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Capitolo 2 - Cosa vuoi che sia (Pt. 1)


Gli occhi fanno quel che possono

Niente meno e niente più

Tutto quello che non vedono

È perché non vuoi vederlo tu

(Ligabue - "Cosa vuoi che sia")*


Caterina si sdraiò lentamente sul letto, lasciando andare il corpo sul materasso, rilassandosi; sentiva che ora la fatica della giornata si stava affievolendo. Afferrò il lettore mp3, poggiato sul letto poco distante da lei, e si infilò le cuffiette nelle orecchie; le note delle canzoni cominciarono a risuonarle nelle orecchie, cullandola e rompendo il silenzio della stanza.

Aveva sperato che la musica potesse distrarla, ma non riusciva a distogliere i propri pensieri da ciò che aveva visto e vissuto quel giorno di cui rimanevano ancora poche ore. Non era riuscita ad avvertire in tempo Giulia dell'arrivo di Filippo, e così, aveva solamente potuto assistere inerte a quell'incidente, le cui immagini ancora si ripetevano nella sua memoria.

Anche Nicola era stato lì, quando era successo.

E non si erano rivolti la parola nemmeno per sbaglio.

Caterina chiuse gli occhi, i pensieri che ora, lasciati liberi di riempirle la mente, le scorrevano come davanti agli occhi, come se fossero eventi reali che stavano accadendo in quel momento preciso.

Non ricordava più quando era stata la prima volta che aveva visto Nicola. Probabilmente era stata una mattina qualsiasi dell'anno precedente. Forse settembre, forse ottobre. Per quanto si sforzasse, non riusciva a rendere più nitidi quei ricordi così lontani.

Doveva averlo visto in corriera, proprio una mattina in cui entrambi si stavano recando a scuola. Non l'aveva notato sin da subito, né gli aveva prestato molta attenzione nell'immediato: all'epoca era solamente un ragazzo carino che prendeva la corriera alla fermata dopo la sua. Niente di più, niente di meno: non era nessuno per lei.

E poi i giorni erano passati, ed erano diventati settimane, ed infine mesi, ed aveva cominciato a provare quello strano interesse verso quel ragazzo dallo sguardo così indecifrabile e apparentemente dal carattere così distaccato.

Si era accorta che anche lui frequentava la sua scuola, e in base alla classe che frequentava aveva capito che doveva avere solo un anno più di lei. Lo vedeva spesso, sia a scuola lungo i corridoi, sia in corriera, dove era successo per un paio di volte che finisse per sedersi vicino a lei; la sua presenza, in fin dei conti, era diventata un punto di riferimento quotidiano.

Alla fine, circa a febbraio, chiedendo con finto disinteresse ad amiche del loro paese e a compagni di classe che nel loro liceo avevano vaste conoscenze, e con molta fortuna, aveva scoperto anche il suo nome: in quei giorni il nome di Nicola Tessera non aveva fatto altro che ronzarle in testa per ore intere.

Ormai aveva capito che quel suo interesse stava diventando qualcosa di più: le piaceva Nicola. Lo trovava attraente, la incuriosiva per svariati motivi. Vedendolo a scuola con i suoi amici, le faceva pensare che anche lei avrebbe voluto essere lì con lui.

E per quanto non lo conoscesse davvero, a Caterina sembrava sempre di riconoscersi un po' in lui: era una sensazione istintiva, come quando ci si riconosce tra simili a pelle. Sembravano avere entrambi caratteri freddi per alcuni aspetti, sembravano così solitari, nonostante avessero i loro amici, così introversi. Ricordava di aver creduto di essere impazzita, la prima volta che l'aveva pensato.

Alla fine, con un'altra buona dose di fortuna e con i giusti contatti, aveva avuto il suo numero. Ed avevano addirittura cominciato a sentirsi, e a ripensarci a Caterina sembrava ancora impossibile.

Eppure, come avevano iniziato, avevano anche finito; come aveva sempre pensato, quel loro carattere fin troppo introverso li aveva ostacolati.

Non si sentivano da mesi, ormai. Si conoscevano di vista, di persona però, si erano rivolti la parola troppe poche volte, sebbene si vedessero piuttosto spesso. Non si era creato un vero rapporto profondo tra loro due, con sommo rammarico di Caterina.

