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Capitolo 30 - Let Down (Pt. 4)

Alessio rimase in silenzio, lo sguardo ancora abbassato e le parole incastrate in gola, incapace di darvi voce.

Avrebbe voluto che potesse essere così facile come diceva Caterina, senza arrivare a pensare che la difficoltà di mostrarsi debole e fragile come si sentiva in quel momento fosse un motivo sufficientemente valido per non voler parlare con qualcuno.

Si allontanò di qualche passo, oltrepassando ancora una volta la soglia della sua camera. Stavolta non richiuse la porta dietro di sé, e percepì i passi di Caterina che lo seguiva lentamente.

Quando arrivò accanto alla finestra, lo sguardo perso ad osservare la pioggia che ancora cadeva all'esterno e l'aria grigia ed umida che ammantava Villaborghese, sospirò pesantemente:

-È che ... - la voce gli morì ancora una volta in gola, per qualche secondo – È una cosa che penso non potresti capire fino in fondo-.

Era un peso enorme quello che sentiva schiacciargli il petto. Era sicuro che lei non l'avesse mai provato, e forse si augurava che non dovesse nemmeno mai accadere.

-Forse no, ma non cambierebbe il fatto che ti ascolterei comunque, qualunque cosa sia-.

Si voltò verso di lei: Caterina se ne stava in piedi a qualche metro di distanza, di fianco al letto, continuando a guardarlo con apprensione e speranza. Era uno sguardo strano, ed Alessio si sentì ancor più vulnerabile.

-È successo qualcosa con tuo padre?- tentò ancora Caterina.

Alessio non rispose subito, forse troppo stupito per la facilità con cui persino lei aveva intuito almeno in parte quel che doveva esser accaduto.

Negare non avrebbe facilitato le cose, né l'avrebbe fatto sentire meglio; per la prima volta da quando Caterina aveva messo piede in casa si ritrovò a pensare che, in fondo, almeno a lei poteva dirlo. Strinse i denti, reprimendo un lungo attimo di repulsione all'idea di dire ad alta voce ciò che era successo.

-Se ne è andato-.

Per i primi secondi pensò che doveva aver sussurrato troppo piano, così tanto che Caterina non doveva nemmeno aver capito quel che aveva detto. Poi, a poco a poco, la vide sgranare gli occhi, la fronte corrugata:

-Quando?- mormorò, piuttosto sconvolta. Fece qualche passo verso di lui, avvicinandoglisi e continuando a guardarlo disorientata.

-Sabato mattina- mormorò, i ricordi che riaffioravano alla mente – Ha fatto le valigie, è uscito, e non s'è più visto-.

Era la prima volta, da quando era successo, che lo constatava ad alta voce, di fronte a qualcuno.

Nemmeno con sua madre o sua sorella ne aveva fatto parola, non così esplicitamente; dirlo ad alta voce non faceva altro che rendere i contorni di quel che era successo più vividi, più precisi e più taglienti.

Caterina si passò una mano sul viso:

-Magari vuole solo prendersi del tempo- provò, esitante. Aveva parlato con così tanta incertezza che Alessio capì che nemmeno lei credeva davvero a quell'ipotesi.

-No- scosse la testa, prendendo un altro respiro profondo – Non tornerà. Non è il tipo di persona che ci ripensa dopo che ha scelto di fare qualcosa-.

Caterina gli si avvicinò ancora un po', fino ad arrivargli di fronte. Alessio non si mosse quando, tenendo gli occhi chiusi, percepì una mano di lei posarglisi sulla spalla.

-Mi dispiace-.

Quando riaprì le palpebre, dopo alcuni secondi, vide il viso di Caterina velato di malinconia, gli occhi appena un po' più lucidi.

-Non so che dire- disse ancora, a mezza voce – Però se c'è una cosa che ho capito, è che non era proprio la persona migliore da avere accanto. Forse non è tutto così negativo come può sembrare-.

