Capitolo 34 - Time to turn over a new leaf (Pt. 3)
Looking back I clearly see
What it is that's killing me
La voce che usciva dalle sue labbra non gli sembrava essere la sua. Modellava quelle parole che conosceva a memoria, ma sentiva i suoi pensieri scindersi dalla canzone.
Si avvicinò ancora un po' al microfono, cercando di non perdere troppo la concentrazione e di non guardare dritto verso i tavoli. Si chiese se, come gli avevano annunciato il giorno prima, Caterina, Nicola, Giulia e Filippo fossero lì a loro volta, seduti da qualche parte.
Se li immaginò facilmente ad uno dei tanti tavolini, a bere qualcosa di fresco. Caterina avrebbe di sicuro apprezzato la musica: riusciva persino a figurarsela mentre canticchiava, ad un passo dal muoversi a ritmo.
Si mosse anche lui, in modo un po' più sciolto, acquisendo sempre più sicurezza con il passare dei secondi.
Through the eyes of one I know
I see a vision once let go
I had it all
Quando spostò gli occhi da un tavolo all'altro, vincendo anche se per poco quella sorta di timore reverenziale che provava ogni volta e che lo portava a non guardare quasi mai in quella direzione, gli sembrò di scorgere sul serio i suoi amici. Non ne aveva la certezza: non vedeva granché bene per il contrasto tra le luci che aveva attorno a sé e il buio della notte.
Si sentì in soggezione, per un secondo. Si era pian piano abituato a sentirsi così, ogni volta che qualcuno di loro era presente: cantare, e soprattutto cantare qualcosa che sentiva particolarmente vicino a sé, era sempre un po' come mettersi a nudo pur non volendolo sul serio.
Non riusciva neppure a ricordare quando era stata l'ultima volta che aveva parlato sul serio con uno di loro: il tempo a disposizione era sempre troppo poco, e c'erano sempre troppe cose – troppi spartiti da studiare, troppa pratica da fare, troppe prove che non si potevano rimandare- che si mettevano in mezzo ogni volta.
Constantly it burdens me
Hard to trust and can't believe
Lost the faith and lost the love
When the day is done
Alessio distolse lo sguardo da loro, cercando di tornare a concentrarsi. La stanchezza lo portava a divagare, a smettere di pensare unicamente alla musica.
Stava cominciando a sudare – già sapeva che, una volta finito tutto, si sarebbe reso davvero conto del bagno di sudore in cui si trovava-, e non poté far altro che premere con maggior forza i polpastrelli sulle corde per non rischiare di far scivolare qualche dito e sbagliare nota. Si ritrovò a ringraziare il fatto che i calli che gli si erano formati gli evitassero di provare troppo dolore.
Will they open their eyes?
And realize we are one
On and on we stand alone
Until our day has come
Will they open their eyes?
And realize we are one
Spostò velocemente i polpastrelli sulle corde della chitarra, la leggera brezza appena alzatasi che gli accarezzava le braccia, il viso, e gli scostava appena i capelli tagliati cortissimi da poche settimane.
Sentiva la gola cominciare a farsi secca, la sete che, per quanto stesse cercando di ignorarla, sembrava non volerlo lasciare in pace. Invidiò non poco tutti coloro che, mentre stavano ad ascoltare lui, potevano sorseggiare un cocktail fresco senza doversi porre il problema di dover aspettare la fine della canzone.
I love the way I feel today
But how I know the sun will fade
Darker days seem to be
What will always live in me
But still I run
Rallentò il ritmo, pronunciando quasi con dolcezza le parole imparate a memoria, con la sicurezza tipica di chi aveva già provato quel passaggio decine di volte.
Quando un secondo dopo rialzò gli occhi, verso il tavolino dove Caterina, Nicola, Giulia e Filippo erano seduti, per poco non sobbalzò. Si rese conto di aver perso il ritmo giusto del cantato, ma fece finta di nulla, mentre sbatteva gli occhi freneticamente.
"Non è qui".
Cercò di calmarsi ripetendosi quelle parole in testa, rendendosi conto che non poteva permettersi di sbagliare di nuovo l'attacco successivo.
Guardò meglio al tavolo, ma non vide nessuno oltre a loro quattro: doveva aver visto male, forse aveva semplicemente scambiato qualcuno che stava passando accanto a loro nel momento in cui lui si era voltato per qualcun altro.
Si sentì stupido per aver anche solo pensato che Pietro potesse essere lì. Era insensata persino anche solo l'idea che lui avesse potuto prendere in considerazione l'eventualità di esserci.
It's hard to walk this path alone
Hard to know which way to go
Will I ever save this day?
Will it ever change?
Sentiva ancora il proprio battito accelerato – non per la fatica del cantare, e nemmeno per la stanchezza che cominciava a sentirsi sempre più addosso-, e il non poter nemmeno prendersi qualche secondo di pausa per farsi passare l'agitazione non aiutò a calmarlo.
