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37 ||«Torna a casa con me.»

Ferma sulla banchina Angelica Nott si lasciò andare in debole sorriso, il primo di quella che sapeva essere un interminabile giornata, circondata dal caos e dagli abbracci, dai bauli lasciati in un angolo per la fretta degli ultimi saluti e dalle solenni promesse di scriversi ogni giorno.

Avvolta dal chiacchiericcio festoso degli studenti e dai baci rubati di chi proprio non riusciva a farne a meno, la Serpeverde riconobbe sin da subito la scomoda sensazione di non appartenere a quella piccola fetta di mondo, la lieve pressione al centro del petto di chi come lei non avrebbe mai assaporato appieno il ritorno a casa.

I lunghi capelli corvini raccolti in una coda elegante, le labbra piene dipinte di un rosa tenue e indosso uno dei tanti vestiti di alta sartoria che sua madre le aveva fatto recapitare durante l'anno, in un'immagine di regale e irraggiungibile perfezione pronta a celare il velo di malinconia che albergava aldilà delle iridi vitree.

«Signorina Nott, aspetta qualcuno per gli ultimi saluti?»

A qualche metro di distanza da sé, oltre la coltre di studenti e genitori che affollavano il binario, Angelica adocchiò i ricci ribelli di Rose e al suo fianco, il sorriso sghembo di Fred Weasley, che in piedi sul proprio baule intonava a gran voce l'immancabile inno di Hogwarts, librando simbolicamente all'aria un calice che non c'era. Lily e Hugo, intenti a colorare di viola le piume del gufo di un'ignara Lucy, ghignavano soddisfatti alle spalle di quest'ultima, che con il naso sommerso in uno degli immancabili romanzi che si trascinava dietro non si accorse delle urla di un esasperato Lysander, inseguito da Roxanne e dagli immancabili prodotti dei Tiri Vispi Weasley che tanto avrebbe voluto testare sul proprio ragazzo.

E mentre Albus invocava invano il nome di Merlino, stretto tra le braccia di una premurosa Ginny Weasley, e Dominique rifiutava brutalmente l'ennesimo spasimante senza speranza, Angelica notò che a mancare all'appello era proprio colui che aveva sperato di incrociare anche solo per sbaglio quella mattina, tra la confusione di volti e sorrisi che affollava il binario 9 ¾.

C'era tutti, genitori e figli. Tutti, eccetto James Sirius Potter.

Da lontano, le iridi vitree di Angelica incrociarono quelle estremamente divertite di Rose, la cui bocca piena si distese in un sorriso ammiccante, regalandole l'attimo dopo un occhiolino malizioso che strappò alla Serpeverde una risata spensierata. Alle sue spalle, Lysander aveva acciuffato in malo modo un primino dall'aria confusa, speranzoso di sfuggire una volta e per tutte alla furia della sua folle fidanzata mentre Fred annunciava il consueto spogliarello natalizio, ignorando le minacce di morte di colei che lo aveva messo al mondo.

«Singolare, oserei dire bizzarri. Devo ammettere, signorina Nott, che i suoi amici sono una compagnia piuttosto inusuale.» il tono cordiale di Alfred, intento a trattenere anch'egli un sorriso divertito, le fece voltare il capo per la prima volta in direzione dell'uomo al suo fianco, vestito del suo solito completo gessato dall'immancabile cravatta azzurra.

L'età e il lavoro avevano irrimediabilmente segnato i tratti gentili del suo volto, proprio come le piccole rughe ai lati della bocca, dove un paio di folti baffi grigi si apprestavano a celare la tipica espressione da burlone, la stessa, che sapeva aver fatto capitolare ai suoi piedi anche una donna tutto d'un pezzo come Adelaide.

«Non sai quanto Alfred, non sai quanto.» si lasciò sfuggire con lo sguardo rivolto ancora una volta al rumoroso clan Weasley-Potter, attorno al quale si era radunata una sostanziosa fetta di studenti per assistere all'ennesimo spogliarello della settimana.

«Adelaide è a casa?» chiese poi con l'accenno di un flebile sorriso speranzo, mentre realizzava per la prima volta e con una dolorosa fitta all'altezza dello stomaco, che l'idea di separarsi da quella banda di matti evasi direttamente da una cella di Azkaban proprio non le andava giù. Perché Angelica, di tornare a casa non ne aveva la benché minima intenzione.

