Capitolo 27 - Il passato è una terra straniera (Pt. 1)
-Quindi è lui?-.
Nicola represse a stento uno sbadiglio, troppo preso a tenere gli occhi fissi sul gruppetto di ragazzi ai piedi delle scalinate dell'uscita che dava sul parcheggio, immersi in una nube di fumo per le sigarette accese.
Era l'ultima settimana di marzo, quando finalmente aveva rimesso piede al Virgilio. La gita a Londra gli era sembrata lunghissima: tra scarpinate lunghe ore, piogge che gli inumidivano costantemente i capelli e il freddo fin nelle ossa, era stato ben felice di levare le tende dall'Inghilterra.
Era stato ancor più felice di poter finalmente riabbracciare Caterina: le ultime due settimane gli erano parse lunghe mesi, una lontananza finalmente conclusa nel momento in cui l'aveva potuta riabbracciare in corriera, quella stessa mattina. Avevano parlato a lungo, sia prima dell'inizio delle lezioni che durante il primo intervallo: Caterina gli era sembrata felice, almeno tanto quanto lo era lui, sollevata tanto dall'essersi ritrovati.
-È lui-.
In piedi al suo fianco, Pietro buttò fuori il fumo della sigaretta. Nicola storse appena il naso, disabituato all'odore di tabacco dopo tutti quei giorni in cui tra di loro c'erano stati chilometri e chilometri di distanza.
Era insolito ritrovarsi lì fuori, con Pietro intento a fumare e lui che non poteva fare altro che starsene lì a mani vuote, in attesa che l'altro finisse e, allo stesso tempo, preso dalla curiosità che lo stava portando a tenere posati gli occhi su Giovanni Terrazzan.
Era sicuro che, se Caterina non si fosse dovuta trattenere in classe durante il secondo intervallo a causa di una verifica, non avrebbe mai preso in considerazione la proposta che Pietro gli aveva fatto. D'altra parte, rimanere nell'ignoranza e non scoprire affatto che faccia dovesse avere quel tipo, sarebbe stata di sicuro l'idea migliore. La colpa era di Pietro e delle sue parole seducenti, se alla fine si era convinto a seguirlo per farsi indicare chi diavolo fosse il nuovo amico di Caterina e Giulia.
-Non è spesso qui- continuò Pietro, lasciando intendere che, in un certo senso, anche Giovanni si trovava lì in quel momento semplicemente per restare in compagnia degli amici fumatori – E capisco che sia piuttosto carino, ma ... -.
-Lo trovi carino?- Nicola alzò un sopracciglio, sorpreso. Tornò con lo sguardo su Giovanni, osservandolo meglio: Pietro, in fondo, non aveva tutti i torti. Di certo sarebbe rientrato nella categoria di ragazzi sufficientemente appetibili per riscuotere successo con le ragazze: aveva tratti del volto delicati e begli occhi azzurri.
-Era per dire- rispose piccato Pietro, gesticolando appena – Comunque, dicevo: capisco che sia da considerare carino, ma credo tu ti possa fidare. Non mi sembra che Caterina sia presa in alcun modo da lui-.
Nicola annuì, staccando finalmente lo sguardo da Giovanni:
-Credo anche io- mormorò, con voce pensierosa.
Pietro gli aveva raccontato che Caterina fosse a conoscenza di tutto, ed era proprio per quello che quando quella stessa mattina lei aveva iniziato a dirgli che non c'era alcuna ragione per ingelosirsi, Nicola non si era stupito affatto. Si era sentito ancor più in colpa verso di lei, ammettendo che la sua reazione era stata esagerata ed inopportuna. Sperava di essersi fatto perdonare.
-Caterina che ti ha detto prima?-.
-Solo che non c'è bisogno che mi senta sotto minaccia- rispose Nicola, voltandosi verso Pietro. Stava tenendo in mano quel che rimaneva della sigaretta: ancora pochi tiri, e il mozzicone sarebbe stata l'unica cosa rimanente.
-Ha ragione- convenne Pietro, lanciandogli un'occhiata più seria di quel che Nicola si sarebbe aspettato da lui – E poi, diciamocela tutta: rischi più di allontanarla facendo così che non fregandotene. Anche se conosce altri ragazzi non necessariamente devono interessarle da quel punto di vista-.
Fece una pausa breve, prima di lasciarsi scappare un ghigno divertito:
-Sennò dovresti sentirti minacciato anche da me-.
Nicola sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo e trattenendosi a stento dal tirargli un pugno sulla spalla non appena sentì Pietro ridere.
-Sorvolerò sull'ultima cosa che hai detto solo perché le precedenti erano vagamente sensate- borbottò, continuando ad osservarlo con sguardo torvo. Pietro finse sorpresa, annuendo piuttosto compiaciuto:
-Mi stai dando ragione, Tessera?- gli domandò, con un velo ironico – Che ti è successo a Londra?-.
L'unica risposta che gli diede Nicola fu il pugno che, qualche secondo prima, gli aveva risparmiato; per tutta risposta, Pietro rise ancor più di gusto.
