Capitolo 5 - Our life is gonna change (Pt. 1)
Wild boys never lose it
Wild boys never chose this way
Wild boys never close your eyes
Wild boys always shine
(Duran Duran - "The wild boys")*
Da quella mattina, in cui aveva parlato per la prima volta con Giulia, Filippo si sentiva più rilassato, forse addirittura più allegro.
Al suo ritorno in classe Laura, Giorgia e Paola non gli avevano risparmiato i loro commenti ironici. Non si era aspettato niente di diverso – certe volte erano maledettamente prevedibili-, e se ne era fregato, tornandosene al suo banco senza ascoltarle.
Con suo gioia, Pietro aveva invece evitato qualsiasi osservazione odiosa, limitandosi a ridere ed annuire a quelle delle tre ragazze. Nicola era rimasto a sua volta nel suo silenzio ambiguo, e Filippo non era riuscito ad interpretarlo come un buon segno fino in fondo.
Nonostante tutto ciò, poteva dire con una certa tranquillità di sentirsi bene. In pace con se stesso.
Ora almeno sapeva anche come si chiamava la ragazza e, straordinariamente, l'aveva invitata a prendere qualcosa con lui. Non si sarebbe mai aspettato di aver il coraggio e la sfrontatezza di proporglielo, e quasi ancora non ci credeva.
Eppure era la realtà. Ripensava ancora a quel dialogo seduto su quella panchina nella piazza principale di Torre San Donato. Lui, Pietro, Nicola e Gabriele avevano deciso di improvvisare un'uscita serale, per passare qualche ora insieme per il paese. Filippo aveva accettato più per non dar adito ad ulteriori lamentele da parte degli altri più che per reale voglia, anche se doveva ammettere che il suo umore era leggermente migliorato.
Erano le nove passate da pochi minuti, e lui e Pietro già si trovavano nella piazza, seduti a quella panchina del parcheggio davanti al Caffè della Piazza, il bar più importante e vecchio del paese. Lui e Pietro abitavano nello stesso quartiere: avevano fatto la strada insieme per arrivare fino a lì. Erano giunti per primi, poco prima delle nove, e si erano sistemati lì, in attesa degli altri due.
Ormai il buio era calato da parecchie ore, ma a rischiarare la piazza era la luce dei tanti lampioni. A quell'ora del giorno e in quel periodo dell'anno c'era sempre poca gente per Torre San Donato: solitamente sotto i portici, lungo i marciapiedi e nei bar, c'erano solamente piccoli gruppi di ragazzi o di pensionati che passavano la serata in compagnia.
Quella sera invece, nella piazza c'erano solamente Filippo e Pietro, e solamente qualche auto passava ogni tanto; quasi sembrava che il paese fosse caduto in un sonno profondo. Osservando gli edifici antichi, il piccolo castello e il campanile – la torre che dava il nome al paese- in lontananza sembrava di essere tornati nel Medioevo: un'atmosfera particolare ed antica che su Filippo aveva sempre esercitato notevole fascino.
-Sono in ritardo-. A distoglierlo dai propri pensieri, fu la voce strascicata di Pietro. Faceva freddo, e dover rimanere fermi su quella panchina per aspettare Nicola e Gabriele lo rendeva ancor più nervoso.
-Arriveranno. Sta calmo- lo ammonì Filippo, pacatamente.
Filippo ebbe ragione: passarono infatti pochi minuti dall'arrivo di Gabriele.
Gabriele Marchese era quello che si poteva definire l'emblema del bravo ragazzo: ottimo studente, il migliore della loro classe liceale, ottimo amico, di buon carattere e definitivamente la persona più perbene che conoscesse. Filippo sapeva che normalmente avrebbe mal sopportato chiunque potesse risultare così perfetto, ma Gabriele sfuggiva anche a quello schema: era troppo di buon cuore per avercela con lui e non essergli amico.
E poi si conoscevano da una vita: il loro gruppo di quattro aveva semplicemente condiviso le medesime esperienze da quando avevano imparato a camminare. Si conoscevano troppo bene, e da troppo tempo, per permettere che le loro differenze si insinuassero troppo a fondo tra di loro.
Gabriele avanzò verso di loro, sorridendo apertamente ad entrambi; quando però si accorse che ancora mancava Nicola, chiese stupito, agli altri due:
-Come mai ci siete solamente voi due?-.
