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Capitolo 25 - Wir sind im Berlin (Pt. 1)

La mattina in cui erano partite si era presentata tanto buia quanto fredda: Giulia aveva temuto, prima ancora di partire, che avrebbero rischiato tutti di finire congelati a mano a mano che la corriera si sarebbe addentrata nelle strade della Germania, sempre più a nord fino a Berlino.

Le sue previsioni si erano rivelate alquanto errate: dal Virgilio erano partiti prima ancora che sorgesse l'alba, con la pioggia ad accompagnarli; già da quando avevano superato il confine austriaco il tempo era cominciato a migliorare, e in Germania non era affatto peggiorato.

Giulia aveva avuto modo di ricredersi anche sulla gita già da quel giorno: il viaggio fino a Berlino si era dimostrato piuttosto movimentato. Al contrario dell'anno precedente, la 3°A non era stata abbinata ad alcuna classe dello scientifico: c'erano le classi dell'indirizzo elettronico a condividere la corriera, classi quasi unicamente maschili e con la fama di casinisti che li precedeva di molto. Il divertimento era stato assicurato sin dal primo minuto di viaggio.

La prima tappa era stata Monaco, dove avevano passato la notte di lunedì in un piccolo ostello bavarese, prima di riprendere il viaggio con l'ultimo tratto di strada fino alla capitale tedesca.

Erano arrivati martedì nel primo pomeriggio, e sebbene il primo contatto con l'ambiente berlinese fosse stato alquanto breve, Giulia si era definitivamente convinta del fatto che, per quanto l'assenza di Filippo potesse pesarle, era valsa la pena partire: Berlino le si era presentata sin da subito come una città dalle mille attrazioni, accogliente e pregna di storia.

Quella mattina di metà settimana si era preannunciata sin da subito come il primo vero giorno di sole pieno. Era dalle nove che scarpinavano tutti in giro per il centro: erano servite diverse ore – e diversi chilometri da percorrere- per visitare tutto il Reichstag.

Quando mezz'ora prima, per il pranzo, erano giunti a Potsdamer Platz, Giulia credeva che i suoi piedi non sarebbero più riusciti a reggerla per il resto della giornata, e la consapevolezza che nel pomeriggio ci sarebbe stata la visita alla Porta di Brandeburgo e a ciò che rimaneva del Muro non la consolava affatto.

La piazza, in ogni caso, si apriva come un enorme complesso di palazzi moderni, sedi di multinazionali, uffici, alberghi, ristoranti. Era senz'altro il luogo adatto per cercare un posto dove poter pranzare e riposarsi.

La maggior parte della 3°A – e qualcuno di alcune classi dell'indirizzo elettronico- si era già diretta nel McDonald's della piazza. Appena varcata la soglia, Giulia si si guardò intorno, scettica: la maggior parte dei tavolini era già occupata, più da impiegati in pausa pranzo che dai loro stessi compagni di comitiva. Sarebbe stato difficile riuscire a trovare un posto senza doversi dividere.

-Laggiù ci sono dei posti- fece Caterina, poco dietro di lei, affiancata da Valerio, allungando il braccio per indicare un tavolino in un angolo del locale – Anche se non credo siano sufficienti-.

Non lo erano, come scoprirono avvicinandovisi: era un tavolo da sei, di cui quattro posti già occupati da quelli che sembravano alcuni studenti dell'indirizzo elettronico.

-La vedo dura- sospirò Caterina, quando si fermarono a qualche metro dal tavolo, con indecisione. Prima che Giulia potesse anche solo proporre qualsiasi altra idea, fu Valerio a prendere la parola:

-Voi provate a chiedere se potete sedervi lì- disse, con determinazione – Io cerco un altro posto, non preoccupatevi-.

Giulia annuì scettica, mentre osservava Valerio allontanarsi velocemente verso un gruppo di tavoli occupati da altri loro compagni di classe, alla ricerca di almeno un posto a sedere: non era affatto sicura che lei e Caterina sarebbero riuscite a convincere i quattro tipi dell'indirizzo elettronico a cedere loro gli ultimi due posti liberi al loro tavolo.

-Che facciamo?- Caterina la guardò altrettanto pessimista, le braccia incrociate contro il petto – Facciamo un tentativo o lasciamo perdere subito?-.

Giulia ci rifletté qualche secondo: alla fin fine, cosa poteva mai essere qualche secondo di disagio sociale, se confrontato alla possibilità di poter consumare un pasto riposando finalmente gambe e piedi?

-Proviamo a vedere quanta pietà gli facciamo- disse, alzando le spalle. Prima che Caterina potesse ribattere, si avvicinò con cautela al tavolo, fermandovisi vicino. I quattro ragazzi non si erano ancora accorti di lei che li stava osservando: si limitavano a parlare tra di loro, ridere di chissà cosa e cominciare a scartare i loro panini.

Giulia si schiarì la voce per attirare la loro attenzione:

-Scusate ... -.

Passò qualche secondo prima che si rendessero conto che si era appena rivolta proprio a loro: si girarono uno alla volta verso di lei, incuriositi, frenando le risate e tacendo.

