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Capitolo 46 - You found me (Pt.1)

"Ci sono delle piogge primaverili deliziose in cui il cielo sembra piangere di gioia"

-Come stai?-.

Alessio sbattè le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto che la domanda a malapena udita era stata rivolta direttamente a lui. Osservò Pietro passare da un'espressione di timida allegria ad una di confusione e pentimento. Doveva essersi sentito disorientato dall'occhiata di indifferenza con cui Alessio aveva ricambiato.

-Mi sembra evidente- borbottò, apatico – Sto in piedi-.

Bastò quella battuta piuttosto fredda per congelare definitivamente il sorriso di Pietro. Alessio non attese oltre, prima di spostarsi leggermente, accanto allo stipite della porta socchiusa della camera di Nicola.

Sospirò pesantemente, le braccia incrociate contro il petto, chiedendosi per l'ennesima volta chi gliel'aveva fatto fare di trovarsi lì, a casa di Nicola, dove insieme a Caterina, Giulia, Filippo, Gabriele, Pietro ed Erika stavano cercando di organizzare almeno i primi dettagli della vacanza estiva che c'era in progetto. Sospirò ancora, rendendosi conto che, con i temporali che si erano alternati per tutti gli ultimi giorni, difficilmente avrebbero mai potuto festeggiare il 25 aprile in un posto che non fosse sotto il tetto di un'abitazione.

-Come periodo potremmo anche guardare ad inizio settembre- borbottò Filippo, pensieroso, appoggiato con un gomito ad una spalla di Nicola, seduto alla sua scrivania.

-Sicuro che poi non coincida con qualche test d'ingresso?- chiese esitante Pietro, andato ad appoggiarsi accanto alla finestra, esattamente dalla parte opposta della stanza rispetto ad Alessio – Qualcuno sa già quando dovrebbero esserci?-.

Anche senza voltarsi Alessio sentì lo sguardo dell'altro su di sé. Rimase in silenzio, guardando altrove.

-Temo di no- sospirò Gabriele, in piedi accanto all'amico.

Giulia si alzò prontamente dal letto di Nicola, dove se ne stavano sedute anche Caterina ed Erika, allungandosi il più possibile verso il monitor del computer sulla scrivania:

-Controlliamo ogni settimana da metà luglio in poi, ne troveremo pur una in cui ci sono B&B con stanze economiche ancora libere- suggerì, la fronte corrugata per la concentrazione.

Alessio appoggiò la testa contro lo stipite della porta, la mente già altrove e il disinteresse sempre più vivo. L'unica cosa che avrebbe voluto capire era il disinteresse totale che Pietro gli aveva rivolto nei cinque giorni successivi alla sera del concerto.

Ricordava ancora benissimo, anche durante il concerto stesso, quanto aveva sperato che la sua idea funzionasse, che le sue parole spingessero Pietro perlomeno a capire che poteva avvicinarglisi senza temere nulla di male. Quando Pietro l'aveva raggiunto dentro il Babylon Alessio ci aveva quasi creduto, aveva davvero provato la sensazione di essere riuscito a fargli capire il suo bisogno di parlargli.

Sforzandosi con la memoria poteva anche ricordare la sensazione della stretta al petto che aveva percepito nel momento stesso in cui Pietro se ne era andato cinque minuti dopo, senza nulla di fatto, e prima che Alessio potesse anche solo trovare il modo per trattenerlo.

Forse, in fondo, doveva aspettarsi una cosa del genere: probabilmente, tra di loro, era l'unico davvero interessato a parlare e chiarirsi fino in fondo. Pietro non aveva fatto nulla, nei giorni passati, per fargli pensare di stare a sbagliarsi.

Nell'andare lì, a casa di Nicola in quella mattinata troppo grigia, troppo uggiosa e con la pioggia che continuava a bagnare i vetri delle finestre, Alessio aveva deciso di ripagarlo con la stessa moneta: l'indifferenza.

Si era reso conto che, fino a quel momento, gli era venuto fin troppo bene: persino lo sguardo confuso che Pietro gli aveva rivolto più di una volta non lasciava dubbi.

-Quello è un pianoforte?- esclamò di colpo Caterina, sgranando gli occhi e alzandosi di scatto dal bordo del letto per avvicinarsi a sua volta alla scrivania – Che diavolo ci fa un pianoforte in una stanza di un B&B del genere?-.

Giulia, Filippo e Gabriele risero sotto i baffi, continuando a seguire i movimenti che Nicola stava compiendo con il mouse, facendo scorrere altre foto delle stanze di uno degli ostelli disponibili a luglio.

-Se a qualcuno viene voglia di suonare ... - buttò lì Pietro, prima di alzare gli occhi su Alessio – Mai pensato di suonarlo?-.

Alessio si trattenne a stento dallo sbuffare: visti i giorni precedenti, faticava a comprendere l'essere così appiccicoso di Pietro di quel giorno, unicamente nei suoi confronti.

