Capitolo 43 - The never-ending gaze (Pt. 1)
A fine capitolo troverete una sorpresa: un estratto dal capitolo 46, in onore del nono anniversario dalla prima scrittura del primo capitolo!
-Datemi un solo motivo valido per cui dovrei credervi-.
Pietro picchiettò nervosamente il piede a terra, le braccia incrociate contro il petto e totalmente determinato a non cedere per nessun motivo al mondo.
Nicola alzò gli occhi al cielo sospirando pesantemente, visibilmente infastidito:
-Puoi crederci o no, ma stavolta non abbiamo organizzato alcun incontro o cose simili- disse, piuttosto indispettito.
Pietro non cedette neanche così: sia Nicola che Caterina, Giulia e Filippo avrebbero dovuto fare di molto meglio per convincerlo a seguirli al Babylon.
Erano passati più di due mesi dalla sera del suo compleanno, e fino a quel momento era stato piuttosto semplice evitare anche solo di passare davanti al locale. Quel pomeriggio di aprile, invece, i suoi tentativi per non doverci andare si stavano rivelando meno solidi del previsto.
Quando Filippo aveva proposto, quella mattina stessa prima che la campanella della prima ora suonasse, di passare un pomeriggio di pace nel centro di Piano – prima che maggio arrivasse con la sua mole infinita di compiti e interrogazioni che anticipavano la maturità- aveva accettato senza pensare che, inevitabilmente, avrebbe rischiato di finire proprio al Babylon. Ora che si trovavano a pochi passi dalla piazza del paese, con i tavoli esterni del Babylon già in vista, Pietro si era dato dell'idiota per non averlo intuito prima.
-Dovrei credervi, dici?- replicò, indirizzando a Nicola una risata ironico – L'ultima volta avevate giurato che Alessio non ci sarebbe stato, e invece, guarda un po', stava addirittura lavorando-.
Sapeva che quella storia del volerlo evitare stava annoiando tutti a morte, ma l'essere stato ingannato la sera del suo compleanno non aveva fatto altro che acuire la sua intenzione di non rivederlo.
Si era chiesto a lungo se Alessio fosse stato consapevole, quella sera, della sua presenza e del piano dei loro amici, ma era una domanda che ancora non aveva trovato risposta: non aveva mai avuto coraggio sufficiente per chiederlo.
-Ma fino a stamattina non pensavamo nemmeno di trattenerci qui a Piano- gli ricordò Filippo, forse il più paziente tra loro nel cercare di convincerlo.
-E in ogni caso a quest'ora non c'è davvero mai- aggiunse Giulia, lanciandogli un'occhiata a metà tra il fastidio e la noia più assoluta.
Pietro si fermò un attimo a riflettere: effettivamente fino a poche ore prima nessuno aveva pensato a quell'uscita piuttosto improvvisata, ma non era sicuro quanto Giulia del fatto che Alessio non potesse essere presente: doveva pur fare delle prove per le serate in cui suonava.
Fece per dire qualcosa, ma Caterina lo precedette: gli piantò davanti agli occhi il suo telefono, la schermata aperta su un messaggio. Pietro cercò di mettere a fuoco: era un messaggio breve, un semplice "Oggi sono a casa". Quando lesse il nome del mittente si sentì quasi in colpa per non aver creduto ai suoi amici.
-Ti basta come prova?- gli chiese Caterina, ritirando il braccio dopo avergli fatto leggere quel messaggio di Alessio – Non è qui. Non verrà. Non lo vedrai-.
Pietro rimase in silenzio per qualche secondo, combattuto sul mantenere la facciata di ritrosia che aveva tenuto fino a quel momento, o cedere definitivamente senza starci troppo a pensare.
Quando alzò di nuovo il viso, scorse a qualche metro da loro Erika, mentre camminava lentamente per tornare nella loro direzione. Si era allontanata pochi minuti prima per infilarsi nel primo tabacchino e comprare un nuovo pacchetto di sigarette.
Preferì non dire nulla, non prima che li raggiungesse e rivolgesse loro un'occhiata stranita:
-Avete deciso dove andare?- chiese, senza rivolgersi a nessuno in particolare – O avete impiegato tutto il tempo in cui me ne sono andata per altre cose?-.
Rise alla sua stessa battuta, mentre si avvicinava a Pietro, passandogli un braccio dietro la schiena, accoccolandosi completamene a lui.