-Scusatemi- ripeté Giulia, in soggezione – Sono liberi questi posti?-.

-Sì, lo sono-.

A parlare era stato uno dei due ragazzi più vicino a Giulia – le aveva puntato addosso occhi così azzurri che Giulia si sentì quasi destabilizzata per un secondo-, girato verso di lei. Aveva parlato con garbo calcolato, forse già intuendo dove potesse star andando a parare la situazione.

-Possiamo sederci?- Caterina era sopraggiunta al fianco di Giulia, indicando i due posti liberi, uno di fronte all'altro, che rimanevano – Non ci sono praticamente più posti dove sedersi-.

Lo stesso ragazzo che aveva risposto a Giulia, senza troppo confrontarsi con i compagni, fece un cenno di assenso con il capo, scuotendo appena i ricci castani che gli incorniciavano il viso:

-Non c'è problema- disse, spostando immediatamente quello che doveva essere il suo zaino, lasciato sul posto libero accanto a sé – Sedetevi pure-.

Non se lo fecero ripetere due volte: mentre Caterina prendeva posto accanto al ragazzo, Giulia si sedette di fronte a lei, dall'altra parte del tavolo. Tirò un lungo sospiro di sollievo: quasi non le sembrò vero di poter finalmente riposare le proprie gambe.








-In fin dei conti poteva andarci peggio-.

Giulia addentò una patatina fritta, prima che questa cadesse sul vassoio che ora, insieme a quello di Caterina, occupava gran parte della superficie della loro parte di tavolo.

-Tipo dover tornare fuori e dover cercare qualche altro posto dove poter mangiare?- le chiese Caterina, avvicinando alle labbra la cannuccia per bere un sorso di thè fresco.

Giulia annuì: condividere il tavolo con gente pressoché sconosciuta non era il massimo, ma non si lamentava troppo. I quattro ragazzi dell'indirizzo elettronico avevano ripreso a ridere e parlare tra di loro subito dopo che lei e Caterina si erano sedute, badando ben poco a loro due: non si trattenevano dal parlare a voce alta, ma perlomeno non sembravano intenzionati a dar loro fastidio in nessun modo. Non avevano cercato di approcciarsi nemmeno quando Giulia era rimasta svariati minuti da sola al tavolo mentre Caterina andava a prendere le ordinazioni di entrambe.

Poteva riuscire anche a sopportarli, giusto il tempo di un pranzo veloce.

-Un altro metro e le mie gambe non avrebbero retto- confermò, parlando a mezza voce. Era difficile riuscire a sentire e a farsi sentire da Caterina da una parte all'altra del tavolo, parlando a bassa voce, ma non cercò comunque di alzare il tono.

-In ogni caso non è male- fece Caterina, pensierosa, mentre scartava il suo hamburger – Mi piace la città-.

Giulia si ritrovò ad annuire, di colpo, per la prima volta dalla partenza, a tratti malinconica:

-Anche a me. L'unico lato negativo è che quando torneremo Nicola e Filippo saranno già a Londra-.

Aveva cercato di allontanare quel pensiero il più possibile, ma inevitabilmente rimaneva sempre lì, appena sotto la superficie: non ricordava neppure quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui lei e Filippo erano rimasti separati per due settimane di fila. Era piuttosto sicura che ce l'avrebbero fatta senza problemi, ma la nostalgia l'avrebbe accompagnata comunque.

Caterina alzò le spalle:

-Ci accontenteremo di qualcun altro-.

-Tipo Alessio?- Giulia sorrise divertita, anche se non del tutto consolata al pensiero.

-E Pietro-.

Caterina rise di fronte agli occhi sgranati di Giulia; le ci volle qualche secondo per riprendersi e continuare a parlare:

-A quanto pare è in punizione per i suoi voti non esattamente brillanti- disse, continuando a ridacchiare di fronte allo sguardo sempre più sbigottito di Giulia – Niente gita per lui quest'anno-.

Giulia si afflosciò su se stessa, sbuffando sonoramente:

-Quindi ce lo beccheremo pure quando non avremmo dovuto?- sbottò, tutt'altro che entusiasta. Non aveva nulla – o quasi- da ridire su di lui ultimamente, ma due settimane senza vederlo non sarebbero certo state una tragedia.

-Non muori dalla voglia di un'uscita a quattro con loro due?- la prese in giro Caterina, scoppiando di nuovo a ridere di fronte allo sguardo sbieco che le lanciò Giulia.

Dovette riprendersi prima del previsto, per alzarsi e far passare il ragazzo seduto vicino al muro. Anche Giulia dovette imitarla: a quanto pareva una sola ordinazione per i loro compagni di tavolo doveva essere troppo poca per riuscire ad arrivare fino all'ora di cena.

Giulia li guardò distrattamente mentre si allontanavano, prima di tornare con gli occhi a Caterina e all'unico ragazzo che era rimasto al tavolo, quello con cui avevano parlato prima di sedersi.

