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Capitolo 10. Segno del destino

La musica riempiva il salone mentre le persone bevevano punch e vino. Avevano ballato per tutta la sera, ed ora erano tutte sedute per terra in cerchio. La casa, alla fine, non era quella di Hellen, che aveva organizzato la festa, ma la sua amica Minerva, sempre della facoltà di biologia, che caso volesse non aveva i genitori in casa quella sera. Aveva origini greche e le piaceva vantarsene, neanche fosse un tratto importante del suo carattere. Per Marina era evidente che i suoi modi bruschi non erano affatto dovuti alle sue origini, ma piuttosto al suo narcisismo. Però le sembrava carino che avesse deciso di invitare anche lei, quindi forse le sue erano solo speculazioni per via dell'invidia...

-È ora di fare un discorso, o dovrei dire "il discorso"...-

Esordì Nora alzandosi, attirando l'attenzione di tutte colpendo il bicchiere con un cucchiaino.

-Il discorso dei ragazzi!-

-Ah, chiudi il becco, Nora. Sappiamo tutti che sei già fidanzata... Vuoi solo sbattercelo in faccia...-

Disse una ragazza con i capelli rossi (tinti, non naturali), un po' ubriaca. Sì, era diventato piuttosto difficile distinguere i sobri dagli ubriachi. Marina era sobria: aveva bevuto solo un bicchiere di birra e si era limitata alla Coca Cola per il resto della serata.

-No... Io e Brandon abbiamo chiuso... Ha avuto un litigio con Jotaro e si sono feriti a vicenda... È un pazzo violento.-

-È un pazzo geloso, merdina.-

La apostrofò Minerva dopo il suo terzo bicchiere di vino.

-Ed è anche colpa tua...-

-No che non lo è!-

-Sì, invece. Ti.. Strusciavi come un... Gatto su Jotaro...-

-Pazienza... Qualcuna...-

Disse sedendosi sulle sue ginocchia.

-Ha amici single?-

-Io comincerei col bere di meno. Di solito funziona con i ragazzi.-

Disse un'altra ragazza, stavolta con i capelli castani, strappandole di mano il bicchiere e posandolo su uno scaffale. Lei era simpatica, pensò Marina, una delle poche che non aveva preso a farle la polemica per la storia degli appunti. Già: negli ultimi due giorni, ogni singola ragazza nella facoltà di biologia ed oltre aveva cominciato a bullizzarla per quella storia. Non era stata colpa sua se Jotaro aveva chiesto a lei gli appunti...

-Alla fine mi sa che dovrei solo riprovarci con Jotaro e chiuderla lì...-

A momenti, Marina si strozzava con la Coca Cola.

-Perché chiedere a lui? È occupato, ricordi?-

Disse Cassidy, con un ghigno mentre beveva dritto da una lattina di Heineken. Marina alzò gli occhi al cielo.

-A quel paese, Cas.-

-Non ti azzardare a darmi soprannomi, puttana!-

-Sei solo gelosa...-

Commentò la ragazza simpatica. Cassidy la fissò storto.

-Io? Gelosa? Ma quando mai...-

-Qualcuna? Chiunque? Mi state dicendo che nessuna di voi ha un amico single...-

Insistette Nora, quasi sdraiandosi su la ragazza accanto a lei, che aveva i ricci neri. Cassidy si alzò e puntò Marina:

-Se pensi di essere speciale, perché non gli chiedi di uscire?-

Marina annegò il suo viso nel bicchiere.

-No...-

-Non sei più così fiduciosa, eh, Fitzgerald?-

-Cassidy: basta rompere.-

Disse Minerva, prendendo un bicchiere di punch.

-Tu non rompere! Guardala! È talmente timida che non riuscirebbe ad avere un appuntamento nemmeno con Frederik!-

-E adesso che c'entra Frederik in tutto questo?-

Chiese quella con i capelli rossi, sperando che nessuno notasse il suo viso arrossire. Aveva una cotta per lui, ma non l'avrebbe ammesso a nessuno, perché l'avrebbero presa in giro, siccome consideravano Frederik il ragazzo più brutto dell'istituto. Ma a lei piaceva uguale e ringraziò il cielo che nessuno glielo avesse chiesto... Marina stava veramente cominciando a perdere la pazienza.