Pietro si mise a rovistare nella tasca della giacca a vento, estraendone infine un pacchetto di sigarette. Ne prese una tra le dita, e l'accese dopo aver afferrato l'accendino dalla tasca dei jeans, nonostante gli sguardi torvi di Filippo e Gabriele. Del loro gruppo, Pietro era l'unico a fumare.
-Lo sai com'è Tessera, è ritardatario- gli rispose Pietro, dopo aver buttato fuori il fumo della prima boccata.
-Molto spiritoso- la voce profonda di Nicola giunse inaspettata poco distante dietro la panchina. Alla fine, era arrivato anche lui, con dieci minuti di ritardo.
-Alla buon'ora, Tessera! Cominciavo a pensare che ti avessero preso sotto lungo la strada!- lo accolse Pietro, con il suo solito ghigno, mentre si portava la sigaretta alle labbra – Muoviamoci da qui, sto facendo le stalattiti!-.
Pietro si accese la sigaretta, e subito dopo si alzò di scatto dalla panchina, facendo qualche passo verso il centro della piazza.
-Dove stai andando?- chiese Filippo, alzandosi controvoglia, ed avvicinandosi all'amico, insieme a Gabriele e a Nicola.
-Da nessuna parte in particolare, basta che camminiamo un po'- ribatté l'altro, incitando gli altri a seguirlo. Era sempre così: il trascinatore era Pietro, quello che sapeva sempre dove andare.
Cominciarono a percorrere le strade deserte e buie di Torre San Donato, senza meta alcuna, solamente per passare quel poco tempo che avevano a disposizione insieme. Sembrava che per quelle viuzze spopolate solamente a loro quattro fosse venuto in mente di andarsene in giro a quell'ora.
Circa venti minuti dopo arrivarono davanti al duomo di Torre San Donato, Santa Rita, di fronte alla quale vi erano dei giardinetti con delle panchine, la maggior parte di esse distrutte e vandalizzate. Si fermarono su una panchina ancora intatta, davanti a quella che un tempo doveva essere una fontana, e che ora, invece, era solamente una buca nel cemento del marciapiede.
-Davvero, bere una birra fredda con questo gelo è il massimo- disse Pietro, mentre stappava la piccola bottiglia di birra, e la portava alle labbra. Prima di arrivare fin lì, si erano fermati brevemente in un bar lì vicino.
-Solo tu sei così furbo da bere qualcosa di freddo in pieno novembre- lo canzonò Nicola, seduto alla sua destra, cercando di non scoppiargli a ridere in faccia. Pietro si limitò a lanciargli uno sguardo torvo, e a sorseggiare nuovamente il liquido ambrato della bottiglia.
-Sempre i soliti, voi due- li riprese Gabriele, seduto accanto a Nicola, fintamente seccato. In realtà, era ben abituato alle frecciatine che spesso si lanciavano Pietro e Nicola.
-Taci, Gabriele – sbottò Pietro. Dopo qualche secondo di silenzio, fu di nuovo il moro a parlare; stavolta, sebbene implicitamente, si rivolse solamente a uno di loro:
-È stato un grande giorno oggi, non è vero?-.
-Che intendi dire?- replicò Filippo. Sapeva che ce l'aveva con lui. Stava aspettando da tutta la sera il momento in cui Pietro gli avrebbe domandato qualcosa sull'argomento Giulia.
-Le hai parlato alla fine-.
-Dovevo pur scusarmi con lei per i tuoi casini. Tu non l'hai fatto, ma almeno l'ho fatto io- ribatté Filippo, sottolineando per bene l'ultima frase.
Pietro sembrò voler controbattere, ma fu preceduto da Nicola, con grande stupore di tutti:
-Secondo me avete ingigantito questa storia per niente. Avete creato un caso sul nulla assoluto. Mi stupisco che ancora ne stiamo parlando-.
-Non ti scaldare, Tessera- cercò di calmarlo Pietro.
-Non mi fido di tutta questa storia- sbottò il biondo, con tono vagamente seccato.
-Che intendi?- chiese stavolta Gabriele, incuriosito.
-Ho un cattivo presentimento- cercò di non sbilanciarsi Nicola – E voi due non fate altro che rendere più difficile il tutto-.
