UNA SETTIMANA
Il battito riecheggiava in quella stanza silenziosa.
Beatrice fissava il soffitto: aveva i capelli a caschetto mori, il suo sguardo sembrava privo di ogni emozione.
"Taylor".
Seduta sulla sedia blu non poco distante dal letto c'era una dottoressa: capelli rossi, chignon, occhiali da riposo dai bordi rossi, teneva in mano la cartella della ragazza davanti a lei.
Beatrice non rispose e si mise sul lato destro del corpo.
"Taylor è maleducazione fare così".
Disse la psicologa dell'istituto, Rachel Dawson.
La ragazza non rispose, Rachel la voltò verso di lei.
"Ti sto parlando rispondimi".
Disse con tono severo ma la mora non accennava nemmeno a muovere la bocca.
La rossa sorrise e si chinò davanti a lei.
"Vuoi farla finita?"
Sussurrò.
Qualche minuto dopo Beatrice era davanti allo specchio del bagno, la psicologa era alle sue spalle e teneva un taglierino con la lama aperta sul polso sinistro.
"È facile...zac...e finisce tutto".
Sussurrò con un sorriso sulle labbra, la mora esitava non trovava il senso a tutto questo, perché un dottore avrebbe dovuto istigarla al suicidio?
In genere facevano il contrario ed era il motivo per cui lei era finita nell'ospedale.
"Ma ti devo insegnare tutto io".
Sospirò la rossa per poi fare un piccolo taglio sul polso.
La mora sussultò e guardò il suo fluido rosso, anche se in quantità ridicola, colorare la sua pelle.
"È facile...è quello che hai sempre voluto".
"Che stai facendo?"
Una voce rauca fece cadere il taglierino dalle mani della psicologa, mentre cadeva la lama le ferì il palmo.
"Sto...sto...ho fermato Beatrice da un tentato suicidio, scusi la colpa è mia mi ha chiesto se poteva andare in bagno e io ho acconsentito non pensavo che...".
Una risata familiare fermò la psicologa, Bill le mise una mano sulla spalla.
"Credevo fossi il direttore".
"Lo so non male la tua storia dovresti usarla".
Disse il castano mentre guardava la mora che fissava il suo fluido.
"Penso che il direttore non prenderà bene il suo tentato suicidio".
Sorrise la psicologa.
"Può darsi ma fermarle il sangue".
"Certo fra una settimana".
Warren salutò al telefono e poi chiuse la chiamata, in un'altra stanza Quentin poggiò il telefono azzurro nella cornetta.
Non andava bene.
Per niente bene.
Circa mezz'ora dopo Quentin aveva convocato Sarah ed Hector.
"Il tuo sguardo non mi piace".
Disse Sarah mentre si sedeva sul tavolo su cui era poggiato il medico con la cresta.
"Fra una settimana arriverà un giornalista che vuole confermare o sfatare le voci sulla violenza nei manicomi da parte dei medici".
"Comandiamo noi qui i pazienti non diranno nulla".
Hector incrociò le braccia.
"È qui che ti sbagli possiamo essere sicuri che il bambino e la vecchia non diranno nulla ma gli altri sono delle mine vaganti...".
Quentin si portò una mano sotto il mento.
"...per una settimana controlleremo tutti i pazienti e cercheremo di renderli silenziosi se capite cosa intendo".
Lo sguardo del dottore con la cresta si posizionò sulla foto di Jenny.
Quentin sorrise.
"Sarah chiedi a Philip di posticipare ad una settimana l'incontro con Jenny".
CIAO A TUTTI spero che il capitolo vi sia piaciuto se avete domande o curiosità scrivetele nei commenti e ci vediamo al prossimo capitolo CIAU.
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