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22 ||«Ho bisogno di te.»

A Cami,

che ha creduto in me sin dal primo capitolo.


«Lorcan, va tutto bene?»

Il volto teso della ragazza che aveva parlato gli appariva sbiadito e distante anni luce, a differenza invece della sua folta chioma dal rosso intenso. I grandi occhi azzurri lo scrutavano colmi di preoccupazione, un cipiglio severo in bella mostra e le labbra piene strette in una linea sottile.

«Non ho bisogno del tuo aiuto.» biascicò di rimando, nella speranza che la ragazza potesse udirlo perfettamente aldilà della musica alta che risuonava a tutto volume nella stanza delle necessità.

Le luci finte affisse alla parete vorticavano senza sosta, mentre le zucche di Halloween volteggiavano in aria a ritmo di musica e la maggior parte degli studenti presenti ballava al centro di un'improvvisa posta da ballo, scatenandosi sulle note di un gruppo babbano a lui sconosciuto.

Lorcan fu costretto ad aggrapparsi disperatamente alla parete di mattoni alle sue spalle quando il mondo intorno a sé si capovolse tutto d'un tratto, percependo le proprie gambe venir meno e brividi freddi lungo tutta la schiena.

Ancora ferma di fronte a sé e con le mani in bella mostra sui fianchi, la giovane strega sbuffò rumorosamente, sollevando seccata i grandi occhi azzurri al cielo e avvicinandosi per assicurarsi che non rigettasse anche l'anima assieme a tutti quei litri di Whisky Incendiario.

Con lo stomaco sottosopra e la mente annebbiata dai fiumi dell'alcool, Lorcan riuscì finalmente a distinguere il volto di Rose Weasley, che infastidita gli afferrava un polso permettendogli di non capitolare rovinosamente sul pavimento.

«Dannazione Lorcan, ma quanto hai bevuto?» a quella domanda retorica, il Corvonero non ebbe il coraggio né tanto meno la forza di rispondere, mentre Rose gli circondava con prontezza le spalle con un braccio, sorreggendolo come meglio potesse.

Seppur in lontananza, Lorcan la percepì imprecare e maledire una dinastia di maghi a lui sconosciuta, con le guance rosse per lo sforzo e lo sguardo preoccupato.

«Vieni, andiamo via prima che Albus veda in che stato pietoso ti sei ridotto per lui.» Lorcan provò goffamente ad allontanarsi, ma quando le sue gambe cedettero rovinosamente fu ancora una volta Rose ad afferrarlo con poca grazia per un braccio, sorreggendolo a fatico e non risparmiandogli alcun insulto.

Albus. Albus. Albus.

Quel nome continuava a ronzargli con forza nelle mente, con il cuore che minacciava violentemente di uscirgli dal petto e una familiare sensazione alla bocca dello stomaco capace di farlo sentire vivo dopo quelle settimane di lunga apatia.

Lo pronunciò innumerevoli volte: con rabbia, poi dolcemente, fino a sussurrarlo con voce rotta, mentre una voragine nel petto inghiottiva famelica ciò che restava di lui.

Lo pronunciò con una disperazione tale da far rabbrividire persino Rose, incapace di accettare quell'assenza durata fin troppo e la rispettiva mancanza.

«È andato via con lui?» solo poche ore prima Lorcan aveva intravisto Albus sorridere sereno ad un ragazzo dai ricci castani e dal volto gentile, ed era stato proprio allora che aveva fatto appello all'intelligenza che da sempre contraddistingueva i Corvonero, fallendo miseramente, come da copione, l'attimo dopo.

L'alcool gli era sembrata la via di fuga perfetta per scappare da quelle iridi smeraldo che tanto lo tormentavano, ed ora eccolo lì, inquieto e rabbioso mentre i grandi occhi azzurri di Rose gli restituivano uno sguardo seccato.

