CAPITOLO 30
Maria.
<MARIAAA!!!!> esclamò Nico.
Corse verso di lei come un forsennato.
Le lacrime che volevano uscire gli bruciavano gli occhi.
Si inginocchió dinanzi a lei e l'appoggió sulle ginocchia.
Aveva gli occhi arrossati, come se avesse pianto.
Poi vide anche un segnaccio rosso sulla guancia, come su qualcuno le avesse dato uno schiaffo.
<Mary, oh Mary... svegliati, ti prego... ti supplico>la voce incrinata, cominciò a piangere.
La sollevò da terra e la prese in braccio a mo' di sposa.
Era inerte tra le sue braccia.
Corse dentro al ristorante e gridò di chiamare un medico o un'ambulanza.
La gente si girò verso la porta, allarmata.
Dopodiché si vide Lorenzo scendere di corsa dalle scale che conducevano al piano delle camere.
Si avvicinò al gemello preoccupato.
<Ma che cazzo è successo?> domandò.
Nico alzò le spalle.
<Vorrei tanto saperlo anch'io,. davvero> disse guardando la donna <davvero>.
***
I neo fidanzati una volta arrivati in hotel, si diressero verso la propria camera.
Entrarono e si fecero, Alberto una doccia veloce mentre Selina un bel bagno caldo.
Passarono circa 20 minuti e Selina uscì dal bagno con un grande asciugamano legato intorno al corpo.
Alzò lo sguardo e quasi non prese un infarto.
Si mise una mano sopra la cuore.
<Che le nubi del cielo mi aiutino! Alberto non ti ho sentito entrare> disse.
<Canti benissimo> replicò lui sorridendole.
Aveva imparato a cantare quando era piccola e tutti el dicevano che cantava quasi come una sirena. Come se non sapessero che in realtà è metà sirena e metà umana.
Lei arrossì e si andò verso il comodino dove prese l'anello e se lo mise al dito.
Alberto fissò ogni suo movimento.
Lei prese l'intimo che aveva lasciato sul letto e scusandosi entrò in bagno e si vestí.
Si asciugò i capelli e li legò in una coda bassa e molla.
Fece un respiro profondo e prendendo coraggio uscì dalla stanzetta con solo l'intimo.
Alberto restò molto stupito dal gesto che fece.
Lei si avvicinò alla cabina armadio e dopo pochi minuti tirò fuori un vestito abbastanza attillato che poteva perfettamente mettere in evidenza le sue forme prosperose grazie alla gravidanza.
Lungo fino alle caviglie, turchese, con spacco sulla gamba destra.
Senza maniche ma con un incrocio al collo con dei brillanti.
In mano aveva dei tacchi dodici argentati.
Sul retro del vestito c'era una piccola lampo.
Si vestí ma non riusciva a chiudere del tutto la cerniera.
Imbarazzata domandò all'uomo che aveva in stanza che non perdeva un suo minimo movimento:
<Potresti... ehm.. aiutarmi?>.
Lui accettò e arrivò alle sue spalle.
Poggió le mani sulla sua schiena e Selina sentí dei brividi improvvisi.
Alberto chiuse senza fatica la cerniera, ma una volta chiusa non si allontanò e la osservò attraverso lo specchio che avevano di fronte.
Le appoggiò le mani lungo i fianchi.
Si sporse un poco e le bació la guancia.
<Sei splendida stasera. Ma d'altronde... lo sei sempre> disse ribaciandole la guancia.
Le sorrise e si rimise seduto a letto mentre si metteva la cravatta.
Selina infilò i tacchi e fece due piccole treccine con i ciuffi che le cadevano sul viso e se le legò alla nuca facendone una treccia più grossa.
Afferrò la borsetta coi trucchi e si mise un po di profumo, mascara e illuminante.
Prese la pochette dello stesso colore delle scarpe e si girò verso il suo fidanzato.
Le fece strano pensarlo: fidanzato.
Ma infondo era questo che erano diventati quel pomeriggio, fidanzati.
Quasi non gli rise in faccia quando vide che aveva creato un groppo con la cravatta. E non riusciva a slegarlo!
Si avvicinò e si sedette al suo fianco allungando le mani.
<Aspetta faccio io> disse quando lo vide imprecare nuovamente per il disastro commesso.
Selina rise un poco e lui le regalò un sorriso sghembo.
Alberto molló la cravatta e la lasciò fare.
Dopo un paio di minuti Selina riuscì a slegare il nodo e gli mise la cravatta per bene.
Sorrise soddisfatta.
<Ecco qua> esordì poggiandogli le mani al petto, accarezzandolo.
<Grazie> ringraziò lui.
Si alzarono e Alberto le offrì un braccio.
<Vogliamo andare?> chiese.
<Con piacere> e scesero fino al locale.
***
Alla fine un anziano aveva chiamato un medico.
Quest'ultimo, dopo una breve visita, rammaricato gli disse:
<Mi dispiace moltissimo... ma... ehm... è stata...> ma non riusciva a completare la frase.
