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Capitolo 48 - Blackbirds (Pt. 7)

Irene era stata brava a non lasciar trasparire la sua reale curiosità: sembrava una domanda buttata lì a caso, giusto per fare conversazione, ma dietro quella facciata noncurante Alessio vi stava leggendo ben altro.

Era sicuro che Irene non sapesse niente: non lo aveva visto in giro con Marina, né nei giorni precedenti aveva indagato molto sulla vera natura delle sue uscite. Eppure, ora come ora, doveva sospettare qualcosa.

-Ero in giro e ho perso la cognizione del tempo, tutto qua- rispose sbrigativo, rendendosi contro troppo tardi di non essere stato per niente convincente ancora una volta. Si sentiva sciogliere sempre di più sotto quello sguardo fermo della sorella minore, e tremendamente in colpa per tutte le bugie che le stava dicendo. Di certo era vero che non si era reso conto di quanto tardi si era fatto, quando era rincasato alle tre di notte, ma quel continuare a sostenere di stare frequentando dei ragazzi suoi coetanei cominciava a sapere davvero sempre più come una scusa.

Doveva essere la stessa impressione che cominciava a farsi strada in Irene, e Alessio cominciò a rendersi conto che, continuando a rispondere così agitato, non avrebbe fatto altro che complicare le cose. Per quanto ancora avrebbe continuato a mentire, non sarebbe più riuscito a convincerla.

-E che facevi in giro con questi amici?- continuò imperterrita lei, scrollando le spalle, ed apparendo per la prima volta insicura durante quella conversazione.

-Perché ti interessa saperlo?- Alessio si rese conto di essere ancora troppo sulla difensiva, ma ormai non avrebbe fatto molta differenza. Si sentiva sempre più spoglio davanti alle domande della sorella, e davanti all'evidenza che tentava ancora di nascondere.

-Forse perché, tra amici, non è normale tornare a casa in piena notte ... E con un succhiotto sul collo-.

A quelle parole Alessio si sentì gelare. Istintivamente si portò una mano a coprire quel lembo di pelle che Irene gli aveva appena indicato con un cenno del capo, non trovando nessuna frase adatta per giustificarsi. Se ne rimase in silenzio, arrendendosi e sentendosi stupido quanto mai si era sentito in vita sua.

Quando quella mattina si era alzato dal letto non gli era nemmeno venuto in mente di specchiarsi, giusto per vedere se sul collo ci fossero segni evidenti lasciati dalla notte passata con Marina. Si sentiva un completo idiota a non averci pensato per niente, ed ora si sentiva ancora più cretino per essere scivolato in una scena patetica come quella.

Arrossì per la vergogna, e abbassò lo sguardo, arrendendosi di fronte agli occhi di Irene. Non avrebbe saputo definire lo sguardo di sua sorella: sembrava spaesata, abbattuta, forse delusa, di certo non vittoriosa come avrebbe supposto all'inizio. Non sembrava molto contenta di averci visto giusto.

-Ho dodici anni, ma non sono stupida- la sentì mormorare dopo un po' – Ma puoi stare tranquillo, non dirò nulla-.

Alessio aspettò che Irene se ne andasse da quella stanza, prima di alzare nuovamente lo sguardo e lasciarsi andare ad un lungo sospiro.

Non riusciva a capire quale sensazione prevalesse: se il sollievo, per il fatto che Irene non avrebbe detto niente ai loro genitori, o se il disgusto per sé stesso, per tutte le bugie e i colpi di testa di quegli ultimi giorni.





Nonostante la brezza leggera che entrava dalla finestra aperta, Alessio sentiva fin troppo caldo. Aveva ancora quella sensazione di sudore sulla pelle che lo infastidiva, ma stavolta non aveva rinunciato a coprirsi, almeno dal busto in giù, con il lenzuolo. Il cuore e i respiri si erano finalmente regolarizzati, mentre la sensazione di affanno si allontanava sempre di più.

Se ne stava sdraiato sul materasso, un braccio piegato dietro la testa, e l'altro lungo il fianco, stando ben attento a non sfiorare il corpo di Marina.

Si era addormentata da poco, e la invidiava profondamente nel vederla dormire così profondamente e appagata. Avrebbe voluto anche lui lasciarsi andare al sonno, ma i troppi pensieri, e la paura di addormentarsi e rincasare solo la mattina presto lo tenevano ben più che sveglio.

Sospirò profondamente, gli occhi puntati al soffitto e tutti i dubbi che ancora cercava di tenere lontano da sé che rischiavano di emergere prepotentemente, così come il senso di colpa che gli rendeva lo stomaco fastidiosamente contratto.