«Certo che per essere un Corvonero, sei veramente troppo stupido Lorc.» sbuffò infatti esasperata la Grifondoro, sollevando per l'ennesima volta nell'arco di dieci miseri minuti i grandi occhi azzurri al cielo.

«Ti sei davvero preso una stramaledettissima sbronza solo perché credevi che Al fosse andato via con Baker? Merlino, e io che pensavo che fossimo noi quelle complicate.» Rose si sollevò sulle punte, quanto bastava per individuare tra la folla una familiare chioma biondo platino. Lorcan invece, provò ancora una volta a fare a meno del suo aiuto, scostandosi bruscamente e allontanandosi a fatica verso l'uscita.

Mosse appena due passi, prima di afflosciarsi senza forze contro il muro di mattoni mentre la stanza ruotava senza sosta, mozzandogli violentemente il respiro.

«Dove credi di andare conciato in quel modo?» quando sollevò lo sguardo, le iridi d'orate guardarono Rose con una sofferenza tale da farla trasalire.

«Albus. Portami da Albus.» l'intensità con cui pronunciò quelle poche parole sorprese perfino sé stesso, rendendosi conto solo allora quanto la mancanza e i sensi di colpa gli impedissero di ragionare lucidamente.

Albus stava soffrendo, ed era tutta colpa sua.

Prima che Rose potesse replicare, colui che aveva cercato con lo sguardo poco prima gli passò accanto ignorano di tutto, e con uno scatto fulmineo la Grifondoro agguantò Scorpius per un polso trascinandolo a sé.

Le labbra del Serpeverde si piegarono in un sorriso sghembo, con il volto disteso e i tempestosi occhi grigi velati di malizia.

«Questo è uno dei tuoi modi contorti per chiedermi di ballare, Weasley?» la mano di Rose, quella che ancora tratteneva con il suo polso, si scostò bruscamente, mentre il volto della Grifondoro assumeva una sfumatura ancora più intesa dei suoi capelli.

Scorpius la vide alzare i grandi occhi azzurri al cielo e mordere il labbro inferiore con forza. Sembrava combattuta, preoccupata e sull'orlo di una crisi di nervi, ma sempre bellissima nel suo paio di jeans stretti che le fasciavano perfettamente le gambe toniche.

«Taci Malfoy, ho bisogno del tuo aiuto.» con breve cenno del capo, Rose indicò Lorcan alle sue spalle, ancora aggrappato alla parete e con lo sguardo perso nel vuoto.

Il meraviglioso sorriso sghembo con cui Scorpius l'aveva accolta sparì in un lampo dalle sue labbra: al suo posto una linea dura e la mascella contratta.

Lo scrutò avvolto in un religioso silenzio, probabilmente intento a valutare l'idea di pestarlo più volte a mani nude, prima che Rose si sollevasse sulle punte afferrandogli con delicatezza il volto tra i palmi delle mani.

Profumava di fiori, nonostante l'aria stantia della stanza e il leggero sentore di alcool nel suo respiro, con i grandi occhi azzurri colmi di preoccupazione e il labbro inferiore ancora ben saldo tra i denti per la tensione del momento.

«Non possiamo lasciarlo così, Al non ce lo perdonerebbe.» le iridi di Scorpius, scuritesi fino a diventare pece, si ammorbidirono per alcuni istanti e fu allora che Rose lo lasciò andare, sicura che lui l'avrebbe aiutata nel suo intento.

Il Serpeverde si sporse appena, quanto per affondare il volto tra il rosso inteso dei suoi capelli, accostando le labbra al suo orecchio in un contatto che le fece tremare con violenza le gambe.

«Mi devi un favore Weasley, non dimenticarlo.» sussurrò con voce roca e tono basso, mentre le sue labbra sfioravano le tempie di Rose in un bacio appena accennato, ma che racchiudeva la promessa di un debito che avrebbe un giorno riscosso.

