Capitolo 30 - Let Down (Pt. 2)
And the tears fall like rain down my face again
Oh, the words you wouldn't say
And the games you played with my unfoolish heart
Oh, I should have known this from the start
Piano Veneto non era particolarmente popolata quel giorno, Alessio se ne era reso conto appena varcata la soglia del cancello del Galilei, poco dopo che la campanella della penultima ora era suonata. C'erano poche auto che sfrecciavano lungo la strada, affiancandolo mentre camminava lentamente lungo il marciapiede, senza una meta precisa in mente.
Continuò a camminare a caso, guardandosi appena intorno nella speranza di essersi lasciato alle spalle i suoi compagni di classe, determinato ad evitare chiunque. L'unica cosa di cui aveva bisogno, in quel preciso momento, era un posto isolato che gli potesse garantire il silenzio che gli serviva, la calma alla quale aggrapparsi per cercare di rimettere in ordine i pensieri.
Continuò a camminare lungo la strada principale di Piano, costeggiando il canale e approfittando dell'ombra degli alberi lungo il marciapiede; arrivò ad una fermata dismessa di una qualche linea di autobus, abbastanza ignorata per potervisi fermare per un po' di tempo.
Quando si sedette sulla panchina malridotta, da solo, non gli importò nemmeno del sole che gli colpiva la faccia e gli occhi rendendolo quasi cieco: gli bastava riuscire a riprendere fiato sedendovisi per un po' di tempo. Bastavano pochi minuti, pochi minuti di silenzio.
Si passò una mano sul viso, scostandosi i capelli dalla fronte, le dita che gli tremavano ancora; si accorse solo in quel momento di aver il viso bagnato di lacrime, gli occhi ancora umidi così come le labbra.
Si sentiva terribilmente patetico, seduto su quella panchina con due assi rotte e ricoperta di scritte sconce fatte con bombolette, a piangere da solo per qualcosa che non sapeva bene nemmeno lui come razionalizzare.
How the thought of you cuts deep within the vein
This brand new skin stretched across scarred terrain
Era stato difficile anche rialzarsi dal pavimento del bagno, scosso e sentendosi le gambe pronte a cedere al primo passo. Aveva solo un vago ricordo di quando era tornato in classe, talmente silenzioso e cereo che la professoressa sembrava averlo graziato di una qualche nota per il troppo tempo passato fuori dall'aula.
Non ricordava nemmeno che era successo nelle ore successive, prima che finissero anche il resto delle lezioni: non aveva ascoltato una parola, non si era nemmeno alzato dal suo banco durante l'intervallo.
Era stato una statua di marmo per tutto quel tempo, sollevato solamente dal pensiero che al sabato c'era un'ora in meno di lezione, e che quello significava un'ora in meno di quel supplizio.
Era uscito dalla 5°A appena era suonata la campanella, imboccando il corridoio per l'uscita; non si era fermato a salutare nessuno, troppo concentrato a lasciarsi tutti indietro ed andarsene il più velocemente possibile.
Non aveva nemmeno pensato di prendere una corriera per tornare subito a casa. Non era quello che avrebbe voluto davvero fare: rimandare il più a lungo quel momento era l'unica cosa che voleva, perché sapeva che, una volta rientrato tra quelle mura, nulla sarebbe più riuscito a fermare la rabbia e il dolore che sentiva montarsi dentro, ogni secondo di più.
"Forse nel frattempo ha cambiato idea".
Nel momento stesso in cui si ritrovò a pensarlo, tra le lacrime che non riusciva a fermare, dovette ammettere che la sua era solo una falsa speranza: suo padre non sarebbe tornato indietro. Non si sarebbe ricreduto: non l'aveva mai fatto.
Non avrebbe cominciato a farlo quel giorno.
Strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi, il dolore fisico che attutiva solo temporaneamente quello dell'anima.
What I gave to you, and now the end must start
Oh, I should've listened to my heart
Non si era immaginato un epilogo simile, quando il giorno prima c'era stato l'ennesimo litigio. Le urla di Eva gli rimbombavano ancora nelle orecchie, così diverse e contrastanti davanti ai lunghi silenzi di suo padre: era stato insolito non vederlo reagire, continuare a litigare in quella maniera arrendevole che Alessio non gli aveva mai visto fare.
Cominciava a capire solo in quel momento a cosa fosse dovuto: doveva aver già pensato di farlo, di andarsene. Non lo sorprendeva pensare fosse esattamente così: era così da lui, essere calcolatore anche in un frangente simile.
"È sempre stato così".
Forse c'era stato un tempo in cui Riccardo era stato diverso, più umano; doveva essere un tempo così remoto che Alessio non riusciva nemmeno a farlo riaffiorare tra i ricordi. Nelle sue memorie non c'era spazio per un padre meno crudele di quel che aveva sempre conosciuto.
