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Capitolo 25 - Wir sind im Berlin (Pt. 2)

-Non so se avrò l'energia necessaria per svegliarmi domani mattina- sospirò Giulia, un secondo prima di buttarsi lunga distesa sul letto, nella stanza dell'ostello berlinese.

La visita alla Porta di Brandeburgo e dintorni era stata interessante, quasi incredibile. Si erano poi spostati fino a Bernauer Straße, dove si erano trovati davanti a ciò che era rimasto del Muro, il simbolo della divisione della Germania: era incredibile trovarsi davanti agli occhi qualcosa che aveva dettato la storia di uno Stato in maniera così profonda.

Ora che si ritrovava sdraiata sul materasso, però, Giulia riusciva a percepire tutta la stanchezza accumulata durante la giornata, le gambe pesanti e intorpidite. Non erano rientrati da molto: appena varcata la soglia della stanza, Eleonora aveva requisito il bagno per una doccia veloce, mentre Caterina si era seduta a sua volta sul bordo del suo letto, con qualcosa da mangiare, ripescato dalla valigia, tra le mani.

-Nemmeno io- mormorò la riccia, addentando un altro biscotto dal pacchetto – Però è stata una bella giornata. Interessante-.

-Soprattutto l'ora di pranzo- buttò lì Giulia, con finta indifferenza. Nel pomeriggio né lei né Caterina avevano parlato di Giovanni, e in fondo avevano avuto la testa così occupata che non ci avevano davvero pensato. Ora che però erano rientrate, stanche ed affamate, a Giulia non parve una brutta idea cercare un argomento un po' più frivolo.

-Stai ancora pensando a Giovanni?- le chiese Caterina, con un sospiro pesante, alzando gli occhi al cielo con fare teatrale. Giulia riconobbe in quel gesto un certo imbarazzo dell'altra.

-Mi stavo solo domandando se lo incroceremo di nuovo nei prossimi giorni- Giulia rotolò su un fianco, per poter guardare meglio l'amica, di fronte a sé. Era una cosa alquanto probabile, ma tutt'altro che certa: per il resto della giornata, dopo il pranzo, non lo aveva visto nemmeno di sfuggita tra le file piuttosto numerose dell'indirizzo elettronico.

Caterina alzò le spalle, pensierosa:

-Potremmo incrociarlo anche a scuola. È nella classe di fianco alla nostra, d'altro canto ... - disse, prima di stringersi nelle spalle e abbassare per un attimo lo sguardo – Comunque ammetto che non è male ... Ha dei begli occhi. E forse, effettivamente, mi sembra di averlo già visto prima di oggi-.

Giulia si lasciò andare ad un'esclamazione trionfante, battendo una mano sul materasso:

-Vedi che ho ragione? Era lui-.

Caterina si lasciò andare ad una risata leggera, tenendo tra le dita l'ultimo biscotto:

-Non dire a Nicola che hai identificato il mio attentatore, o potrebbe finire male-.

Per un attimo smise di ridere, e a Giulia parve di leggerle in viso, anche se solo fugacemente, una nota di tristezza. Caterina scosse appena il capo, gli occhi ancora abbassati:

-Mi manca. Nicola, intendo-.

Caterina sospirò a fondo, mentre pronunciava quelle parole, e Giulia non poté darle torto: ora che l'entusiasmo per la giornata appena trascorsa cominciava a scemare, anche in lei stava facendo capolino la tipica malinconia che accompagna sempre la lontananza.

-A chi lo dici- mormorò, a bassa voce – Chissà come sarebbe stata la gita con loro qui-.

L'anno prima, a Barcellona, non era riuscita a godersi appieno quei giorni per la lontananza da Filippo – così diversa e così opposta da quella che invece stava vivendo adesso. Si chiese come sarebbe stato aver di nuovo la possibilità di poter condividere con lui un viaggio del genere, se sarebbe ricapitato ancora prima che lui e Nicola finissero il liceo.

-Credo ci saremmo concentrate troppo su di loro- Caterina alzò le spalle, pensierosa – Però sarebbe stato divertente-.

In un certo senso quella frase non fece altro che acuire la nostalgia di Giulia.