Aveva provato a dimenticarselo, ma non ci era riuscita: il viso di Nicola continuava a rimanerle stampato nella mente. Incontrarlo ogni giorno e sforzarsi di fare finta di nulla non le risultava per niente facile.

Ne aveva parlato con Giulia e Valerio di tutto questo. Ed era stato proprio quest'ultimo a dirle che, se avvicinarsi direttamente a lui non aveva proprio funzionato alla perfezione, forse creare una situazione quasi casuale in cui non fossero stati completamente da soli le avrebbe dato maggior coraggio d'azione.

E quel 15 novembre avevano ci avevano provato. Solamente, era stato tutto fin troppo inaspettato, e così turbolento che a malapena era riuscita a rivolgere qualche sguardo a Nicola.

Era da mezz'ora che si rigirava nel letto, senza però riuscire a prendere sonno. Giulia si sedette sul materasso, piegando le gambe contro il petto.

Aveva un presentimento negativo. Veramente molto negativo, tanto da impedirle di dormire tranquillamente. E probabilmente quel sentimento era legato a ciò che era successo con Filippo quella mattina, ne era sicura.

Nonostante cercasse di vedere le cose nella maniera più positiva possibile, comunque, quella sensazione non accennava a sparire: continuava a rivedere nella sua mente il timido sorriso che Filippo le aveva rivolto dopo essersi rialzato da terra. Ricordava ancora gli sguardi che le aveva rivolto all'intervallo successivo, come se avesse voluto dirle qualcosa, ma si fosse trattenuto a stento. E poi, inevitabilmente, le tornavano in mente anche i risolini derisori e le occhiate divertite delle sue compagne di classe: avevano peggiorato la già figura pessima che aveva fatto con Filippo.

Giulia buttò fuori l'aria, sbuffando rumorosamente: sperava che l'indomani potesse essere un giorno migliore, e soprattutto, una giornata senza guai.

*

Quel presentimento l'aveva attanagliata per tutta la notte, e non l'aveva lasciata neppure quando si era svegliata da quel sonno tormentato.

Non se n'era andato neanche durante il solito viaggio in corriera, dove si era seduta nel primo posto trovato libero in fretta e furia. Quel martedì non aveva la minima voglia di andare a scuola: la preoccupava il fatto di rivedere Filippo, più di quanto le sarebbe piaciuto ammettere.

Arrivò finalmente a scuola: lei e gli altri studenti della sua corriera scesero da quest'ultima, avviandosi verso l'entrata del liceo Virgilio.

Giulia fece gli scalini che l'avrebbero condotta davanti alla porta della scuola piuttosto lentamente; quando finalmente entrò nell'atrio, si guardò in giro: alla sua destra, dove iniziava il corridoio che l'avrebbe portata fino alla sua classe, non c'era già più nessuno. A quanto pareva la campanella doveva già essere suonata.

Alla sua sinistra, invece, vi era poco distante la scrivania del centralino, colma di scartoffie di tutti i tipi. Seduta alla sedia dietro il tavolo, una delle segretarie, una donna di mezza età dai capelli tinti di biondo, stava parlando con un ragazzo dai corti capelli ricci e scuri. Un ragazzo dall'aria fin troppo familiare.

Giulia si sentì girare la testa: non voleva vedere Filippo, e se lo trovava già davanti.

Non si accorse di essere rimasta a fissarlo per diversi attimi: non aveva fatto altro che osservarlo, rallentando il passo sempre di più. E quando, alla fine, anche Filippo si voltò allontanandosi dalla scrivania, Giulia non distolse lo sguardo. Si ritrovò ad incrociare gli occhi dell'altro, per un lungo secondo.

Era la prima volta che i loro sguardi si incrociavano consapevolmente.

Giulia stava avanzando lentamente, non staccando lo sguardo da lui. Lo stesso stava facendo Filippo: si stava dirigendo pian piano verso la rampa di scale poco distante, distogliendo lo sguardo per poi riportarlo di nuovo su di lei.

Alla fine, Filippo si voltò definitivamente, cominciando a salire gli scalini. Solo allora Giulia scostò a sua volta lo sguardo da lui, abbassando il capo verso terra.