Con Rose al suo fianco raggiunse il Corvonero in poche falcate, scrutandolo con enorme fastidio e un'esagitata voglia di prenderlo ripetutamente a pugni.

«Scorpius Malfoy, quale onore! Dimmi amico, come te la passando tra noi comuni mortali?» Rose alzò gli occhi al cielo sbuffando sonoramente, al contrario di Scorpius le cui labbra si piegarono in un fastidioso ghigno arrogante.

«Non mi lamento Scamander, sempre meglio dell'essere costretto a ridurmi in quello stato perché ho finalmente capito di essere un grandissimo coglione.» il Serpeverde inclinò di poco il capo, a braccia conserte e con un'espressione che non prometteva nulla di buono.

«Non sarà di sicuro l'alcool a nascondere le tue assurdità, ma sappi che se non ti ho ancora spaccato la faccia in tutti questi mesi, è solo perché inspiegabilmente quell'idiota di Albus ti vuole bene.» Scorpius osservò il Corvonero sussultare preso in contropiede, le iridi d'orate d'un tratto fisse sulla punta delle proprie scarpe.

Sia Scorpius che Rose gli circondarono le spalle con un braccio sorreggendolo come meglio potevano, pronti a lasciare il caos della festa senza attirare troppo l'attenzione degli studenti presenti e trascinandolo a fatica lungo la parete.

Una volta fuori,rischiano più volte di ruzzolare lungo tutte le scale, mentre Lorcan intonava a gran voce un vecchio successo di Celestina Warbeck.

«Vieni, mescola il mio calderone e se con passione ti riuscirà, il mio forte amor bollente questa notte ti scalderà.» Rose provò a zittirlo più volte, premendo con forza una palmo della mano sulle labbra del Corvonero e a nulla erano serviti i tentativi di soffocarlo quando avevano notato l'ormai anziana gatta di Gazza aggirarsi guardinga nei corridoi.

«Oh, mio povero cuore, dov'è andato? Per un incantesimo mi ha lasciato.» Scorpius imprecò, minacciandolo ripetutamente di fargli ingoiare la bacchetta se non avesse chiuso la bocca. Quando arrivarono nei sotterranei Rose sospirò sollevata, gridando nella propria testa al miracolo.

La sala comune dei Serpeverde era completamente deserta, avvolta nel silenzio spezzato dal canto sfrenato di Lorcan. Fu Scorpius ad aprire la porta della propria camera con un calcio ben assestato, nell'esatto momento in cui il Corvonero si apprestava a cimentarsi nel canto dell'ultima strofa.

«E adesso che per bene l'hai spezzato, ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato!»

Albus era steso sul proprio letto, le palpebre abbassate, gli avambracci piegati dietro la testa e un'espressione distesa sul volto. Indossava un paio di jeans scuri, con alcune ciocche corvine che gli ricadevano spettinate sulla fronte e l'accenno di un flebile sorriso rilassato sulle labbra.

«Scorp, giuro su Salazar che ti sei scolato di nuovo tutta la scorta di Ogden solo perché hai discusso di nuovo con Rose ti affat..» ma le parole gli morirono in gola quando spalancò gli occhi ritrovandosi davanti i tre ragazzi.

Rose era arrossita violentemente, il volto che aveva assunto una sfumatura ancora più intesa dei suoi capelli, un labbro stretto con forza tra i denti e lo sguardo puntato sul soffitto bianco della stanza.

Albus ebbe come la sensazione che Scorpius stesse cercando di schiantarlo con la sola forza del pensiero, mentre ancora sorreggeva infastidito il Corvonero.

E poi c'era Lorcan, pallido come un lenzuolo, con le iridi d'orate annebbiate dai fiumi dell'alcool e un sorriso raggiante sulle labbra.

«Cosa ci fa lui qui?» al contrario del tono fermo che aveva immaginato, la voce di Albus fuoriuscì in un urlo stridulo, isterico e colmo di mal celato panico, mentre il Corvonero sollevava una mano per salutarlo euforico.

