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CAPITOLO 45

🎶 ASCOLTA LA CANZONE "Surrender" DI "Natalie Taylor"  🎶

Devo chiamarli, devo avvisarli, forza Lorenzo che ce la fai, dai...

Era questo che si ripeteva da giorni.
Chiamare Nico, Maria, la sua famiglia; ma come poteva?
Non ci sarebbe mai riuscito.
Selina era morta e lo doveva dire a qualcuno.
Sua figlia era morta.
Erano morte.
Entrambe.

Quando Selina e la loro piccola creatura, Amelia, chiusero gli occhi per sempre, dentro di lui era scoppiato un inferno: era come se gli avessero strappato il cuore dal petto, gli avessero strappato la carne mentre era cosciente. Dopo qualche ora le lacrime non scendevano più, era finito.
Tutto.
La sua vita.
La sua vita.
Era come se tutto si fosse fermato; il rumore dell'infrangersi delle onde, i garriti dei gabbiani, le grida dei bambini nel mare a divertirsi con le famiglie.
Già... famiglie.
La sua non c'era più; la sua nuova famiglia non aveva fatto in tempo a nascere che si era già dissolta.
Dissolta tra quelle mura ormai prive di colore.
Per Lorenzo i colori, la fantasia, la felicità non esistevano più.

Felicità, questa parola, dice il dizionario è la compiuta esperienza di ogni appagamento. Talvolta, con senso più vicino a 'gioia'.
Ma la sua non c'era più. Era sparita. Dubitava, anzi, sapeva per certo che la felicità non l'avrebbe mai più provata.

Aveva pianto, anche se la parola pianto era più un eufemismo.
Aveva perso due parti di sé.
Quel giovane uomo, quel Cristiano, s'era come paralizzato, pietrificato, quando aveva capito che Selina era morta.
Gli aveva lasciati per sempre.
Per sempre...

Selina aveva sempre desiderato, dopo la morte, di trovarsi in mare.
Cremata, e le sue ceneri sparse per quell'acqua cristallina che possedeva la Sicilia.
La sua isola.
Voleva vivere la sua seconda vita, perché ci credeva, in pace, nel silenzio del mare.
Voleva essere una stella marina, diceva.
Colorata. I colori le piacevano, eccome se le piacevano!

Lorenzo, insieme a Cristiano, si erano dati da fare: avevano cremato sia lei sia Amelia. In un unico vaso cosicché madre e figlia potessero stare insieme.
Avevano preso un motoscafo, Cristiano guidava e Lorenzo teneva stretta a sé l'urna.

Arrivarono in mare aperto.
Lentamente Cristiano si girò e lo guardò.
<Qui va bene? > mormorò.
Distrattamente, Lorenzo annuì.
Stava per dirle addio.
Una volta per tutte.
Si sentiva pronto?
No.
<Sei pronto? >.
<No>.
Non poteva lasciarla andare. Lasciarle andare.
Senza accorgersene una lacrima gli solcó la guancia pallida e fredda.
Cristiano se ne rimase lì, in silenzio.
Lui non faceva trasparire ogni traccia di dolore, sofferenza.
Stava male dentro.
Non poteva far succedere casini anche fuori.

Passarono secondi... minuti... un'ora.
Lorenzo s'alzó e bació l'urna.
<Non sarò mai pronto a lasciarti amore mio. Non sarò mai in grado di lasciarvi> sussurrò.
<Ma devo farlo... come posso vivere col pensiero di non aver accontentato uno dei tuoi desideri più grandi?>.
Tremolante si avvicinò al bordo del motoscafo.
Guardó l'uomo al suo fianco e con lo sguardo gli chiese se poteva procedere.
Con un cenno quasi impercettibile del capo acconsentì.
Piano aprí l'urna contenente le ceneri della sua amata e quelle della loro bambina.
<Vi ho amato, vi amo e non smetterò mai di farlo> la sua voce s'incrinó.
Prese un respiro profondo e, col vento nei capelli, sparse i loro resti in quelle acque pulite.
Osservò con le lacrime agli occhi le ceneri che piano piano cadevano in fondo al mare disperdendosi.
Per l'eternità.
Come lo sarebbe stato il suo amore per loro, si disse.
Cadde in ginocchio e si prese la testa tra le mani.
Vi amo... vi amerò per sempre.
Pianse per molto tempo e con lui anche Cristiano, che anche con tutta la forza di volontà, non riuscì a trattenere le lacrime.

