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Capitolo 21 - Blackout (Pt. 1)

La campagna innevata era l'unico paesaggio distinguibile dalle finestre del Virgilio, in quelle prime giornate del nuovo anno. Erano diversi giorni, ormai, che la neve continuava a cadere, inframezzata da diverse ore di pausa: Pietro faticava a ricordare una nevicata così duratura come quella. Due giorni prima aveva iniziato con i primi fiocchi, ricoprendo di bianco tutto ciò che toccavano; solo le strade, dove era stato gettato il sale, erano libere dalla neve, sebbene sporche e fangose per i residui ormai sciolti.

Aveva sperato a lungo che la scuola venisse chiusa, almeno fino a quando non avrebbe smesso di nevicare: le sue speranze si erano inevitabilmente infrante quando, come sempre alle otto della mattina, la prima campanella era suonata come sempre, anche la mattina di quel 14 gennaio. La verifica d'inglese che attendeva lui e l'intera 4°A c'era stata come da programma, neve o non neve; Pietro si prospettava già l'ennesima insufficienza, in linea con le altre accumulate negli ultimi mesi.

Non ci stava comunque già più pensando, mentre precorreva con passo lento ed annoiato lo spazio che dalla sua classe lo separava dal terrazzo e dalle scale esterne del primo piano. Nonostante il freddo, aveva voglia di uscire e di fumare, oltre che di stare il più lontano possibile dalla 4°A.

Quando aprì la porta per uscire all'esterno, non si meravigliò di non trovare nessun altro quel giorno: il freddo aveva fatto sparire tutti gli avventori di quella zona della scuola, facendoli rinunciare persino alla quotidiana sigaretta durante l'intervallo.

Lui, invece, non si era fatto scoraggiare nemmeno dal dolore alla schiena che ancora provava dopo due settimane: aveva ancora l'alone violaceo dell'ematoma che gli aveva procurato l'incidente con Alessio la notte di Capodanno, e che sembrava piuttosto lento nella guarigione.

Per un attimo, mentre percorreva qualche metro sulla terrazza, si ritrovò a ripensare proprio a lui: non l'aveva ancora incrociato in stazione, nonostante fossero già passati cinque giorni dal rientro delle vacanze. Aveva la sensazione che sarebbe successo, prima o poi, di rivederlo, anche se non aveva idea di come e quando.

Pietro si fermò, appoggiandosi al parapetto, tirando fuori il pacchetto di sigarette, ormai quasi finito, dalla tasca posteriore dei jeans. Appena ne ebbe accesa una tirò una lunga boccata, osservando il fumo condensare e salire verso l'alto.

Era una bella sensazione, quella del silenzio assoluto nel quale si trovava in quel momento, lì da solo, così distante dall'aula confusionaria della 4°A. Si era concentrato a fatica durante il compito in classe, fregandosene dei possibili errori commessi negli esercizi. Alla fine era proprio quello il suo problema: non gliene importava. Non gli stava interessando quante insufficienze stesse inanellando negli ultimi mesi, non in quel periodo: il tempo in cui all'inizio del nuovo anno si era ripromesso di impegnarsi di più era andato scemando, arrivando ad un punto del tutto morto proprio in quella settimana.

Gli sembrava di star vivendo in una bolla ferma nel tempo, un blackout assoluto che non sapeva quando sarebbe mai potuto finire. Era difficile pensare ed ammettere che le cause fossero, in un modo o nell'altro, sempre legate a Laura: le parole che lei gli aveva urlato addosso la sera in cui l'aveva lasciata, e l'averla effettivamente lasciata uscire dalla sua vita.

Nonostante l'indifferenza che aveva cercato di mantenere durante tutta la settimana, Pietro non aveva fatto a meno di notare gli sguardi ostili che lei gli lanciava ogni qual volta si incrociavano nello spazio ristretto della loro classe. In un certo senso gli sembrava di essere tornato a subito dopo il litigio con Filippo, quando entrambi si ignoravano con la sola eccezione di qualche occhiata di fuoco.