Si passò nuovamente le mani sul viso, cercando di respirare a fondo per calmarsi. Doveva farlo: Riccardo non gli aveva mai dato motivo per dispiacersi della sua mancanza, non glielo aveva dato nemmeno il giorno prima. Non glielo stava dando nemmeno in quel momento.
Era così difficile non riuscire a capire il perché di quel vuoto all'altezza del petto.
Era un dolore sordo talmente forte che rendeva persino la rabbia e il rancore meno forti, sovrastandoli e facendolo sentire spezzato.
Sentiva quasi di essere più in collera con se stesso che con lui, per non riuscire ad odiarlo nemmeno in quel momento.
Forse non lo stava facendo perché, in fin dei conti, non si sentiva così sorpreso di sapere che, una volta rientrato a casa quel giorno, Riccardo non ci sarebbe stato.
"Le persone se ne vanno sempre".
'Cause I don't wanna be let down
I don't want to live my life again
Don't want to be let down the same old road
Said I don't want to be let down
I don't want to live my lies again
Don't want to be let down the same old road
*
La spalla di Filippo era un comodo appoggio: chiuse gli occhi, inspirando appena il suo profumo, sentendosi così in pace da sperare quasi che il viaggio di ritorno sulla Galliera potesse durare in eterno.
Giulia si sentiva carica per il secondo giorno che avrebbe passato da lui a Torre San Donato: accantonata l'agitazione che l'aveva accompagnata tutto il giorno prima, ora non rimaneva altro che l'entusiasmo di passare ancora del tempo con lui.
-Abbiamo programmi per oggi?- gli chiese, riaprendo gli occhi e sorridendogli, mentre la Galliera frenava e riapriva le porte una volta arrivata alla volta della stazione di Piano.
-Non ancora- Filippo abbassò lo sguardo su di lei, prima di spostarsi per riuscire a voltarsi verso il sedile posteriore, dove se ne stavano seduti Caterina e Nicola:
-Voi avete da fare oggi pomeriggio?-.
Nicola fu il primo a rispondere, sbuffando debolmente:
-Partita di calcio-.
Caterina gli lanciò una breve occhiata, prima di alzare le spalle:
-E io gli ho già promesso di venire a vederlo-.
-Non sei contenta di venire a fare il tifo per me?- Nicola glielo chiese fintamente offeso, prima che Caterina potesse tirargli uno schiaffetto sulla spalla e farlo ridere.
Ad osservarli Giulia rise a sua volta, mentre si rimetteva comoda sul suo sedile, pensierosa: Pietro non era in corriera quel giorno, così come Alessio, ma in ogni caso le sarebbe sembrato strano – fin troppo- organizzare un'uscita a quattro solo con loro due.
-Sembra che oggi pomeriggio ce ne andremo in giro da soli- commentò, rivolgendo un sorriso malizioso a Filippo – O che resteremo a casa-.
Lui le si avvicinò lentamente, lo stesso sorriso astuto che gli distendeva le labbra:
-Non mi sembra una cattiva idea rimanere a casa-.
La risata di Giulia venne soffocata dal bacio che le scoccò subito dopo, fulmineo e a stampo.
-Ehi- la voce di Nicola li distrasse per qualche secondo – Non saltatevi addosso anche qui in corriera-.
-Da quando sei diventato così moralista?- Filippo si sporse ancora verso il sedile dietro, ridendo ancor prima di sentire la risposta indignata dell'altro. Anche Giulia soffocò a stento una risata; si lasciò scivolare lungo il sedile, un sorriso ancora stampato in viso mentre ascoltava distrattamente il battibecco in corso tra Nicola e Filippo.
Si distrasse osservando gli ultimi studenti che correvano il più velocemente possibile per non perdere le loro corriere, quando ormai dovevano mancare pochi minuti alla ripartenza. Quando i suoi occhi si soffermarono per un secondo su una figura che le parve fin troppo conosciuta, si ritrovò a socchiudere gli occhi per acuire la vista e chiedersi, per un attimo, se fosse solo una sua allucinazione dovuta alla stanchezza. Ricordava con sufficiente sicurezza il fatto che Alessio, il sabato, tornasse a casa sempre con la corriera dell'ora prima: era piuttosto meravigliata di vederlo ancora lì, in stazione, ancora dall'altra parte della strada rispetto alla Galliera.
Giulia si appiccò al finestrino, cercando di aguzzare lo sguardo: stava camminando parecchio lentamente, come se non gli importasse molto rischiare di rimanere a piedi. Le parve di notarlo piuttosto pallido in viso, e la sensazione che si sentì addosso dopo aver colto quel dettaglio non fu affatto positiva.
Si girò ancora una volta verso il sedile posteriore, sotto gli occhi di Filippo e Nicola, rivolgendosi velocemente a Caterina:
-Ma Alessio non esce prima il sabato?-.