<È stata?...> lo incitó Nico.
Il medico fece un sospiro pesante, ma alla fine rivelò.
<Da quanto si possono capire dai segni che ha sul corpo... è stata stuprata>.
A Nico sembrò che gli cadesse la mascella a terra.
Deglutí.
<S-stuprata?> chiese sconvolto.
Il dottore annuì dispiaciuto.
<A quanto pare...>.
Nico guardò di nuovo Maria, che era stata distesa sul letto.
La pancia poco più grande di qualche mese fa...
La faccia con un piccolo livido rossastro, che sembrava stato procurato da un man-rovescio.
Lividi anche sulla base della schiena e sul... sedere.
Chiuse gli occhi.
Il dottore gli mise una mano sulla spalla.
<Si sveglierà a breve, tranquilli> comunicò ai gemelli.
Poi uscì dalla stanza lasciando i due gemelli e Maria in silenzio.
Lorenzo gli mise un braccio sulle spalle.
<Mi domando solo chi sia stato a farle questo... è pur sempre una donna incinta> rivelò.
Nico sentí le lacrime che volevano uscire nuovamente.
<Già... non riesco a concepire questa cosa> disse.
Si mise seduto, con la schiena appoggiata alla testiera del letto e accarezzò il viso della donna.
Sospirò.
<Se è successo qualcosa al bambino.... è tutta colpa mia> e si prese la testa tra le mani piangendo.
<Ma che dici... mica sei stato tu a stuprarla, primo. Secondo non c'eri, non avresti comunque potuto fare niente. Perciò non darti colpe che non hai> gli disse serio Lorenzo.
<È questo il punto! Io non c'ero! Avrei potuto salvarla e invece...> e pianse di più.
Passarono minuti e minuti in silenzio.
Poi sentirono dei mugolii alla propria sinistra: Maria si stava svegliando.
Aspettarono e dopo aprí gli occhi.
Vide Nico che stava per abbracciarla e lei si scansó subito.
Aveva paura.
Un uomo... il cameriere... l'aveva stuprata.
Oddio.
Si alzò dal letto e si mise in un angolo della stanza a terra, con le gambe al petto e la testa appoggiata sulle ginocchia.
Tremava.
<Ehi, Mary... sono io... non ti voglio fare niente> mormorò Nico.
Lei alzò gli occhi verdi su di lui.
Deglutí.
Lui provó a toccarla, ma lei si scansó nuovamente.
Lacrime silenziose cominciarono a scenderle sulle guance.
<D-ditemi... c-che non è v-vero...> sussurrò.
I due gemelli restarono in silenzio.
Chi tace acconsente.
Adesso pianse più forte.
<L-lui... il... cameriere... mi, mi ha stuprata.... il bambino... e se n-non sta bene...?> chiese allarmata mettendosi una pancia sul grembo.
<Aspetta cosa?! Il cameriere? Di quale cameriere stai parlando?> domandò Lorenzo.
Lei li guardò e li disse che quel maniaco che l'aveva appena stuprata era il cameriere che li aveva accompagnati al tavolo.
Nico si alzò di scatto e in due falciate era già alla porta.
<Adesso io lo ammazzo> ringhió correndo giù per le scale.
<Nico, aspetta!!> gridò Maria, inutilmente.
Si alzò anche lei e con Lorenzo scesero velocemente le scale.
Maria aveva ancora non pochi dolori ma strinse i denti ed entrò nella sala principale.
Vide che si era già creata una piccola folla in mezzo a delle persone.
Le quali erano Nico e il maniaco cameriere.
Nico teneva quest'ultimo per il colletto della camicia mentre gli gridava contro:
<Bastardo che non sei altro! Stupratore di m* adesso me la paghi!> mentre gli tirava un pugno in pieno viso.
Alcuni cercarono di intervenire ma invano.
<La mia fidanzata! Che è incinta per giunta! Cojone, io ti uccido!!> gridò mentre gli tirava un altro pugno e un calcio nello stomaco.
Il cameriere era a terra mentre cercava di reagire.
Riuscì a tirare un paio di pugni e calci anche a Nico.
Maria gridava loro di fermarsi.
Ma non la ascoltavano.
<NICO DE ROSA TI CONVIENE FERMARTI SENNÒ NON SAI CHE TI FACCIO DOPO!!!> urlò Maria.
Silenzio.
Nico si voltò verso di lei, ma il cameriere, vedendolo distratto ne approfittò per tirargli un bel pugno sul naso.
Nico urlò per il dolore e ricominciarono a picchiarsi.
C'era chi cercava di separarli, chi gridava di fermarsi, altri per lo spavento, persone che uscivano correndo.
<Fermi tutti> una voce al megafono li fece smettere per poco.
Si fecero avanti due poliziotti.
Presero con forza il cameriere, ormai imbrattato di sangue e Nico, conciato male pure lui.
Li portarono fuori.
Lorenzo e Maria li seguirono, come altre persone.