Si dette mentalmente dello stupido, perché l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da se stesso, dopo tutto quel che aveva passato, era ritrovarsi in ansia al solo pensiero di rivederlo.
"Non capiterà mai".
Prese fiato, in vista del ritornello in cui avrebbe dovuto dare il massimo, sentendosi più vuoto che mai – solo, perché in fin dei conti non c'era davvero nessuno che potesse capire fino in fondo.
"Non devo pensarci".
Più si sforzava ad allontanare il pensiero di Pietro, più sembrava accompagnarlo ad ogni nota suonata, ad ogni parola cantata.
"Devo smetterla".
Will they open their eyes?
And realize we are one
On and on we stand alone
Until our day has come
Will they open their eyes?
And realize we are one
Chiuse gli occhi per un attimo, isolandosi da tutto ciò che lo circondava. Niente più luci del palco improvvisato nella piazza di Piano Veneto, niente più riflessi delle luci viola e blu provenienti dall'interno del Babylon, niente più buio della sera.
Era quello che gli stava venendo meglio in assoluto negli ultimi mesi, isolarsi dagli altri.
Forse, in fin dei conti, non voleva nemmeno davvero cambiare quella situazione. Si era abituato alla sensazione di nuotare in mezzo ad un oceano dove nessuno poteva soccorrerlo in tempo.
Non riuscì nemmeno a non pensare, all'ennesimo sguardo verso quel tavolino, che il suo gruppo di amici fosse miseramente incompleto.
Lo sarebbe stato ancora per molto, ne era sicuro.
"Forse un giorno le cose cambieranno".
Era una flebile speranza, talmente debole che persino lui si stupiva di ritrovarsi a pensarci ancora adesso.
Mosse le dita velocemente sulle corde, sentendole graffiare la pelle callosa dei polpastrelli, la propria voce che sovrastava tutte le altre, in quella buia serata di settembre.
Alessio chiuse gli occhi per qualche altro secondo: ora sì, nel buio riusciva a riconoscere la propria voce.
Still today we carry on
I know our day will come
Will they open their eyes?
And realize we are one
*
Percorse gli ultimi passi che lo dividevano dagli ultimi gradini delle scale alla 5°A, cercando il più possibile di evitare la calca davanti ai distributori automatici lì vicino. Pietro provò di individuare qualche faccia conosciuta, mentre si avvicinava, alzando appena il capo oltre al resto della massa di studenti in cui si trovava in mezzo. Non si stupì affatto di trovare Nicola, Filippo, Giulia e Caterina fermi a pochi metri dalla porta della 5°A, particolarmente concentrati sulla loro conversazione.
Non si accorsero nemmeno del suo arrivo, alle spalle di Caterina e Nicola.
-Che state confabulando tra di voi?-.
Vide Caterina e Nicola sobbalzare quasi all'unisono, voltandosi indietro verso di lui, mentre Giulia e Filippo gli rivolgevano uno sguardo solo in parte sorpreso.
Pietro infilò le mani nelle tasche ampie della felpa, mentre prendeva posto tra Nicola e Caterina, aspettando una qualche risposta.
-Stavamo solo pensando di poter organizzare qualcosa per la serata di Halloween- spiegò Filippo, sorridendo appena – Hai già impegni?-.
Pietro ci pensò su per un po', anche se si era già reso conto di non averne bisogno. Era del tutto probabile che avrebbero esteso l'invito anche a Gabriele, forse anche a Alberto, e in quanto a se stesso, per quanti altri inviti potesse ricevere, non poteva dirsi altrettanto interessato ad accettarli.
-Direi di no- rispose, alzando le spalle – Con chi dovrei averne?-.
Per un attimo si pentì di non aver prima cercato di scoprire se avrebbero provato ad invitare anche Alessio. Cercò di ignorare quel dubbio, anche se gli risultò piuttosto difficile.
-Non saprei ... - iniziò Caterina, prima di lanciargli un'occhiata maliziosa – Magari con la tua nuova fidanzatina?-.
Pietro corrugò la fronte, anche se sospettava di aver capito benissimo dove Caterina stesse andando a parare:
-Cosa?-.
Giulia sbuffò spazientita:
-La tipa che ti sta sempre appiccicata da più di un mese- puntualizzò, piuttosto seccata.
"Come volevasi dimostrare".
Pietro sospirò pesantemente, leggermente infastidito da quegli atteggiamenti:
-Non è la mia fidanzata- disse, con una punta d'irritazione nella voce – E in ogni caso ci vediamo solo qua a scuola-.
"E in corriera".
Evitò del tutto di aggiungere quel particolare perché, se c'era una cosa certa, era che Erika – e la sua presenza- non piacesse a nessuno di loro.
