Capitolo 24 - When we stand together (Pt. 3)
-Cazzo!-.
Aveva imprecato ad alta voce, ma se ne fregò; con un ultimo sforzo prese a correre, la speranza che sembrava l'unica cosa che potesse riuscire a spingerlo a trovare le energie necessarie. Con la gente che continuava a tagliargli la strada, la tracolla piena di libri e il fiato ormai corto, Pietro sentì le gambe quasi vacillare.
"Non partire, non partire, non partire ...".
Si bloccò di colpo, la bocca spalancata, il fiatone che non gli dava tregua: la Mantova prese sempre più velocità, mentre partiva, lasciandolo poco più indietro e a piedi, inerme nel vederla allontanarsi sempre di più.
Non aveva nemmeno più fiato sufficiente per urlare tutti gli improperi che gli stavano passando per la mente in quel momento, ancora immobile di fronte all'ormai vuota fermata della corriera.
Per un attimo sentì quasi gli occhi farsi lucidi per il nervoso: avrebbe dovuto rifare a strada inversa nel minor tempo possibile, sperando di non vedere anche la Galliera sfilare allo stesso modo.
Non rimase a rimuginarci tanto a lungo: fece dietrofront, nero in viso per la rabbia, i passi affrettati che non erano così veloci come avrebbe voluto.
Quando giunse di nuovo al punto da cui era partito – non era mai stato più infastidito dal leggere il nome della destinazione di quella maledetta corriera come prima di quel giorno-, la Galliera era ancora lì. Fu l'ultimo a salire, prima che le porte venissero chiuse, venendo inghiottito nell'ambiente caldo – soffocante- della corriera, ancor più affollata di quando l'aveva lasciata.
Non badò nemmeno a farsi largo gentilmente: salì i gradini a fatica, sbattendo da un lato alcuni ragazzini che sembravano essere del primo anno.
-Pietro!-.
Nonostante il brusio del chiacchiericcio nella corriera, Pietro riuscì a sentire distintamente la voce di Nicola che lo chiamava. Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce, verso le ultime file della corriera: Nicola si era alzato in piedi per essere più facilmente individuabile, con Filippo seduto di fianco rimasto invece seduto.
Cercò di farsi spazio come meglio poteva, nel tentativo – piuttosto arduo- di spostarsi verso le ultime file. Si sfilò la tracolla dalla spalla, tenendola afferrata con una mano, cercando di non essere troppo d'intralcio; seppur a fatica, sgomitando e rischiando di rimanere incastrato almeno un paio di volte, riuscì a raggiungere la zona del corridoio ancora rimasta libera.
Quando rialzò gli occhi, dopo essersi fatto spazio, Pietro quasi sussultò: nel girarsi verso Nicola, poco prima, non aveva fatto minimamente caso a chi stava occupando il sedile proprio davanti a quello verso cui si stava dirigendo.
Gli occhi azzurri di Alessio dovevano starlo già scrutando da un po', quando Pietro se rese conto pienamente. Gli fece un semplice cenno di saluto, notando che il sedile a fianco del biondo era già occupato da una ragazza che doveva essere del primo o secondo anno. Si dette dello stupido per aver sperato – o addirittura sfiorato la convinzione- che di fianco ad Alessio avrebbe potuto trovare ancora un posto libero dove potersi fermare.
Avanzò ancora di qualche passo, prima di fermarsi di fianco al sedile occupato da Nicola e Filippo, già girati verso di lui.
-Sentivi già la nostra mancanza?- ironizzò Filippo, divertito. Sembrava aver recuperato un po' del buonumore che per tutta la mattinata sembrava essere sparito.
Pietro fece una smorfia:
-Non darti troppa importanza, Pippo- disse, mollando la tracolla a terra e cercando di bilanciare l'equilibrio per non cadere a terra mentre la corriera partiva – La Mantova è partita prima del previsto. E fino a prova contraria non ho la resistenza necessaria per farmela a piedi fino a Torre San Donato-.
Nicola lo guardò con muto rimprovero:
-Te l'avevo detto che facevi prima a rimanere qui-.
Filippo rise appena, ma bastò un'occhiata sufficientemente minacciosa di Pietro per farlo smettere.
