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Capitolo 24 - When we stand together (Pt. 2)

Si sentì quasi mancare nel momento in cui Mirta le mise in mano l'ennesimo malloppo di foto di famiglia. Cercò di trattenere uno sbuffo esausto, sorridendole invece apertamente e lanciando uno sguardo disperato a Filippo, seduto su una poltrona del salotto.

Erano almeno due ore che sfogliavano album di foto di qualsiasi genere, di cui la maggior parte ritraevano Filippo ancora bambino e nelle situazioni più assurde. Giulia aveva cercato di soffocare il proprio imbarazzo, mentre Filippo non si era sforzato nemmeno un secondo di nascondere le innumerevoli crisi di vergogna che aveva dovuto sopportare per tutto quel tempo.

Giulia si sentiva quasi più a disagio in quel frangente, nel piccolo salotto della casa, seduta sul divano con Mirta a fianco, che non durante il pranzo. Quello, perlomeno, era andato davvero bene: si era ritrovata a suo agio, molto di più di quanto si sarebbe immaginata. Mirta non aveva smesso di parlare per non più di un minuto, risultando così pazza e trascinante che Giulia non aveva potuto fare a meno di trovarla simpatica. Per ascoltarla e seguirla nei suoi lunghi monologhi, si era persino dimenticata del sempre meno forte dolore alla gamba.

Stava rimpiangendo quei momenti, mentre sfogliava lentamente le pagine dell'album, dando veloci occhiate alle foto che ritraevano Filippo, ancora bambino e con il viso incorniciato da indisciplinati riccioli scuri.

-Ed ecco qui- riprese Mirta, indicando a Giulia una foto in cui Filippo, sui quattro anni, se ne stava seduto sulla sabbia dorata – Qui eravamo a Venezia ... O Jesolo-.

Fece una pausa, portandosi una mano al volto che accentuò la sua aria pensierosa:

-No, credo fosse Venezia-.

A quel punto Filippo si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, al limite della disperazione:

-Mamma, ti prego!- sbuffò, esasperato – Venezia o Jesolo, che importa? Basta che la smetti, ti supplico!-.

Giulia sentì distintamente Fabio, seduto sull'altra poltrona del salotto, trattenere a stento una risata.

-Ma Filippo ... - cercò di replicare Mirta, venendo però interrotta da Simone, che se ne stava in piedi accanto alla finestra, sorseggiando un bicchiere di vino:

-Tesoro, non ha tutti i torti- le disse, con voce gentile – Ho capito che vuoi conoscere Giulia e farla sentire parte della famiglia, ma non ammorbarla così-.

-Ci sarà tempo ed altre occasioni per farle vedere tutte le foto che abbiamo in casa- aggiunse Fabio, ormai disinteressato al cercare di non farsi vedere particolarmente divertito dalla situazione.

Mirta sembrò soppesare per qualche secondo le parole del marito e del figlio maggiore, prima di sospirare rassegnata e richiudere l'album con un gesto sconfitto:

-E va bene- disse infine, portando una mano sulla spalla di Giulia in un gesto affettuoso – Allora rimanderemo ad una prossima volta-.

Stavolta Giulia le sorrise sinceramente, senza doversi sforzare per sembrare coinvolta:

-Certo, ci conto-.








Quando entrarono in camera di Filippo, Giulia non gli lasciò nemmeno il tempo di parlare, a malapena quello per richiudere la porta dietro di loro: gli si era avvicinata fulmineamente, cercando e trovando subito le sue labbra. Gli si avvinghiò, finendo inevitabilmente per sbattere contro la parete della stanza.

Senza più fiato, si staccarono dopo diversi minuti, entrambi rossi in viso.

-Come mai tutta questa passione improvvisa?- boccheggiò Filippo, respirando a fondo, ma sorridente. Appoggiò la fronte contro quella di Giulia, chiudendo gli occhi.

-È da più di due ore che volevo baciarti- ammise lei, portandogli le braccia dietro il collo – E poi ci rimane poco tempo. Ti ricordo che lunedì parto-.

Lo disse con una nota di malinconia: per la prima volta da che ne aveva memoria, la gita di quell'anno non la rendeva entusiasta quasi per niente. Anche se l'idea di visitare Berlino non le dispiaceva, aveva sperato fino all'ultimo di vedere la 3°A aggregata ancora una volta alla 4°A come l'anno precedente. Aveva dovuto riporre le sue speranze quando, due mesi prima, aveva saputo in contemporanea che la 4°A sarebbe partita per Londra, e che loro avrebbero avuto come compagni di viaggio alcune classi dell'indirizzo di elettronica.

Scappare dal salotto – e dalle grinfie di Mirta- per rinchiudersi in quella stanza rappresentava l'ultima possibilità di passare un po' di tempo insieme prima di quella separazione temporanea.