Passarono alcuni secondi in silenzio, solamente lo scroscio dell'acqua della doccia a interrompere il silenzio che altrimenti sarebbe calato nella stanza. Quando Caterina riprese a parlare, all'improvviso, Giulia quasi sussultò: la stanchezza si era così tanto accumulata che rischiava di finire addormentata in brevissimo tempo.

-Comunque Nicola mi ha scritto prima- iniziò, con un mezzo ghigno stampato in viso – Dice che venerdì sera lui e Filippo hanno intenzione di uscire-.

Giulia aggrottò la fronte:

-Solo loro due?-.

Il sorriso malizioso di Caterina si fece più largo:

-No, è qui che viene il bello. Hanno invitato Gabriele, Pietro ... -.

Fece una pausa, durante la quale Giulia non fu sicura che avrebbe rivelato quel dettaglio mancante. Per un attimo pensò che, nel caso Caterina avesse preferito tenersi per sé la sorpresa, avrebbe sempre potuto chiedere a Filippo – quando l'avrebbe chiamato dopo cena- cosa avevano organizzato di preciso lui e Nicola.

Caterina, in ogni caso, sembrò voler sciogliere la riserva:

-E Alessio-.

Giulia sgranò gli occhi, per un lungo attimo, prima di alzare gli occhi al cielo e tirare uno sbuffo sonoro, indispettita:

-Perché devono organizzare queste cose quando noi non ci siamo? Perché?-.

Di fronte alla sua reazione, Caterina scoppiò a ridere:

-Avranno voluto fare una serata intima tra di loro-.

Giulia non replicò, sbuffando di nuovo. Sapeva già che, durante la consueta chiamata serale, avrebbe avuto qualcosa da ridire a Filippo e alla loro serata intima.

*

The right thing to guide us

Is right here inside us

No one can divide us

When the light is nearly gone

But just like a heartbeat

The drumbeat carries on
(Nickelback - " When we stand together")*

La confusione in cui si era ritrovato all'uscita da scuola gli aveva fatto quasi rimpiangere le poche linee di febbre che, da lunedì pomeriggio fino alla sera del giorno prima, lo avevano costretto a letto e che gli avevano permesso di non sorbirsi quel casino anche ieri.

Pietro sbuffò sonoramente, chiedendosi, mentre si avviava mollemente alla fermata delle corriere, cosa lo avesse spinto a rimanere al Virgilio anche durante l'ora buca del mercoledì. Nicola, Filippo e Gabriele se ne erano andati non appena era suonata la campanella della fine della quinta ora, senza troppo insistere nel chiedergli di seguirli. Alla fine sia lui che Alberto erano rimasti lì, andandosene in giro per i corridoi della scuola senza preoccuparsi troppo di non fare casino.

Salì sulla prima corriera ferma, senza nemmeno far troppo caso a quale linea fosse, e che partì dopo poco; arrivò in stazione abbastanza presto, così in anticipo da potersi persino permettere di fumare un'ultima sigaretta prima del viaggio fino a Torre San Donato.

Si accese la sigaretta subito dopo essere sceso, fermandosi qualche secondo vicino ad uno degli alberi spogli del viale della stazione, giusto il tempo di tirar fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans ed accenderne una.

La Mantova era di nuovo la prima corriera della fila – come aveva potuto appurare guardando fuori dal finestrino, quando ancora non era sceso dalla corriera partita dal Virgilio-; stavolta, però, non si preoccupò troppo di avviarsi in fretta: mancavano diversi minuti all'orario di partenza.

Pietro si portò di nuovo la sigaretta alle labbra, prima di lasciar andare una boccata di fumo, osservandosi intorno. La stazione non era affollata come al solito: c'erano decisamente meno studenti che si spostavano da una corriera all'altra, alla ricerca della propria linea. Vide passare, qualche secondo dopo, anche la Galliera, andando a posizionarsi giusto dietro la Mantova, all'inizio del viale.

"Potresti anche dimenticarti per un po' dell'altra corriera e farti vedere più spesso da queste parti".