"Cavoli, solo Jotaro ha avuto il fegato di tenerle testa... Se lui non avesse perso il controllo, avrebbe continuato a sentirsi una dea suprema scesa in terra o qualcosa del genere. No. Ma se lui è riuscito a tenerle testa, perché io dovrei essere da meno?"

Pensò, sentendosi all'improvviso molto più determinata, alzandosi e poggiando il bicchiere a terra.

-Sai una cosa, Cas? Lo farò.-

Dei piccoli urletti concitati riempirono la stanza, mentre tutte le presenti si concentrarono sulla scena. Cassidy non sorrideva più.

-Gli chiederò di uscire.-

-Lo farai davvero?-

Marina fece due passi in avanti per trovarsi faccia a faccia con lei: avevano circa due centimetri di differenza in altezza.

-Lo farò.-

Le ragazze presero a ridere e ad invitarla.

-Vai, ragazza!-

Strillò Minerva, brindando in suo onore.

-Benissimo.-

Disse Cassidy, mordendosi il labbro.

-Ma dobbiamo essere presenti quando lo farai e sentirlo dire di sì, sennò non conta. Parlano i fatti e non le parole.-

-Andiamo nella stessa facoltà: è ovvio che sarete presenti.-

-No. Gli devi chiedere di uscire questo weekend.-

-Chiedo scusa?-

Cassidy si ristampò in faccia quell'odioso sorriso di superiorità.

-Hai sentito bene: ti dò due giorni per farlo. Se ci riesci, smetterò di andargli appresso. Anzi, smetteranno di andargli appresso tutte le presenti oggi!-

-Woah, ehi: abbassa il tiro, Cassidy!-

Le urlò Nora, facendo un singhiozzo subito dopo.

-Ora che questo...-

E puntò il suo corpo mentre le sue due vocine la fissavano confuse.

-È di nuovo sul mercato, potrebbe essere interessato a me!-

-Seh, ti piacerebbe...-

Disse un'altra ragazza, facendo ridere le altre.

-E come farò a chiederglielo se non a scuola? Non so mica dove abita...-

Mentì Marina.

-Dovrai solo andare a cercarlo durante le sue ore lavorative.-

Marina piegò la testa.

-Le sue cosa?-

-Non lo sapevi?-

Le rinfacciò Cassidy.

-Lavora alla libreria Oak Leaves nei weekend per pagare il suo affitto. Non mi dirai sul serio che non lo sapevi?-

Marina arrossì. Le imbarazzava non sapere quel dettaglio, come se fosse una grande colpa, per qualche motivo...

-Domani. Potrai chiederglielo domani ed io smetterò di essere un tuo problema semmai ti dicesse di sì.-

-Il che non succederà mai...-

Rimarcò un'altra ragazza, guadagnandosi un pugno da parte di Minerva.

-Oh! Amica! Che cavolo?-

-Stai zitta.-

-Va bene.-

Marina era piuttosto insicura, ma non poteva tirarsi indietro proprio ora... Non davanti a Cassidy.

-Lo farò.-



Era sempre così bello quando le persone gli chiedevano dei consigli personali sui libri da leggere. Cioè, aiutate i clienti a trovare uno scaffale era un conto, ma se qualcuno gli chiedesse cosa leggere... Jotaro non sorrideva mai quando era a lavoro, ma si sentiva felice di aiutare qualcuno che non sapeva cosa scegliere. Succedeva di rado, magari una o due volte al mese, ma era sempre una bella soddisfazione. Consigliava libri su barche, aerei, oppure più in generale libri gialli o thriller. Sembrava che ogni cliente che avesse aiutato era rimasto soddisfatto e quello gli rendeva le giornate più felici.

-Se Agatha Christie è troppo pesante per lei, le suggerirei di leggere un libro di Ian McEwan. Questo è il mio preferito.-

Una signora anziana, che doveva avere probabilmente sulla settantina, sorrise e lo ringraziò.

-Il piacere è mio, signora.-

Star Platinum dietro di lui aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro, invece Jotaro aveva un volto impassibile, anche se i suoi occhi erano leggermente ammorbiditi e la sua espressione più rilassata. Appena se ne andò, Jotaro controllò il suo orologio da polso.