Molti dei loro compagni dovevano già essersi fatti un'idea di quel che era successo: di certo Laura a qualcuno doveva averlo detto, e Pietro non dubitava che - se non era già successo- ben presto tutti avrebbero saputo per filo e per segno ciò che si erano detti la notte di Capodanno.

Pietro riavvicinò la sigaretta alle labbra, inspirando di nuovo. Si voltò a guardare il paesaggio che quella prospettiva gli riservava: i campi innevati avevano una nota affascinante, con quelle tonalità candide ed eteree che richiamavano certi scenari nordici. La neve sembrava rendere irreale ed incorporeo ogni cosa che ricopriva con il suo manto, e faceva sentire Pietro in un altro mondo, sconosciuto fino ad allora.

-Sapevo che ti avrei trovato qui-.

Pietro si voltò all'istante, udendo il cigolio della porta e la voce maschile che gli si era appena rivolta. Aveva riconosciuto subito la voce suadente e calma di Alberto, ma per un attimo aveva quasi avuto il dubbio di essersela solo sognata. Lo osservò avanzare verso di lui fino ad affiancarlo, tirando fuori a sua volta il pacchetto di sigarette.

-Che ti è preso? Potevi anche aspettarmi, eh. Te ne sei scappato tutto solo appena è suonata- riprese Alberto, accendendo la sigaretta con gesti lenti e calcolati.

Pietro non seppe bene cosa rispondergli. Dirgli qualsiasi cosa che non riguardasse Laura sarebbe equivalso a mentirgli, e quella era l'ultima cosa che aveva intenzione di fare verso Alberto; si limitò al silenzio, alzando appena le spalle con fare noncurante.

Si sentì addosso gli occhi scuri dell'altro:

-Oh avanti, ce la puoi fare a mettere in fila un soggetto e un verbo- Alberto lo prese in giro sottilmente, in uno strano tentativo di tirargli fuori qualche parola.

Pietro scosse piano il capo, allontanando la sigaretta dalle labbra:

-Spiritoso- borbottò, senza troppa convinzione.

Per diversi secondi né lui né Alberto dissero nulla. C'era una parvenza di calma apatica che si poteva respirare, in quel momento e in quel posto, ma anche quella a Pietro parve solo un'illusione: aveva la netta sensazione che Alberto fosse sul punto di dirgli qualcosa, ma che stesse attendendo il momento giusto per introdurre l'argomento.

Non si stupì molto quando, in effetti, Alberto buttò lì quasi casualmente:

-Ho saputo di te e Laura-.

L'aveva detto con estrema calma, ma abbandonando il velo di sarcasmo con cui spesso gli si rivolgeva. Pietro si voltò verso di lui lentamente, prendendo tempo per riflettere ancora una volta sul mentirgli o meno.

Alberto lo teneva fissato con le iridi scure che risaltavano in particolar modo sulla carnagione lattea del suo viso allungato, in paziente attesa di una risposta. Pietro rifletté: non aveva ancora detto nulla a nessuno, non direttamente. Gli unici che avevano saputo direttamente da lui della sua attuale situazione con Laura erano Nicola, Gabriele e Filippo; Alberto doveva aver sentito qualche voce girare in classe, come Pietro già immaginava stesse accadendo.

-Te l'ha detto lei?- formulò infine. Non era sicuro che Alberto sapesse effettivamente che si erano lasciati, ma non vedeva quale altra possibile voce potesse girare.

-Non esattamente- Alberto fece un altro tiro con la sigaretta - Credo che lei si sia premurata di farlo sapere a tutta la classe, ma io l'ho saputo da Filippo-.

Pietro lo guardò accigliato, quasi incredulo: gli sembrava persino incredibile che Filippo gliel'avesse detto prima ancora che fosse Laura a farlo sapere ai quattro venti.