«Pronta a rimpinzala di biscotti al cioccolato proprio come piacciono a lei, signorina Nott. Ma prima perché non va a salutare i suoi amici? Sembrano la stiano aspettando.» e Alfred aveva ragione, con lo sguardo speranzoso di Albus, finalmente libero dalle carezze di sua madre, che da lontano la pregava di restare lì, tra le braccia di coloro che l'avrebbe accolta senza alcuna esitazione, pronti a ricordarle ancora una volta cosa significasse far parte di qualcosa, far parte di una famiglia.

«Non importa Alfred, li rivedrò tra un paio di settimane.» con disarmante naturalezza, mentre si lasciava andare in un sorriso carico di amarezza, i pensieri di Angelica corsero veloci a James e a quella distanza che iniziava inesorabilmente a soffocarla. Veloci, le iridi vitree scrutarono ancora una volta la miriade di volti che affollavano la banchina del binario: cosa stesse aspettando poi, o meglio sperando, nemmeno lei era in grado di saperlo.

Alla sua destra, Alfred sollevò il baule sul quale capeggiavano in bella mostra le sue iniziali e lo stemma dell'antica casata Nott che tanto aveva imparato a disprezzare, lo stesso che negli anni si era divertita più volte ad incendiare, ricamato sull'orlo delle costose tende di sua madre, nei caldi e afosi pomeriggi di fine estate. Poi aveva lanciato a Rose un ultimo sguardo, sorridendole con fare rassicurante, prima di tirare un lungo respiro e lasciarsi alle spalle quell'aria spensierata che sapeva l'avrebbe abbandonata per giorni.

Con il mento alto e le spalle dritte, Angelica sfilò tra la miriade di studenti con l'eleganza tipica di una regina, racchiusa in un'aurea di regale perfezione che avrebbe fatto girare la testa a chiunque nel raggio di chilometri. Bella da mozzare il fiato, con le ciglia lunghe e le labbra piene piegate in un sorriso glaciale, il collo scoperto dalla coda alta e l'espressione indecifrabile, vestita di ghiaccio e apparenza.

Quello che Angelica Nott non poteva di certo sapere, era che il fato beffardo si divertisse più spesso di quanto aveva immaginato e che quel giorno, era tocco proprio a lei.

Quando si sentì afferrare per un polso, arrestando i suoi passi decisi, un'imprecazione lasciò le sue labbra piene mentre le iridi vitree saettavano prontamente al cielo.

«Credevi davvero che ti avrei lasciata andare senza nemmeno salutarmi?»

Fu allora che quel bricio di sicurezza che aveva riacquistato scemò in un lampo, tra i brividi freddi che le percorsero la spina dorsale e le gambe, diventante d'un tratto gelatina, che minacciavano di cederle da un momento all'altro.

«Molto maleducato da parte tua Nott, proprio non me lo aspettavo.» in tutta la sua sconcertante bellezza, James Potter le sorrise, con le immancabili lenti tonde in bilico sulla punta del naso e le calde iridi nocciola pronte a restituirle uno sguardo che era sicura, avrebbe ricordato per il resto della vita.

Aldilà del tessuto che le fasciava il petto, Angelica avvertì il suo cuore battere con violenza e il sangue affluire velocemente alle guance, mentre lo sguardo intenso del Grifondoro non accennava a lasciarla andare e labbra di James si piegavano maggiormente in uno dei suoi soliti sorrisi da piantagrane.

«Te ne starai lì a boccheggiare per le prossime tre ore Nott? So di fare un certo effetto, ma certi sguardi li gradirei quando siamo soli.» alle sue spalle, Angelica avvertì Alfred schiarirsi la voce con malcelato divertimento, sotto lo sguardo curioso di alcuni studenti fermi a qualche metro di distanza ad assistere a quell'inusuale incontro.

«Forse è il caso che io vada ad avvertire i suoi genitori di questo piccolo imprevisto, signorina Nott. Se ha bisogno sono qui fuori.» ma Angelica, che aveva smesso da un pezzo di avvertire ciò che la circondava, nemmeno udì le parole dell'uomo al suo fianco che complice sorrideva al Grifondoro con la tipica espressione di chi la sapeva lunga, sperando l'attimo dopo tra la coltre di studenti.