-Infatti- Caterina la guardò confusa per un attimo – Come mai me lo chiedi?-.
Giulia si morse il labbro inferiore, disorientata:
-Mi è sembrato di vederlo arrivare. Credo che tra poco salirà-.
Lo sguardo corrucciato che le lanciò lei acuì ancor di più la confusione:
-Non mi ha scritto che avrebbe preso questa corriera. Strano-.
Giulia annuì, rimanendo in silenzio e tornando a sedersi sufficientemente composta, puntando gli occhi verso il corridoio per ora deserto della corriera. Come aveva previsto non passò troppo tempo prima che Alessio facesse il suo ingresso a bordo della Galliera.
-Alessio, siamo qui!-.
Voltandosi appena indietro, Giulia notò Caterina sventolare un braccio in aria per rendersi più visibile, ma fu del tutto inutile: quando tornò a girarsi, notò Alessio essersi seduto già nella terza fila, ben distante da loro.
Con così poca gente presente in corriera quel giorno, e con ben poco brusio, Giulia trovò piuttosto inverosimile che non avesse sentito il richiamo di Caterina.
-Ma che ha?- sentì mormorare Nicola, altrettanto confuso.
La voce sconsolata e in apprensione di Caterina non migliorò la situazione:
-Non ne ho idea-.
-Non mi sembrava avesse una gran bella cera- aggiunse Filippo, a mezza voce. Giulia concordò tra sé e sé con lui: non era stata solo una sua impressione il pallore del viso di Alessio, ma qualcosa di palpabile. Era cereo come poche altre volte l'aveva visto.
Rimanendo in silenzio, per un attimo, le tornò in mente la sua assenza improvvisa del giorno prima, senza troppe spiegazioni. Nell'istante in cui se ne ricordò, si girò ancora una volta verso Caterina:
-A proposito, poi hai scoperto qualcosa su cosa gli era successo ieri?-.
Lei alzò le spalle, scuotendo il capo:
-No, non mi ha più scritto nulla-.
-Non è molto incoraggiante- sospirò Filippo, lanciando una veloce occhiata verso le prime file, dove Alessio si era seduto in totale isolamento.
-Forse dovrei provare ad andare da lui- azzardò Caterina, ma prima che potesse aggiungere altro Nicola le pose una mano su una spalla:
-Se avesse voluto parlarci sarebbe venuto qui- obiettò, non senza una nota di preoccupazione – Lasciamolo solo. Probabilmente preferisce così-.
Caterina sospirò a fondo, rumorosamente, forse ancora indecisa sul da farsi nonostante l'obiezione di Nicola. Giulia riusciva a comprenderne il dissidio: non era facile nemmeno per lei accettare l'idea di lasciarlo solo, nonostante l'evidenza che qualcosa non stesse andando nel verso giusto.
-Proverò a telefonargli nel pomeriggio- Caterina si arrese dopo qualche secondo di tormentata indecisione, sospirando ancora, e lasciandosi cadere indietro contro il sedile. Non sembrava affatto convinta di quel che aveva appena detto, ma non si mosse.
-Buona idea- si ritrovò ad annuire Giulia, prima di rimettersi a sedere a sua volta, in apprensione e sentendosi completamente impotente.
*
-Ti rendi conto che tra poco finirà di nuovo la scuola?-.
La voce stupita di Filippo arrivò distrattamente alle orecchie di Giulia. Stava tenendo gli occhi chiusi da qualche minuto, ma a quanto pareva non era riuscita ad ingannarlo facendogli credere di essersi addormentata. Era piacevole rimanere stesa a letta di fianco a lui, cullata dalla leggera brezza che entrava dalla finestra aperta della camera.
-Non sembri molto felice della cosa- commentò, brevemente. Una parte della sua mente stava ancora rimuginando su cosa potesse essere successo ad Alessio, anche se dall'altra cercava di dare la giusta attenzione anche a Filippo: d'altro canto, pur con dispiacere, aveva l'impressione che per Alessio avrebbe potuto fare ben poco in quel momento.
-Tu lo sei?- Filippo rispose di nuovo sorpreso – L'anno scorso eri disperata per l'inizio delle vacanze-.
Giulia riaprì gli occhi lentamente per riabituare la vista alla luce del sole pomeridiano; rammentava perfettamente quanto erano state un inferno le ultime settimane di scuola dell'anno prima, sotto quel punto di vista.
-Lo so, ma l'anno scorso ci eravamo appena messi insieme, dopo mille casini. Ora va tutto bene. - obiettò, allungando una mano verso i capelli di Filippo per arruffarglieli – Certo, non ci potremo vedere tutti i giorni, ma stringeremo un po' i denti-.