*
Cominciava a fare troppo caldo dentro l'abitacolo dell'auto, parcheggiata lungo la riviera e col sole forte del primo pomeriggio d'aprile che la colpiva in pieno.
Alessio sbuffò appena, seccato, mentre si apprestava a tirar giù il finestrino; quando sentì la leggera brezza dell'esterno colpirlo rabbrividì appena, abituandosi pian piano alla mancanza del caldo soffocante che l'aveva circondato fino a qualche secondo prima.
Controllò un'altra volta il cellulare, leggendo l'ora sul display, prima di bloccarlo di nuovo e lanciarlo sul sedile del passeggiero con svogliatezza: mancava ancora un'ora al momento in cui avrebbe dovuto raggiungere gli altri.
Era stata Caterina ad insistere per trovarsi a festeggiare il suo diciannovesimo compleanno: approfittare delle vacanze di Pasqua e organizzare qualcosa direttamente quel giorno le era sembrata la cosa più fattibile. Ad Alessio non era rimasto altro che accettare, se non altro per farla smettere di insistere, e per approfittare di poter passare qualche ora fuori casa senza dover vagare in giro da solo, e senza alcuna meta.
Cercò di reprimere uno sbadiglio, anche se a fatica: si era svegliato presto quel giorno, nonostante non ci fosse scuola. Era rimasto lungo disteso a letto per ore, sveglio e con mille pensieri che gli impedivano di riaddormentarsi, senza avere nemmeno la forza – né la voglia- di alzarsi e studiare qualcosa in vista della simulazione della seconda prova che lo attendeva al rientro dalle vacanze.
Era stato difficile trovare la giusta concentrazione nelle ultime due settimane. Aveva passato l'ultima settimana di marzo chiuso in casa, con troppi crampi allo stomaco per la tensione, e con l'unico obiettivo di tenere sua sorella il più lontano possibile da tutto lo schifo che si stavano ritrovando a dover respirare tra quelle mura.
Dopo tutti quei giorni passati dentro casa, gli sembrava persino strano ritrovarsi da qualche altra parte, con un'ora d'anticipo tanta era stata la voglia di lasciarsi tutto alle spalle, almeno per mezza giornata.
Lanciò l'ennesima occhiata al telefono, con il lieve timore di vederlo prendere a squillare di nuovo, come era successo due settimane prima, quando Irene l'aveva chiamato tremante da camera sua, spaventata dalle urla furiose dei loro genitori. Per un attimo Alessio sperò quasi che, prima o poi, sarebbe stato in grado di dimenticare quei momenti: ci conviveva da così tanto tempo, in una pericolosa discesa verso scenari sempre peggiori, che quasi si stupiva di angosciarsi in quel modo ancora, sempre per giorni interi.
Un secondo dopo, in un moto istintivo, uscì dall'auto. Sentiva il cuore che cominciava a prendere un ritmo troppo accelerato, il respiro che si faceva più corto ed irregolare.
Provò a calmarsi, prendendo diversi respiri profondi, l'aria fresca che lo faceva sentire meno soffocato, il viso tra le mani e gli occhi chiusi come a volersi isolare dal resto del mondo che continuava ad andare avanti intorno a lui.
Quando riaprì gli occhi, dopo almeno un minuto di blackout, si sentì leggermente meglio. Prese un altro respiro profondo, distratto appena dalla voce allegra di un bambino che stava attraversando la strada poco distante da lui, con un ragazzo ad accompagnarlo.
Sbatté le palpebre un paio di volte, domandandosi se fosse solo la sua mente a proiettare visi di persone famigliari in un tentativo di non sentirsi completamente isolato, o se non si stesse affatto sbagliando. Quando mise a fuoco, rendendosi conto che il viso del ragazzo era sul serio tutt'altro che sconosciuto, Alessio aggrottò la fronte con fare confuso.
-Ehi!-.
Gli bastò urlare una volta per spingere Pietro a voltarsi nella sua direzione. Non doveva averlo riconosciuto, non subito: lo vide distintamente cambiare espressione nel giro di qualche secondo, ammutolendosi e irrigidendosi. Alzò una mano in segno di saluto, poco prima di arrivare al ciglio della strada; ad Alessio sembrò piuttosto indeciso se fermarsi a salutarlo meglio, o proseguire nella direzione in cui lui e il ragazzino – che, come Alessio presumeva, doveva essere il fratello- erano diretti. Fu un'esitazione che durò poco: li vide entrambi dirigersi verso di lui.
-Lui chi è?- il ragazzino fu il primo a parlare, mentre si avvicinava ad Alessio con Pietro sempre di fianco, una mano appoggiata sulla sua spalla. Ora che poteva osservarli da più vicino, Alessio notò una certa somiglianza tra i due.
-Un amico- borbottò Pietro, prima di bloccarsi di fronte ad Alessio. Sembrava quanto mai a disagio, e Alessio riuscì ad intuirne almeno in parte il motivo.
-Pensavo di averti scambiato per qualche tuo sosia, invece eri proprio tu-.
