tua ragazza?-

Jotaro si ghiacciò al suo posto, sentendo il suo cuore fermarsi.

-L'ho fatto?-

-Tu...-

-Io... Io non...-

-È... Ascoltami...-

Lei si alzò, togliendosi il tovagliolo dalle gambe, e si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla.

-Va tutto bene. Dico sul serio.-

Il cappello gli copriva il viso, quindi lei non vide il viso di Jotaro infiammarsi. Fermò il tempo per un attimo per riacquisire la calma.

-Io non volevo... Tu non devi... Non devi sentire nessun obbligo verso di me, questo...-

-Capisco che ti stai sforzando molto... Non hai molti amici, vero?-

-Io... Veramente...-

Si schiarì la gola.

-Io non sono bravo con le parole. Non lo sono per niente...-

-Ma quindi ora stiamo insieme? Perché volevo chiederti del bacio che mi hai dato l'altra sera...-

Lui esitò.

-Quindi mi hai davvero baciata! Lo sapevo!-

-Mi dispiace di essermene andato senza preavviso! Però io...-

-Senti, non importa.-

Disse, stringendogli la mano sinistra con la destra ed intrecciando le loro dita e prendendogli il mento per alzarglielo.

-Rispondi alla domanda: noi due stiamo insieme?-

-Dipende...-

Rispose Jotaro col cuore a mille mentre cercava di mantenere un po' di compostezza.

-Io ti amo.-

Disse Marina, spontaneamente. Star Platinum arrossì di botto mentre il suo portatore solo un pochettino.

-È cominciata come una stupida scommessa con le mie amiche, siccome piacevi a tutte quante. Ma ora che ti conosco anche un po' meglio... Credo di essermi innamorata di te.-

Il cuore di Jotaro non accennava a rallentare, proprio per niente.

-E tu che mi dici? Io ti piaccio?-

-Io... Credo di sì... Non lo so, è la prima volta che mi sento così in vita mia...-

-Ma è una bella sensazione?-

Jotaro ci pensò un attimo prima di rispondere:

-Sì.-

-E allora che ti importa?-

Disse, prima di baciarlo mentre stava ancora seduto. Continuarono a baciarsi per un po', prima che Jotaro chiedesse:

-Dobbiamo continuare mentre sto seduto?-

-Sennò come dovrei baciarti? Sei un gigante...-

-Te lo mostro.-

Strinse dolcemente i suoi polsi prima di prenderle i fianchi e tirarla su, alzandosi. Lei strillò sorpresa, ridendo.

-Ma che fai? Dai, mettimi giù!-

-Che c'è? Non ti piace?-

Chiese, con un sorriso sincero sul viso. Lei rise ancora un po' prima che lui la baciasse, questa volta più intensamente. Dopo quelle che sembrarono ore, lei chiese:

-Vogliamo andare verso la camera?-

-Solo se vuole lei, milady...-

Si fissarono negli occhi e scoppiarono a ridere, prima di riprendere a baciarsi per poi andare verso la stanza da letto.




















......
E qui ci fermiamo perché ci sono i bambini.

Ok, no, perché non sono tagliata per descrivere certe cose e poi francamente 'sti cazzi.

Però EEEEEH L'AMMOREH!

E finalmente Jotaro è felice

Yeeeee

Stavate tutti aspettando il momento in cui si sarebbero messi insieme e voilà!

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