Pietro trattenne a stento uno sbuffo, mentre quelle parole facevano capolino nella sua mente, per l'ennesima volta da lunedì. Si chiese, per un attimo, se Alessio fosse rimasto deluso, il giorno prima, nel non averlo incrociato sulla Galliera; forse Nicola doveva avergli spiegato che non si era presentato nemmeno a scuola, o forse si era già dimenticato di quella proposta.

O forse ancora, una qualche speranza poteva averla mantenuta anche quel giorno.

Per un secondo Pietro si immaginò come sarebbe stato salire su quella maledetta corriera di lì a pochi minuti: forse Alessio non l'avrebbe visto – niente gli assicurava che non ci fosse talmente tanto casino da costringerli a sistemarsi in file agli estremi della corriera-, e quindi sarebbe rimasto inconsapevole della sua presenza. Dall'altra parte, se invece se ne fosse accorto, Pietro era sicuro che l'avrebbe accolto con un dannatissimo sorriso vittorioso; non era sicuro di volergli dare anche quella soddisfazione.

Decise di rimandare la scelta fino all'ultimo momento utile, cosa che comunque sarebbe avvenuta fin troppo presto: la sigaretta era praticamente finita, e anche i minuti che gli rimanevano, per non rischiare di rimanere a piedi, non erano più così molti.

Dette gli ultimi tiri, prima di incamminarsi e deviare di qualche passo il suo cammino, lanciando il mozzicone nel cestino all'esterno dell'unico bar del viale. Pochi metri dopo, pur andando a rilento, si ritrovò comunque davanti alla sagoma della Galliera. Buttò un'occhiata all'interno attraverso i finestrini: non sembrava troppo affollata, almeno per quel giorno. Non c'era gente in piedi – anche se nulla poteva assicurargli che non sarebbe stato lui il primo a non trovare più posti liberi-, e non riuscì nemmeno a intravedere Nicola, Filippo o Gabriele dal lato destro.

Nella prima fila subito dietro la porta posteriore Pietro non faticò affatto a riconoscere la figura bionda di Alessio. Non si era ancora accorto di lui – non era voltato verso l'esterno-, appoggiato mollemente contro il sedile e perso chissà in quali pensieri.

Pietro sbuffò sonoramente, ancora fermo a pochi metri dalla porta ancora aperta della corriera. Sapeva benissimo cosa l'aspettava – non sapeva cosa sarebbe stato peggio tra il sorriso soddisfatto di Alessio o le possibili prese in giro che Nicola e Filippo gli avrebbero rifilato per essere tornato lì di nuovo-, ma alla fine lo fece comunque: allungò il primo passo, poi un secondo, fino a quando non raggiunse i gradini per salire sulla Galliera.

Ad una prima occhiata si rese conto che c'erano ancora diversi posti vuoti. Lanciò un veloce sguardo verso le ultime file: Nicola e Filippo erano seduti in fondo, gli occhi abbassati mentre parlavano tra di loro, talmente distratti da non accorgersi nemmeno del suo arrivo. Gabriele era seduto davanti a loro, sul sedile che dava sul corridoio: quando vide Pietro lo salutò con un veloce gesto della mano, ricambiato da un veloce cenno del capo.

L'altro che di sicuro si era accorto della sua presenza gli era praticamente davanti, ora il viso alzato e gli occhi chiari puntati su di lui. Pietro non perse nemmeno tempo a salutare Alessio decentemente: si sfilò la tracolla, e scivolò velocemente sul sedile di fianco al suo, stavolta ancora libero, evitando accuratamente qualsiasi contatto visivo. Alzò gli occhi solo dopo essersi seduto, trovandosi di fronte un Alessio più sorpreso che altro.

-Non dirmi che avevi così tanta fiducia in te stesso che mi hai addirittura tenuto il posto-.

Il sarcasmo con cui gli si era rivolto sembrò divertire il biondo: dopo i primi secondi di occhi sgranati, si sciolse in una risata altrettanto ironica:

-È un'allucinazione o sei davvero tu, appena salito qui?-.

Pietro gli rifilò una gomitata leggera:

-Non fare lo spiritoso-.