-Porti un po' sfiga, Tessera, devi ammetterlo-.
Anche se non lo stava guardando, con la coda dell'occhio Pietro riuscì distintamente a notare Alessio girarsi indietro, verso di lui. Non passarono molti attimi prima di sentirlo parlare, con la vena di sarcasmo che – a quanto pareva- erano un'esclusiva che dedicava unicamente a lui:
-Ogni tanto ricompari quando meno me l'aspetto, te ne devo dare atto-.
Pietro si voltò appena verso di lui, sperando di non arrossire. Era da San Valentino che non si incrociavano: quasi un mese di nulla, un mese che era sembrato piuttosto lungo.
-Potrei dire lo stesso di te- ribatté prontamente, senza però sapere davvero come rispondergli.
-Io questa corriera la devo prendere per forza, se voglio arrivare a casa-.
Quel particolare, anche se preferì non darlo a vedere, Pietro lo ricordava anche troppo bene.
-Giusto, quasi dimenticavo che non sei nostro compaesano- borbottò, sperando di essere risultato sufficientemente convincente.
-Dici bene- gli fece eco Alessio. Pietro abbassò per un attimo il viso, scostandosi malamente una ciocca di capelli scuri che gli era finita davanti agli occhi; cominciava a sentirsi come il giorno di San Valentino, con le guance che rischiavano di bruciargli da quanto stava arrossendo.
Non ebbe il coraggio di alzare il viso e ritrovarsi di nuovo gli occhi azzurri di Alessio addosso fino a quando non sentì Nicola parlare:
-Però hai l'auto per poterti spostare di sera, no?-.
Si era rivolto ad Alessio, allungandosi verso l'amico, e senza nemmeno badare a nascondere troppo il fatto che avesse ascoltato lo scambio di battute che lui e Pietro si erano appena scambiati.
Alessio si sporse indietro, spostando lo sguardo da Pietro a Nicola, la fronte corrugata:
-Dove stai andando a parare?-.
Pietro si chiese esattamente la stessa cosa tra sé e sé, trattenendosi però dal fare qualche altra domanda.
-Io e Filippo stavamo pensando che potevamo uscire tutti insieme venerdì sera- Nicola prese a spiegare subito, senza ulteriori giri di parole, spostando gli occhi da Alessio e Pietro – Farci un giro da qualche parte, senza troppo impegno ... Una serata tranquilla in compagnia prima della gita, tutto qui-.
Pietro si morse il labbro inferiore, realizzando forse per la prima volta quanto poco mancasse alla partenza per la gita di quell'anno, e a quanto sarebbe stata lugubre la settimana che lui, al contrario della maggior parte della 4°A, avrebbe dovuto passare in un'aula mezza deserta.
Non stava andando troppo male a scuola – almeno non peggio degli anni precedenti-, ma quel suo punto di vista non era bastato per convincere sua madre a firmargli i permessi necessari per partecipare al viaggio a Londra della 4°A.
L'idea di poter avere almeno la compagnia di Alberto, nella settimana in cui quasi tutti gli altri sarebbero partiti, non gli era stata di molta consolazione.
-Siete entrambi dei nostri, vero?- si intromise a sua volta Filippo, sorridente.
Per un attimo Pietro ebbe la tentazione di inventarsi qualche impegno per convincerli a lasciarlo stare: l'idea di passare un'intera serata con loro – con Alessio- lo rendeva stranamente entusiasta e terrorizzato allo stesso tempo, in un connubio intricato che nemmeno lui riusciva a capire.
-Perché no?- Alessio annuì pensieroso, prima di lanciare un'occhiata veloce a Pietro – talmente veloce che credette di essersela solo sognata-, e tornare nuovamente con lo sguardo su Nicola e Filippo:
-Va bene-.
Pietro si trattenne a stento dallo sbuffare sonoramente.
-E tu?- Nicola alzò gli occhi chiari su di lui, in attesa di una qualche risposta.
I secondi che seguirono quella domanda parvero dilatarsi al massimo: Pietro cercò di pensare il più velocemente possibile ad una via di fuga – qualcosa, qualsiasi cosa che gli permettesse perlomeno di rimandare la decisione-, ma la sua voce gli sfuggì prima di poter realizzare anche solo un pensiero compiuto:
-Dovrei essere libero- farfugliò, alzando le spalle. Evitò accuratamente qualsiasi contatto visivo con Alessio, rimanendo con gli occhi puntati su Nicola.
