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Capitolo 14 - The last day (Pt. 1)

Pioveva da ore, ormai. Il cielo era plumbeo, nonostante fosse solo pomeriggio, ancora ricoperto da nuvole grigie cariche di pioggia. Era un paesaggio a tratti spettrale, quello delle strade bagnate di Torre San Donato, deserte e silenziose se non per il ticchettio della pioggia e per le rare auto che passavano.

Pietro sentiva quelle stesse gocce di pioggia cadere sul tessuto dell'ombrello che teneva per il manico con la mano sinistra, mentre teneva l'altra mano appoggiata alla spalla di Andrea, suo fratello minore.

Faceva addirittura quasi freddo, e quel giorno avrebbe preferito di gran lunga starsene per conto suo a casa, nella sua camera, da solo e senza intrusioni esterne. Si era dovuto sforzare non poco per uscire di casa ed accompagnare Andrea all'allenamento di calcio: tra i loro genitori ancora al lavoro, e Michele – il loro fratello maggiore- ancora all'università per qualche lezione, Pietro era rimasto l'unico disponibile ad accompagnare Andrea.

Erano quasi le quattro di pomeriggio, e avevano attraversato gran parte del paese a piedi per giungere finalmente al campo da calcio, sotto la pioggia primaverile che cadeva ancora.

-Eccoci qui- disse Pietro, con tono strascicato, rivolto al fratello, sfilandosi dalla spalla il borsone da calcio di Andrea – Sicuro che ci saranno comunque gli allenamenti?-.

-Non piove più così tanto- Andrea lanciò un lungo sguardo verso il campo, dopo aver afferrato il borsone che Pietro gli stava porgendo. Anche Pietro aguzzò lo sguardo: effettivamente, dall'altro lato del campo rispetto a dove si trovavano loro, c'era già un piccolo gruppetto di ragazzini che dovevano essere i compagni di squadra di suo fratello.

-Allora ci vediamo più tardi- si limitò ad aggiungere, sistemando con un gesto veloce il berretto che Andrea portava per ripararsi dalla pioggia.

Andrea alzò lo sguardo verso di lui:

-Tu torni a casa?-.

-E dove vuoi che vada?- ribatté Pietro, guardandolo con un'espressione interrogativa.

-Chiedevo per sapere- rispose il più piccolo, avviandosi verso l'entrata del campo da calcio – Dopo ricordati di venirmi a prendere-.

Pietro sbuffò, trattenendosi per non lasciarsi andare a qualche imprecazione:

-Non ho ancora la memoria così debole!-

Suo fratello non si voltò nemmeno per rispondergli, e qualche attimo dopo, una volta esserci accertato che avesse raggiunti i suoi compagni di squadra, Pietro si incamminò velocemente verso casa.

Nonostante fosse il 3 giugno il caldo sembrava essere scomparso con la fine di maggio. Erano giorni che pioveva, e Pietro cominciava quasi ad abituarsi a quell'atmosfera tetra che lo stava accompagnando anche in quel momento.

Sarebbe stato bello pensare – e sperare- che la pioggia potesse lavare via anche quello che era successo poco più di una settimana prima. Sarebbe stato facile dimenticare il ricordo delle parole che aveva pronunciato, della reazione furiosa di Filippo, e il quasi pugno che Pietro aveva evitato solo per poco.

Sarebbe stato facile, perché almeno, così, Filippo avrebbe smesso di ignorarlo e guardarlo in cagnesco ogni volta che si incrociavano al Virgilio.

Non si erano più rivolti la parola dal 25 maggio. Era difficile evitarsi, condividendo non solo la scuola ma anche la classe, ma Filippo ce la stava davvero mettendo tutta: Pietro si era reso conto di risultare quasi invisibile ai suoi occhi. Capitava poche volte che incrociassero lo sguardo, e in quelle poche occasioni Pietro riusciva a leggere nelle iridi di Filippo solamente ira.

Non lo aveva detto a voce, ma non ci voleva un genio per capire che, almeno per un bel po', Filippo non avrebbe più voluto avere a che fare con lui.

Your defenses were on high

Your walls built deep inside

Anche Pietro aveva cercato di apparire del tutto indifferente alla presenza continua dell'altro, ma dubitava di esserci riuscito del tutto. Dopo quel giorno, le cose erano cambiate drasticamente, anche se in superficie poteva non sembrarlo affatto: aveva cercato di comportarsi il più possibile come sempre, anche se con Gabriele e Nicola risultava ancora più arduo.

Ma era dentro di sé che Pietro avvertiva l'incrinatura che c'era stata. Aver perso Filippo a causa delle sue stesse parole era peggiore che perderlo per qualche stupida cotta per qualche insignificante ragazzina. Quella era la consapevolezza che lo feriva di più, quella che non lo abbandonava in nessun momento della giornata.

Si passò una mano tra i capelli castani, scostandosi i ciuffi più lunghi che gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi, lasciandosi andare ad un sospiro lungo.

Aveva sperato a lungo, nei giorni successivi a quel litigio con Filippo, che tutto quello fosse solamente un sogno. Un incubo dal quale poter risvegliarsi, e poter rendersi conto che nulla era successo anche nella realtà.