-Ci avrei scommesso che Laura non avrebbe perso tempo a dare la notizia della nostra rottura- commentò dopo qualche secondo, preferendo ignorare la sua curiosità su cosa esattamente aveva saputo da Filippo - Che altro ha detto?-.

Alberto gli rimandò indietro un'occhiata tra lo scettico e il divertito:

-Vuoi proprio sapere tutti i modi con cui ti ha chiamato?-.

Pietro si dette dell'ingenuo: doveva immaginare anche quello. Di sicuro la fantasia di Laura doveva aver lavorato a lungo per creare i fantastici epiteti con i quali doveva averlo soprannominato nelle ultime due settimane.

-Forse no- rise appena, riavvicinando la sigaretta alle labbra.

-Tu come stai?- chiese di nuovo Alberto, subito dopo.

Pietro se ne rimase in silenzio, indeciso su come rispondere. Forse in fondo non lo sapeva bene nemmeno lui come stava: stava cambiando tutto, nella sua vita, a tratti in maniera lenta e per altri aspetti in maniera radicale e fin troppo veloce. Laura rientrava di sicuro nel secondo gruppo: doveva ancora abituarsi all'idea che, da quel momento in poi, sarebbe appartenuta solo al passato.

-Così. Non è un buon periodo-.

Sapeva che ad Alberto sarebbe bastata anche solo quella risposta: non era il tipo di persona che amava indagare troppo o ficcanasare in giro. Quando Pietro l'aveva conosciuto, al loro primo anno al Virgilio, quel lato di Alberto era stata una delle cose che l'aveva incuriosito di più: al contrario della maggior parte dei loro compagni di classe, preferiva di gran lunga farsi gli affari propri. Era perspicace e acuto, ma senza essere invadente; Pietro, in certi momenti, faticava ancora a capire come, tra una sigaretta e l'altra, fossero comunque riusciti a legare.

-Ti stai pentendo di averla lasciata?- domandò Alberto, un ghigno stampato sulle labbra. Anche Pietro si lasciò andare ad una leggera risata, di fronte a quella chiara provocazione ironica dell'altro.

-No, per niente- si schiarì la voce, tornando subito serio - Ma non è mai facile lasciare qualcuno-.

-A dire il vero a me sembri cambiato da un po' di tempo-.

Alberto aveva parlato con totale noncuranza, come se stessero parlando della cosa più banale del mondo. Non si era nemmeno girato, preferendo seguire con lo sguardo il mozzicone appena buttato a terra e subito calpestato.

Pietro alzò le spalle, senza sapere bene cos'altro dire. Era consapevole che fosse così: stava cambiando, in un modo che nemmeno lui ancora sapeva definire.

-È così- mormorò, a mezza voce - Forse prima o poi arriverà anche la stabilità-.

Tirò l'ultima boccata alla sigaretta, prima di avvicinarsi al cestino mezzo pieno al lato della porta; nel cercare di raggiungerlo sentì l'ennesima fitta alla schiena. Si costrinse a fermarsi per qualche secondo, pur consapevole di avere gli occhi di Alberto ora puntati su di sé.

-Stai bene?- si sentì chiedere alle spalle subito, una nota di preoccupazione a venare la voce dell'amico.

Pietro strinse i denti: avrebbe tanto voluto rispondere che era tutto un disastro, che lui per primo si sentiva un disastro ambulante. Stava cominciando ad essere tutto un casino, e la situazione con Laura, più che migliorarlo, non aveva fatto altro che andarsi ad aggiungere a tutto ciò che lo stava facendo sentire insicuro.

-Non esattamente- borbottò, non curandosi nemmeno di rendersi udibile da Alberto.



NOTE DELLE AUTRICI

Rieccoci qui con il 21! Qui ci concentriamo su Pietro e il suo pessimismo, caratteristica di questo suo periodo un po' buio ... Secondo voi si riprenderà e riuscirà ad uscire da questi pensieri un po' malinconici?

Ci rivediamo mercoledì prossimo, con una parte con Alessio e Giulia!

Kiara & Greyjoy

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