Era odioso dover fare i conti con i propri errori, fronteggiando allo stesso tempo la voglia di commetterli di nuovo, nonostante tutto.

Non sapeva bene cosa l'avesse spinto a tornare da Marina anche quella sera, accompagnato dalle solite bugie e dalla sensazione di viscido sulla pelle, così lontana dal modo in cui si era sentito quando la loro relazione si basava solo sulle loro conversazioni.

Sapeva solo che si era ritrovato di nuovo davanti alla sua porta, e che Marina l'aveva fatto entrare con un sorriso eloquente, come se avesse già compreso tutto con un unico sguardo. Non si era sorpreso, invece di come le cose erano finite come la sera prima, in una replica sempre più incolore. Si meravigliava solamente di come, nonostante la consapevolezza di star commettendo di nuovo lo stesso identico errore, non avesse fatto nulla per evitarlo. Aveva agito malamente e consapevolmente, forse perché il bisogno di sentire vicina Marina era più forte anche della certezza che quello non era il modo in cui l'avrebbe voluta accanto a sé.

Forse la sua curiosità e la voglia di spingersi sempre oltre avevano prevalso su tutto il resto: non aveva pensato a nulla, tra i baci di Marina e i gemiti di piacere che le sue carezze gli avevano provocato.

Aveva lasciato i pensieri di nuovo al dopo, a quando si sarebbe steso aspettando che il cuore si calmasse e che il respiro si facesse meno pesante.

Li stava affrontando in quel momento, in quel vortice contrastante di sensazioni che non riusciva a decodificare a dovere.

A differenza della sera precedente, Marina lo aveva guidato maggiormente, nonostante la ritrosia che Alessio aveva inizialmente avuto nei suoi confronti nel rendersene conto. Ora, a guardarla dormire, la schiena semi coperta dal lenzuolo, provava così tante sensazioni contrastanti da non riuscire nemmeno a districarle e a distinguerle tra loro.

"Cosa mi sta succedendo?".

Era sempre stato convinto che avrebbe aspettato qualcuno di davvero importante per quel passo. Qualcuno che amava e che lo amava, non qualcuno conosciuto solo pochi giorni prima e che, semplicemente, lo intrigava e lo faceva sentire compreso in un qualche modo che nemmeno Alessio riusciva a spiegarsi.

Era un po' come guardarsi allo specchio e non riconoscere l'immagine restituita.

Non riconosceva l'Alessio che avrebbe aspettato molti altri anni per farlo con qualcuno a cui teneva davvero, quello che dava peso alle conseguenze in ogni cosa che faceva.

Sospirò di nuovo a fondo, ancora incapace di alzarsi da quel letto, schiacciato dalla stanchezza e dal peso delle sue azioni. Si sarebbe dovuto alzare, rivestirsi e ritornarsene a casa, sperando di passare inosservato ancora una volta almeno dai suoi genitori; se ne stava lì, invece, supino a guardare un soffitto bianco ed anonimo, a sospirare come alla ricerca silenziosa di una risposta, di una ragione che lo facesse sentire meno fuori posto.

Si ridestò da quella sorta di dormiveglia di colpo, quasi pensando di star sognando: c'era stata la vibrazione di un telefono a spezzare il silenzio, il segnale di una probabile chiamata in entrata.

Alessio seguì la direzione da cui proveniva la vibrazione, individuando la fonte nel telefono di Marina, poggiato sopra il comodino a pochi centimetri da lui.

Si voltò velocemente verso la bionda: non si era minimamente destata, continuando a dormire come se nulla fosse. Non aveva sentito nulla.

Alessio si morse il labbro, indeciso: gli sarebbe dispiaciuto interromperle il sonno, e poi non voleva svegliarla proprio poco prima di doversene andare. Si sarebbe sentito ancor più a disagio, con gli occhi di Marina puntati addosso mentre si alzava dal letto, senza nemmeno più la difesa delle lenzuola. Di certo, una volta svegliatasi la mattina dopo, avrebbe comunque scoperto la chiamata.

Distaccò lo sguardo da lei, sporgendosi invece verso il telefono, maledicendosi per quella curiosità che lo stava spingendo ad osservare il display acceso. Non aveva idea di chi potesse chiamare a quell'ora di notte, e d'altro canto, come si ritrovò a pensare mestamente, Marina non gli aveva mai detto nulla riguardo la sua vita privata.

Per quanto provasse a sforzarsi, il nome di Claudio, voce sotto la quale era registrato il numero che stava chiamando, non gli diceva nulla: Marina non aveva mai fatto quel nome, nemmeno parlando di qualche parente.

