Capitolo 31 - Another crack in your heart (Pt. 2)
Step out the door and it feels like rain
That's the sound, that's the sound on your window pane
Take to the streets, but you can't ignore
That's the sound, that's the sound you're waiting for
Sbattè la porta di camera sua con un gesto secco, udendone lo schiocco violento con il quale si chiuse. Si lasciò scivolare contro di essa, finendo per sedersi a terra poco a poco, i capelli fradici che gli finivano sugli occhi imperlandogli le ciglia e la fronte delle ultime gocce di pioggia rimaste incastrate tra le ciocche bionde.
Alessio strinse le mani tra di loro, cercando di controllare l'istinto di colpire qualcosa, qualsiasi cosa che potesse capitargli sottomano. Doveva ancora cercare di comprendere se la rabbia che lo stava animando in quell'istante fosse maggiormente rivolta a se stesso, a Pietro, a suo padre o a tutto l'insieme in cui si ritrovava a sguazzare a fatica.
Buttò la testa indietro, arrivando a toccare la superficie liscia e fredda della porta con la nuca umida di pioggia.
Era rientrato in casa da poco, solo qualche minuto prima. Aveva varcato la soglia di casa con furia, velocemente, giusto il tempo di levarsi le scarpe e salire in camera sua per rinchiudercisi dentro; sua madre non aveva nemmeno provato a chiedergli nulla, quando l'aveva visto rientrare in quello stato: l'aveva semplicemente osservato, con lo stesso sguardo pieno d'apprensione e colpevolezza che stava riservando soprattutto a lui in quell'ultima settimana.
Buttò fuori un sospiro pesante, stanco, esausto.
Quando qualche ora prima era uscito di casa, guidando senza una meta precisa, aveva sperato di non incrociare nessuno di conosciuto. Si era infilato in quel bar defilato di Torre San Donato apposta per quello: evitare qualsiasi contatto, qualsiasi conversazione. L'arrivo di Pietro aveva rovinato del tutto quel suo intento.
Alessio chiuse gli occhi per un attimo, cercando di reprimere la nausea che bere a stomaco vuoto gli aveva causato; le birre che aveva bevuto gli avevano reso la testa leggera, i pensieri finalmente ovattati ed offuscati come aveva sperato accadesse, ma nemmeno l'alcool sarebbe riuscito a coprire la rabbia che si sentiva addosso in quel momento.
"Scusa tanto se mi preoccupo per te".
Le parole di Pietro continuavano a risuonargli in testa, così simili e diverse a quelle che gli aveva rivolto Caterina lunedì. Forse, se anche lei gliele avesse rivolte quel pomeriggio, avrebbe reagito allo stesso modo con il quale aveva fatto con Pietro.
Si morse il labbro inferiore con forza, quasi a trattenere lacrime di nervosismo che avrebbero fatto capolino con fin troppa facilità, nel riportare alla mente quel loro ultimo incontro.
Pietro gli era parso prima spaesato, poi nervoso, ed infine aggressivo come poteva essere un animale indifeso e con il terrore di essere attaccato ulteriormente. In quello era stato completamente diverso da Caterina: aveva reagito in maniera completamente differente di fronte al muro che Alessio aveva erto tra di loro, ricambiando il suo rifiuto con un altro rifiuto.
"Forse se non avesse insistito ..."
Alessio sbuffò debolmente, mentre cercava un appiglio a cui aggrapparsi per riuscire a rimettersi in piedi.
Era inutile pensare a come sarebbe andata se le cose fossero andate diversamente: non si poteva riavvolgere il nastro del tempo, né sarebbe servito cercare di cancellare la memoria e rimpiazzarla con il vuoto della mente.
Aveva perso il controllo, e non credeva affatto che stavolta sarebbe bastata una seconda chiacchierata con Pietro per riparare le cose; forse, in fondo, non gli interessava nemmeno tanto pensare di scusarsi, non in quel momento. In fondo Pietro per primo aveva insistito per farlo parlare nonostante l'essere a conoscenza del suo stato – Caterina per prima aveva detto che anche il resto del gruppo l'aveva visto il sabato prima in corriera, d'altro canto. Non poteva lamentarsi della sua reazione, o perlomeno non esserne del tutto sorpreso.