-Il Babylon è l'unica alternativa decente- fece Giulia, ancora piuttosto visibilmente irritata dalla discussione precedente – Ma il tuo fidanzato non smette mai di lamentarsi-.
Pietro sbuffò sorpreso: per un attimo fu tentato dal ricordare a Giulia che non era stato lui ad attirarla con l'inganno in un posto che voleva evitare mentre era presente una persona che non voleva vedere, ma si trattenne quando ricordò che Erika era lì con loro – e che della faccenda di Alessio ancora non sapeva nulla.
Erika si voltò verso di lui all'istante, un sopracciglio alzato e la stessa espressione irriverente che ancora a volte gli rivolgeva:
-Che ha che non va quel posto?- gli chiese, scuotendo il capo – È un bar come un altro-.
Pietro si morse il labbro: sapeva che prima o poi avrebbe dovuto perlomeno accennarle a qualcosa, ma non aveva la minima intenzione di farlo in quel momento, non davanti a tutti gli altri.
Si costrinse ad annuire, sconfitto:
-Allora andiamo- mormorò. Non guardò nemmeno per un secondo il resto del gruppo, mentre si avviavano verso il Babylon.
-Qualcosa di fresco da bere ci voleva proprio- borbottò Nicola, prendendo un sorso dal bicchiere di birra che teneva in mano.
-Attento a non finire ubriaco fradicio alle quattro del pomeriggio- replicò Pietro, anche se tra sé e sé dovette ammettere che l'altro aveva ragione: ora che le giornate cominciavano a farsi più calde era piacevole rimanere fuori il pomeriggio per bere qualcosa in compagnia.
A quell'ora non c'era ancora molta altra clientela, a parte loro; erano riusciti ad occupare la zona dei divanetti con annesso tavolino, posizionati all'esterno del bar e circondati dagli altri tavoli, per la maggior parte ancora vuoti.
-Sopporto bene l'alcool- mugugnò ancora Nicola, avvicinando ancora una volta il bicchiere alle labbra.
-Mai quanto me- replicò Giulia, ridendo subito dopo. Anche Erika rise sommessamente: a Pietro non servì voltarsi verso di lei, sedutagli di fianco, per capire che la sua era più una risata di scherno rivolta a Giulia.
-Non te la tirare- Filippo rifilò una leggera gomitata alla sua ragazza, che in tutta risposta si girò verso di lui facendogli la linguaccia.
Pietro sbuffò teatralmente:
-Volete smetterla di essere sempre così appiccicosi?- disse, piuttosto esasperato.
Sapeva già che quell'uscita gli avrebbe solo procurato altre frasi acide – come se non ne avesse già ricevute abbastanza-, ma non era riuscito a trattenere il proprio cattivo umore che si trascinava dietro da prima.
Con sua sorpresa non furono Giulia o Filippo a rivolgerglisi, ma Caterina:
-Wow, la predica arriva proprio da ... -.
Si interruppe nel momento in cui sentì il proprio cellulare, poggiato sul tavolino, vibrare per segnalare un nuovo messaggio. Doveva essere qualcosa di particolarmente importante o interessante, perché Caterina sembrò dimenticarsi del tutto di ciò che stava dicendo per concentrarsi unicamente sul messaggio appena arrivato.
-Tutto bene?- le chiese Nicola dopo qualche attimo di silenzio prolungato. Caterina non staccò gli occhi dallo schermo, mentre mormorava:
-Sì, tutto bene- disse, sovrappensiero.
Passò qualche altro secondo di imbarazzato silenzio, prima che Giulia lo interrompesse all'improvviso:
-Ho ancora sete- disse, alzandosi in piedi – Vado a ordinare qualcosa dentro-.
Non fece in tempo a muovere nemmeno un passo, prima che Caterina scattasse in piedi a sua volta:
-Vengo con te!- esclamò a sua volta, concitatamente.
Giulia le lanciò uno sguardo confuso, ma non obiettò: si allontanarono insieme in pochi passi, scomparendo all'interno del Babylon.
Pietro le osservò fino a quando non le perse di vista, con sguardo crucciato: non aveva la minima idea di che stesse succedendo, o se stesse davvero accadendo qualcosa, ma la sensazione che ci fosse sotto qualcosa non lo abbandonò nemmeno dopo diversi minuti.