Alessio sbuffò debolmente, un sorriso amaro e privo d'allegria che gli distendeva le labbra:

-Vero, ma mi sento uno schifo comunque-.

Andò a sedersi lentamente sul bordo del letto, attendendo che Caterina facesse lo stesso: quando gli si sedette di fianco, in attesa, Alessio si schiarì la voce, la vista che si faceva offuscata e gli occhi già arrossati che ricominciavano a bruciargli.

-Non so bene perché l'ha fatto- mormorò, lo sguardo puntato dritto davanti a sé, vacuo – Forse si è solo rotto il cazzo di rimanere e basta-.

Si rese conto di aver parlato più aspramente di quel che si era immaginato, ma non fece nulla per correggere il tiro.

-È normale essere arrabbiati ora- replicò Caterina – Penso che lo sarei anche io al posto tuo-.

-Non sono arrabbiato- tentò di dire Alessio, schiarendosi la voce – Cioè, lo sono ... Ma non è solo quello-.

"Sarebbe molto più facile se lo odiassi e basta".

Non aggiunse altro, mentre si torturava le mani rinchiuso nel silenzio al quale si era votato. Nemmeno Caterina disse qualcosa per qualche minuto: si limitò a lanciargli qualche occhiata furtiva – anche se non la vedeva, Alessio ne percepiva il peso addosso-, le loro spalle che si toccavano per la vicinanza mentre rimanevano seduti fianco a fianco.

-E ora che farete?-.

A quella domanda di Caterina una risposta Alessio non l'aveva ancora trovata.

-Non ne ho idea- ammise, dopo alcuni secondi – Credo che l'unica certezza sia che sparendo non ci farà avere nulla, nessun aiuto, neanche economico ... Quindi anche niente università per me. Non subito, almeno-.

Gli si strinse il cuore, mentre pronunciava a fatica quelle parole. Aveva cercato di accantonare il più possibile quella consapevolezza, ma era altrettanto cosciente di non poter fare finta di nulla in eterno: la verità era che, insieme alla sua presenza, suo padre si era portato via con sé anche ben altro.

Ad andarsene c'erano i sogni su cui aveva fantasticato per anni, i progetti a cui aveva pensato in ogni minimo particolare, la fatica per trovarsi pronto a quel passo che aveva atteso così tanto.

Stavano svanendo sempre di più, sempre più lontani dalla sua portata.

-Puoi lavorare e metterti da parte qualcosa- cercò di incoraggiarlo Caterina, sforzandosi di apparire ottimista – Sono sicura che esiste un modo-.

Alessio si girò verso di lei a malapena, la voglia di piangere ancora che stava tornando prepotentemente:

-Può darsi- borbottò, il groppo in gola che gli impediva quasi di parlare – Ma niente sarà più come prima-.

Caterina annuì debolmente:

-Sì, probabilmente non lo sarà-.

Allungò ancora una volta un braccio verso di lui, passandoglielo attorno alle spalle in una sorta di abbraccio un po' impacciato.

-Non sei solo, questo te lo devi ricordare-.

Mentre faceva cadere il capo sulla spalla di Caterina, chiudendo gli occhi e facendo crollare le ultime difese che gli rimanevano prima di trattenersi al pianto, Alessio si ritrovò a pensare inesorabilmente che, a dispetto di tutto, invece era proprio così che si sentiva: così solo al mondo da sentirsi soffocare dalla sua stessa solitudine.

*

You can leave a hole like a nail in my head

You can leave me turned into nothing instead

You can leave me close to the edge

You won't ever hear me hit the ground

Si sistemò meglio tra le coperte, sospirando a fondo e cercando di non far caso alla totale mancanza di sonno quando ormai mezzanotte era già passata da un po'.

Alessio rimandò ancora di qualche minuto il momento di spegnere la lampada sul suo comodino. Fuori dalla finestra la pioggia continuava a cadere, come del resto era stato per tutto il resto del giorno: anche quando Caterina se ne era andata, lasciandolo di nuovo solo, il temporale primaverile non aveva accennato a calmarsi.