«Quanto accidenti ha bevuto?» Albus si guardò intorno, constatando per la prima volta l'assenza di finestre da cui lanciarsi e si limitò a battere sonoramente una mano sulle fronte, lasciandosi andare alla disperazione di quella assurda situazione.

Lorcan continuava a sorridergli, con una dolcezza tale da far tremare ogni singolo pezzo del suo cuore.

«A occhio e croce, direi almeno due bottiglie.» Scorpius alzò gli occhi al cielo sbuffando seccato, scrollandosi di dosso e in malo modo il Corvonero, che lanciò l'attimo dopo sul primo letto libero, quello di Theo Zabini.

Quando Lorcan sprofondò con il volto tra le morbide lenzuola, senza accennare ad un minimo segnale di vita Albus imprecò sonoramente, restando comunque a debita distanza.

«Pensava fossi andato via con Baker.» aggiunse Rose, passando stanca una mano tra le indisciplinate ciocche rosse.

«Lui non deve pensare Rosie, è di Lorcan che stiamo parlando! E perché diavolo lo ha avete portato qui? Non può restare.» Albus agitava convulsamente le mani, facendo avanti e indietro così tante volte da far spazientire notevolmente il proprio migliore amico.

«Non puoi o non vuoi?» senza troppi giri di parole e con le iridi smeraldo che gli restituivano uno sguardo nevrotico, Albus mandò sonoramente a quel paese Scorpius, soffocando l'attimo dopo un urlo nel palmo di una mano.

«Al ragiona, sarebbe comunque venuto da solo. Certo, le scale le avrebbe fatte tutte di faccia, ma almeno è qui sano e salvo.» il tono concitato di Rose gli fece sollevare lo sguardo dal pavimento per osservare il flebile sorriso rassicurante sulle labbra di sua cugina. Ancora una volta, gli stava ricordando di dare ascolto al proprio cuore, ma come poteva quando stava finalmente iniziando a convivere con quell'asfissiante mancanza?

«Ma sì, fate pure come se io non ci fossi. Continuate, vi ascolto.» Lorcan si era tolto le scarpe, affondando una guancia nel morbido cuscino che aveva ovattato la sua voce, con la testa che ancora continuava a girargli senza sosta e una mandria di Ippogrifi inferociti che in quel momento si stava particolarmente divertendo a giocare a pungiball con il proprio stomaco.

«Ti preferivo un attimo fa Scamander, almeno sprecavi fiato per cantare e non per sparare le tue solite cazzate.» Scorpius fece minaccioso un passo in avanti, stringendo i pugni lungo i fianchi. Aveva decisamente esaurito tutta la sua scorta di autocontrollo e buone maniere, e l'idea di colpire Lorcan in pieno volta non faceva altro che tentarlo maggiormente ogniqualvolta il Corvonero apriva bocca.

Fu Rose ad afferrarlo per una manica della felpa trattenendolo dal dare inizio ad un inutile rissa, e poi Albus scoppiò, incapace di trattenere l'isteria e la frustrazione del momento.

«Tu, Lorcan Scamander, sei uno stramaledettissimo idiota.» la voce gli tremava, dalla rabbia e dal nervoso, ma gli puntò comunque un dito contro imprecano sonoramente.

«E voi due sparite. Questa vostra nuova alleanza non mi piace per niente.» Rose ridacchiò appena, nella speranza di rendere leggera l'aria tesa calata d'improvviso nella stanza, ma né lei, né Scorpius si mossero in direzione dell'uscita, osservando rispettivamente il proprio migliore amico per accertandosi che stesse bene.

Albus non ne era certo, ma annuì comunque, frastornato da tutta quella bizzarra situazione.

Quando la porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo, un sospiro teso lasciò le sue labbra, accompagnato subito dopo dall'ennesima imprecazione.