-Mancano solo due ore.-

Si sistemò la tessera sulla maglietta e sentì qualcuno che chiamava il suo nome. Probabilmente era Lawrence, il suo capo. Come sospettava, la voce veniva da uomo sulla trentina mediamente alto con i capelli biondi scuro ed una divisa con la camicia azzurra rientrata nei pantaloni, un paio di occhiali scuri a montatura fine e gli occhi marroni. Lo stava aspettando mentre batteva il suo dito sul suo braccio.

-Sì?-

-Non dire quel "sì" con quel tono disinteressato, Kujo.-

-E adesso che c'è?-

-Il solito. I clienti si annoiano perché non sorridi abbastanza.-

-Non capisco la necessità del sorriso mentre aiuto qualcuno a trovare la sezione "i", signore.-

Lawrence sbuffò.

-È questo il tuo problema, Kujo! Mi piace il tuo lavoro, fattelo dire, sei riuscito a vendere una miriade di libri che io non avrei mai nemmeno considerato.-

"Sì, perché hai l'educazione di una roccia."

Pensò Jotaro amaramente, attento a non dire niente di avventato ad alta voce.

-Ma ai clienti piace entrare e vedere un bel sorriso accogliente! Puoi farne uno?-

Jotaro roteò gli occhi e fece un sorriso finto, chiaramente patetico. Lawrence storse il naso.

-Non è ciò che ti ho chiesto...-

-Larry.-

Questi si volse e vide sua moglie.

-Arrivo, Terry!-

Prima di andarsene, puntò il dito a Jotaro.

-Ricordati...-

Il ragazzo sospirò.

-Santo cielo... Ma davvero è lui il capo?-

Tornò verso la corsia che stava tenendo d'occhio ed inavvertitamente andò a sbattere contro qualcuno. Con i suoi riflessi, afferrò chiunque fosse prima che cadesse a terra.

-Woah!-

-Guarda dove camm...-

Jotaro si bloccò a mezza frase appena vide di chi si trattava.

-Marina?-

-Oh cielo... Mi dispiace tanto...-

I due rimasero bloccati per un secondo, e poi Jotaro diede un colpo di tosse imbarazzato e la aiutò a riacquistare l'equilibrio, lasciandole andare i fianchi.

-Ti stavo cercando... E...-

-Come fai a sapere che lavoro qui?-

-Diciamo solo che ne ho parlato con il tuo amico francese...-

Mentì Marina.

-Intendi Polnareff?-

-Proprio lui.-

Dietro la vetrina del negozio, appena fuori, Cassidy, Minerva e la ragazza dai capelli rossi stavano guardando tutto.

-Così non va bene... Dobbiamo anche sentire cosa si dicono...-

Disse la prima, indossando un cappello tipico francese. Minerva finì di mangiare il suo gelato e disse, con la bocca piena:

-Ok, come no.-

La ragazza roscia annuì senza aggiungere altro.

-E comunque che cosa volevi?-

Disse Jotaro, mettendo a posto i libri che dei clienti indecenti avevano mescolato tra loro senza rimetterli sui loro scaffali appositi.

-Non... È una cosa così importante, in realtà...-

Marina era già completamente arrossita, ma trovò la forza di continuare a parlare. Non era solo per fare bella figura con Cassidy... Sapeva benissimo che in fondo desiderava molto uscire con Jotaro.

-Mi stavo chiedendo... Se non sei troppo impegnato...-

-Non lo sono. Oggi non ci sono molti clienti...-

-No, non... Non stavo parlando di ora...-

-Kujo!-

-Aspettami qui.-

Jotaro la lasciò da sola per andare a sentire cosa aveva da dirgli Lawrence.

-Ah. Ok. Bella chiacchierata.-

-Quindi?-

-AH!-

Marina sobbalzò, spaventata. Cassidy la guardò aspettando il "no" come risposta. Marina esitò.

-Ci sto lavorando. Se n'è andato per un attimo, qualcuno l'aveva chiamato.-

-Allora è un no netto! Hai fallito. Qualcuno ne dubitava?-

-Ehi, aspetta un attimo! Ti ho detto che ci sto lavorando! Non glielo ho ancora chiesto.-

-Oh, figo.-

Disse Minerva, rimettendosi in tasca una banconota da cinque dollari.

-E quella a che serve?-

-Abbiamo scommesso su di te: se convinci Jotaro ad uscire con te, Cas mi deve cinque dollari, oppure viceversa,-

-La smettete di chiamarmi Cas?-

Minerva rise. Marina stava cominciando a trovarla simpatica. Certo, era un po' troppo sicura di sé, ma alla fine la supportava ed era schietta con tutti.

