Capitolo 51 - I'll stand by you (Pt. 5)
"Non mi sbagliavo, quindi" si ritrovò a pensare Pietro, con amarezza.
Non cercò di incalzarlo oltre: non aveva nemmeno idea se Alessio volesse davvero parlargliene, oltre ad ammettere che effettivamente c'era qualcosa che non andava. Decise di rimanere in silenzio, senza insistere per non farlo sentire sotto pressione. Era sicuro che, se alla fine avrebbe deciso di dire quel che gli stava succedendo, lo avrebbe fatto senza altre domande.
Era difficile comprendere quel che doveva passargli per la testa in quel momento: non riusciva nemmeno a leggerne l'espressione, gli occhi abbassati sulla tovaglia candida. Doveva essere passato almeno un minuto, prima che Pietro lo avvertisse sospirare profondamente:
-È che ieri, visto che ero a casa a non far nulla, ho fatto la domanda per il test d'ingresso. E pagato anche la tassa d'iscrizione, quindi ora è ufficiale- Alessio continuò a tenere la testa abbassata, gesticolando appena con nervosismo – Manca solo il test. E l'appartamento, ma questo già lo sai-.
-È una buona cosa, no?- tentò Pietro, esitante – È da un anno che aspetti di farlo-.
-Già- annuì Alessio, senza reale entusiasmo.
Per i primi secondi Pietro temette di non aver detto le parole più adatte. Si ritrovò ancor più confuso: non riusciva a capire il nesso che poteva esserci tra quello stato d'animo così inquieto e la realizzazione del suo sogno sempre più vicina.
Passò qualche altro secondo, prima che Alessio si decidesse ad alzare gli occhi su di lui, le braccia incrociate sopra il tavolo e l'aria di essere troppo vulnerabile:
-È passato così tanto tempo che mi sono sentito ... - si morse il labbro inferiore, come a cercare le parole giuste – Non lo so neanche io come mi sono sentito. Ho aspettato quel momento per più di un anno, ed ero convinto che una volta essere arrivato a questo punto mi sarei sentito meglio. Ma non è così-.
La voce di Alessio si era fatta meno sicura, e Pietro temette quasi di vederlo scoppiare a piangere.
-La verità è che non è cambiato niente da prima. Non è cambiato niente-.
Più che mettersi a piangere, Alessio si lasciò andare ad una risata amara, priva di qualsiasi sfumatura di divertimento:
-E pensare che questa doveva essere una serata allegra, e la sto rovinando sempre di più- scosse il capo, gli occhi di nuovo puntati altrove e lontani da quelli di Pietro – Devo aver ereditato anche questo da mio padre: rovino sempre qualsiasi cosa che dovrebbe essere bella-.
Alessio si passò una mano in viso, fermandola un attimo a coprirsi gli occhi prima di posarla sul tavolo, nel silenzio che era calato.
Prima ancora di riuscire a formulare un pensiero coerente, prima ancora di decidere cosa dirgli, Pietro allungò una mano a sua volta, toccandogli con i polpastrelli il polso. Alessio non si mosse, e Pietro lo prese come un buon segno: si sporse ancora un po', fino ad arrivare a cingergli il polso con le dita, in una presa gentile.
-Questo non è vero, e non stai rovinando niente- mormorò, a mezza voce – Preferisco essere qui con te stasera che essere in qualsiasi altro posto con chiunque altro-.
Si sentì spaventato nel realizzare che credeva davvero in ciò che aveva detto, e si sentì anche sollevato: forse non avrebbe mai trovato le parole giuste per consolarlo, ma avrebbe potuto perlomeno ascoltarlo e farlo sentire meno solo. Era convinto che fosse quello ciò di cui Alessio aveva bisogno in quel momento: qualcuno che lo ascoltasse, senza giudicarlo troppo debole, troppo codardo, o troppo fragile.
Ascoltarlo mentre buttava fuori quello che ancora si teneva dentro.
-Voglio esserci anche in momento come questo. Se ne vuoi parlare, io sono qui - sussurrò Pietro, i polpastrelli che delicatamente erano arrivati ad accarezzare il dorso della mano di Alessio – Sono qui-.
Non si aspettava una risposta immediata. Forse non si aspettava nemmeno che Alessio riuscisse a parlare sul serio – ricordava fin troppo bene tutte le volte in cui Caterina aveva raccontato i suoi tentativi di allontanarla, piuttosto che aprirsi e lasciar scivolare fuori tutto il dolore che poteva pesargli addosso.
Si limitò a continuare ad accarezzargli la mano in movimenti circolari talmente lenti da rischiare quasi di fermarsi, i polpastrelli che scivolavano appena sulla pelle liscia.