Pietro si ritrovò ad annuire a quella affermazione, abbassando per un attimo gli occhi:
-Ero proprio io-.
Pietro si strinse nelle spalle per qualche secondo, a disagio come Alessio non l'aveva mai visto, prima di parlare di nuovo:
-Auguri, comunque. È il tuo compleanno, no?-.
-Grazie- nonostante la situazione, Alessio si sentì quasi grato verso Pietro: concentrarsi su di lui lo stava aiutando a non pensare a tutto il resto dei suoi problemi.
-Sbaglio o oggi dovevi essere fuori Torre San Donato tutto il giorno, impegnato in chissà cosa?-.
Alessio dovette trattenersi dal ridere nel notare il panico silenzioso che si dipinse sul viso di Pietro. Suo fratello spostò lo sguardo da Alessio a lui con fare incuriosito, senza però dir nulla.
-Te l'hanno detto gli altri?- borbottò Pietro dopo qualche secondo, stringendosi nelle spalle e abbassando gli occhi per un attimo.
Per la seconda volta in un minuto, Alessio dovette reprimere a stento una risata di fronte all'imbarazzo evidente dell'altro:
-Sì, quando ho chiesto loro se saresti venuto a festeggiare-.
Caterina, quando gli aveva riferito che tutti erano d'accordo sul trovarsi quel giorno, non aveva affatto nominato Pietro, se non per dirgli che, per l'appunto, avrebbe avuto un impegno che gli avrebbe occupato tutto il giorno. Non aveva specificato altro, ed Alessio si era fatto andar bene quella spiegazione; ora che però si ritrovava ad avere proprio Pietro davanti, evidentemente tutt'altro che impegnato altrove, cominciava a domandarsi dove stesse la verità.
-Quindi era solo una scusa o che altro?- proseguì, facendo un passo indietro ed andando ad appoggiarsi contro la carrozzeria dell'auto – Se non volevi venire potevi semplicemente dirlo-.
Pietro sospirò pesantemente, alzando di nuovo gli occhi e puntandoglieli addosso. Perpetrava ancora quella strana distanza, tra di loro, che lasciava Alessio ancora perplesso.
-Avevo sul serio un impegno ... Che poi è saltato- Pietro lanciò un'occhiata al fratello, ancora in ascolto, probabilmente a domandarsi tra sé e sé cosa stesse succedendo – E in ogni caso devo comunque riaccompagnare mio fratello a casa ora-.
-Ma immagino che non ti ci vorrà tutto il pomeriggio per farlo- replicò Alessio, un lieve sorriso ironico che cominciava a disegnarsi sulle labbra. Pietro alzò le spalle:
-Suppongo di no-.
Sembrava tutt'altro che invogliato all'idea di cambiare i propri piani, e di nuovo Alessio si domandò che diavolo gli stesse prendendo. Non lo vedeva da due settimane, e non aveva chiesto sue notizie a Caterina per tutto quel tempo: a ben pensarci, poteva essergli successa qualsiasi cosa esattamente come valeva per lui.
"E se ...".
Per un attimo ripensò a Giulia, a quel che gli aveva detto su Pietro e Filippo. Non ci aveva ripensato molto, non quando a casa il problema più grande era cercare di tenere sua sorella il più lontano possibile dalle urla di sua madre e dai tradimenti di suo padre.
Aveva pensato a così tante altre cose, in quelle due settimane, che si era quasi scordato di cosa fosse successo nell'ultimo martedì pomeriggio passato a Torre San Donato.
-Vi do un passaggio io- disse d'un tratto, dopo diversi secondi di silenzio – Basta che mi dici dove abitate-.
-Io ci sto!- convenne subito il ragazzino, prima di tacciarsi per un'occhiataccia che Pietro gli rivolse.
-Non ti dà fastidio?- gli domandò, rivolgendosi di nuovo a lui. Stavolta fu Alessio ad alzare le spalle, con nonchalance:
-Dovrebbe?-.
Non attese una risposta da Pietro: si limitò a girarsi e riaprire la portiera, aspettando di venire raggiunto a bordo dagli altri due. Un minuto più tardi, seppur tra gli sbuffi poco convinti di Pietro, Alessio aveva già girato la chiave per accendere il motore.
NOTE DELLE AUTRICI
Bentornati a tutti! Siamo giunti al capitolo 27, con questo titolo particolarmente evocativo (e tratto dal libro omonimo di Gianrico Carofiglio), che sembra promettere un'atmosfera non esattamente festiva, nonostante sia il compleanno di Alessio.
Nicola, almeno per ora, sembra aver deciso di fidarsi delle parole di Caterina e Pietro, seppur ancora con una leggera titubanza. Per Alessio, invece, le cose non sembrano andare troppo bene: secondo voi che sta succedendo a casa Bagliore?
Concludiamo con un ultimo commento su Pietro: avrà avuto davvero un impegno, o era solo una scusa per evitare Alessio? Si sentirà davvero a disagio per quel che Giulia gli ha rivelato?
Lo scopriremo venerdì sera!
Kiara & Greyjoy
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