Si dimenò nervosamente ancora una volta tra le coperte, cercando una posizione comoda che potesse conciliargli il sonno. Stava andando avanti così da circa un'ora: aveva la mente annebbiata dalla stanchezza, le membra che quasi gli dolevano, ma non riusciva a chiudere gli occhi e lasciarsi andare.

Per un attimo soppesò l'idea di mettersi a leggere qualcosa: erano anni che non leggeva prima di andare a dormire, ma in quel momento, forse, era una delle poche opzioni utili che gli si presentavano davanti. Fece per alzarsi, ma si bloccò subito, non appena resosi conto che qualcuno aveva appena bussato alla porta chiusa della sua stanza.

Prima che potesse rispondere qualsiasi cosa, la porta venne aperta di scatto, e prima ancora di riuscire a riconoscere la persona che stava entrando, Alessio sapeva già con certezza che non poteva che essere Irene: solo sua sorella si azzardava ad entrare senza aspettare il suo permesso, dandogli un unico preavviso bussando brevemente.

Se ne rimase seduto a letto, osservando la testa bionda di sua sorella fare capolino sulla soglia della porta; con il corpo minuto fasciato dal pigiama rosa e verde, e i lunghi capelli chiari che le ricadevano lungo la vita, dimostrava molti meno anni dei suoi quasi quattordici.

Incrociò le braccia contro il petto, la sua solita aria di sfida che non era venuta meno nemmeno in quel momento:

-Sei diventato sonnambulo?-.

-Potrei farti la stessa domanda- replicò Alessio, alzando un sopracciglio – Non devi andare a scuola domani mattina?-.

Sperò che gli rispondesse di sì: non voleva che lo prendesse ad esempio e saltasse giorni di scuola, non quando erano gli ultimi dei suoi anni alle medie e che precedevano di poco gli esami.

-Sì, e in teoria dovresti andarci anche tu- obiettò lei, tutt'altro che intimorita.

Alessio alzò le spalle, con nonchalance:

-Sono maggiorenne, posso decidere da me se andare o no-.

Sua sorella gli lanciò un'occhiata fulminante che lo fece perlomeno sorridere; non lo avrebbe mai ammesso davanti a lei, ma era stata l'artefice dell'unico sorriso degli ultimi tre giorni.

Rimasero in silenzio per qualche istante: Irene non accennava a muoversi, ed Alessio cominciava a chiedersi per quale motivo fosse venuta da lui a quell'ora. Da che aveva memoria non ricordava altre volte in cui sua sorella era venuta in camera sua di notte, prima di andare a dormire.

-Stavi per spegnere la luce?- gli chiese, più esitante di quel che Alessio si sarebbe aspettato.

Sospirò, ben conscio che non sarebbe stato molto credibile nel dirle di sì:

-Non esattamente- ammise, a mezza voce.

Sua sorella gli lanciò un'occhiata indecifrabile, rimanendo silenziosa ancora per un po'. Quando infine sciolse la posizione in cui era rimasta, si avvicinò di qualche passo, dopo aver richiuso la porta dietro di sé; nella penombra della stanza Alessio non riuscì ad osservarla bene in viso, non a sufficienza per riuscire a dire con certezza che fosse arrossita.

-Allora potremmo fare i sonnambuli insieme- gli disse infine, muovendo altri passi verso il letto di Alessio, la voce che sotto la sicurezza apparente lasciava intendere la sua esitazione.

La guardò per un attimo meravigliato, come se non fosse del tutto sicuro di aver capito bene: sua sorella che decideva di rimanere lì con lui era una cosa così insolita che si ritrovò a non sapere come reagire.

-In pratica ti sei autoinvitata qui- commentò, sbigottito. Si rese conto di essere stato involontariamente troppo duro, ma Irene sembrò non badarvi: da spaccona quale era non si fece frenare da quell'osservazione.