Quello sguardo non aveva certo migliorato il suo umore. Se possibile l'aveva peggiorato. Non era riuscita a staccare gli occhi da lui, per quanto avrebbe voluto riuscirci. Quegli occhi castani l'avevano incatenata, senza lasciarle una via di fuga.

Percorse così il corridoio fino alla propria classe, senza dimenticare nemmeno una sfumatura degli occhi castani di Filippo.



Per quanto cercasse di non fissarla ogni volta che la vedeva in giro per la scuola, non ci riusciva. Nemmeno con tutta la forza di volontà di cui disponeva.

Al fischio del professore di ginnastica, Filippo cominciò a correre lungo il perimetro della palestra della scuola. Quel giorno avrebbe fatto volentieri a meno delle due ore settimanali di educazione fisica, anche se, doveva ammetterlo, un mezzo per sfogarsi gli avrebbe fatto comodo.

Mentre si accingeva a completare un primo giro della palestra, ripensò all'episodio di quella mattina: appena l'aveva vista entrare nell'atrio i suoi occhi non ne avevano voluto sapere di staccarsi da lei.

- Filippo, aspettami- una voce che riconobbe per quella di Nicola gli giunse da dietro, distraendolo dai propri pensieri. Rallentò il passo, aspettando che il biondo lo affiancasse.

-Tutto a posto? Sei piuttosto silenzioso- continuò Nicola, stando al passo dell'amico.

-Cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa che non va?- temporeggiò Filippo, non voltandosi verso l'altro. Nicola era una delle persone che lo conoscevano meglio, e una delle persone più intuitive che Filippo conoscesse. Preferiva non incrociare il suo sguardo, quando non voleva far intuire troppe cose all'altro.

-Stai un po' troppo per conto tuo oggi- disse Nicola, con il solito tono calmo e controllato - E non è decisamente da te. Poi di solito a ginnastica sei sempre ... -.

-Pippo!-. I due ragazzi vennero interrotti dalla voce femminile di Matilde, una loro compagna di classe, che aveva chiamato Filippo cantilenando quel suo nomignolo.

Matilde stava correndo più avanti di loro, affiancata da altre compagne. Filippo, seppur controvoglia, accelerò il passo, arrivando ad affiancarla; Nicola lo seguì a sua volta, in silenzio.

Matilde - una ragazza dai lunghi capelli scuri e ricci che le incorniciavano il viso tondo- riprese a parlare, non appena Filippo l'ebbe raggiunta, sfoggiando un sorriso piuttosto divertito:

-Hai salutato il tuo grande amore stamattina?-. Filippo si sentì piuttosto irritato per quell'ultima affermazione. Il giorno prima, dopo l'incidente occorso sulle scale, le sue compagne di classe non avevano fatto altro che prendere in giro la ragazza a cui era andato addosso: l'avevano buttata sul ridere - a tratti sul ridicolo, come si era ritrovato a pensare irritato Filippo -, dicendo che sicuramente doveva esserci stato una specie di colpo di fulmine. Aveva cercato di dissuaderle, ma inutilmente. Quello scherzo sembrava aver preso piede senza essere il benché minimo divertente.

- Ah-Ah. Davvero molto divertente, Matilde - sbottò Filippo, cominciando seriamente a domandarsi quando sarebbe finita quella storia ridicola.

-Dai, Pippo! Non hai visto come ti guardava con occhi sognanti ieri?- stavolta a parlare era stata Laura, che si era sporta verso Filippo trattenendo a stento un ghigno divertito.

-E hai visto come ti è venuta addosso? Molto piano ... Come se avesse avuto paura di farti male!- l'ultima frase fu pronunciata dalla ragazza che si trovava tra Matilde e Laura, Paola, magrissima e dalla pelle olivastra, il viso incorniciato dai capelli ricci che le arrivavano alle spalle.

Filippo sospirò esasperato: cominciava a mal sopportare veramente quelle prese in giro ingiustificate. I primi cinque minuti era riuscito a prenderle quasi sul ridere, ma in quel momento iniziava a sentirsi stanco di tutte quelle esagerazioni.

-Ma dai! Le sono solamente andato addosso per sbaglio, nient'altro!- ribatté, sforzandosi di non alzare troppo la voce.

-Ma non dire cazzate, Pippo!- replicò Laura, voltandosi verso di lui - Quella è cotta di te, non hai visto come è arrossita quando l'hai guardata?-.