<Adesso ci spiegate perché vi stavate picchiando a sangue, voi due?> domandò serio uno dei due poliziotti.
Fece cenno a Nico di parlare.
<Ha stuprato la mia ragazza> ringhió guardandolo con sguardo di fuoco.
Se uno sguardo potesse incenerire qualcuno, Maria era certa che a quell'ora il cameriere era già cenere spazzata via al vento.
Il poliziotto chiese se fosse andata realmente così al maniaco.
Ovviamente lui rispose di no.
Continuarono il battibecco per alcuni minuti.
Dopo sempre il solito poliziotto chiese a Nico:
<Signore ha le prove?> chiese pacato.
Nico scosse la testa con rammarico.
<Ma allora come può sapere se è andata realmente così?> domandò ancora.
Nico non aveva parole.
Poi a Maria venne un'idea.
Si fece avanti.
<Signore> chiamò il poliziotto, che a quel punto la guardò.
<Si?>.
<Io sono la ragazza, signore> disse.
L'uomo restò con la stessa espressione per spingerla a parlare.
Ed è quello che fece:
<Sono uscita dal locale per prendere un po d'aria, quando quel manianco> e guardò l' uomo, se così si poteva ancora definire, <mi ha posato una mano alla vita> disse, <proprio qui> e indicò il punto dove aveva poggiato la mano.
<Io gli ho detto di lasciarmi andare, ma lui non mi lasciò, e mi portò dentro a quel vicolo> indicò il vicolo sul retro del ristorante.
<Gli ho ripetuto molte volte, gridando, di lasciarmi in pace> la voce le si incrinó.
Una donna le accarezzò la schiena.
<Cercai di scappare, e c'ero quasi riuscita, ma invece...> una lacrima le rigó la guancia.
<Sapete signore, io so come difendermi, perfettamente direi anche, ma deve ancora sapere che> e si poggió una mano sulla pancia, <come si vede, sono incinta e avevo paura che potesse succedere qualcosa alla creatura che porto in grembo, mi capite signore?> chiese mentre le lacrime cominciavano a scorrerle in viso.
L'uomo annuì.
<Ci dispiace moltissimo signorina> disse.
<Porteremo questo bastardo in carcere, perché signori e signore dovete sapere che è da mesi che cerchiamo quest'uomo. E grazie, se si può dire così perché ha compiuto un altro stupro, a voi possiamo finalmente sbatterlo dietro le sbarre> esordì.
Poi fece un cenno al collega e spinsero il cameriere in macchina.
Quest'ultimo continuava a dimenarsi inutilmente, gridava.
La donna che era rimasta ad accarezzarle la schiena le chiese amorevolmente:
<Cara, vuoi qualcosa di caldo?>.
Maria si voltò a guardarla: una donna sulla settantina, capelli argentei e degli occhi profondamente azzurri.
Annuì e la donna sorrise.
Le prese la mano e gliela accarezzò.
<Vieni, accomodati pure> e le indicò un divanetto giallo sbiadito in un angolo abbastanza appartato del locale.
Le offrì una tazza di tè.
<Grazie, lei è molto gentile> la ringraziò allora.
Lei fece un cenno con la mano per dirle che non importava.
Si sedette a fianco a lei e rivelò:
<Sai cara, anche io alla tua età circa sono stata stuprata>.
Maria spalancò la bocca e le disse che le dispiaceva molto.
Rifece il gesto con la mano.
<Ormai è acqua passata. Ma per il tempo che tu, il ragazzo & company rimarrete qui, se hai bisogno do qualunque cosa, parlare eccetera, io sono a tua disposizione> disse.
Maria le sorrise e la ringraziò.
Passarono un po di tempo a parlare.
Poi si alzarono e si salutarono:
<Grazie, Agatha. È stata un angelo> le disse Maria.
La signora sorrise.
<Grazie a te, Maria. Ho parlato con qualcuno. Sono felice di averti tirato un poco su di morale. Ma ora> e le puntò l'indice contro, <vai dal tuo ragazzo e stai insieme a lui> la spinse letteralmente fuori dalla stanza.
Maria rise di gusto.
<Ok, ok... adesso vado> rise e le lasciò un leggero bacio sulla guancia.
Salí le scale ed entrò.
Lorenzo stava dormendo sul divano mentre Nico era appoggiato alla testiera del letto pensieroso.
<A che cosa pensi?> gli chiese gentilmente.
Lui si voltò verso di lei. Le sorrise un poco.
<Scusa, non ti ho sentita entrare>.
<dove sei stata?> chiese.
Lei gli raccontò cos'era successo nel mentre che si cambiava e si metteva sotto le coperte avvicinandosi a lui.
Lui la strinse al proprio petto e le bació i capelli.
<Dimentichiamoci questa bruttissima giornata, va bene?> domandò all'improvviso lui.
Lei annuì animatamente.
Gli lasciò un bacio casto sulle labbra e si addormentarono così: abbracciati l'uno all'altra.
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