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Capitolo 27 - Il passato è una terra straniera (Pt. 2)

Alessio prese a rallentare non appena Andrea – Pietro non aveva nemmeno dovuto presentarglielo, ci aveva pensato suo fratello e la sua incredibile parlantina- gli ebbe indicato la casa a cui erano diretti. Passarono di fronte a quella che, sempre a detta di Andrea, era casa di Filippo, prima di giungere a destinazione.

Qualche secondo dopo Alessio aveva già parcheggiato di fronte ad una cancellata riverniciata di grigio scuro che delimitava un piccolo giardino e casa Cadorna. Non fece nemmeno in tempo a girare le chiavi per spegnere il motore: Andrea aveva già aperto la portiera per catapultarsi fuori, chiavi in mano e pronte all'uso.

Alessio si voltò lentamente verso Pietro, seduto sul sedile del passeggero di fianco a lui: ora che erano rimasti soli l'atmosfera si era fatta allo stesso tempo meno strana e più impacciata.

-Grazie del passaggio- mormorò Pietro, voltandosi appena verso di lui. Sembrava voler scendere il più presto possibile, ma non si mosse, né alzò la mano alla maniglia per aprire la portiera.

-Figurati- Alessio si sganciò la cintura, a tratti esitante su cosa dire – Posso chiederti un favore?-.

A quella domanda, Pietro alzò lo sguardo su di lui con fare disorientato, annuendo appena.

-Non è che mi offriresti qualcosa da bere?- proseguì Alessio, puntando gli occhi azzurri su Pietro, sporgendosi appena verso di lui – Sto morendo di sete, con questo caldo-.

Non era del tutto una bugia, ma non era nemmeno la verità: voleva cercare di capire cosa causasse quell'atteggiamento di Pietro, cercare anche di parlargli di quel che Giulia gli aveva raccontato, ma l'idea di farlo lì dentro, nello spazio ristretto dell'auto, in quell'intimità strana e imbarazzante, gli rendeva la cosa più difficile.

Pietro sembrò essere attraversato dagli stessi pensieri: lo guardò a lungo, in silenzio, prima di alzare le spalle, e annuire di nuovo.

-Vieni, entriamo-.








-Mio fratello maggiore deve essere già uscito-.

Alessio alzò a malapena il viso, mentre ascoltava Pietro parlare dalla cucina, quasi urlando per riuscire a farsi sentire.

Andrea era già sparito, probabilmente nella sua stanza al piano di sopra, e il salotto della casa appariva silenzioso e tranquillo come se, lì dentro, ci fossero stati comunque solo loro due.

Alessio continuò a percorrere a passi lenti la superficie della stanza, fermandosi ad osservarne i particolari. Non era una casa particolarmente grande, ma gli piaceva come era arredata e l'ordine che vi regnava; in un certo senso era un ambiente completamente diverso a quello a cui era abituato quando si trovava nella sua, di casa.

Su una mensola di una libreria da parete vi erano diversi portafoto: vi si avvicinò incuriosito, osservando le persone ritratte in quelle foto che dovevano risalire a diversi anni prima.

Venne distratto appena dal rumore dei passi di Pietro: si voltò nella sua direzione, giusto in tempo per vederlo venire verso di lui, il bicchiere d'acqua in mano che Alessio gli aveva chiesto poco dopo essere entrati in casa.

-E i tuoi?- gli chiese, mentre Pietro, arrivato di fronte a lui, gli porgeva il bicchiere.

-Nemmeno loro ci sono. Sono usciti prima di pranzo- spiegò Pietro, alzando le spalle e infilandosi le mani nelle tasche dei jeans – Dovevo andare con loro ... Però poi così non ci sarebbe stato nessuno disponibile ad andare a prendere Andrea-.

Alessio annuì, portandosi il bicchiere alle labbra e bevendo un sorso. Riusciva a percepire ancora il disagio di Pietro, l'imbarazzo nella voce e nei gesti. Non era nemmeno sicuro che fosse contento di averlo lì, in casa: forse, in fin dei conti, voleva solo evitarlo per il disagio che poteva provocargli sapere che Alessio sapeva.

Riportò gli occhi sulle fotografie, distrattamente, finendo per osservarne una in particolare: era sicuro che uno dei due bambini ritratti – quello con il sorriso piuttosto allegro e divertito e i capelli lisci e castani- fosse proprio Pietro. Anche l'altro, con i capelli più ricci e corti, aveva un'aria famigliare, anche se non riusciva a capire perché. Sembravano entrambi felici, spensierati come si può essere solo durante l'infanzia.

-Siamo io e Filippo, da bambini-.

Alessio si voltò appena verso Pietro: gli si era fatto più vicino, fino ad affiancarlo. Doveva essersi accorto del suo sguardo puntato su quella foto.