Osservandolo di sottecchi, ebbe l'impressione di averlo già visto da qualche parte. Non durante quei pochi giorni di inizio gita, anche se di sicuro doveva averlo già incrociato: era una sensazione più antica, come se il suo viso le risultasse famigliare e legato ad un periodo molto più precedente.

Si morse il labbro, in imbarazzo per essere stata colta in flagranza, quando lo vide rialzare gli occhi chiari, fino ad un secondo prima abbassati sullo schermo del telefono che teneva tra le mani ed ora puntati su di lei con fare confuso.

Si dette della stupida, prima di schiarirsi la voce con fare impacciato:

-Scusa- iniziò, senza una reale idea di cosa dirgli per non passare da ficcanaso – È che mi sembra di conoscerti o di averti già visto in giro. Ma effettivamente siamo in gita insieme, quindi ... -.

Vide distintamente Caterina cercare di non riderle in faccia per quella figuraccia; al contrario di lei, il moro sembrò più incuriosito che altro:

-Di che classe siete?- chiese, spostando gli occhi da Giulia a Caterina.

-3°A- rispose subito lei, reprimendo le risate ed arrossendo lievemente per lo sforzo.

Giulia lo osservò annuire, sorridendo appena:

-Allora probabilmente ci siamo incrociati a scuola. Sono della 3°A di elettronica ... La classe di fianco alla vostra-.

"Ecco dove ti ho già visto".

Fu quasi un flash, un ricordo talmente veloce e a tratti insignificante che Giulia quasi si stupì per essere riuscita a riportarlo alla mente: era il primo giorno di scuola, il primo intervallo mentre lei e Caterina si dirigevano verso la 4°A, fermate soltanto da qualcuno della 3°A dell'indirizzo elettronico che aveva investito Caterina buttandola quasi a terra.

-Giusto, siete di fianco a noi- Giulia annuì a sua volta, quasi fiera di se stessa per essersi finalmente ricordata da dove provenisse il ricordo di quel viso – Allora direi che sì, ci siamo incrociati a scuola-.

-In effetti avete facce famigliari anche voi- le rispose lui, con semplicità. Aveva lanciato una seconda occhiata verso Caterina, quasi furtivamente, prima di tornare su Giulia. Fu questione di un secondo, prima che allungasse la mano destra verso di lei:

-Sono Giovanni, comunque-.

Giulia gli strinse brevemente la mano:

-Giulia, piacere-.

-Caterina-.

Per un attimo le parve che la stretta che si scambiarono lui e Caterina fosse meno breve del previsto, meno casuale.

Nemmeno un minuto dopo tornarono gli altri compagni di Giovanni, segnando la fine di quella breve conversazione. Giulia e Caterina non si trattennero molto oltre: si alzarono qualche minuto dopo, salutando brevemente quelli che erano stati i loro compagni di tavolo, prima di avviarsi verso l'uscita. Si fermarono su una panchina lì vicino, in attesa che Valerio ed Eleonora le raggiungessero a loro volta.

-Certo che farti beccare mentre fissi la gente ... - Caterina rise appena, dopo qualche istante in cui era calato il silenzio – Meno male che non è andata poi così male-.

-Stavo sul serio cercando di capire perché mi sembrava di conoscerlo- borbottò Giulia, cercando di ignorare le risate dell'altra.

-E l'hai capito il perché?-.

Giulia fece un respiro profondo, voltandosi verso di lei:

-È il tizio che ti era venuto addosso ad inizio anno-.

Caterina la guardò accigliata, a tratti incredula:

-Sul serio te lo ricordi? Io non ci ho fatto nemmeno caso-.

"Lui, invece, deve essersene ricordato eccome".

Sul momento non le era venuto in mente, ma quella sarebbe stata un'ottima motivazione sul perché i pochi sguardi di Giovanni verso Caterina fossero sembrati così interessati. Doveva averla riconosciuta, o aver avuto anche lui l'impressione di averla già incrociata da vicino in precedenza.

-Sono abbastanza sicura fosse lui- insistette Giulia, incrociando le braccia contro il petto. Caterina alzò le spalle, senza risponderle, forse non troppo interessata alla discussione.

Non tornarono sull'argomento per il resto della giornata.





NOTE DELLE AUTRICI

Guten Abend! Immaginiamo abbiate notato il cambio location ... Come avevamo anticipato, questo capitolo sarà dedicato agli eventi di Berlino (e non solo). A tal proposito, ci scusiamo già in anticipo se magari la descrizione dei luoghi non sarà accurata o veritiera: purtroppo a Berlino non siamo mai state, e non possiamo quindi basarci su esperienze dirette come per Bacellona. Voi invece siete mai stati da quelle parti della Germania?

In ogni caso, le nostre protagoniste sembrano passarsela piuttosto bene in gita, ritrovando anche delle "vecchie" conoscenze ... Che ne pensate di Giovanni? Secondo voi Giulia ha davvero indovinato chi è? E chissà, magari lo ritroveremo ancora più avanti ...

A venerdì sera con la seconda parte!

Kiara & Greyjoy

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