-Tu non hai idea del casino che potrebbe succedere tra poco-.
Caterina andò all'angolo del bancone più lontano dall'entrata, come se fosse possibile farsi sentire dal resto del gruppo pur sussurrando a bassa voce come stava facendo.
-Di che parli?- le chiese Giulia, guardandola ancor più confusa – Mi spieghi che succede?-.
Caterina dovette prendere un lungo respiro profondo per non scoppiare a ridere prima del tempo.
-Poco fa ho ricevuto un messaggio- iniziò a spiegare, lanciando occhiate oltre le spalle di Giulia, per controllare che nessuno degli altri stesse entrando – Da Alessio-.
-Ok- disse incerta Giulia, corrugando ancor di più il sopracciglio – Devo preoccuparmi?-.
-Stava parlando di alcuni spartiti su cui doveva esercitarsi a casa, ma che ha dimenticato qui- Caterina lo disse così velocemente da rischiare di mangiarsi le parole – E il messaggio finiva con lui che mi diceva che non aveva voglia di salire in auto per venire fin qui a recuperarli-.
Giulia sbiancò all'istante:
-Sta venendo qui? Adesso?-.
Quando Caterina annuì sgranò ancor di più gli occhi, in un'espressione di comico stupore.
-Sa che siamo qui?- le chiese ancora, con un filo di voce.
-Non gliel'ho accennato, visto che in teoria oggi non sarebbe dovuto venire qui nemmeno lui- rispose subito Caterina – Non ha idea che ci troverà qui quando arriverà-.
*
Camminò velocemente, sbuffando di nuovo nell'arco di pochi secondi. Alessio continuò a darsi dell'idiota mentalmente, rigirandosi tra le mani le chiavi dell'auto, che ancora non si era deciso a infilare nella tasca della giacca leggera.
Era tutta colpa sua se quella situazione si era creata: si era dimenticato lui gli spartiti da studiare al locale, non qualcun altro. Non poteva che incolpare se stesso – e la sua pessima memoria- se stava perdendo tempo prezioso per andare a recuperarli, quando avrebbe potuto utilizzarlo per esercitarsi.
Si maledisse ancora una volta mentre si avvicinava sempre di più a grandi passi alla zona dei tavolini esterni del Babylon, tagliando in diagonale lo spazio della piazza e guadagnando forse qualche secondo in più.
Stava camminando così tanto velocemente che, per poco, passò totalmente oltre con lo sguardo, senza notare le presenze conosciute sedute ai divanetti esterni.
-Raggio di sole!-.
Alessio si era già bloccato pochi attimi prima che Giulia si alzasse per mettersi più in vista, rivolgendoglisi urlando per riuscire a farsi sentire.
Cercò di fare mente locale velocemente: non gli sembrava di ricordare che Caterina gli avesse accennato di essere lì con gli altri quel pomeriggio. Si avvicinò cautamente, spostando velocemente lo sguardo sulle tre persone presenti: oltre a Giulia c'erano anche Caterina e Filippo, entrambi che sventolavano una mano in gesto di saluto. Tenne osservato brevemente anche il tavolino di fronte a loro, trattenendosi a stento dal corrugare la fronte.
"Tre persone, ma tre bicchieri in più".
C'era qualcosa che non andava, e temeva di sapere già in anticipo la risposta al muto quesito che si stava formando nella sua mente.
-Non sapevo foste qua- disse, cercando di risultare piuttosto casuale, non appena si avvicinò abbastanza ai divanetti.
-E noi non sapevamo saresti sbucato fuori dal nulla- replicò Caterina, alzatasi a sua volta, e rivolgendogli un sorriso malizioso. Alessio cercò di ignorare la sensazione che non gli stesse dicendo tutto.
-Non era previsto che venissi qui, infatti- Alessio si passò una mano tra i capelli, leggermente in imbarazzo.
-Pensi di poterti fermare un po'?- gli chiese a sua volta Filippo.
Alessio si ritrovò piuttosto impreparato a quella domanda: sapeva che si sarebbe sentito in colpa nel rifiutare di fermarsi, ma c'erano fin troppi buoni motivi per rifiutare.
"Dovrei essere a casa ad allenarmi".
-Non credo- Alessio gli rivolse un sorriso rassegnato, prima di tornare a rivolgersi a Caterina e a Giulia: non era sicuro che da loro avrebbe ricevuto una qualche risposta esauriente, ma doveva perlomeno provare.