C'era James, solo e soltanto James, con il suo sguardo malandrino e la tipica espressione che avrebbe volentieri cancellato a suon di schiaffi, il suo profumo ad inebriarle i polmoni e i battiti frenetici del suo cuore a ricordarle quanto in realtà avesse atteso a lungo quel momento.

«Allora Nott, ti sono mancato?»

Spiazzata da quel concentrato di insolenza e sfacciataggine, Angelica boccheggiò più volte alla ricerca d'aria, mentre James muoveva un passo in avanti determinato a colmare quella distanza che per troppe volte lo aveva tenuto sveglio nel cuore della notte.

«Cosa ci fai qui?» mordendo con forza il labbro inferiore, la Serpeverde aveva cercato invano di tener ben saldo il proprio tono di voce, speranzosa di racimolare un briciolo di quella durezza che sapeva avrebbe salvaguardato tutti i limiti imposti. James però, non aveva fatto alcuna fatica a percepire il tremolio delle sue corde vocali o il debole fremito che l'aveva scossa per la sorpresa, con le iridi vitree che caparbie si ostinava a guardarlo con diffidenza e le labbra piene strette in una linea sottile.

«Non ti hanno insegnato che è poco educato rispondere ad una domanda con un'altra domanda?» e se solo ne avesse avuto le forze, o quantomeno le facoltà mentali, Angelica lo avrebbe di certo preso a schiaffi, nello stesso istante in cui James inarcava un sopracciglio scuro in una fastidiosa espressione canzonatoria.

«E' quello che hai appena fatto Potter.» si limitò invece a borbottare, trattenendo fin troppe imprecazioni sulla punta delle lingue e con il Grifondoro che sicuro di sé muoveva l'ennesimo passo in avanti.

«E non ho alcuna intenzione di starmene qui a discutere con te.» aggiunse frettolosa subito dopo, sollevando prontamente le iridi glaciali al cielo quando l'espressione compiaciuta di James aveva ormai toccato vette altissime.

Quel fastidio però che tanto si ostinava a mostrare, Angelica non lo aveva mai provato, troppo impegnare ad acquietare il ritmo frenetico dei battiti del suo cuore e il tremolio incessante delle sue stesse gambe. James era lì, pronto di fronte a lei e dell'espressione ferita che l'aveva tormentata per settimane non vi era più alcuna traccia.

Solo l'immensità dei suoi caldi occhi nocciola e quel sorriso da rubacuori che le era irrimediabilmente mancato, più di quanto le piacesse ammettere.

Ma poi il mondo parve ancora una volta piombarle dolorosamente addosso e la consapevolezza di ciò che erano stati tornò ad essere un ricordo, perché Angelica stava tornano a casa, nella sua prigione d'orata e nemmeno l'intensità dello sguardo che James le rivolse avrebbe mai potuta salvarla.

Quando si decise a voltargli le spalle, desiderosa di non alimentare la voragine al centro del suo petto, Angelica percepì James sospirare mentre passava una mano tra le già scompigliate ciocche castane.

«Torna a casa con noi Angelica» le aveva poi sussurrato, con una forza tale da farle tremare il cuore. Perché infondo James lo aveva sempre saputo e a poco sarebbero bastate tutte quelle inutili bugie o il desiderio di allontanarlo per la paura di perderlo: Angelica Nott era una parte di sé, radicata nel suo cuore come le radici di una quercia secolare che nemmeno la più burrascosa delle tempeste avrebbero potuto piegare.

«Torna a casa con me.»

La vide trattenere il respiro, battere più volte le palpebre dallo stupore e rabbrividire al suono di quelle poche ma significative parole, con le gote arrosate e le labbra dischiuse, alcuni ciuffi corvini sfuggiti dalla presa stretta dell'elastico ad incorniciare l'espressione sorpresa e l'inteso profumo di cioccolata ad inebriargli i senti.

Agli occhi di James, Angelica Nott parve più bella che mai, viva come l'alba che era solito guardare quando tutto intorno a lui sembrava soffocarlo, vera come quando aveva sorriso sulle sue labbra, nascosti dagli sguardi indiscreti a giurarsi un amore che ancora non avevano imparato a riconoscere.

«Torna a casa con me e giuro che non ti farò alcuna pressione. Me ne starò in disparte, se è questo quello che vuoi, ma lascia che qualcuno ti tenda una mano Angelica. Lascia che qualcuno ti aiuti.» James le sorrise, con così tanto dolcezza che Angelica dovette buttare giù più volte groppi di saliva amare per non cedere al peso delle lacrime che minacciavano di solcare le sue guance, nello stesso istante in cui il Grifondoro sollevava il dorso di una mano, regalandole una flebile carezza che le fece fremere il cuore.