-Ok, ma ora nascondetevi: non voglio che sappia che sono venuta con qualcun altro!-

-Io sono invisibile!-

-Metterti un cappello in testa non ti rende invisibile, Cassidy...-

Disse la ragazza con i capelli rossi mentre passava in rassegna alcuni romanzi rosa accanto a lei, sfogliandoli.

-Ti sbagli.-

-Sh. Sta tornando!-

Le tre ragazze scomparvere dietro uno scaffale qualche metro dietro di lei.

-Era Lawrence. Dice che deve chiudere causa emergenza. Dobbiamo uscire da qui.-

-Dobbiamo davvero? Cosa potrebbe essere così importante da chiudere la libreria?-

-Non ne ho idea, però...-

Silenzio. Star Platinum diede un'occhiata fugace dietro a Marina e disse "ora" al suo portatore. Questi sbuffò.

-Quelle tre... Ma sul serio?-

Marina si volse e le vide che sbucavano da dietro allo scaffale e li spiavano.

"E quello lo chiamano nascondersi?"

-Perché sono qui? Mi va bene che tu sappia dove lavoro, ma loro tre...-

Disse Jotaro rabbiosamente, superandola per raggiungerle. Quella frase le riscaldò il cuore. E si sentì di nuovo sicura. Caroline aveva ragione: lei era la prescelta.

-Che cavolo ci fai qui, Cassidy?-

-Ti avevo detto che il cappello non ti avrebbe nascosta...-

-Dopotutto, credevi davvero che un cappello ti avrebbe nascosto dall'unica persona che non se lo toglie mai?-

Cassidy alzò le spalle e chiese:

-In effetti è vero... Com'è che non te lo togli mai?-

-Non sono affari tuoi!-

Le disse il giapponese, sistemandosi il cappello sulla testa.

-Ed ora ti spiace spiegare perché ci stavate spiando?-

-Non vi stavamo spiando... Cosa te lo fa pensare?-

Prima che Jotaro avesse un altro scatto d'ira, Marina gli mise una mano sul braccio per calmarlo.

-Dai, dobbiamo uscire. Ricordi?-

Era la prima volta che Jotaro sentiva così tanto calore a contatto con qualcuno, anche se non era esattamente così dato che si trattava solo della manica della sua giacca, però... Guardò prima la mano e poi spostò lo sguardo sugli occhi di Marina. Come mai non si era mai accorto prima di quel momento che erano uno diverso dall'altro? Forse era perché non erano mai stati così vicini. I loro volti non erano mai stati così vicini...

-Jotaro? Ma mi hai sentito?-

-Mh? Oh. Sì.-

Finalmente distolse lo sguardo dalla faccia di Marina.

-Tutte voi: fuori dai piedi!-

-E Marina non viene con noi?-

-Certo. Tra un attimo. Doveva dirmi qualcosa.-

Le tre ragazze si allontanarono lentamente verso l'uscita e prima di scomparire, Minerva aprì la mano verso Cassidy.

-E va bene.-

Disse lei, dandole cinque dollari.

-Grazie mille!-

Jotaro aspettò di vederle scomparire, come Marina, per continuare la conversazione:

-Stavi dicendo?-

-Vedi...-

Sorrise un poco, non più nervosa come prima, ma comunque un po' insicura.

-Ti volevo chiedere se sei libero domani sera.-

Jotaro aspettò a rispondere.

-Se non lo sei, allora non fa...-

-È per il tuo quaderno? Certo, te lo porto. A che ora?-

Marina non sapeva come rispondere.

-Marina?-

-La sera. Alle sette. E... Puoi fermarti per cena.-

Ed eccola là: arrossì di botto, tesa. Il giapponese sembrò non accorgersene.

-Certo. Ok. Ora però usciamo, che dobbiamo chiudere.-

E si diresse verso la porta. Marina rimase ferma sul posto, rossa come un pomodoro.

"Ha detto di sì... L'ha fatto davvero..."


Tornato a casa, Jotaro si ricordò che siccome aveva lavorato di meno quel giorno avrebbe ricevuto un salario più basso.