Si alzò a fatica, ciondolando con equilibrio instabile verso il letto. Quando passò accanto alla sua chitarra, lasciata in un angolo della stanza, cercò di evitare di guardarla il più possibile – ci sarebbe stato tutto il tempo del mondo dopo la maturità, per guardarla ed usarla per guadagnare qualcosa-, fin troppo cosciente che la sua sola vista avrebbe ripotato a galla ben altri ricordi degli ultimi giorni.
Arrivò a toccare il letto qualche secondo dopo, sdraiandovisi di fianco, le palpebre già calate nonostante si sentisse fin troppo sveglio.
Ritrovò ristoro nell'oscurità che lo circondava ora che poteva tenere gli occhi chiusi, il mondo attorno a lui in silenzio e nascosto al di là delle sue palpebre abbassate.
Erano solo i suoi pensieri che gli rimanevano, ricordi della settimana appena passata che continuavano a non lasciargli in pace nemmeno in quel momento.
"Nessuno sa dove sia".
La voce di Eva risuonò nella sua mente, tra i suoi ricordi più recenti, più forte persino della volontà di tenere quelle memorie soffocate.
"Non abbiamo risparmi sufficienti attualmente".
Addormentarsi e non svegliarsi affatto non era una prospettiva così terribile come poteva apparire.
Forse l'alcool stava solo acuendo quei pensieri che, in ogni caso, c'erano già da giorni.
Rivide davanti ai suoi occhi chiusi il viso tirato di sua madre mentre gli diceva che Riccardo aveva fatto praticamente perdere ogni sua traccia: non c'era parente o collega di lavoro che avesse una qualche idea di dove si fosse trasferito. Per quel che ne sapevano poteva anche essere morto in un qualche incidente d'auto, dimenticato sul letto di un fiume.
Ripensò a quando Eva aveva aggiunto, con difficoltà e con le lacrime agli occhi, che in quello stato e in quelle condizioni d'incertezza non avevano da parte fondi sufficienti per lasciarlo iscriversi all'università.
"Ci inventeremo qualcosa".
Ma cosa potevano inventarsi, le avrebbe voluto chiedere Alessio, quando tutto sembrava troppo a pezzi per essere aggiustato ed il fondo si poteva toccare solo allungando un po' una mano?
*
Lost till you're found
Swim 'till you drown
Know that we all fall down
Love 'till you hate
Strong 'till you break
Know that we all fall down
Aveva smesso di piovere da almeno un'ora, ma l'odore di pioggia impregnava ancora l'aria serale. Non faceva ancora buio del tutto, mentre Pietro camminava a testa bassa lungo il marciapiede, la stessa strada percorsa qualche ora prima e che gli ricordava anche troppo bene gli eventi della giornata.
Aveva un disperato bisogno di una sigaretta – e poi di un'altra, e di un'altra ancora-, e si maledisse per non aver pensato comunque di andare a comprarle da qualche altra parte.
Era piuttosto sicuro che, per soffocare il dilaniante nervoso che lo stava accompagnando, sarebbe finito per consumare un intero pacchetto nuovo nel giro di quelle poche ore che lo avevano separato dall'ora di ritrovo con il resto del gruppo.
Aveva meditato a lungo se rimanersene in casa o uscire comunque. Era perfettamente consapevole che non sarebbe mai riuscito ad essere dell'umore giusto per passare una serata fuori – forse non lo sarebbe stato per giorni-, troppo risucchiato nel vortice di rabbia e delusione in cui Alessio l'aveva trascinato. Ma poi si era ritrovato a pensare che aveva bisogno di risposte, e che l'unica altra persona a cui poteva provare a chiedere sarebbe stata lì in piazza quella sera.
Quando sbucò da una via laterale, si fermò per qualche secondo, acuendo lo sguardo: era un sabato sera di inizio giugno, e non lo stupì affatto di notare la piazza particolarmente affollata. Mosse qualche passo ulteriore, guardandosi intorno per cercare di individuare qualcuno tra Nicola, Filippo, Caterina e Giulia; i suoi tentativi andarono a buon fine quando oltrepassò il Caffè della Piazza, verso uno dei parcheggi della piazza: se ne stavano seduti su una panchina davanti alla cartoleria che fiancheggiava la biblioteca comunale.
Tirò un sospiro pesante, bloccandosi una seconda volta prima di uscire allo scoperto.
Si ritrovò a pensare ancora una volta alle ore d'inferno che aveva passato – che stava ancora passando- da quel pomeriggio.