-Ci conosciamo dall'asilo, in pratica- aggiunse, un sorriso malinconico a disegnarli le labbra. Per quanto fosse tutt'altro che allegro, Alessio si sentì leggermente sollevato nel vederlo sorridere: era la prima volta che lo faceva da quando si erano incrociati, e non poteva fare a meno di considerarlo un passo avanti.

-Un'amicizia lunga una vita- considerò, annuendo.

Pietro sbuffò appena:

-Tra alti e bassi-.

Alessio lo vide tentennare, insicuro: era abbastanza certo di dove volesse andare a parare, e non fece nulla per fermarlo.

-Immagino tu sappia già a che mi riferisco-.

Prima che Alessio potesse cercare anche solo di provare a spiegare quel che gli aveva detto esattamente Giulia due settimane prima, percepì il vibrare del suo telefono.

Per un attimo si bloccò, esitante: fu come rivivere il pomeriggio in cui, poco prima di poter rispondere a Giulia, sua sorella l'aveva interrotto per chiedergli tra le lacrime di tornare a casa.

Anche Pietro rimase in silenzio, mentre osservava Alessio che, con gesti lenti, tirava fuori il cellulare dalla tasca dei jeans. Quando lesse il nome del mittente della chiamata, si sentì meno nel panico.

-Pronto?-.

-Dove sei finito?- la voce di Caterina, confusa e a tratti irritata lo raggiunse come un fulmine – Sono le due e mezza passate-.

Alessio aggrottò la fronte per un secondo, altrettanto disorientato:

-Non avevamo detto di trovarci per le tre?- disse lentamente, abbassando il viso. Dal sospiro pesante di Caterina che avvertì dall'altra parte della linea, presunse che doveva esserci qualcosa che non andava.

-In realtà avevamo detto per le due e mezza. Sei in ritardo-.

Se avesse avuto ancora una mano libera, Alessio si sarebbe dato uno schiaffo in fronte per la dimenticanza.

-Scusa, mi è sfuggita l'ora- disse in fretta, lanciando una veloce occhiata a Pietro. Era ancora lì, in piedi accanto a lui, lo sguardo perso altrove forse per fingere di non star ascoltando; sembrava piuttosto contrariato da quell'interruzione, il volto corrucciato e le braccia incrociate contro il petto.

-Sono con Pietro- aggiunse Alessio, a mo' di giustificazione.

Non gli servì essere di fronte a Caterina per percepire la sua meraviglia, resa palese dalla voce con cui parlò:

-Con Pietro?- ripeté, sorpresa – Dove?-.

-A casa sua-.

Caterina sbuffò con impazienza:

-Sul serio? E allora che ne dite di muovervi e raggiungerci in piazza?-.

Alessio si morse il labbro inferiore, indeciso sul da farsi: non voleva essere scortese con Caterina e con gli altri, ma non voleva nemmeno andarsene da quella casa senza prima essere riuscito a chiarirsi con Pietro. Agì d'impulso senza pensarci ulteriormente:

-Aspetta un secondo, ti richiamo tra poco-.

Riattaccò prima che Caterina potesse iniziare con la sua sfilza di proteste, appoggiando momentaneamente il telefono sul ripiano della libreria accanto alle fotografie. Prese un altro sorso d'acqua per prendere tempo, esitante su come rivolgersi a Pietro.

-Tutto ok?-.

Alessio si voltò verso l'altro: aveva la stessa espressione corrucciata di prima, ma ora sembrava anche leggermente in apprensione.

-Era solo Caterina che mi ricordava di essere in ritardo- spiegò Alessio, con un sorriso sarcastico – Mi sono dimenticato l'ora in cui dovevamo trovarci-.

Pietro si strinse nelle spalle, rabbuiato in viso. Sembrava alquanto deluso, anche se Alessio poteva solo limitarsi a supporre cosa lo stesse facendo andare in crisi. Doveva essersi trovato così deciso a parlargli, prima della telefonata, che ora si ritrovava immancabilmente innervosito per vedersi togliere la possibilità da sotto gli occhi.

-Ti conviene andare, se non vuoi farla incazzare ancora di più- mormorò dopo alcuni secondi, con voce stanca.

Continuava a tenere gli occhi abbassati, esitanti, di nuovo visibilmente di pessimo umore.

-Tu non vieni?- tentò Alessio, già pronto a non scartare del tutto l'idea di iniziare un'opera di convincimento. Prese quasi in considerazione l'opzione di inventarsi davvero una scusa con Caterina per potersi ritagliare un altro po' di tempo con Pietro, se proprio non voleva seguirlo.

-Non credo sia una buona idea- gli rispose lui, con voce sommessa – E poi non posso lasciare mio fratello da solo. Se lo scoprono i miei mi uccidono-.

Alessio annuì, comprensivo. Poteva capire che a Pietro non andasse di uscire mollando Andrea da solo a casa per chissà quante ore – lui stesso stava faticando a far tacere il senso di colpa che tornava vivo ogni volta che pensava ad Irene, a casa con i loro genitori ed in balia dei loro umori.