-Beh, vista la situazione pure io sarei arrossito per l'imbarazzo- con somma sorpresa di Filippo, a parlare era stata Teresa, di fianco a Laura, forse l'unica ragazza della sua classe del suo stesso parere: era stato tutto un equivoco, e nessun segno evidenziava particolarmente che la ragazza di ieri gradisse in un certo qual modo Filippo.

-Appunto- convenne Filippo, dando ragione a Teresa.

A parlare fu poi la ricciuta ragazza che affiancava a sua volta Teresa, Sofia, che già stava trattenendo le risate per quello che stava per dire:

-Ma il suo tono di voce, il suo sguardo ... emanava ... come dire ... -

-Come se avesse appena avuto un colpo di fulmine- concluse Anna, poco dietro a Teresa e Sofia.

-Già, proprio così! Un vero e proprio colpo di fulmine- aggiunse la ragazza di fianco ad Anna, Arianna.

Filippo stava già per ribattere, quando una voce maschile piuttosto profonda, dietro tutti loro, lo precedette:

-Di cosa state parlando?-.

Filippo sbuffò, fin troppo vicino alla vera e propria disperazione: sperò con tutto sé stesso che non ci si mettesse anche lui. Non avrebbe voluto inveire contro uno dei suoi amici.

Pietro Cadorna accelerò il passo e si mise al fianco di Nicola.

Per quanto amici potessero essere i tre ragazzi, Filippo sapeva che se Pietro avesse scoperto che argomento stava venendo trattato fino a poco prima del suo arrivo, non avrebbe esitato un attimo a ficcarci il naso, anche contro il volere di Filippo stesso. E sapeva anche che, nell'attimo stesso in cui fosse successo, da quel momento in poi quello stupido scherzo sarebbe stato preso fin troppo sul serio.

Si voltò verso Pietro, ma prima che potesse dire qualcosa, Laura - l'attuale fidanzata di Pietro da un anno ormai- lo interruppe:

-Stavamo parlando del nuovo amore di Pippo!-. Pietro rimase stupito dall'affermazione della ragazza. Spostò lo sguardo da Laura a Filippo, come per chiedere conferma proprio all'amico; a parlare fu però Nicola:

-Non è veramente così. Lo stanno prendendo in giro per una sciocchezza successa ieri-. Pietro sembrò non badare troppo a Nicola, al quale rispose:

-E tu ne sai qualcosa, Tessera? Comunque, chi sarebbe questa?- concluse, con tono incuriosito, fissando Filippo, che aveva ormai sotterrato qualsiasi speranza per chiudere in fretta quel pettegolezzo senza senso.

-Una tizia a cui Pippo è andato addosso ieri, buttandola per terra. Te l'avevo raccontato, non ti ricordi già più?- gli rispose Laura.

-Ah, già! Quella che è diventata rossa come un pomodoro nel rivolgerti la parola?- chiese Pietro, fintamente divertito, tirando una pacca sulla spalla dell'altro - Fai conquiste, a quanto pare. Certo, magari piuttosto che investirla la prossima volta sii più delicato-.

-Mi servivano proprio i tuoi consigli- borbottò Filippo all'amico, il quale, però, ribatté prontamente:

-In effetti ti sarebbero utili. Ci penso io alla tua nuova fiamma, tranquillo!-. Detto questo, Pietro accelerò il passo, lasciandosi indietro il gruppetto. Con quell'ultima frase, Filippo non poté far altro che preoccuparsi. Lo sapeva: Pietro avrebbe combinato un casino, e gli unici a pagarne le conseguenze sarebbero stati lui e la ragazza che tutti consideravano la "sua nuova fiamma".

In quel momento, inevitabilmente, avrebbe tanto voluto seppellirsi sotto metri e metri di terra.




* il copyright del testo della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.


NOTE DELLE AUTRICI

Hola, ben ritrovati! Questa è la prima parte del secondo capitolo, la successiva arriverà entro fine settimana (presumibilmente venerdì sera).

Dalla prossima settimana si torna il mercoledì sera, con questa sgangherata banda di liceali.

Fateci sapere cosa ne pensate, ed intanto alla prossima!

Kiara & Greyjoy

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