Filippo si batté una mano sulla fronte:

-Cazzo, mi stavo dimenticando che quest'anno non siamo in gita insieme- borbottò, tutt'altro che entusiasta.

Giulia annuì, malinconica:

-Saranno due settimane lunghe-.

Aveva cercato di pensare il meno possibile al fatto che la 4°A sarebbe partita proprio la settimana dopo della gita a Berlino. Non si sarebbero incrociati per tutto quel tempo.

-Non farmici pensare- mormorò di nuovo lui, prima di premere di nuovo le labbra su quelle di Giulia. Di nuovo avvinghiati, senza quasi accorgersene, avanzarono verso il letto di Filippo, finendovi irrimediabilmente stesi sopra.

Giulia rimase per qualche secondo sbigottita, ritrovandosi lunga distesa sopra il suo ragazzo, con i corpi che aderivano completamente. Si sentì le guance bruciare, e a poco servì scivolargli di fianco, rendendo il contatto meno imbarazzante.

Per i primi secondi nessuno di loro disse nulla: si limitarono a rimanere in silenzio, con Giulia che appoggiò il capo sulla spalla di Filippo.

-Scusa per il comportamento di mamma- mormorò alla fine lui, a mezza voce – Lo fa per farti sentire parte della famiglia, ma a volte esagera senza accorgersene-.

Le accarezzò dolcemente i capelli, lunghi oltre le spalle, con gesti lenti e calcolati. Con quel gesto Giulia riuscì a rilassarsi di più, inspirando a fondo il profumo di Filippo.

-Non importa- disse, accoccolandosi meglio contro di lui – In realtà è una tipa simpatica. Anche tuo padre ... E Fabio-.

Filippo sbuffò debolmente, scuotendo il capo:

-Fabio piace sempre a tutti-.

-Tu mi piaci di più-.

Giulia alzò il viso, ricambiando il sorriso che Filippo le rivolse:

-Vorrei ben dire!-.

Si allungò per lasciargli un altro bacio all'angolo della bocca, prima di riaccoccolarsi con il viso sulla sua spalla. Sperò, per un lungo attimo, che quella parentesi di serenità potesse durare il più a lungo possibile.

*

We must stand together

There's no giving in

Hand in hand forever

That's when we all win

(Nickelback - "When we stand together")*


Quel lunedì mattina era giunto con una tale quantità di vento freddo e un cielo plumbeo che minacciava costantemente pioggia, che a Pietro parve quasi che l'inverno fosse tornato per un'ultima stoccata finale.

Era deprimente, e quasi ironicamente sembrava che il clima rispecchiasse appieno l'umore tedioso che Filippo e Nicola avevano lasciato trasparire per tutta la mattinata. Pietro era riuscito a disfarsi di loro solamente durante gli intervalli: aveva preferito di gran lunga andarsene fuori al gelo a fumare, piuttosto che vederli crogiolarsi nel loro dolore per la partenza di Caterina e Giulia. Sapeva già che sarebbe stata una settimana fin troppo lunga da sopportare. Quando era suonata l'ultima campanella, Pietro aveva gongolato tra sé e sé, trattenendo a stento un urlo liberatorio. Era stata una mattina tremenda: era piuttosto sicuro che il compito di matematica fosse stato tutt'altro che brillante, e l'interrogazione che aveva dovuto sostenere in storia non era andata tanto meglio: avere Laura interrogata con lui non era stata una delle migliori esperienze da annoverare negli ultimi mesi. Non aveva cercato di aiutarlo in alcun modo, ignorandolo del tutto, tranne quando non si trattava di lanciargli sottigli frecciatine e occhiate truci.

Aveva bisogno di tranquillità. Era il pensiero fisso che si stava ripetendo tra sé e sé anche in quel momento, mentre camminava di malavoglia affiancato da Nicola e Filippo, verso la fermata delle corriere. Stava rimpiangendo persino l'assenza di Gabriele, rimasto a casa con la febbre: era sicuro che, in quella situazione, persino la sua presenza avrebbe reso il tutto meno patetico di quel che era.

Camminando velocemente lungo la strada sterrata dal parcheggio del Virgilio, non vedeva l'ora in cui in stazione sarebbe salito sulla Mantova, finalmente in pace. Raggiunsero la strada in pochi minuti, dirigendosi verso la Galliera, la prima delle corriere lì parcheggiate in attesa degli studenti. Seguì silenziosamente Nicola e Filippo, dirigendosi verso i gradini della porta posteriore.

-Rimani con noi?-.

Pietro alzò gli occhi verso Nicola, girato indietro verso di lui in attesa di una risposta. Salirono i gradini dietro Filippo, in fila indiana; Pietro fece una smorfia annoiata, ben consapevole che quello che avrebbe detto non sarebbe stata la risposta che Nicola avrebbe voluto sentirsi dire:

-Fossi in te non ci conterei troppo-.

