UNA STORIA
Adam chiuse la cartella gialla appena letta e la ripose sul tavolo marrone.
"Pazienti dell'ospedale Sammive"
Era scritto sul documento seduto davanti a lui c'era Miles, era un giornalista: aveva i capelli castani, era robusto e fissava Adam, ovvero il suo capo.
"Non vedo come questa cartella possa darmi delle risposte riguardo a ciò che è successo in quell'ospedale".
Disse l'uomo biondo e leggermente in carne mentre con la mano strusciava la cartella verso il suo dipendente.
"Ha presente i grandi film del cinema? Hanno una sceneggiatura, una colonna sonora, un budget, una storia e un cast...ebbene questa cartella è il cast principale".
Adam fece una piccola risata e scosse la testa.
"Figliolo ti facevo più sveglio ormai la storia è già di dominio pubblico, la solita rivolta tutte cose già viste".
"Preferisce la storia che è stata sentita...o quella che è stata vista".
Miles poggiò sul tavolo una piccola videocamera grigia, il suo capo fissò l'oggetto per diversi istanti e poi posò lo sguardo sul dipendente.
"È tutto lì?"
"Più o meno, qui dentro inizia la parte del film piena d'azione ma la parte iniziale dovrò raccontarla io".
Adam annuì.
"Mi raccomando a bassa voce".
I due non erano soli, si trovavano in un ristorante.
"Non si preoccupi, ma si metta comodo signor East perché dovrà sentire l'intera storia".
I giorni passavano così velocemente che ormai non avevano più significato, il sole e la luna si alzavano e poi sparivano come in un copione ma se il Mondo esterno cambiava, l'interno della stanza dell'ospedale restava sempre lo stesso.
Alex era seduto proprio davanti alla finestra e osservava l'orizzonte mentre la prima luce risvegliava il Mondo.
Quel piccolo bagliore era pieno di significato per il ragazzo gli dava speranza, la speranza che un giorno sarebbe uscito da quel posto.
I pensieri del ragazzo vennero interrotti quando qualcuno bussò alla porta bianca.
"Wulkoff sei sveglio".
Una voce autoritaria proveniva dall'altro lato.
"Si".
Rispose Alex nel suo solito modo, breve e diretto.
La porta venne aperta e nella stanza entrò un dottore, Hector Paris, aveva i capelli mori e portava degli occhiali.
"Il direttore vuole vederti".
Qualche minuto dopo Alex era seduto davanti a Warren Gromit, un uomo che aveva raggiunto da poco la sessantina di anni, indossava un completo marrone, i suoi capelli erano grigi come i suoi baffi.
"Scusami per l'ora ma dovevo parlarti".
Il direttore prese una cartella rossa e l'aprì per poi poggiare l'indice destro su una delle righe nere formate da parole.
"Tempo fa mi dissi che la prima volta che Xela si mostrò è stato all'inizio del quarto anno delle superiori, è esatto?"
Il ragazzo annuì.
"Mi dissi anche che non appena hai urlato il suo nome lui è comparso, è esatto anche questo?"
Ci fu un altro cenno del capo.
"Infine prima che tu finissi sotto la mia custodia hai detto che lui è uscito sette volte e in tutte e sette avevi pronunciato il suo nome, perciò voglio chiederti Xela esce quando lo chiedi tu".
Stavolta la testa venne scossa.
"Alex sei qui da quasi un anno e da quasi un anno non hai mai parlato con me, non capisci voglio aiutarti?"
Gli occhi del ragazzo fissarono il direttore con arroganza.
"Non capisci...è la stessa frase che hanno detto i bulli cinque minuti prima che Xela li desse un biglietto gratis per l'ospedale, lei non mi incanta con questa scenata spera solo di risolvere in fretta il mio caso così mi levo dai piedi a lei non interessa di me, né di nessun'altro che è dall'altra parte delle porte bianche...non fa questo per passione ma perché è un lavoro in cui spera di non fare nulla e di essere pagato e ora mi scusi ma preferisco tornare nella mia stanza".
Warren sospirò e fece un cenno con la mano, mentre Hector faceva uscire Alex il direttore fissò la sua cartella.
"La doppia personalità può essere capita facilmente, è il fatto che non ti fidi più di nessuno a renderti un paziente".
CIAO A TUTTI spero che il capitolo vi sia piaciuto se avete domande o curiosità scrivetele nei commenti e ci vediamo al prossimo capitolo CIAU.
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