-Non sei tu che stai esagerando, adesso?- ribatté Filippo, stupito dalla reazione dell'amico.
-Forse- tagliò corto l'altro, stando ben attento a non incrociare lo sguardo con nessuno di loro.
Per qualche secondo, nessuno di loro parlò. C'era tensione nell'aria, e sebbene quel genere di situazione fosse stata preannunciata sin dall'intervallo a scuola, Filippo avrebbe di gran lunga preferito sbagliarsi in merito.
-Ormai quel che è fatto è fatto- sospirò alla fine – Vorrei conoscerla ... Basterebbe che nessuno si mettesse di nuovo in mezzo, e che tu te ne stessi calmo- finì, rivolto ancora a Nicola, dopo aver lanciato un'occhiata esplicita a Pietro.
Passarono alcuni secondi di silenzio, prima che Pietro riprendesse la parola:
-Vuoi ... Conoscerla?- il suo tono fintamente calmo tradiva un filo di nervosismo – Allora ti interessa sul serio?-.
-È ciò che ho detto: vorrei approfondire la sua conoscenza- riprese Filippo, mantenendo la voce ferma – Ed è ciò che farò, se lei me ne darà la possibilità-.
Pietro sbuffò, alzandosi nervosamente dalla panchina e dirigendosi verso un cestino poco distante da loro, quasi scaraventando dentro la bottiglia vuota di birra. Sembrava d'un tratto ancor più irrequieto di prima, infastidito quasi dai propositi di Filippo.
-Ho bisogno di un'altra birra. Muoviamoci- sbottò subito dopo essere tornando verso la panchina sulla quale erano ancora seduti Nicola, Gabriele e Filippo. I tre lo guardarono seccati: quando Pietro assumeva quell'aria insistente, lo sopportavano sempre ben poco. Si alzarono controvoglia, in silenzio, mentre Pietro se ne stava in piedi davanti a loro, picchiettando nervosamente il piede destro a terra.
Rifecero il percorso che avevano seguito per giungere fino a Santa Rita, ed al primo bar Pietro, accompagnato da Gabriele, entrò per comprare la seconda birra che agognava.
Filippo si strinse nelle spalle: aveva preferito rimanere fuori, aspettando il ritorno di Pietro e Gabriele. Era contento di aver avuto modo di troncare quella conversazione tra di loro – cominciava davvero a non sopportare più l'atteggiamento insensato che Pietro stava avendo verso di lui e Giulia, né capiva fino in fondo la posizione ancora non esplicitata di Nicola-, sebbene lì fuori al freddo cominciasse a pentirsi di non essere entrato nel locale almeno per qualche minuto.
-Sei davvero convinto di quello che hai detto? Vuoi conoscerla?-.
Nicola era rimasto lì con lui, e Filippo, almeno in parte, sapeva che lo aveva fatto apposta per rimanere solo con lui e riprendere l'argomento. Solo, non credeva di essersi aspettato anche il tono timoroso con il quale Nicola gli aveva appena parlato. In un certo senso, al sentire quella specie di disapprovazione nella voce del suo più caro amico, Filippo non poté fare a meno di considerarsi deluso.
Pensò per qualche secondo, riflettendo su tutto ciò che aveva provato in quegli ultimi quattro giorni: era incuriosito da Giulia. Anzi, era quasi affascinato da lei. Era stato anche quel sentimento a spingerlo a parlarle. Forse conoscendola avrebbe finalmente capito perché Giulia gli facesse quell'effetto.
-Sì, lo sono e sì, vorrei poterla conoscere senza pregiudizi di mezzo. Almeno credo- gli rispose infine Filippo, cercando di non far trasparire nessuna insicurezza.
-Se è quel che vuoi, dovresti perlomeno provarci, allora- replicò Nicola, stavolta meno esitante – Solamente non vorrei che si rivelasse un delusione per te-.
"Lo spero anch'io" pensò Filippo, non avendo però la forza di dar voce a quelle parole.
-Smettila con quelle paglie, sembri una ciminiera!- sbottò Nicola, mentre Pietro stava per prendere dal pacchetto l'ennesima sigaretta.
Erano ormai le dieci passate, e avendo scuola la mattina dopo era anche il momento migliore per separarsi e non rischiare di dover dormire sul banco.