«Quello che è successo quella notte, al castello, era reale. Era vivo Angelica, dannazione era vivo perché tu lo eri e non permetterò a nessuno di spegnere quella scintilla.»

James Potter era sfrontato, imprudente e terribilmente testardo. Un concentrato di coraggio, orgoglio e imprevedibilità, ma quando le strinse entrambe le mani nelle sue con le iridi nocciola traboccanti di sicurezza, Angelica seppe per la prima volta dopo settimane di star vivendo e non più banalmente esistendo grazie a colui che con tutte le sue forse aveva ostinatamente provato ad allentare.

«Nemmeno a te stessa, che ti ostini a negare l'evidenza girando con quell'aria da stronza indifferente che non ti si addice per niente.» Angelica avvertì il respiro caldo di James sulle proprie labbra e il muro di cinta che la circondava vacillare pericolosamente all'intensità di quelle poche parole. La realtà, era che James Potter l'aveva cambiata per davvero, mostrandole un mondo fino ad allora sconosciuto, rivelandole quella bellezza che troppe volte si era negata e lo stava facendo da amico, nonostante il groviglio di scomodi sentimenti che sembrava legarli indissolubilmente.

«Non so di cosa tu stia parlando.» cercò poi di negare, distogliendo forzatamente lo sguardo da quelle pozze senza fondo che erano gli occhi di James Potter e mordendo con insistenza il labbro inferiore. Perché nonostante tutti i nonostante, a poco sarebbero bastati i battiti frenetici del suo cuore o la lacerante voglia di stringerlo tra le proprie braccia: per loro due non c'era mai stata alcuna speranza, solo briciole di romantiche illusioni e la consapevolezza di due mondi diversi divenuta un macigno.

«E non ho bisogno che sia proprio tu a preoccuparti per me, so badare a me stessa Potter.» la risata sprezzante che lasciò le labbra di James la fece trasalire, con lo sguardo rivolto con insistenza ad un punto ben preciso del binario, abbastanza lontano da non lasciarsi sopraffare dalla durezza che ora sembrava offuscare le iridi nocciola del Grifondoro.

«Quello che è successo tra noi non ha alcun valore.» lo stava ferendo, ancora una volta senza alcuna remora, rifugiandosi nelle bugie e nel disprezzo, aldilà di una maschera che non avrebbe mai mostrato la paura di perderlo prima ancora di averlo. Perché seppur terribilmente ingiusto, Angelica aveva appreso a sue spese quanto in realtà fossero distanti la sua mente ed il suo cuore, in una continua lotta tra ciò sapeva essere giusto e ciò non lo era.

E James invece, che giusto per lei lo era stato sin dal primo istante, adesso ne pagava le colpe, ignorano di un destino che Angelica non avrebbe mai potuto cambiare.

«Sono stanca di te, James Potter. Stanca del mondo in cui continui a guardarmi, stanca del tuo voler salvare costantemente il mondo, ma soprattutto sono stacca del fatto che possa davvero credere che una come me guardi uno come te.» Angelica nemmeno si accorse di star urlando ad una manciata di centimetri dalle sue labbra, le stesse che aveva baciato settimane addietro e che le avevano donato quella pace tanto agognata, con le lacrime ad offuscarle la vista e il cuore in gola.

«Per quelli come te, non ne varrà mai la pena.»

Fu allora che seppe di averlo salvato da sé stessa per davvero, perdendo per sempre colui che le aveva insegnato a riconoscere le sfaccettature di quel mondo nascosto dal ghiaccio e dai doveri, nello stesso istante in cui James distoglieva lo sguardo e con estrema lentezza sfilava dalla posteriore dei jeans quella che Angelica riconobbe essere una tavoletta di cioccolato.

Non la guardò quando l'ultimo sospiro stanco sfuggì dalle sue labbra, né quando lanciò dolosamente ai piedi della Serpeverde quel piccolo regalo custodito gelosamente fino ad allora. Quando le voltò le spalle, era semplicemente troppo tardi: perché se James Potter fosse rimasto un secondo in più avrebbe di certo visto il volto di Angelica Nott rigato dalle lacrime.

«Buon Natale, Jamie

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