Filippo rimase in silenzio per alcuni secondi, il viso contratto in una smorfia e l'aria pensierosa:
-Però ora ho la patente- riprese a parlare, più tra sé e sé che rivolto a lei – Nulla mi vieta di venirti a prendere di sorpresa e portarti in qualche posto-.
Giulia rise sommessamente, mentre gli rispondeva con una pacca sulla spalla. Filippo non si scompose minimamente, alzando un dito e puntandoglielo contro:
-Anzi ... -.
Si mise su un fianco, in modo da poterla guardare frontalmente, lo sguardo acceso da una qualche idea che sembrava essergli appena affiorata in mente:
-Perché non ce ne andiamo qualche giorno al mare, da qualche parte?- disse, concitatamente – Magari con Caterina e Nicola-.
Per i primi secondi Giulia non seppe che dire, interdetta e presa alla sprovvista da quella proposta. Non avevano mai parlato prima di farsi qualche giorno di vacanza insieme da qualche parte, e forse aveva dato troppo per scontato che, alla fine, non sarebbe accaduto quell'estate.
-Pensi si possa fare?- gli chiese, incerta.
-Perché no?- Filippo alzò le spalle – Non ti piacerebbe?-.
Giulia gli sorrise subito, per tranquillizzarlo:
-Certo che mi piacerebbe. Solo non mi aspettavo una proposta del genere-.
Evitò di aggiungere che, effettivamente, nemmeno i suoi genitori dovevano aver preso in considerazione quell'eventualità. Era piuttosto sicura che loro sarebbero stati il suo primo ostacolo nel realizzare quel progetto che, nonostante tutto, stava già prendendo forma nella sua testa.
-Ci organizzeremo- Filippo le lasciò una carezza sul viso, sorridendole rassicurante – Vediamo cosa si può fare-.
Giulia gli si avvicinò repentinamente, scoccandogli un bacio all'angolo della bocca e stringendosi un po' di più contro il suo corpo.
Per un attimo l'espressione di Filippo cambiò: si fece più seria, le gote appena arrossite come se ci fosse qualcosa che lo metteva in imbarazzo.
-A proposito ... - iniziò, a mezza voce – Tu come stai adesso?-.
Anche Giulia si sentì arrossire un po', ma non si lasciò prendere troppo dall'imbarazzo: era consapevole che, almeno in quelle prime volte, entrambi si sarebbero ritrovati in quello stato nel parlarne. Era altrettanto sicura che l'intimità tra di loro sarebbe arrivata ad un punto tale che non ci sarebbe più stato disagio in quei momenti.
-Sto bene- lo rassicurò, portandogli una mano su una spalla, muovendola con gesti circolari – In ogni senso-.
Filippo tirò un sospiro sollevato:
-Ottimo. Ero un po' in pensiero ieri sera-.
Giulia rise appena, ma non poteva dargli torto: forse era colpa della loro inesperienza e dei loro movimenti maldestri, ma quando Filippo era entrato dentro di lei il dolore l'aveva sentito eccome. Era diventato sopportabile in poco tempo, ma era anche piuttosto convinta che se lo sarebbe ricordato ancora per un po'.
-E tu?- gli chiese di rimando, alzando gli occhi sul viso di lui – Tu come ti senti?-.
-Sollevato- Filippo rise debolmente – Per il fatto che sia andato tutto bene. È stato bello, nonostante gli intoppi iniziali-.
Sì, lo era stato. Giulia non riuscì a non sorridere ripensandoci, mentre ascoltava Filippo e sapendo che, per lui, era stato emozionante allo stesso modo in cui lo era stato per lei.
-Sì, è stato bello-.
Gli passò i polpastrelli sulle labbra, prima di avvicinarsi al suo orecchio e mormorargli piano:
-Così tanto che replicare la serata ci starebbe molto-.
L'unica risposta che ricevette fu una risata gutturale di Filippo, e le sue mani che le cingevano i fianchi per avvicinarla ancora un po' a lui:
-Come darti torto-.
Giulia non riuscì a trattenere una lieve risata, mentre Filippo le si avvicinava di nuovo, baciandola ancora una volta.
*il copyright della canzone (Dead By Sunrise - "Let down") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Benritrovati a tutti! In questa piovosa serata, riprendiamo con il momento piuttosto malinconico di Alessio. Abbiamo visto che, molto probabilmente, ha ignorato volutamente i suoi amici, evitandoli del tutto. Prima o poi parlerà loro e smetterà di tenerli all'oscuro della sua situazione?
Nello stesso giorno, però, c'è anche a chi, invece va decisamente meglio: Giulia e Filippo sembrano già pronti a lasciarsi andare, non prima però di aver fatto progetti per l'estate in arrivo. Riusciranno ad organizzare la vacanza che vorrebbero tanto fare?
A venerdì con la terza parte del capitolo!
Kiara & Greyjoy
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