🎶 STOP MUSICA 🎶

***

Cazzo, cazzo, cazzo.

<NICOOO> urlò a gran voce Maria mentre vedeva una grossa macchia del liquido amniotico che si ingrandiva sul materasso dove stava comodamente distesa a leggere un libro.

Nico era in cucina a prendere una birra quando sentí quell' urlo.
Corse velocemente verso la loro stanza e capí al volo la situazione.
<O nubi del cielo ti si sono rotte le acque!> le si avvicinò.
<Oh, davvero?! NON ME N'ERO ACCORTA, GRAZIE!! > gridò lei mentre si appendeva al suo collo.
Nico la prese in braccio e cercando di fare il più velocemente possibile andò alla porta.
Scesero gli scalini e per le vie di Venezia corsero verso l'accademia.

Una volta alla porta Maria gridò ancora per il dolore.
<Fa male, Nico, veloce ti prego> mugugnó stringendosi di più a lui.
Entrarono e alcuni studenti si girarono.
<Un medico!Un medico; sta partorendo! >.

Un uomo sulla quarantina gli si avvicinò.
<La dia a me, ragazzo. Ce ne prenderemo cura noi, durante il parto> indicò il piccolo gruppetto di qualche ragazza con una croce rossa ricamata sul lato sinistro della camicetta bianca che indossavano.

Maria si voltò verso Nico.
<N-nico che d-devo fare?> pianse.
<Ci sono io, Mary. Tra un po' potremo vedere il nostro bambino>.
<La prego signore, lasci che venga anch'io... è terrorizzata>.
L'uomo negò con la testa.
Maria urlò.
<La prego!!> esclamò.
Il dottore sospirò.
<E va bene... ma muoviamoci!>.
Corsero tra vari corridoi finché non furono in una stanzetta con un letto d'ospedale e tutti gli attrezzi: l'infermeria.
Due ragazze che avrebbero avuto massimo 30 anni, spogliarono Maria e le misero una camicia da notte molto grande.
<Come ti chiama, cara?> le domandò una mentre le asciugava la fronte con un fazzoletto.
Intanto Nico si era messo al suo fianco e le teneva la mano.
Maria stringeva fortissimo.
<M-Maria>.
Il ritmo dei suoi respiri era aumentato e sudore le scendeva dalle tempie.
<Bene, io Costanza. Io e le mie colleghe ti aiuteremo con il parto. Non preoccuparti che andrà tutto bene> le sorrise amorevolmente.
Maria fece un sorriso tirato invece.
<Quando ti diremo di spingere devi farlo cosicché in un paio d'ore il tuo pargolo sia finalmente fuori>.
Nico le bació la mano.
<Andrà tutto bene, Mary. Ci sono io, andrà tutto bene...>.

Questa frase rimase un mantra tra una spinta e l'altra.
Tra un urlo e un altro.
Tra stritolamenti di mani ed imprecazioni.
Fu il mantra per uno dei parti più difficili.

<WEEEEEEEEEEE> per diverse ore se ne sentirono due di questi pianti.
E alla fine, in quel momento, l'ultimo pianto si destó nella stanza.

Tre gemelli.
Tre. Magnifici. Gemelli.

I loro figli: Eleonora, Tommaso, Enrico.

Eleonora aveva i ciuffetti di capelli corvini come la madre.
Gli occhi azzuri come il padre.
Tommaso, invece, era tutto Nico: occhietti azzurri e i capelli castani.
Infine, il più piccolo dei tre, Enrico: occhi verdi e capelli biondi.

<Ecco a voi> Costanza mise i tre piccoli pargoletti nelle braccia stanche di Maria e di Nico.
Si emozionarono entrambi.
<Oh, Nico.. i nostri bambini... i nostri bambini!> mormorò mentre delle lacrime di gioia le ricavano le guance.
<Esatto, Mary... i nostri bambini... e li proteggeremo finché sarà in nostro potere>.
<Ti amo, Nico>.
<Anch'io>.

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