-Dannazione... I soldi mi facevano comodo.-

Sospirò, togliendosi la giacca. Novembre era piuttosto fresco, quindi si tenne la maglietta addosso. Quel giorno si sentiva... Strano. Non era per la chiusura anticipata della libreria o qualcosa del genere, però si sentiva stranamente stanco. Prese il quaderno di Marina e si sdraiò sul letto.

-È stato gentile da parte sua lasciarmelo tenere. Ha detto che si sarebbe appuntata le cose su un foglio volante finché non glielo avessi ridato...-

Silenzio. La sua calligrafia non era difficile da leggere, ma era tutta virgolette.

"Immagino che Polnareff avesse ragione... È così che scrivono le ragazze."

Si sentì stranamente teso dopo averlo pensato. Sì... Erano passati più di tre giorni e Polnareff non si era ancora fatto vivo.

"Ha detto che mi avrebbe chiamato solo per le emergenze, però..."

Jotaro spostò gli occhi dal quaderno al suo telefono.

"Sono preoccupato. Devo essere io a chiamarlo..."

Si allungò per prenderlo muovendosi sul letto, ma poi esitò.

"Non posso. Se lo facessi, penserebbe che sono paranoico. O che sono in pericolo. E se si preoccupa per me..."

Ci pensò per più di due minuti, incerto, e poi lo afferrò e basta.

-Al diavolo, io lo chiamo.-

Il telefono prese a squillare appena gli finì in mano. Non staccò subito: lo fissò e basta.

"Mi sta chiamando ora? Che tempismo..."

-Pronto? Polnareff?-

-No, ma grazie di aver finalmente risposto...-

-Eh? Vecchio? Che succede?-

Joseph, dall'altro capo, sospirò stancamente.

-Da quanto è che non telefoni a tua madre?-

-Ah, cavoli... Credo... Il fatto è che ultimamente sono molto impegnato e...-

-Non fa nulla.-

"Non fa nulla?"

Ora Jotaro lo sentiva: qualcosa non andava.

-Vecchio? Perché mi chiami? E perché quel tono stanco?-

Joseph ci mise un po' a rispondere:

-Holly si è ammalata.-

Colpo al cuore. Jotaro prese a sudare, seduto sul letto con il telefono in mano.

-Cosa?-

-Ha la febbre alta. Io non sono in Giappone ora, ma Sadao mi ha chiamato per avvisarmi. Ha detto di non conoscere il tuo numero, e quindi...-

-Quando dici febbre... Intendi tipo...-

-Non lo so, Jotaro. Non sono lì, ti ho detto. Però...-

Disse, mentre si metteva il cappello.

-Ci sto andando in questo momento.-

-Prenota un volo anche per me.-

-Col cavolo! Tu resti in America e prosegui i tuoi studi e me ne occupo io.-

Jotaro ringhiò.

-Tu vai dalla mamma... Polnareff cerca l'amuleto... Ed io che faccio?-

-Jotaro... Smetti di sentirti responsabile per qualunque cosa, santo cielo! Pensa solo alla tua educazione ora. Pensavo solo fosse giusto avvertirti.-

"Ci puoi scommettere! Quando i Joestar si ammalano... E prendono una febbre alta, può voler dire solo una cosa. Non si tratta per forza di DIO, ma deve essere qualcosa che minaccia la nostra stirpe. Può essere per colpa di Francis? Quanti dei suoi seguaci sono rimasti? E Polnareff... Lui sta bene? Sta combattendo con uno di loro adesso?"

Mentre pensava a tutto ciò, non si era accorto che la chiamata era terminata e suo nonno aveva attaccato, lasciandogli solo un telefono muto in mano. Lo rimise a posto.

"Questo è terribile... Non mi sento così da un anno circa! Proprio quando pensavo che tutti i miei problemi erano svaniti..."

I suoi occhi si fermarono sul quaderno. Scosse la testa.

"Una promessa è una promessa."

Lo chiuse e lo poggiò sul tavolo, prima di andare a dormire presto.

















......
Ehi! Due capitoli di seguito perché... chi vogliamo prendere in giro, lo sapete perché.

Scuole chiuse.

Yay!

È ingiustificata per me questa cosa, ma YAY!

Cercherò di andare avanti con la fanfiction anche perché tra un po' c'è la mia parte deferita, più precisamente il prossimo capitolo e quello dopo, credo, devo ancora vedere come dividerlo...

Vabbè!

Commentate, gente!

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