-Non ho così tanto talento musicale- disse semplicemente, alzando le spalle.

-Prevedibile- sentì borbottare Erika, con voce infastidita. La ignorò del tutto: era il primo giorno in cui gli capitava di condividere lo spazio vitale con la ragazzina, e gli erano bastati circa due minuti di conoscenza per capire che tra di loro non ci sarebbe potuto essere nient'altro che un'innata antipatia.

-Le stanze non sono male, comunque- disse ancora Giulia, sorvolando del tutto l'ultimo scambio di battute che c'era stato.

-Quante ne servono?- chiese Gabriele.

-Beh dipende come ci organizziamo con la disposizione- gli rispose Pietro, voltandosi indietro, verso l'altro.

Erika si alzò in piedi, andando verso Pietro ed accoccolandoglisi addosso, appiccicata:

-Mi sembra ovvio come sarà la disposizione- disse, lanciando un'occhiata veloce e piuttosto maliziosa al fidanzato – Allora, io e ... -.

Alessio sentì la nausea salirgli talmente tanto da impedirgli di rimanere lì fermo un attimo di più.

-Vado a bere qualcosa- esordì, coprendo la voce di Erika e non curandosi minimamente di lanciarle anche solo un'occhiata di scuse – Scusate l'interruzione, ma ho la gola davvero secca. La cucina dov'è?-.

Si sentì particolarmente osservato, tutti i presenti girati inevitabilmente verso di lui, ma cercò di non farci nemmeno caso: si limitò a tenere gli occhi su Nicola, mentre l'altro si girava a sua volta, la fronte leggermente corrugata.

-È la stanza proprio davanti alle scale, appena scendi- gli disse, gentilmente – Non puoi sbagliare-.

Anche se fosse capitato in una qualsiasi altra stanza ad Alessio sarebbe andato bene ugualmente: l'importante era andarsene per un po'.

-Perfetto, così non dovrò vagare per casa tua- Alessio forzò un sorriso di cortesia, prima di fare un passo per uscire dalla stanza – Aggiornatemi quanto torno se fate progressi-.

Nel momento stesso in cui si lasciò la stanza di Nicola alle spalle gli sembrò di tornare a respirare. Ignorò gli ultimi sguardi degli altri con nonchalance, mentre richiudeva la porta e si allontanava sempre di più, fino a raggiungere le scale: le scese velocemente, arrivando dopo pochi secondi al pianterreno. Andò dritto, seguendo le indicazioni di Nicola, ed arrivò puntualmente nella cucina dell'abitazione.

Si sentì vagamente a disagio, da solo in una casa non sua: l'unico aspetto positivo era che non avrebbe rischiato di incrociare i genitori di Nicola – gli sembrava di ricordare fossero fuori per compere, ma gliene importava poco: la cosa che contava era che non fossero presenti.

La cucina era un ambiente estremamente silenzioso, rispetto a com'era stato rimanere nella stanza di Nicola fino a quel momento. Alessio occhieggiò l'ampia finestra sulla parete di fondo, avvicinandosi a passi lenti: dava proprio sul giardino davanti la casa, il vetro screziato da mille piccole gocce di pioggia battente. Nel silenzio riusciva ad ascoltare piuttosto nitidamente il ticchettio della pioggia e il lento frusciare del vento di quella giornata primaverile.

Alzò lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete contigua, calcolando che, per essere credibile, non sarebbe potuto mancare per più di qualche minuto. Gli sembrò un tempo di libertà fin troppo misero.

Passarono a malapena pochi secondi, prima che Alessio udisse dei leggeri passi, probabilmente nello scendere le scale. Si irrigidì immediatamente, allarmato dalla seconda presenza diretta chissà dove.

Sentì il cuore accelerare il proprio ritmo, nell'attesa di scoprire se sarebbe stato raggiunto da qualcun altro prima del previso; il dubbio durò pochi altri secondi, prima di rendersi conto che, sulla soglia della cucina, era appena comparso Pietro.

Alessio rilasciò a poco a poco il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento, non rendendosi nemmeno conto di averlo fatto; guardò l'altro spiazzato, gli occhi sgranati e la sorpresa che, almeno per il momento, superava di gran lunga l'irritazione che poteva provare nei suoi confronti.

Non aspettò nemmeno che Pietro avanzasse, prima di puntargli un dito contro e sibilare, sforzandosi di non alzare troppo la voce per non farsi sentire al piano superiore:

-Che ci fai qui?- chiese con voce fin troppo stridula, facendo un passo indietro. Pietro sembrava in difficoltà: si morse il labbro inferiore, leggermente rosso in viso e con lo sguardo perso.

-Ero venuto per ... -.

La voce gli morì in gola subito, ed arrossì ancor di più. Alessio lo vide abbassare lo sguardo, mentre se ne stava ancora fermo sulla soglia della cucina.

-Per?- lo incalzò, un sopracciglio alzato.

