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Capitolo 17 - Memories (Pt. 3)

Il tamburellare ritmico della matita contro il legno della scrivania scandiva il passare dei secondi. Pietro tirò un lungo sospiro, stropicciandosi gli occhi stancamente dopo essersi sfilato gli occhiali da lettura: era incredibile come, nonostante fosse stato solo il primo giorno di scuola, si fosse ritrovato comunque a dover fare mille esercizi di qualsiasi materia già da subito per l'indomani.

Gli anni precedenti se ne sarebbe fregato bellamente, passando la giornata a riposarsi o andarsene in giro con gli amici, piuttosto che starsene chino sui libri per tutto il pomeriggio; avrebbe solamente pensato che, tanto, avrebbe sempre potuto copiarli da qualcuno o farli direttamente in corriera la mattina dopo. Era strano persino per lui ritrovarsi ancora lì, con il sole che stava tramontando e la sera che avanzava, intento a finire tutto quello che i professori avevano assegnato per casa.

D'altra parte, dopo l'ultimo esame di riparazione, si era ripromesso di impegnarsi di più: stava cercando di tener fede a quel proposito già da subito, senza cedere alla tentazione di lasciarsi andare al suo solito disinteresse per lo studio. Passare il debito un anno poteva andare bene, passarlo due volte poteva già richiedere una dose di fortuna ancora maggiore ... Dubitava altamente che potesse funzionare anche una terza volta. Era piuttosto consapevole che la probabilità di venire rimandato anche quell'anno fosse alta, ma fino a quando non ne sarebbe stato sicuro, avrebbe cercato di evitarlo il più possibile.

Nonostante la sua stanza fosse generalmente piuttosto ordinata, in quel momento non si poteva certo definire così la sua scrivania: tra libri ancora aperti e quaderni con matite e penne in mezzo alle pagine, Pietro si trovava davanti agli occhi solo un gran casino. Sospirò spossato, consolato solo dal fatto che quello che stava svolgendo sarebbe stato l'ultimo esercizio di matematica per il resto della giornata.

Forse, dopo aver richiuso tutti i quaderni, si sarebbe potuto rilassare fino all'ora di cena con il libro che stava leggendo, o magari dandosi al disegno per un po'. Fu quello il pensiero che lo accompagnò per tutto il tempo che gli servì per finire l'esercizio; appena concluso, non riuscì a trattenere un gesto d'esultanza, mentre richiudeva seccamente il quaderno.

Lasciò lì i libri, concedendosi almeno di poter riordinare la scrivania più tardi. Dovette comunque cercare tra di essi, per riuscire a recuperare il proprio cellulare; solitamente lo teneva molto più a portata di mano, anche mentre studiava, ma in quel frangente si era talmente concentrato su quel che stava facendo da dimenticarlo tra i tomi scolastici.

Quando si distese sul letto, sbloccò il telefono: aveva già ricevuto diversi messaggi da Laura, tutti in cui lei gli chiedeva dov'era finito. Li ignorò: forse le avrebbe risposto più tardi, ma per ora non ne aveva nessuna voglia. Stava cominciando a diventare ripetitiva e fin troppo appiccicosa per i suoi gusti.

Tra tutti i messaggi ricevuti in quel lasso di tempo in cui non aveva guardato il telefono, Pietro ne lesse anche uno di Filippo: "Stamattina Giulia mi ha chiesto di noi due. Non mi sembrava molto contenta che ci siamo chiariti".

Pietro si morse il labbro inferiore, indeciso su cosa potergli rispondere: non gliene importava molto di avere il beneplacito di Giulia per poter parlare con Filippo, ma sapeva benissimo anche che, dall'altro lato, a Filippo importava eccome. Di certo non avrebbe evitato di rivolgere la parola a Pietro solo perché a Giulia non piaceva la cosa, ma di certo quel dettaglio avrebbe contato non poco.

In quel momento Pietro la sopportò ancora meno del solito.

Era pronto a scommettere che, a causa di Giulia, le cose sarebbero potute precipitare di nuovo da un momento all'altro, nonostante tutti i suoi buoni propositi di evitare altre idiozie con lei e Filippo.