In tutta risposta Alessio rise di nuovo, divertito. Sembrava piuttosto diverso da prima, quando Pietro l'aveva osservato prima di salire sulla Galliera: non riusciva a capire se quell'allegria fosse solo una maschera per nascondere l'aria spossata e stanca che aveva mantenuto fino a poco prima del suo arrivo.

Per qualche secondo nessuno di loro disse nulla. Un minuto dopo le porte della corriera si richiusero, giusto qualche secondo prima di partire. Fu quando la corriera aveva appena svoltato per immettersi sulla strada principale, che Pietro sentì Alessio sospirare:

-Non credevo saresti venuto davvero. Ieri non ti sei fatto vedere-.

Pietro si voltò verso di lui, la voce Alessio che ora gli era sembrata quasi indifferente, quasi l'entusiasmo che aveva accompagnato il suo arrivo si fosse già inevitabilmente smorzato. Lo guardò in viso, notando solamente le occhiaie sotto gli occhi e l'allegria di qualche minuto prima che sembrava aver di nuovo lasciato posto a qualcosa che si avvicinava più alla malinconia.

-Ieri non ero proprio a scuola, a dire il vero- spiegò Pietro, rendendosi conto che, a quanto pare, Nicola non gli aveva detto nulla in proposito – Un po' di febbre-.

Alessio annuì, restituendogli lo sguardo:

-E oggi stai meglio?-.

-Paura che ti attacchi qualcosa? Vuoi scalzarmi dal mio posto?- il ghigno astuto che Pietro gli rivolse ebbe come risultato quello di guadagnarsi un'occhiataccia da parte del biondo. Alessio continuò a guardarlo malamente, scuotendo appena la testa, per diversi attimi.

-Ma poi come facevi ad essere arrivato così in anticipo oggi? Non sei del Galilei?-.

Il cambio d'argomento improvviso non sembrò destabilizzare troppo Alessio, e Pietro poté tirare un sospiro di sollievo. Era stata la prima cosa che gli era venuta in mente da dire per cercare di farlo smettere di lanciargli occhiate torve.

-Uscivo prima oggi- rispose Alessio, lanciando una veloce occhiata fuori dal finestrino – Ero già in stazione da almeno un'ora-.

Pietro si limitò ad annuire, non sapendo bene come continuare la conversazione. Non lo vedeva particolarmente in vena di chiacchiere per quel giorno: era decisamente diverso dal solito. Alessio era distaccato e molto meno sorridente di tutte le altre volte in cui l'aveva incontrato.

Si chiese per un attimo se potesse essere successo qualcosa in particolare: non lo conosceva abbastanza per poterne essere sicuro – in fin dei conti sapeva solo che fosse in quinta in un'altra scuola e poco altro-, e questo lo rese quasi nervoso.

La vibrazione del cellulare, nella tasca dei jeans, lo distrasse inaspettatamente: accantonò per un attimo i pensieri su Alessio, mentre estraeva il telefono dalla tasca e sbloccava il display per poter leggere il messaggio appena ricevuto. Non riuscì a non aggrottare la fronte nel rendersi conto che il destinatario era Filippo.

"Gabriele ci ha appena detto che sei anche tu qui in corriera. Nicola si è leggermente incazzato, visto che non ci hai nemmeno avvisati ... Sto cercando di trattenerlo, ma credo che tra poco verrà da te".

Pietro non riuscì a trattenere una risata non appena finito di leggere il messaggio.




*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori
NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci tornate, nonostante il freddo e la neve, con la seconda parte di questo capitolo.
Da un lato abbiamo Giulia e Caterina, sempre più esauste dopo le lunghe camminate tipiche di una gita, che non perdono comunque l'occasione di pensare alle uscite dei loro amati o agli incontri avvenuti in terra teutonica.
Parallelamente, nella madre patria, abbiamo Pietro che finalmente decide di prendere lo stesso autobus dei suoi amici... cosa lo avrà portato a questo cambio di rotta? Forse le parole di qualche biondino o un semplice istinto amichevole?
Ma se da un lato abbiamo un biondo felice di questa novità, dall'altro abbiamo un altro biondo che sembra particolarmente arrabbiato. Cosa succederà ora?
Lo scoprirete mercoledì prossimo!

Kiara & Greyjoy

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