Fece per prendere di nuovo il telefono, pronto a richiamare Caterina per dirle non sapeva ancora bene nemmeno lui cosa – decidere il da farsi, in quel momento, gli stava venendo piuttosto complicato-, quando per un secondo gli venne in mente un modo per ovviare a tutte le difficoltà del caso.

-Se tu non puoi venire, ho comunque un'idea per risolvere la cosa- iniziò a dire, sempre meno incerto, il telefono già in mano e pronto a chiamare Caterina, stavolta con delle parole ben precise in mente – Se ti va, ovviamente-.

Pietro alzò il viso verso di lui: per i primi secondi non disse nulla, lo sguardo confuso e incuriosito.

-Prova a dirmela-.

Tra sé e sé Alessio sorrise, sperando solo di essere sufficientemente convincente.

*

-Alla buon'ora-.

Il campanello di casa era suonato una quindicina di minuti dopo che Alessio aveva richiamato Caterina: Pietro non si stupì affatto, nell'aprire la porta d'ingresso, di ritrovarsi di fronte proprio lei, seguita da Giulia, Filippo e Nicola. Lanciò un'occhiata veloce a quest'ultimo, ingobbito sotto il peso della custodia enorme e coperta da carta colorata che celava il regalo per Alessio.

-Ehi, dovevamo farcela a piedi, noi- lo rimbrottò subito Caterina, guardandolo con fare minaccioso – Non come voi due, che eravate già comodamente qui-.

Pietro sbuffò debolmente, senza davvero voler cercare un modo per contraddirla. Quando Alessio gli aveva proposto di spostare i festeggiamenti lì, a casa sua, era rimasto piuttosto sbigottito: non aveva in casa granché da offrire – solo una bottiglia di thè freddo e forse qualche sacchetto di patatine, nulla di più-, né si era davvero aspettato una proposta del genere.

Non da Alessio, e non dopo quel che era successo due settimane prima.

Aveva pensato seriamente di rifiutare, il pensiero di passare altre ore con lui con quell'imbarazzo palese che c'era tra di loro che lo faceva tremare, ma il modo in cui Alessio l'aveva guardato l'aveva fatto cedere irrimediabilmente.

Pietro si era chiesto per l'ennesima volta, in quel momento e davanti a quegli occhi supplicanti, quali fossero i reali sentimenti che Alessio doveva aver provato nei suoi confronti nelle ultime settimane. Non sembrava avercela con lui, ma non voleva nemmeno illudersi malamente.

-In pratica sono dovuto uscire di casa e andarmene fino in piazza per nulla- sbottò a sua volta Filippo, mentre passava di fianco a Pietro per entrare in casa.

Dietro Filippo c'era Giulia, che più che volersi lamentare, sembrava intenzionata a ironizzare sulla situazione:

-A proposito- fece, oltrepassando a sua volta Pietro, e lanciandogli un'occhiata maliziosa – Che facevate qui da soli, zozzoni?-.

Alessio, in piedi in fondo al corridoio d'ingresso, sbuffò sonoramente.

-Veramente c'è mio fratello d sopra- la corresse Pietro, aspettando che entrasse anche Nicola, prima di richiudere la porta. Quando gli fu davanti, Nicola gli lanciò un'occhiataccia, prima di rivolgersi a tutti gli altri:

-Invece che blaterare, qualcuno mi può dare una mano?-.

Prima che Pietro potesse allungare una mano verso il pacco, grande quasi quanto Nicola stesso, Alessio si avvicinò per primo, a grandi passi:

-Aspetta, ti dò una mano- disse a Nicola, aiutandolo a poggiare a terra delicatamente il regalo, guardandolo con aria incuriosita e confusa allo stesso tempo – D'altro canto questa cosa riguarda me, no?-.

-È il tuo regalo, ovvio che riguarda te- gli rispose prontamente Giulia, seguita dall'annuire di Caterina – E comunque: auguri, Raggio di sole! Diventi ogni anno più vecchio-.

Di fronte all'entusiasmo e al sorriso di Giulia, e ai risolini di Caterina e Filippo, Alessio rispose con uno sguardo fulminante:

-Grazie per avermi dato del vecchio-.

Trattenendo a stento una risata, Pietro si fece avanti, sorpassando il gruppetto per far strada all'interno della casa:

-Direi di spostarci tutti in salotto per stare un po' più larghi-.







NOTE DELLE AUTRICI

Riprendiamo dal punto in cui ci eravamo lasciati la scorsa volta, con Alessio che si ritrova ancora solo con Pietro, ma nessuno dei due riesce a parlare all'altro a causa di Caterina che, a sua insaputa, li interrompe. Riusciranno a chiarirsi, entro la fine della giornata?

E cosa sarà mai il regalo enorme che portava Nicola?

A mercoledì prossimo con (forse) qualche risposta a queste domande!

Kiara & Greyjoy

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