In quel lasso di minuti che li avevano divisi dalla seconda sosta al bar al momento della separazione, Pietro aveva bevuto l'intera birra in pochi sorsi e fumato parecchie sigarette. Sembrava quasi un tentativo di autodistruzione per tenere distanti pensieri che, da sobrio, l'avrebbero attanagliato fin troppo.
-Che toni, Tessera. Sei invidioso?- biascicò Pietro, brillo e quanto mai provocatorio; nonostante la provocazione, ripose comunque la sigaretta dentro al pacchetto.
-Direi proprio di no- sbuffò il biondo, mentre Gabriele rideva divertito e Filippo ascoltava in silenzio, in disparte.
- Pietro, stai veramente fuori stasera!- ridette Gabriele.
-Mi toccherà riportarti a casa sostenendoti, se vai avanti così- aggiunse Filippo, avvicinandosi agli altri.
-In effetti potresti portarmi a casa in braccio, Pippo. Mi risparmieresti della fatica- sogghignò Pietro.
Alla fine, quando furono quasi le dieci e mezza, riuscirono a salutarsi senza troppa confusione. Erano tornati nella piazza che aveva fatto da punto di ritrovo, e Nicola e Gabriele si allontanarono nella direzione opposta a quella di Filippo e Pietro.
Il tragitto di ritorno, come previsto, non fu facile: Filippo imprecò tutte le volte in cui dovette afferrare Pietro e sostenerlo, nei momenti in cui sbandava d'improvviso per la testa che sentiva girare.
-Se ti perdo d'occhio finisci sotto un'auto prima di arrivare a casa- affermò Filippo, mentre Pietro, al suo fianco, stava per perdere l'equilibrio per l'ennesima volta.
-Ma non dire cazzate, Pippo – replicò Pietro, piccato, e biasciando a stento le parole.
Raggiunsero la casa di Pietro in dieci minuti. Filippo lo accompagnò fino al cancello dell'abitazione, dalle cui finestre del pianterreno provenivano ancora dei fasci di luce. Sarebbe stato curioso di sapere come avrebbero commentato lo stato di Pietro i suoi genitori e i suoi due fratelli.
-Ci si vede domani- borbottò Filippo, trattenendo uno sbadiglio. Ormai la stanchezza si stava facendo sentire.
-Sì ... Basta che domattina riesca ad alzarmi dal letto- aggiunse Pietro, aprendo il cancello dopo aver trovato le chiavi nella tasca della giacca a vento.
-Sono piuttosto sicuro che ti troverò alla fermata della corriera come al solito- rise piano Filippo. Rimase per qualche attimo interdetto, quando Pietro gli si fece di nuovo vicino. Lo fissò per qualche attimo, prima di sporgersi verso di lui e stampargli un bacio sulla guancia, le labbra che indugiarono sulla pelle fredda di Filippo per qualche secondo, prima di staccarsi:
-Ci vediamo alla fermata della corriera, come al solito-.
Filippo si ritrovò ad annuire, mentre osservava Pietro rincasare ancora barcollante. Ripensò per qualche attimo a quell'insolito gesto d'affetto: Pietro non era il tipo da baci sulla guancia, nè da smancerie troppo vistose. L'alcool doveva aver fatto più effetto del solito.
Si rimise in marcia anche lui, ma solo per pochi metri, finalmente giunto davanti al cancello di casa sua. Anche dalle finestre di casa sua delle fasce di luce venivano proiettate sul terreno del piccolo giardino, a cui sua madre badava sempre durante i pomeriggi del weekend.
Mentre infilava le chiavi nella toppa del cancello, sentì la stanchezza impadronirsi sempre più di lui. Il suo pensiero andò all'indomani, e a Giulia.
Come aveva detto ai suoi amici, la voleva conoscere, e l'avrebbe fatto. Aveva tutta l'intenzione di mantenere la parola data a se stesso, e nulla gli avrebbe impedito di conoscere sul serio Giulia Pagano.
*il copyright del testo della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci tornate, stavolta con la prima parte di questo capitolo dedicata interamente alle dinamiche interne a questo sgangherato gruppo di amici... Che ne pensate? E secondo voi, quali potrebbero essere le prossime mosse di Filippo? Sbizzarritevi con le idee!
A venerdí prossimo :)
Kiara & Greyjoy
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