-Vedi di ricordartene e di non prendere impegni- aggiunse Filippo, con tono vagamente minaccioso.
Pietro gli lanciò un ghigno, piuttosto divertito da quella minaccia nemmeno troppo velata:
-Altrimenti che succede?-.
-Ti sbattiamo fuori dal gruppo- Filippo gli lanciò un sorriso angelico ed innocente, palesemente falso ed esagerato: una perfetta messinscena per accompagnare le sue minacce.
Pietro sbuffò teatralmente, alzando gli occhi verso l'alto:
-Allora credo che, in maniera puramente casuale, mi dimenticherò dell'impegno di venerdì sera-.
Non era ancora del tutto sicuro di averlo detto scherzando, anche se questo Alessio non poteva immaginarlo: Pietro lo sentì ridere leggermente, nella stessa maniera spontanea e divertita di quando si punzecchiavano.
-Non fare l'idiota- tagliò corto Nicola, che con quell'unica frase pronunciata con la sua voce perentoria suonò decisamente più autoritario di Filippo.
Anche se non aveva voglia di dargliela vinta, Pietro si convinse a non rispondere. Se ne rimase in silenzio, gli occhi alzati al cielo, un sospiro esausto bloccato in gola. Non parlò per diverso tempo, anche se durante il viaggio le chiacchiere di Nicola e Filippo gli arrivarono forti e chiare.
Fu quando mancava poco alla fermata sua e di Filippo che, per un attimo, Pietro ebbe la netta sensazione di essere osservato: quando abbassò gli occhi, non si stupì affatto di notare Alessio di nuovo voltato verso di lui. La consapevolezza non lo aiutò comunque a non arrossire per l'ennesima volta.
-Che c'è?- gli chiese, quando si rese conto che Alessio non lo stesse guardando con il puro intento di parlargli.
Il biondo alzò le spalle, scuotendo appena il capo:
-Stavo solo pensando una cosa-.
-Del tipo?-.
Per un attimo Pietro si pentì di averlo incalzato: non era del tutto sicuro di voler sapere cosa Alessio stesse pensando mentre lo guardava di nascosto.
-Potresti anche dimenticarti per un po' dell'altra corriera e farti vedere più spesso da queste parti-.
Alessio parlò con tono vago, quasi indifferente, e con voce bassa; Pietro pensò quasi di vederlo in difficoltà, forse per la prima volta da quando lo conosceva.
-Perché dovrei farlo?- gli chiese, aggrottando la fronte.
Alessio sembrò sciogliere l'imbarazzo con una risata appena accennata, mentre risollevava gli occhi chiari sul viso di Pietro, un guizzo di vivacità che gli rendeva le iridi ancora più limpide:
-Te lo sto chiedendo io. Non ti sembra un motivo sufficiente?-.
Pietro sbuffò debolmente, preso alla sprovvista – spiazzato, quello era il termine più adatto-, in una maniera che non sapeva come affrontare.
Gli sarebbe bastato poco per dirgli di darsi meno importanza – "Nemmeno mi conosci, chi credi di essere?"-, o di essere anche meno criptico – perché quegli inviti espressi tramite mezze parole e indovinelli alla lunga sarebbero risultati fin troppo fastidiosi-, ma non lo fece. Si limitò a rimanere in silenzio, scuotendo appena il capo, anche se non in segno di diniego.
Forse in fondo, molto in fondo e molto in forse, sì, sarebbe potuto essere un motivo sufficiente.
NOTE DELLE AUTRICI
Siamo infine giunti alla parte finale anche di questo capitolo. A quanto pare venerdì sera sarà teatro di possibili avvenimenti, ma nel frattempo, secondo voi, Pietro tornerà sulla Galliera? O magari ignorerà l’invito di Alessio?
Mercoledì prossimo torneremo con il capitolo 25, il cui focus sarà su una certa città tedesca ... dove forse compariranno nuovi personaggi.
Kiara & Greyjoy
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