Lorcan si era voltato e con il volto ancora estremamente pallido ora lo fissava con sguardo annebbiato, ma che divampava di un fuoco intenso come mai prima di allora.

«Non guardami in quel modo Potter.»

«Sei ubriaco fradicio e per di più nella mia stanza, come vuoi che ti guardi razza di idiota?» le urla di Albus avrebbero raggiunto con molta probabilità la torre più alta del castello, mentre con il respiro corto e i pugni stretti lungo i fianchi faceva appello alle sue innate doti diplomatiche per non soffocare il Corvonero con più cuscini.

«Sei molto bello Al.» e mentre faceva i conti con un imminente crisi isterica, Lorcan continuava a sorridergli con inaudita dolcezza. Si beò delle iridi smeraldo del Serpeverde sgranate per la sorpresa, delle guance rosse che tradito l'imbarazzo del momento e delle labbra dischiuse incapaci di proferire alcuna parola che non fosse un sonoro insulto.

«Sei ubriaco Lorcan.» il sussurro di Albus era stanco e esasperato, convinto di dover accettare l'idea che quella stata lunga e sofferta notte.

«Lo so, ma tu resti comunque bellissimo.» e imprecò così tra i denti, alzando disperato gli occhi al cielo.

«Salazar ti prego, aiutami tu.» ma nessun aiuto arrivò mai dall'alto e quando Lorcan si sollevò dal letto di Zabini per raggiungere con disarmante naturalezza quello del Serpeverde, sistemandosi come meglio poteva tra le lenzuola, fu inevitabile per Albus chiedersi come sarebbe stato averlo lì al suo fianco, oltre che nella sua stanza, anche nella vita di tutti i giorni.

«Avevi ragione.» il sussurro di Lorcan lo colpì in pieno volto con la forza di un pugno, tanto che fu costretto a battere più volte le palpebre.

«Dacci un taglio Lorc, domani mattina non ricorderai nulla di tutto questo e non ho alcuna intenzione di dover fare i conti da solo con le tue cazzate.» con l'ombra di un sorriso amaro sulle labbra Albus prese posto al suo fianco, percependo alle sue spalle Lorcan muoversi sul materasso.

Lo raggiunse l'attimo dopo, con le gambe a penzoloni e alla ricerca delle sue mani, che strinse con decisione guardandolo negli occhi.

«Te lo sto dicendo perché giusto che tu lo sappia e sono giorni che non riesco a sopportare l'idea di averti ferito.» Albus non seppe con certezza se a parlare per Lorcan fosse stato alcool, ma le iridi d'orate bruciavano su ogni centimetro della sua pelle, scavandolo dentro con una naturalezza disarmante. Intorno a sé percepiva solo i battiti assordanti del proprio cuore e il profumo di Lorcan che aveva già invaso l'abitacolo.

«Lys ha ragione, Rose ha ragione e perfino quell'idiota di Malfoy ha ragione quando non cerca di prendermi a pugni.» un sospiro stanco lasciò le labbra del Corvonero, ma Albus non osò interromperlo.

«E lo so che è tardi, che non ho un briciolo di coraggio per lottare per noi due, che mi odi e che domani mattina tutto questo non sarà mai accaduto, ma tu meriti di saperlo.» quello di Lorcan era un flusso di parole vomitato tra il dolore e la malinconia, con le iridi smeraldo di Albus che gli restituivano uno sguardo lucido e stanco.

Più Lorcan parlava, più il suo cuore si spezzava lentamente, stritolato da una morsa che lo lasciava senza alcuna via di fuga.

«Io non ti odio Lorcan. Ci ha provato, molto più di quanto immagini, ma non ci mai sono riuscito.» Albus scosse il capo, come per ricordare a sé stesso che non sarebbe mai bastato l'odio di tutto il mondo per cancellare quello che il suo cuore urlava a gran voce. Lo doveva a sé stesso, a quello che aveva vissuto anima e corpo, senza mai un attimo di esitazione.