Non ci voleva molto a capirlo, principalmente per il fatto che nessuno tra Nicola, Filippo, Caterina o Giulia si sforzava davvero di nascondere l'antipatia e l'ostilità verso di lei. Pietro non ricordava esattamente quando c'era stato il primo incontro tra lei ed i suoi amici – forse qualche settimana dopo l'inizio della scuola-, ma in compenso ricordava con una certa precisione gli sguardi che le avevano lanciato. Forse era un'antipatia a pelle – era pur sempre la più piccola tra loro, e l'ultima arrivata-, o la naturale reazione al costante atteggiamento di sfida di Erika, ma non poteva negare che qualcosa non era funzionato. Ora che alla fine di ottobre mancava meno di una settimana, non poteva nemmeno dire che la situazione fosse migliorata.
-A me sembra che sabato scorso siate stati insieme in stazione- Nicola tossì appena, a disagio.
Pietro arrossì appena, guardando altrove e cercando di evitare il più possibile qualsiasi contatto visivo con loro:
-In realtà dobbiamo incontrarci in stazione anche oggi- mormorò, consapevole che tenerlo nascosto non sarebbe servito a nulla. Alla fine della quinta ora non sarebbe stato l'unico a recarsi là, e mentire a Nicola, Filippo, Giulia e Caterina non gli sembrava l'idea migliore.
Filippo schioccò la lingua, le braccia incrociate contro il petto:
-Ecco, appunto- commentò, a mezza voce.
Per qualche secondo nessuno di loro disse nulla, l'imbarazzo che cominciava a farsi palpabile e il silenzio che, perlomeno, era reso meno assordante dalle chiacchiere dei suoi compagni della 5°A che si trovavano in corridoio poco distanti da loro.
-Comunque dovresti dirglielo-.
Per i primi secondi Pietro non ebbe idea a chi, di preciso, si fosse appena rivolto Nicola. Quando rialzò gli occhi e lo vide dardeggiare con lo sguardo su di sé, capì che quella frase era diretta proprio a lui.
-Cosa?- chiese ancora, stavolta sinceramente perplesso.
Nicola fece un lungo sospiro, continuando a guardarlo con quei grandi occhi azzurri che Pietro conosceva fin troppo bene:
-Il fatto è che lei è palesemente interessata a te- disse, con gravità – Interessata in quel senso. Mentre tu non lo sembri per niente-.
Pietro s'irrigidì istintivamente, d'un tratto cauto, a disagio.
-Forse dovresti mettere le cose in chiaro con lei, e non darle false speranze- concluse il biondo, gesticolando appena con le mani, tracciando gesti ampi in aria.
Pietro si strinse nelle spalle, sbuffando appena. Sentì solamente la voglia di evitare il più possibile quel discorso, di cancellarlo del tutto.
-Non sto dando false speranze a nessuno- mormorò, piuttosto freddamente – E poi solo perché non ci provo spudoratamente non vuol dire che a me non piaccia-.
Quelle parole stonavano tantissimo alle sue stesse orecchie, ma cercò di non darlo a vedere. Spostò lo sguardo da Nicola a Filippo, a Giulia ed infine a Caterina, senza curarsi di non far trasparire la tensione nello sguardo.
-Forse non dovreste intromettervi troppo. Voglio dire ... -.
Sospirò pesantemente, combattendo contro la voglia di andarsene via il prima possibile. Fece un cenno col capo verso Filippo e Giulia, mormorando ancora:
-Quando io l'ho fatto con voi due non è finita molto bene-.
Calò di nuovo il silenzio, gli sguardi degli altri più rabbuiati; Pietro capì che, in un modo o nell'altro, il messaggio era arrivato.
-Non ci stiamo intromettendo, stiamo solo parlando dell'impressione che ci date- la voce di Caterina gli arrivò cauta, come se avesse calcolato ogni parola da pronunciare.
-Certo, ma non serve che diciate ancora che lei non vi piace- sbottò Pietro, incrociando le braccia contro il petto – Lo avete fatto capire già piuttosto bene-.
Non attese altre risposte, se mai ce ne sarebbero state. Si voltò indietro, percorrendo a grandi passi lo spazio che lo divideva dall'entrata della 5°A.
*il copyright della canzone (Alter Bridge - "Open your eyes") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci tornate in questa giornata afosa con due punti di vista distinti.
Da un lato Alessio, finalmente all'opera con il suo nuovo lavoro, momento nel quale si lascia andare a diversi pensieri.
Dall'altro lato Pietro, un mese più tardi, è alle prese con le opinioni dei suoi amici in merito ai suoi sentimenti. Hanno fatto bene a dire la loro, in modo pacifico? E secondo voi hanno ragione, oppure Pietro e Erika hanno invece un buon feeling?
Diteci la vostra!
Kiara & Greyjoy
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