Sembrava quasi diabolicamente ironico come, dopo mesi difficili, alla prima parvenza di serenità fosse arrivata l'ennesima tegola che l'aveva colpito in pieno viso.
Guardando verso i suoi amici, individuò subito Caterina: era seduta tra Giulia e Nicola, mentre rideva per qualcosa che qualcuno doveva aver appena detto. Sapeva già che parlarle di Alessio le avrebbe guastato l'umore forse quanto lo era già il suo, ma Pietro sbuffò al solo pensiero: aveva bisogno di parlarle quanto respirare, in quel momento.
Avanzò verso gli altri, il passo deciso e gli occhi già puntati su Caterina; mancavano ancora pochi metri per raggiungerli, quando lo notarono già.
-Eccoti, finalmente!- lo accolse Filippo, alzando la voce per riuscire a farsi sentire anche da lui. Pietro gli rivolse solo un cenno, ma ignorandolo quasi del tutto.
Si fermò di fronte a Caterina, lanciando solo veloci occhiate agli altri, prima di fermarsi con lo sguardo su di lei.
-Dobbiamo parlare-.
Si rese conto di aver parlato con troppa durezza solo nel momento in cui le parole gli uscirono dalle labbra. La osservò mentre alzava gli occhi verso di lui, più confusa che offesa per il tono con cui le si era rivolto.
Nicola si alzò prima che Caterina potesse dire qualunque cosa:
-Potresti anche chiederglielo con più gentilezza- sbottò, con pacata freddezza, e rivolgendo a Pietro un'occhiata truce.
Non aveva tutti i torti, ma Pietro non rispose nulla. Stavolta fu Caterina ad alzarsi, rivolgendosi prima al suo ragazzo con fare rassicurante:
-Va tutto bene- mormorò, posandogli una mano su una spalla; quel gesto fu sufficiente per calmare almeno in parte Nicola.
Senza dire nulla, Caterina lanciò un cenno a Pietro, prima di camminare a qualche metro di distanza dalla panchina. La seguì vicino al lampione acceso che rischiarava quella zona, sentendosi addosso gli sguardi di Nicola, Filippo e Giulia.
-Di cosa si tratta?-.
Caterina gli si fermò di fronte a braccia incrociate, il sorriso che aveva prima dell'arrivo di Pietro congelato e già sparito dietro ad un'espressione prudente.
Pietro non attese oltre, troppo nervoso anche solo per pensare di prendere quella conversazione con la dovuta calma:
-Devi dirmi che è successo ad Alessio-.
Si trattenne a stento dall'alzare troppo la voce, ma lo sbuffo che ricevette in risposta non lo aiutò affatto.
-Ti ho già detto che ... - tentò Caterina, ma Pietro la interruppe subito: conosceva già la risposta che stava provando a dargli, ed era quella più inutile possibile.
-Oggi l'ho incontrato, per caso- disse, il groppo in gola che stava già tornando nel riportare a galla quei ricordi – Gli ho chiesto se andava tutto bene, come mai era sparito ... Mi ha mandato a fanculo. E non solo quello-.
Evitò di dirle che l'aveva volutamente preso in giro riferendosi al litigio con Filippo dell'anno prima, perché era già bastato raccontare solo quei pochi particolari per notare il cambio d'espressione in Caterina: la vide impallidire, senza però essere troppo sorpresa.
Pietro la guardò con sguardo grave:
-Quindi se sai qualcosa, è giunto il momento di parlare-.
Per un attimo ebbe il timore che non sarebbe bastato nemmeno quello a smuoverla, ma dopo qualche secondo di silenzio, Caterina annuì debolmente.
-Forse è giunto il momento che vi parli a tutti-.
*il copyright della canzone (OneRepublic - "All fall down") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci tornate! Ci eravamo lasciati con il cruento litigio tra Pietro e Alessio, e anche in questa parte la situazione di quest'ultimo non sembra voler migliorare.
Scopriamo infatti che i problemi in casa Bagliore sembrano aumentare sempre più e questo non aiuta il nostro biondo a trovare un po' di pace con se stesso e con il mondo... e purtroppo lo scontro con Pietro conferma tutto ciò.
Ci sarà per lui la luce in fondo al tunnel? È riusciranno i suoi amici ad aiutarlo e confrontarli in qualche modo?
Ora è venuto il momento per Caterina di spiegare un po' di cose anche al resto del gruppo, e vedremo prossimamente a cosa porterà tutto questo.
Kiara & Greyjoy
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro