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Capitolo 38 - Ghost of days gone by (Pt. 3)

La luce accesa della lampada sopra il comodino produceva uno strano gioco di ombre, proiettate sul muro di fondo della stanza. Il fumo che emanava la sigaretta che stringeva tra le dita non faceva altro che appannare tutto, renderlo fosco ed indefinito.

Pietro sospirò a fondo, godendosi la sensazione di rilassatezza del momento mentre fumava lentamente, disteso sul letto ormai sfatto, l'aria tiepida della camera che gli accarezzava le spalle nude.

Erika, stesa accanto a lui, si era già addormentata da diversi minuti: respirava piano, regolarmente, con la testa appoggiata al cuscino ed un braccio che cingeva il petto di Pietro.

Si portò di nuovo la sigaretta alle labbra, chiudendo gli occhi, il senso di distensione che cominciava a fargli venire sonno.

Avrebbe davvero voluto dormire, lasciar spegnere il cervello e la propria memoria, almeno per quella notte.

La fitta che sentì alla schiena, conseguenza della caduta causata da Giulia e Filippo, non fece altro che riportare a galla ciò che aveva cercato di seppellire per tutta la sera.

Si ritrovò a pensare, con amara ironia, che doveva essere destinato a farsi buttare a terra da qualcuno ad ogni Capodanno. Era sicuro che, se Alessio fosse stato con loro, glielo avrebbe ricordato lui stesso, tra le risate e forse un sorriso malinconico.

Pietro si girò verso il comodino, schiacciando la sigaretta nel posacenere con gesti nervosi. Lanciò anche un'occhiata al cellulare: nessun nuovo messaggio.

"Sono un idiota".

Si ributtò sul letto trattenendo uno sbuffo d'ira solo per non svegliare Erika, ed evitarsi così scomode domande.

Non sapeva cosa si era aspettato da Alessio. Un messaggio d'auguri? Un semplice saluto a distanza di un anno dalla notte in cui si erano conosciuti?

Si ritrovò ad ammettere, amaramente, che sì, forse si era aspettato proprio quello.

Sentì Erika muoversi appena accanto a lui, stringendolo ancora di più, accarezzandogli meccanicamente un fianco con i polpastrelli.

Pietro si trattenne a stento dallo scostarla da sé, ora leggermente infastidito da quel contatto intimo che lo fece solo sentire a disagio nel suo stesso letto.

Si sentì uno stupido per l'ennesima volta, uno stupido che non riusciva ad apprezzare le cose belle che gli stavano capitando negli ultimi mesi. Aveva passato una serata allegra, con i suoi amici più stretti e la sua ragazza, ma per quanto cercasse di non pensarci, continuava a provare un senso di vuoto all'altezza del petto.

Per quanto cercasse di negarlo, sapeva benissimo a cosa fosse dovuto.

-Amore ... -.

Pietro sussultò appena, quando si rese conto che Erika aveva appena mormorato. Si voltò verso di lei, osservandola dimenarsi appena per riuscire ad alzare il viso verso il suo.

-Che ci fai ancora sveglio?- gli chiese ancora, con voce assonnata – Non hai sonno?-.

Pietro cercò di non rendere visibile l'imbarazzo che provava ogni volta che Erika lo chiamava con nomignoli dolci: non si era aspettato di vederla così tenera nei suoi confronti, dopo che avevano iniziato a frequentarsi seriamente, né si era aspettato di trovarla una cosa così tremendamente fastidiosa.

-Stavo solo pensando- borbottò lui in risposta, con tono vago.

-C'è qualcosa che non va?- insistette Erika, posando stavolta il capo sulla sua spalla.

Pietro si irrigidì lievemente per i primi secondi, prima di rilassarsi di nuovo e sospirare a fondo:

-Nulla- disse, indifferente – Nulla di importante-.

Allungò il braccio per spegnere la luce accesa sul comodino, facendo calare l'oscurità nella stanza.

Si sforzò di chiudere gli occhi, mentre si sistemava meglio con la nuca contro il cuscino: voleva solo smettere di pensare, smettere di ricordare giorni passati che non sarebbero più tornati.

*

Filtrava ancora poca luce attraverso le fessure della persiana: erano le quattro di mattina, e mancava ancora qualche ora all'alba. Il cielo stava solo cominciando a schiarirsi, ma il buio faceva ancora da padrone.

Alessio stiracchiò la schiena, mantenendosi con le gambe incrociate sul letto per avere più spazio per poter impugnare la propria chitarra.

Non era rientrato da molto, e il sonno non era ancora sopraggiunto: preferiva rimanersene lì, con i polpastrelli che scorrevano sulle corde tese della sua chitarra acustica, riproducendo qualche nota sparsa e sperando di non essere troppo rumoroso da svegliare sua madre e sua sorella.

Teneva la testa appoggiata contro il muro, gli occhi socchiusi: stava vivendo in uno stato di inaspettata rilassatezza, dopo aver passato tutta la notte in piedi nel caos del Babylon. In quel momento non doveva pensare e concentrarsi per forza su qualcosa: seguiva le note così come gli venivano in mente, senza impegno.

Non ricordava nemmeno l'ora esatta in cui era tornato a casa: poteva essere passata già un'ora così come pochi minuti. Non stava badando al tempo, non dopo aver passato quasi un'ora infernale per tornare fino a Villaborghese, guidando pianissimo per la neve caduta e con i nervi a fior di pelle.

Forse era proprio per quel motivo che si era seduto lì, con la chitarra in mano alle quattro di mattina: per ritrovare la calma adatta per mettersi a letto, dormire dopo quella che gli era sembrata una giornata infinitamente lunga.

Infinitamente lunga un po' come gli era sembrato l'anno appena passato.

Alessio riaprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco la camera debolmente illuminata dalla lampada accesa sul comodino accanto al letto.

Ricordò per un attimo la gioia dei festeggiamenti che gli anni precedenti aveva provato durante Capodanno, l'euforia che lo animava ogni volta e che invece in quel momento, durante quella notte, era come scomparsa.

"Cosa potrebbe mai cambiare nell'anno nuovo?".

I giorni seguenti sarebbero rimasti uguali ai precedenti, senza che nulla cambiasse davvero. Avrebbe continuato a rimpiangere ciò che aveva perduto, e ciò che non aveva avuto.

Alessio richiuse gli occhi, le dita ferme ed immobili sulle corde tese, come in attesa di qualcosa. Non voleva farsi illusioni per il 2013: era già rimasto scottato una volta, senza il bisogno di una seconda.

Continuò a sfiorare le corde della chitarra, improvvisando una melodia dall'aria piuttosto malinconica, il peso nel petto che si faceva sempre più pesante.

Do you feel the same

For what was remained?

Yesterday is gone, we can't go back again

Do you ever cry for the days gone by?

Do they haunt you like a ghost until the end?

(Alter Bridge - "Ghost of days gone by")*





*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori

NOTE DELLE AUTRICI

Siamo arrivati infine alla conclusione del capitolo, dove ritroviamo sia Pietro sia Alessio immersi nei loro pensieri e nelle loro riflessioni. Nessuno dei due sembra troppo entusiasta della serata appena passata... cambierà qualcosa nell'anno nuovo?

A mercoledì prossimo con il capitolo 39!

Kiara & Greyjoy

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