La chiamata terminò qualche secondo dopo, facendo calare il silenzio di nuovo nella stanza, come se non fosse mai accaduto nulla. Il display era rimasto illuminato per pochi altri secondi, prima che il telefono tornasse a bloccarsi, inanimato.

Erano bastati quei pochi attimi ad Alessio per notare la foto della schermata di blocco, mai notata prima e che ritraeva Marina abbracciata da due bambini che non dovevano avere nemmeno cinque anni. Due bambini che le somigliavano come gocce d'acqua, e che ricordavano Marina negli stessi occhi chiari, nei capelli biondi e nei lineamenti dolci del viso.

Alessio si ributtò sul letto supino, il peso della conoscenza che lo stava privando di ogni forza per andarsene.

Per la prima volta, durante quella settimana, capì quanto l'ambiguità di Marina fosse stata reale.

E capì quanto di sé non gli avesse detto.

*

Quel giorno Marina non si era fatta vedere in spiaggia.

Alessio aveva perso il conto delle volte in cui si era infilato nel solito bar – il loro bar- nella speranza di trovarla. Erano stati tutti tentativi fallimentari, perché Marina sembrava essere completamente svanita.

Quando mancavano poche ore al calare della sera, rientrato da poco al B&B con la sua famiglia, Alessio aveva accarezzato l'idea di andare direttamente da lei. Alla fine, dopo una cena passata a mangiare poco per i troppi pensieri che lo tenevano distratto, era quello che aveva fatto: si era dovuto arrendere alle ennesime bugie per uscire, con il cuore in gola e la testa pesante, senza però guardarsi indietro.

Camminare fino all'appartamento dove alloggiava Marina non gli era mai sembrato così difficile come quella sera: continuava a ripensare alla telefonata della notte prima, alla foto di lei con i due bambini che, quasi certamente, dovevano essere i suoi figli.

Figli di cui non aveva mai parlato, così come non aveva mai nominato il Claudio che aveva provato a chiamarla. Erano domande, quelle che li riguardavano, che avevano occupato così tanto la sua mente per tutto il giorno che persino tutto il resto era passato in secondo piano.

Arrivò a destinazione in una decina di minuti, rendendosi conto per la prima volta di non avere nemmeno la sicurezza di trovarla lì. Non aveva nemmeno idea di dove altro sarebbe potuta essere, né il motivo per cui proprio quel giorno non si era fatta vedere in spiaggia.

Marina sembrava avergli omesso così tante cose – cose fin troppo importanti-, che gli parve quasi di stare a pensare ad una completa sconosciuta, mentre si avvicinava alla porta d'ingresso, una volta arrivato al piccolo residence dove si trovava l'appartamento.

Si chiese, ancora una volta, se stesse facendo bene andare da lei per chiederle delucidazioni: d'altra parte, come lui aveva temuto di essere giudicato da lei, lo stesso doveva valere per Marina. Non era suo compito ficcanasare nella sua vita, soprattutto conoscendola da così poco tempo.

Alessio si morse il labbro inferiore, l'agitazione che gli chiudeva la bocca dello stomaco: nonostante la vita di Marina non lo riguardasse, aveva bisogno di una risposta. Aveva bisogno di capire se e quanto quelle notti passate insieme a lei fossero state delle cazzate, un errore che non si sarebbe perdonato per molto tempo.

Non aveva mai temuto così tanto una porta chiusa come in quel momento: si fermò lì davanti, indeciso su cosa fare. Marina doveva essere in casa, perché dalla finestra filtrava la luce accesa della sala, segno della presenza di qualcuno nell'appartamento. Quella certezza non lo aiutò a calmarsi.

Quando qualche secondo dopo, totalmente all'improvviso, Alessio vide la maniglia della porta abbassarsi, pronta ad aprirsi, fece appena in tempo ad indietreggiare e a nascondersi dietro alla prima auto parcheggiata a qualche metro di distanza.






*il copyright della canzone (Linkin Park - "Blackbirds") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

Ci eravamo lasciati, la scorsa settimana, con un'Irene sempre più curiosa rispetto alle scampagnate del fratello. Alessio non può quindi tirarsi indietro dal parlare con la ragazzina che ha scoperto le sue malefatte cogliendolo con le mani nel sacco.
Alle domande di Irene si aggiungono anche gli interrogativi di Alessio stesso, che si fanno ancor più intensi dopo aver visto una foto e una chiamata di troppo.
Il biondo sembra sempre più vicino al confronto con la donna. Riuscirà a portarlo a termine?
Per scoprirlo non vi resta che aspettare venerdì.

Kiara & Greyjoy

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