Dopo essere stata tanto attesa e sospirata, l'estate era passata sin troppo velocemente. Dopo le bollenti giornate di giugno, anche le settimane di luglio ed agosto erano passate inesorabilmente. Erano arrivate le giornate meno calde di settembre, nell'aria il preannunciato ritorno a scuola.

Pietro aveva atteso l'arrivo di quel mese in un misto di ansia e rassegnazione, con i pomeriggi passati sui libri nella speranza di riuscire a farsi entrare qualcosa in testa prima del giorno degli esami di riparazione. Era già il secondo anno che veniva rimandato in almeno una materia, ma ogni volta era come la prima: l'agitazione per la fatidica data dell'esame era sempre lì, pronta a togliergli qualsiasi voglia di distrarsi e godersi i mesi estivi.

La mattina dell'1 settembre era giunta fin troppo in fretta. Il suono della sveglia aveva colto Pietro già sveglio, già intento a ripassare mentalmente qualche nozione di matematica che avrebbe potuto servirgli qualche ora dopo, di fronte al compito che avrebbe deciso il suo destino.

Era da giugno che continuava a ripetersi che essersi beccato il debito proprio in matematica fosse stato del tutto ingiusto: durante l'anno non aveva certo brillato, ma non vedersi alzato quell'unico cinque tra tutti i sei delle altre materie era stato un colpo basso. Aveva maledetto parecchio la volta in cui aveva deciso di iscriversi ad un liceo scientifico.

Sperava che la fortuna, almeno per quella volta, girasse un po' dalla sua parte: l'idea di rimanere in terza lo preoccupava molto di più di quanto non gli piacesse ammettere. Voleva agguantare la promozione con tutte le sue forze: di lì a pochi giorni voleva varcare la soglia della 4°A. Voleva ritrovare i suoi compagni, da Nicola a Gabriele, da Laura ad Alberto.

Sarebbe stato contento di ritrovare in classe anche Filippo, nonostante tutto.

In quattro mesi non si erano mai rivolti la parola. Non che Pietro sapesse davvero se Filippo fosse ancora furioso nei suoi confronti: non aveva mai tentato di ricontattarlo, né aveva mai chiesto nulla in merito a Nicola o Gabriele. Gli piaceva pensare che, se un giorno Filippo avesse voluto perdonarlo, sarebbe stato lui per primo a dargli qualche segnale di apertura.

Certo, doveva ammettere Pietro, forse quel segnale non sarebbe mai arrivato senza delle scuse; eppure, per quanto colpevole si sentisse tutt'ora, gli risultava difficile anche solo immaginare di potersi approcciare a Filippo e rischiare di risvegliare ancor di più il suo rancore.

Mentre ripensava a tutte le motivazioni per cui quel giorno doveva superare quel maledetto esame, si costrinse ad alzarsi dal letto, seppur controvoglia.

Un'ora dopo si trovava già alla fermata della corriera, in un fascio di nervi tesi che l'aria frizzante della mattinata non contribuì a rilassare. Si accese una sigaretta, nel tentativo di smorzare almeno un po' la tensione che si sentiva in corpo.

Smoke another cigarette

It kills the pain

That's all that's left

Of me anymore

Non era solo alla fermata: c'era qualche adulto, probabilmente diretto al posto di lavoro, e qualche altro ragazzo, probabilmente suoi coetanei. Altri liceali vittime degli esami di recupero, si ritrovò a pensare, per niente consolato nel constatare di non essere comunque l'unico in quella situazione.

Quando poco dopo raggiunse la fermata anche Filippo, per i primi secondi Pietro temette di essere preda di qualche allucinazione. Poi si fermò a riflettere, e ricordò: anche Filippo doveva avere almeno una materia da recuperare. Doveva aver inglese sotto, se ricordava bene.

Aveva i capelli ricci più lunghi di quanto si ricordava, e sembrava essere un po' abbronzato, segno che almeno lui doveva essere riuscito a godersi quell'estate un po' più di Pietro.

Pietro distolse lo sguardo, prima che Filippo si accorgesse del suo sguardo. Voleva evitare qualsiasi tipo di problema, almeno per quella mattina.