Lo sguardo di Alessio dardeggiava incerto in direzioni lontane dal viso di Pietro; quel particolare lo faceva sembrare ancor più fragile di quando, qualche mese prima, si erano finalmente chiariti. Era un contrasto che in Alessio era sempre stato lampante, si ritrovò a pensare Pietro: riusciva a definirlo forte e vulnerabile allo stesso tempo, come se due aspetti così distanti tra loro fossero, nel suo caso, inscindibili, senza che nessuno dei due prevalesse davvero.
Sapeva che avrebbe dovuto aspettare, prima di vederlo aprirsi. E forse neanche allora avrebbe deciso di farlo.
Quando dopo alcuni minuti Alessio sembrò prendere coraggio e riportare gli occhi su di lui, Pietro intuì che doveva essere giunto ad una decisione.
-Un po' mi fa strano pensare di ripercorrere la strada di mio padre- lo sentì mormorare, appena udibile sopra il chiacchiericcio proveniente dai tavoli intorno al loro – Quando anni fa avevo realizzato per la prima volta questa cosa, speravo non avrebbe cominciato a paragonarmi troppo a se stesso-.
-E l'ha fatto?- tentò Pietro, con cautela.
Alessio fece uno sbuffo leggero:
-Diciamo che non ha mai approvato. Ha sempre cercato di farmi cambiare idea ... Forse pensava non fossi all'altezza. Non alla sua, almeno-.
Chiuse gli occhi come se stesse rivivendo troppo vividamente quegli stessi momenti appena riportati alla memoria, nel mero tentativo di affogarli di nuovo nel passato. Strinse a pugno la mano poggiata sul tavolo, ma senza sottrarla al tocco di Pietro.
-Non è che abbiamo mai avuto un gran rapporto- sussurrò ancora – Forse quando ero molto più piccolo, ma anche di quegli anni non ho ricordi molto felici. Ha sempre avuto un modo ... Un modo diverso di porsi verso chiunque. Come se cercasse sempre di ferire gli altri, anche dicendo le cose più banali, magari anche senza volerlo davvero-.
Il tono atono con cui Alessio aveva appena parlato fece supporre a Pietro, per un solo momento, che il dolore di quegli anni doveva essersi almeno in parte attenuato. Capì di sbagliarsi quasi subito: forse era proprio nel modo così distaccato di Alessio nel parlarne che lasciava trasparire quanto in realtà si sentisse ferito ancora, anche in quel momento.
-Era così anche poco prima di andarsene?-.
Alessio scosse il capo debolmente:
-Non proprio, in realtà. Non sempre, almeno- sospirò.
Pietro non aveva idea se avesse già parlato di quei mesi con qualcun altro, forse con Caterina. Ne dubitava, non quando parlarne dopo più di anno gli era ancora così difficile.
-Qualche mese prima di andarsene era spesso per i cazzi suoi- continuò Alessio, un sorriso amaro sulle labbra – Forse pensava a qualche sua storiella fuori casa. O magari era troppo impegnato a progettare quando andarsene-.
Corrugò la fronte, come se stesse cercando di concentrarsi al massimo per essere il più preciso possibile:
-In altri momenti, invece, era sempre teso. Scattava per ogni cosa, litigava in continuazione con mia madre, mi scoraggiava sulla scelta universitaria, ignorava mia sorella- disse ancora, velocemente – Cercavo di stare il più tempo possibile da qualche altra parte. Odiavo stare in casa in quei mesi, più del solito-.
Alessio si bloccò di colpo, ritraendo di scatto la mano e sottraendola alle dita di Pietro. Abbassò anche lo sguardo, le mani probabilmente giunte in grembo a torturarsi l'una con l'altra, in difficoltà.
Pietro si chiese se l'aveva spinto troppo oltre: era come osservare ogni passaggio che portava Alessio a richiudersi di nuovo in se stesso, visibile anche nella curva delle spalle come se volesse rimpicciolire fino a sparire.
Aveva l'impressione che gli avrebbe visto gli occhi lucidi, se solo avesse deciso di rialzarli, e per un attimo ebbe la tentazione di alzarsi dalla sua sedia, fare il giro del tavolo e arrivargli di fronte per abbracciarlo. Si costrinse a rimanere fermo solo quando, dopo diversi minuti, Alessio riprese pian piano a parlare:
-Non ho fatto nulla per cercare di cambiare le cose. Scappavo e basta- mormorò con voce rotta – E poi è successo quel che è successo-.
-Non avresti potuto fare nulla- Pietro si morse il labbro, consapevole che quella verità sarebbe stata dolorosa. Era convinto, però, che in fondo anche Alessio lo sapesse, al di là del senso di colpa.