-Siete qui con qualcun altro?- fece, con finta nonchalance.
Prima che anche solo una di loro rispondesse, gli sembrò di dover attendere secondi lunghi ore.
-Penso sia abbastanza evidente- Giulia fece un cenno verso gli altri bicchieri, i tre in più – Stanno ordinando dentro-.
-Stavano ordinando- la corresse subito Caterina, qualche secondo dopo essersi voltata verso l'entrata del Babylon – Stanno tornando ora-.
Alessio spostò lo sguardo verso quella stessa direzione, sentendo a poco a poco il proprio fiato accelerare impercettibilmente.
"Maledetto me".
NOTE DELLE AUTRICI
Nuova settimana, e nuovo capitolo! Siamo di nuovo al Babylon, e qualcosa sembra stia davvero per succedere ... Che sia la volta buona in cui finalmente Alessio e Pietro si rivedranno?
Appuntamento a mercoledì prossimo per scoprirlo!
Kiara & Greyjoy
PS: e visto che cade oggi il nono anniversario dalla prima stesura del primo capitolo, abbiamo deciso di farvi un piccolo regalo e lasciarvi una piccola anteprima direttamente dal capitolo 46:
"-Visto che non fai altro che evitarmi, ho pensato di toglierti direttamente il pensiero e venire da te-.
Pietro lo guardò duramente, senza segni di esitazione:
-Non credi che sarebbe il momento di parlare?-.
In un attimo di sarcastica sorpresa, Alessio si rese conto che, contro sua ogni previsione, era stato proprio Pietro a prendere l'iniziativa. Quella consapevolezza gli fece abbandonare qualsiasi aria di sfida dietro al quale si era rifugiato fino a quel momento.
Continuava a sentirsi gli occhi di Pietro addosso, incollandolo lì, senza nemmeno la volontà di indietreggiare e trovare una via per uscire da quella situazione. Era imbarazzante, fottutamente imbarazzante, anche solo l'idea di parlare proprio lì, in casa di Nicola, dove tutti gli altri avrebbero potuto ascoltarli senza troppi problemi.
Forse, si disse, quello era il risultato per non essersi deciso prima, nei giorni precedenti: se avesse fatto lui il primo passo, e non Pietro, si sarebbero evitati quell'imbarazzo.
Non era così che Alessio si era immaginato, qualche volta e solo dopo averlo rivisto, il loro chiarimento – se così poteva chiamarlo. Avrebbe voluto aspettare il momento migliore, le condizioni migliori per farlo ed evitare altri appigli per altri litigi, ma Pietro non gli stava dando alcuna scelta.
-Parlare ... - iniziò, mormorando a mezza voce, scostando lo sguardo – Per insultarci di nuovo?-.
Era pura provocazione dovuta alla paura, e quasi si pentì subito di essersi fatto sfuggire quelle parole. Pietro, però, sembrò non badarci – o almeno fu particolarmente bravo a non dare segni di aver accusato il colpo.
Forse, si ritrovò a ponderare Alessio, era davvero convinto di quel che faceva.
Pietro alzò un sopracciglio:
-Dico seriamente- fece qualche passo avanti, nella sua direzione – Non puoi continuare a fare finta di nulla, e nemmeno io-.
Stavolta aveva parlato con meno convinzione, come se avesse cercato di essere più delicato che deciso. Alessio tenne ancora lo sguardo abbassato: percepiva l'improvvisa maggior vicinanza di Pietro, e quel particolare non lo stava aiutando a mantenere i nervi saldi.
Quasi sobbalzò quando, dopo alcuni attimi di silenzio, sentì le mani di Pietro appoggiarsi sulle sue spalle, il calore dei palmi aperti percepibile attraverso il tessuto leggero della sua maglietta.
Alessio alzò il viso, gli occhi sgranati: pensò di urlargli di non toccarlo, di andarsene il più distante possibile da lui, ma la voce gli morì in gola.
Era come se tutta la forza gli fosse venuta a mancare nel momento stesso in cui Pietro gli si era avvicinato.
Anche ora gli occhi scuri di Pietro lo stavano forzando a rimanere lì, molto di più che delle sue mani sulle sue spalle.
-Ti prego- sussurrò ancora, a voce appena udibile."
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