Continuò a seguirli fino alle ultime file: Nicola e Filippo si sedettero, occupando una coppia di sedili della penultima fila, mentre Pietro rimase in piedi accanto a loro, lasciando la tracolla sul pavimento del corridoio.

-Non puoi fermarti qui, per una volta?- stavolta fu Filippo a replicare per primo, girandosi verso di lui con un broncio che a Pietro sembrò più buffo che minaccioso.

Non aveva voglia di spiegare loro il motivo della sua reticenza – dubitava avrebbero capito fino in fondo il bisogno di solitudine che aveva in quel momento-, e forse, in fondo, andava bene anche così: non sarebbero morti se per un viaggio di venti minuti si sarebbero separati.

-Direi che è fuori da qualsiasi possibilità, Pippo- mormorò ancora una volta, scuotendo il capo.

Filippo sbuffò sonoramente, lasciandosi scivolare contro lo schienale del sedile, evidentemente già rassegnato.

La Galliera partì dopo pochi secondi; Pietro si sentì sollevato all'idea che di lì a poco avrebbe potuto godersi un po' di meritato silenzio.

Quando dopo alcuni minuti la corriera svoltò per il viale della stazione, Pietro non si stupì molto nel sentire, ancora una volta, la voce di Nicola rivolgersi direttamente a lui:

-Ancora fermo sulle tue decisioni?-.

Si voltò verso di lui: gli parve quasi di cogliere una sfumatura fiduciosa nelle iridi grandi e chiare di Nicola, un'ultima speranza che ci fosse ancora qualche possibilità che avesse cambiato idea.

Per un attimo Pietro si sentì in colpa, il secondo prima di sbriciolargli anche quell'ultima aspettativa:

-Ci vediamo domani. Sono sicuro che sopravviverete alla mia assenza-.

Afferrò la tracolla proprio quando la corriera finì di parcheggiare, all'inizio del viale; Pietro dovette faticare a trattenere un'imprecazione: la voglia di camminare in fretta per raggiungere in tempo la Mantova, esattamente all'estremità opposta del viale, gli era totalmente assente.

Si pentì anche di essersi fermato così in fondo al corridoio: ora che se ne rendeva conto, aveva davanti a sé una fila piuttosto folta di altri studenti che, come lui, sarebbero scesi per il cambio di corriera. Imprecò nuovamente, a denti stretti, stringendo tra le dita la bretella della tracolla.

Cercò di avanzare di qualche passo, senza risultati migliori: nel corridoio, tutti quelli che dovevano scendere si erano già preparati in piedi, ancor prima che le porte venissero aperte. Non gli sarebbe bastato qualche gomitata o una qualche spinta potente per riuscire a farsi spazio e passare.

Perse il conto di tutte le volte in cui si ritrovò a sbuffare, mentre osservava la gente cominciare a defluire, dopo che le porte vennero aperte. Quando sembrò arrivare il suo turno, non se lo fece scappare: avanzò velocemente, scendendo i gradini in fretta e finalmente respirando a pieni polmoni l'aria fredda di metà marzo.

Aveva già perso minuti preziosi: non c'era dubbio che correre fosse l'unica soluzione che gli era rimasta per non rimanere a piedi.

Accelerò il passo, cercando di schivare il più possibile coloro che stavano camminando nella direzione opposta alla sua. Non rallentò nemmeno quando cominciò a sentire i muscoli delle gambe tirare e il respiro farsi più pesante: riusciva a vedere già la parte posteriore della Mantova, e alla sua vista si sentì ancora più fiducioso.

Allungò ancora un po' il passo, già sicuro che, una volta salito, avrebbe potuto benissimo riprendere fiato con tutta la calma del mondo. Pietro sgranò gli occhi quando, a pochissimo dal raggiungere finalmente la sua meta, vide le porte della Mantova chiudersi.

-Cazzo!-.







*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

Ce l'abbiamo fatta! Siamo tornate, nonostante gli esami ci stiano rendendo la vita un po' difficile.

Ripartiamo esattamente dal punto in cui ci eravamo lasciati la scorsa volta, con Giulia che finalmente conosce i genitori di Filippo. Sembra che in fin dei conti le sia andata bene, nonostante le fin troppo amorevoli attenzioni di Mirta.

Nella seconda parte voliamo al lunedì successivo, quando Giulia e Caterina sono finalmente partite per Berlino, lasciando Filippo e Nicola a sguazzare nella malinconia (anche se forse pure le nostre due protagoniste non se la stanno passando troppo bene ... Ma di questo ne riparleremo nel capitolo 25). Anche Pietro, in ogni caso, non è troppo allegro, e preferisce darsi all'asocialità. Ma che sarà successo alla fine del capitolo, per farlo imprecare così?

Lo scopriremo mercoledì prossimo, con l'ultima parte del capitolo.

Kiara & Greyjoy

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