Pietro sospirò pesantemente, con fare rassegnato, prima di rialzare il viso nella sua direzione. Fece qualche passo in avanti, esitante:

-Servirebbe davvero che mi inventassi una scusa idiota a cui non crederesti mai?- gli rigirò la domanda, guardandolo con serietà quando ormai gli era arrivato di fronte. Alessio sbuffò debolmente:

-Almeno lo ammetti- fece, incrociando le braccia contro il petto e fulminandolo con lo sguardo – Ti ripeto la domanda: che ci fai qui?-.

Pietro sembrò indeciso sul da farsi nuovamente, il nervosismo che traspariva anche dal più piccolo gesto: sembrava essersi infilato le mani nelle tasche dei jeans con l'unico proposito di evitare di gesticolare troppo. Passarono alcuni secondi, forse anche un minuto, prima che riportasse gli occhi su Alessio: sbuffò a sua volta, scuotendo il capo come ad essersi deciso a lasciarsi alle spalle tutti i timori che poteva aver avuto fino a quel momento.

Anche se non poteva esserne sicuro, Alessio aveva il sospetto che da lì in avanti Pietro sarebbe stato fin troppo determinato. Rimase ancora in silenzio, in attesa di una risposta che non tardò di molto ad arrivare:

-Visto che non fai altro che evitarmi, ho pensato di toglierti direttamente il pensiero e venire da te-.

Pietro lo guardò duramente, senza segni di esitazione:

-Non credi che sarebbe il momento di parlare?-.

In un attimo di sarcastica sorpresa, Alessio si rese conto che, contro sua ogni previsione, Pietro gli aveva appena proposto di fare ciò per cui non aveva nemmeno più speranze: parlare. Quella consapevolezza gli fece abbandonare qualsiasi aria di sfida dietro al quale si era rifugiato fino a quel momento.

Continuava a sentirsi gli occhi di Pietro addosso, incollandolo lì, senza nemmeno la volontà di indietreggiare e trovare una via per uscire da quella situazione. Era imbarazzante, fottutamente imbarazzante, anche solo l'idea di parlare proprio lì, in casa di Nicola, dove tutti gli altri avrebbero potuto ascoltarli senza troppi problemi.

Forse, si disse, quello era il risultato per non essersi deciso prima, nei giorni precedenti: se avesse fatto lui il primo passo, e non Pietro, si sarebbero evitati quell'imbarazzo.

Non era così che Alessio si era immaginato, qualche volta e solo dopo averlo rivisto, il loro chiarimento – se così poteva chiamarlo. Avrebbe voluto aspettare il momento migliore, le condizioni migliori per farlo ed evitare altri appigli per altri litigi, ma Pietro non gli stava dando alcuna scelta: doveva immaginare che, arrivati a quel punto, fosse un prendere o lasciare.

-Parlare ... - iniziò, mormorando a mezza voce, scostando lo sguardo – Per insultarci di nuovo come l'anno scorso, o per dirci solo qualche frase di circostanza come qualche giorno fa, e poi tornare a fare finta di niente?-.

Era pura provocazione dovuta alla paura, e quasi si pentì subito di essersi fatto sfuggire quelle parole. Pietro sembrò non badarci – o almeno fu particolarmente bravo a non dare segni di aver accusato il colpo.

Forse, si ritrovò a ponderare Alessio, era davvero convinto di quel che faceva.

Lo vide alzare un sopracciglio:

-Dico seriamente- fece qualche passo avanti, nella sua direzione – Non puoi continuare a fare finta di nulla, e nemmeno io-.

Stavolta aveva parlato con meno convinzione, come se avesse cercato di essere più delicato che deciso. Alessio tenne ancora lo sguardo abbassato: percepiva l'improvvisa maggior vicinanza di Pietro, e quel particolare non lo stava aiutando a mantenere i nervi saldi.

Quasi sobbalzò quando, dopo alcuni attimi di silenzio, sentì le mani di Pietro appoggiarsi sulle sue spalle, il calore dei palmi aperti percepibile attraverso il tessuto leggero della sua maglietta.

Alessio alzò il viso, gli occhi sgranati: pensò di urlargli di non toccarlo, di andarsene il più distante possibile da lui, ma la voce gli morì in gola.

Era come se tutta la forza gli fosse venuta a mancare nel momento stesso in cui Pietro gli si era avvicinato.

Anche ora gli occhi scuri di Pietro lo stavano forzando a rimanere lì, molto di più che delle sue mani sulle sue spalle.

-Ti prego- sussurrò ancora, a voce appena udibile.











NOTE DELLE AUTRICI

Nuova settimana e nuovo capitolo! Ci eravamo lasciati con la possibilità che il confronto tra Pietro ed Alessio potesse essere sempre più vicino, ma i pensieri del biondo sembrano voler prendere un'altra direzione ed urlare "Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate!".

Ben presto, però, sarà proprio Piero a smentirlo. Come evolveranno le cose tra i due?

A mercoledì prossimo per scoprirlo!

Kiara & Greyjoy

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