-Stai zitto- lo rimbrottò, mentre scostava le coperte dal lato lasciato libero da Alessio per infilarcisi sotto, con movimenti veloci – Solo cinque minuti-.

Alessio si fece un po' più da parte, lasciandole maggiormente spazio. In quel letto da una piazza e mezza stavano stretti, e si ritrovò a pensare che avrebbero potuto tranquillamente rischiare di cadere a terra con un solo movimento sbagliato; si rintanò in un angolo del materasso, lasciando ad Irene più spazio possibile.

I capelli biondi e lucidi di sua sorella si sparsero sulla parte del cuscino che Alessio le cedette; si era stesa di fianco, il viso rivolto verso di lui, l'aria di sfida che aveva lasciato posto ad uno sguardo perso, stanco.

Sentì il cuore stringersi, nel vederla così: era più testarda di lui, e sapeva perfettamente che non avrebbe mai ammesso a voce alta quanto fosse difficile anche per lei, ma non gli serviva sentirglielo dire per leggerglielo in faccia.

-Puoi anche restare- mormorò Alessio, allungando una mano per accarezzarle i capelli. Erano lisci e morbidi, piacevoli da toccare; in qualsiasi altra situazione Irene gli avrebbe urlato di smetterla per non spettinarglieli, ma in quel momento non lo fece. Lo lasciò fare, sospirando pesantemente contro il tessuto del cuscino.

-Credo che nemmeno la mamma stia dormendo molto negli ultimi giorni- si lasciò sfuggire con un filo di voce, alzando appena gli occhi verdi verso di lui.

Alessio sbuffò appena, sconsolato:

-Un po' come tutti in questa casa-.

L'unica cosa che, il giorno prima, Eva gli aveva detto era che non aveva alcuna idea di dove potesse essere andato Riccardo. Non si era lasciato sfuggire dettagli del genere, né probabilmente l'avrebbe fatto in futuro; era uscito dalle loro vite da appena tre giorni, e ad Alessio cominciava già a sembrare un'eternità lunga una vita intera.

Ripensò, per un attimo, a quel che aveva detto a Caterina quel pomeriggio stesso, quando aveva realizzato quanto tutto sarebbe cambiato da quel momento in avanti. Il solo riportare quel pensiero a galla gli fece venire la nausea.

Abbassò lo sguardo su Irene, scoprendola girata verso di lui con sguardo vacuo.

Sperò con tutto il cuore che almeno lei riuscisse a superare quella situazione con il meno dolore possibile; almeno lei non doveva rimanere appigliata a quello schifo in cui si trovavano a nuotare dentro fino al collo.

-Cerca di stare tranquilla-.

Continuò ad accarezzarle il capo e i capelli fino a quando non la vide abbassare le palpebre, stringendosi nelle coperte come se fossero l'unico appiglio per la salvezza.

-Andrà tutto bene- le sussurrò ancora, contento che, nel tenere gli occhi chiusi, non potesse scorgere il velo della menzogna che sentiva di averle appena detto.

Si chiese, mentre chiudeva gli occhi a sua volta, se prima o poi avrebbe trovato sul serio una via di fuga da tutto quello. Forse nemmeno ne esisteva una.

'Cause I'm floored but not broken

And I'm scarred but I'll heal

I'm blissfully tortured, naked and real



*il copyright della canzone (Mark Owen - "Close to the edge") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci di nuovo qui, mentre proseguiamo il confronto tra Alessio e Caterina interrotto la scorsa volta.
Ora che Alessio si è lasciato andare e si è finalmente confidato con qualcuno, le cose potranno finalmente migliorare per lui, oppure ci saranno altri problemi che si accaniranno su di lui?
Nell'ultima parte, invece, c'è uno spaccato di tranquillità, dove Alessio riesce ad essere dolce e protettivo (pur a modo suo) con sua sorella. Credete che la sua famiglia giocherà un ruolo nel farlo riprendere?
A mercoledì prossimo con il capitolo 31!

Kiara & Greyjoy

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