Non dovette comunque sopportare troppo a lungo quella situazione di disagio: la corriera non tardò ad arrivare, e Pietro si affrettò a salire i gradini. Seduto su un qualche sedile trovato libero, con il libro di matematica in mano e distratto dall'ultima possibilità di ripasso, Pietro non badò più a Filippo.


Ripose il telefono sul materasso, con un sospiro sconsolato. Probabilmente avrebbe risposto a Filippo quando si sarebbe fatto venire in mente qualcosa di decente da dirgli. Era piuttosto sicuro che non fosse il caso di scrivergli che Giulia avrebbe fatto bene a farsi gli affari suoi.

Più tardi avrebbe anche risposto a Laura, forse, ma per il momento preferì lasciarla ancora un po' nel suo brodo di giuggiole, probabilmente intenta a domandarsi dove fosse finito.

Si alzò brevemente per recuperare l'album da disegno che teneva in un cassetto della scrivania, rimettendosi poi subito a sedere sul letto, dopo aver preso anche una matita dall'astuccio di scuola.

Disegnare lo aiutava spesso nei momenti pieni di dubbi come quello: gli teneva la mente abbastanza impegnata da distrarlo da tutto il resto.

Quello era uno di quei momenti in cui, effettivamente, tenere la testa occupata lo aiutava; Giulia lo preoccupava non poco: con Filippo ormai le cose sembravano destinate a sistemarsi sempre di più, ma lei rimaneva un'incognita troppo imprevedibile per farlo sentire sicuro.


Ritornare a scuola lo aveva messo a disagio, ma il lato positivo in tutta quella situazione era che, almeno dalla sensazione che aveva avuto al momento della consegna, l'esame sembrava essere andato abbastanza bene. Si era aspettato di dover faticare molto di più, ma alla fin fine non aveva saltato nemmeno un esercizio.

Forse poteva seriamente sperare di evitare la bocciatura.

Erano appena le undici, e Pietro si era appena appoggiato contro il muro esterno della scuola, i raggi del sole che gli bruciavano la pelle del viso. Poteva prendersela con calma: la prima corriera utile per tornare a Torre San Donato sarebbe partita dalla stazione solo quarantacinque minuti dopo.

Ora che anche l'esame era passato si sentiva decisamente meglio.

Fece per recuperare il pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans, allungando la mano con un gesto lento e calcolato. Un minuto dopo la sigaretta aveva già raggiunto le sue labbra, esalando fumo.

Pietro osservò un gruppetto di altri studenti uscire dalla scuola, parlottando tra loro. Dovevano essere come minimo del primo anno, con i visi ancora troppo da ragazzini e gli sguardi preoccupati. Ancora troppo inesperti per gestire la tensione che l'essere rimandati procurava.

Si rese conto di non aver ancora notato Filippo uscire. Non erano stati nella stessa classe per i loro esami, avendo due materie diverse da recuperare, ma Pietro si era aspettato per tutto il tempo – sia prima di cominciare la verifica che dopo- di incrociarlo comunque per i corridoi. Stranamente non era ancora successo, e forse era meglio così: l'ansia che se ne era andata per il compito, non se ne era andata invece per il rischio di incrociarlo.

Sapeva che, in ogni caso, avrebbe dovuto tornare ad abituarsi alla sensazione: con l'imminente inizio della scuola si sarebbero incrociati anche troppo spesso. Probabilmente avrebbero ancora condiviso la stessa classe, e quindi anche lo spazio e il tempo per diverse ore durante la giornata.

Choke on all my regrets

Feeling the strain in every breath

Stumble as I crawl*

Decise di incamminarsi verso la stazione appena finito di fumare. Aveva voglia di camminare con calma, senza dover correre in fretta per il rischio di arrivare in ritardo.

Due minuti dopo si era già staccato dal muro dove era rimasto appoggiato fino a quel momento, recuperando la tracolla nera a terra e cominciando ad incamminarsi.

-Pietro!-.


*il copyright della canzone (Dead by Sunrise - "Into You") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

Rieccoci con il seguito del capitolo! Vi avevamo promesso un cambio di POV, ed effettivamente ci siamo trasferiti ai pensieri e i ricordi di Pietro... Che si stia per scoprire come effettivamente lui e Filippo hanno fatto pace?

Chissà... Magari si saprà venerdì!

Kiara & Greyjoy

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