«Ma lo farai Albus, un giorno mi odierai. Come Lys, come Molley.» se solo ne avesse avuto le forze lo avrebbe stretto a sé, lasciando che un po' del dolore di Lorcan diventasse in parte anche suo.

Perché infondo lo aveva sempre saputo: Lorcan era fragile, rotto in mille pezzi e ancora alla ricerca di sé stesso, e sarebbe toccato a lui risollevarlo dalla voragine in cui era sprofondato.

«Non posso fare a te quello che ho fatto a Molly, non me lo perdonerei.»

Durante l'inizio del quinto anno, Molly e Lorcan erano stati insieme per mesi: affiatati, complici e innamorati. L'uno tra le braccia dell'altro, prima che la realtà piombasse come un macigno sulle spalle del Corvonero e lo lasciasse inevitabilmente schiacciato sotto cumuli di macerie.

Era stato allora che Lorcan aveva fatto per la prima volta i conti con ciò che il suo cuore desiderava davvero, e proprio come quel giorno, la paura di ciò che poteva vedere una volta guardatosi allo specchio continuava a tormentarlo senza sosta.

Così si era ritrovato solo, incapace di gestire quelle scomode verità e con il cuore di Molly, in mille pezzi, tra le mani.

«Per essere così sbronzo, sei fin troppo loquace questa sera.» Albus non riusciva a sopportare il dolore che albergava in quelle iridi d'orate, così decise di mettere fine a quella lunga agonia. Si sollevò con un sospiro stanco, mentre Lorcan non accennava a lasciare andare le proprie mani ancora intrecciate.

«Ti accompagno alla torre.» spiegò all'occhiata confusa del Corvonero, che l'attimo dopo scosse il capo, quasi terrorizzato.

«Permettimi di restare Al, solo questa notte.» Lorcan sollevò le loro mani, portandosele alle labbra e baciandone con una vellutata dolcezza le nocche del Serpeverde.

C'era della disperazione mal celata nelle sue parole, nei suoi gesti, così profonda e dolorosa che Albus avrebbe voluto alleviare le sue pene in qualsiasi modo, pur di tornare a guardarlo sorridere.

Fu inevitabile chiedersi perché non potesse essere tutto così semplice, così lineare e per nulla complicato. L'uno tra le braccia dell'altro, a fare i conti con quella realtà che solo insieme non gli avrebbe più fatto del male.

Ma poi ricordò che l'amore era un sentimento che non riusciva a comprendere a pieno, tanto meraviglioso quanto sconvolgente. Capace di muovere il mondo, di toglierti il respiro e di distruggerti con la velocità di uno schiocco di dita.

«Ho bisogno di te.» ad Albus bastarono pochi secondi per mandare all'aria tutte quelle inutili convinzioni di cui si era vestito, quanto bastava per stendersi sulla superficie morbida del proprio materasso e con il capo di Lorcan poggiato all'altezza del cuore.

D'altro canto, Lorcan ascoltava rapito tutti quei battiti frenetici, chiedendosi come fosse possibile che il cuore di Albus battesse allo stesso identico ritmo del proprio.

Prima di sprofondare tra le braccia di Morfeo, Albus percepì con gli occhi socchiusi una flebile carezza sul volto stanco, ma credette di averla sognata. Poi le morbide labbra di Lorcan si poggiarono con dolcezza sulla sua fronte, in un tenero bacio che sapeva di un doloroso addio.

«Avrò sempre bisogno di te, Albus.»


Lascio a voi tutti i commenti. Questi due sono capaci di straziarmi l'anima come poche cose al mondo.

Lasciate tante stelline e tanti bei commenti per donare una gioia al nostro caro Al e un briciolo di cervello a quel cucciolo di Lorcan. Ne hanno decisamente bisogno!

Vi auguro una buona giornata, Roxanne.

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