-Visto come lo descrivi, credi davvero che ti avrebbe ascoltato?- continuò ancora – Non credo avessi molte possibilità. Probabilmente non voleva essere fermato-.
-Probabilmente no- Alessio annuì piano, con poca forza e poca convinzione.
Quando alzò finalmente il viso, non cercò di nascondere le lacrime ferme agli angoli degli occhi, non ancora cadute a rigargli il viso.
Pietro avvertì una stretta al cuore, ma rimase di nuovo fermo, di nuovo in silenzio.
-A volte penso che mi porterò dietro questa cosa per tutta la vita-.
Lo sguardo vuoto che Alessio gli rivolse gli fece capire quanto davvero credeva in quel che stava dicendo.
-Ci abbiamo rimesso tutti per colpa sua, e non è solo questione di aver rimandato l'università- sospirò ancora, scuotendo appena il capo – Gli unici ricordi recenti che ho di lui sono solo pieni di rancore e di rabbia. E anche se ora va meglio non se ne andranno, rimarranno sempre lì. Sto cercando di andare avanti con la mia vita, ma è come se una parte di me fosse sempre ferma al giorno in cui se n'è andato-.
Si schiarì la voce, a disagio, una mano passata velocemente sugli occhi come per scacciare le lacrime rimaste ferme.
-Penso che avrei voluto un padre diverso, e se lo fosse stato probabilmente ora sarebbe tutto migliore. Anche io sarei una persona migliore. Magari lo sarei anche solo provando a dimenticare tutto, fare finta che lui non sia mai esistito-.
Pietro si accorse di avere a sua volta la vista offuscata a causa delle lacrime non ancora cadute.
Forse non condivideva le stesse esperienze di Alessio, lo stesso passato difficile che ancora non riusciva a togliersi di dosso, ma poteva sentire su di sé il dolore con cui aveva parlato, con cui si era espresso.
S'immaginò Alessio bambino, rifiutato dal suo stesso padre: né una parola di conforto, né un abbraccio, né il minimo gesto che sarebbe potuto servire a dimostrargli un po' d'affetto e un po' meno il rifiuto.
Dovevano essere ricordi che avevano accompagnato Alessio per tutta la vita, che nel bene e nel male l'avevano reso quel che era ora. Lo ferì pensare che Alessio si considerasse così poco, in maniera così spregevole rispetto a come, invece, riusciva a vederlo lui.
-Pensi davvero che fare finta che tuo padre non se ne sia mai andato sia la soluzione più semplice?- mormorò, rendendosi conto di avere a sua volta la voce tremante – Dimenticandoti di lui, e di tutto quello che ci va dietro, ti dimenticheresti anche di te stesso. Perché tutto quello che hai passato è anche parte di te, ormai-.
Non era sicuro di essersi spiegato nel migliore dei modi, e sperò che Alessio non lo fraintendesse.
-Ognuno di noi diventa quel che è a causa di ciò che viviamo, e per come la vedo oggi sei diventato forte a sufficienza per andare avanti senza dover guardarti indietro e rimproverarti qualcosa- continuò ancora, sporgendosi appena nella direzione dell'altro – Sei molto più di quello che credi di essere-.
Alessio lo guardò in un modo che fece quasi pensare a Pietro che volesse davvero credere a ciò che gli stava dicendo, senza però trovarvi reale consolazione:
-Non credo di essere così forte come dici tu- mormorò a mezza voce, a malapena udibili.
-Sì, che lo sei. Però voler dimenticare tutto sarebbe stupido-.
Pietro lottò davvero contro la tentazione di alzarsi e andargli di fronte, prendergli il viso tra le mani per costringerlo a non abbassare di nuovo gli occhi.
-Ricordati chi sei, cosa ti ha portato fino a qui, ed accettalo. Cercare di relegare in qualche angolo remoto della tua mente quello che è già successo, magari chiedendoti come sarebbe andata se avessi agito diversamente, non serve più a nulla- Pietro si stupì quasi di sé stesso: non credeva davvero che avrebbe trovato sia il coraggio sia il modo migliore per dire simili parole – Ormai è ... Passato-.
NOTE DELLE AUTRICI
Con stasera siamo arrivati a quello che è probabilmente il momento più importante e delicato non solo di questo capitolo, ma del rapporto che lega Alessio e Pietro. Vediamo, infatti, Alessio cominciare ad aprirsi fino in fondo per la prima volta sulla questione dell'essere un figlio fondamentalmente non voluto, con tutte le conseguenze che ci possono essere con un padre abusivo e anaffettivo.
Venerdì concluderemo questa conversazione così intima, e magari vedremo anche quali saranno gli effetti di tutte queste confessioni!
Kiara & Greyjoy
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