Non era stato così: Filippo continuava ad ignorarlo bellamente in classe, a passare gli intervalli con Giulia, e a Pietro non era rimasto altro che prendersela con sé e con quelle parole che aveva detto troppo istintivamente.

Odiava quella situazione. La odiava con tutto se stesso, e quel che era peggio, era che non poteva fare altro che ammettere la sua colpa.

Non era facile nemmeno venire a patti con quella consapevolezza: non sopportava Giulia sin dall'inizio, ed ancora meno l'aveva sopportata quando Filippo era stato rifiutato da lei – anche se, Pietro lo ricordava perfettamente, aveva sperato ardentemente che quello fosse il momento giusto per Filippo di capire che Giulia non faceva per lui-, ma per quanto la detestasse, lei in quella situazione non aveva avuto responsabilità particolari. Aveva fatto tutto da solo, anche se vedere Filippo e Giulia insieme non l'aveva certo spinto a fermarsi.

My intentions never change

What I wanted stays the same

Il perché non si era fermato era un'altra questione. Una questione a cui non sapeva dare soluzione.

Sapeva solamente che vedere Filippo, d'un tratto così innamorato e così preso, lo aveva fatto sentire messo da parte. Come se d'un tratto il suo posto fosse stato preso a forza da qualcun altro, e lui fosse finito nel dimenticatoio.

E poi Giulia non era la ragazza migliore per Filippo, di quello era certo. Non se lo meritava, e non se lo sarebbe mai meritato.

Pietro sbuffò tra sé e sé, innervosito dai suoi stessi pensieri.

Era una sensazione insolita, per lui, sentirsi così insicuro.

Tutti lo conoscevano come quello sempre sicuro di sé, quello che non doveva mai chiedere, quello popolare e da imitare; in quel momento, invece, a pensare a Filippo e a tutto quello che ne seguiva, si sentiva semplicemente un debole.

Nascondere quella sua incertezza l'aveva portato a quel punto: Filippo si era allontanato da lui, ammaliato da colei che, ormai, era a tutti gli effetti la sua ragazza. A lui, invece, non era rimasto altro che il rimorso e la paura di aver sbagliato in maniera fin troppo indelebile.

Non poteva dare torto a Filippo per aver reagito di conseguenza: Pietro sapeva benissimo da solo che era Filippo quello dalla parte della ragione, e lui da quella del torto.

And I know what I should do

It's time to set myself on fire

Troppo concentrato sui suoi stessi pensieri, aveva camminato praticamente in automatico fino a casa. Quando arrivò davanti al cancello dell'abitazione, la pioggia aveva quasi smesso di cadere e una leggera brezza si era alzata, facendo oscillare pericolosamente l'ombrello che Pietro stava usando per ripararsi.

Cercò velocemente nella tasca sinistra dei jeans le chiavi di casa, e dopo aver afferrato il mazzo, inserì la prima chiave nella toppa, facendo scattare la serratura del cancello e, dopo aver raggiunto la soglia, anche quella della porta d'ingresso con l'aiuto di una seconda chiave. Richiuse l'ombrello, appoggiandolo fuori dalla porta, contro il muro dell'abitazione.

Non c'era nessuno in casa, a parte lui. Nessuno era ancora rientrato, e Pietro ne fu quasi felice: gli piaceva godersi i pomeriggi da solo a casa, in pace, e a maggior ragione gli piaceva nell'ultima settimana.

Nel silenzio che regnava sovrano poteva sentire le ultime deboli gocce di pioggia sbattere contro i vetri delle finestre.

Dopo essersi sfilato velocemente le scarpe, percorse le scale per raggiungere la sua stanza al piano di sopra. Si lasciò cadere a sedere sul bordo del materasso, massaggiandosi stancamente gli occhi: si sentiva stanco, la testa che gli pulsava per un inizio di mal di testa.

Quando alzò lo sguardo, rimase immobile per diversi secondi: sopra il suo comodino c'era, ormai da un anno, una fotografia racchiusa in una cornice bianca. Rimase ad osservarla, come ormai si ritrovava a fare spesso negli ultimi giorni: lui, Filippo, Gabriele e Nicola a Monaco, durante la gita dell'anno precedente.

Ricordava bene quella giornata: avevano deciso di farsi immortalare davanti alla Frauenkirche, durante il giro guidato del centro della città, in uno degli ultimi giorni della gita.

Rimase ad osservare ancora una volta se stesso e i suoi amici, fermi nell'attimo in cui quella foto era stata scattata. Sorridevano tutti: Gabriele con i suoi soliti modi posati ed educati, Nicola con i capelli più lunghi e con un ciuffo biondo che andava quasi a coprirgli l'occhio sinistro, ed infine Filippo, con un braccio di Pietro attorno al collo, quasi ad abbracciarlo.

Sembravano passati secoli da quel giorno.

Erano cambiate così tante cose, nel frattempo, che Pietro faticava a razionalizzare del tutto quei cambiamenti che c'erano stati.

Era stata solo un'illusione temporanea, l'amicizia con Filippo? Tutte le giornate passate insieme, tutte le serate in cui avevano passeggiato per Torre San Donato senza meta, con Nicola e Gabriele ... Era qualcosa ormai passato e che non ci sarebbe stato più?

Sentiva la mancanza dei tempi che quella foto immortalava. Sentiva la mancanza della sicurezza che l'amicizia con Filippo gli dava.

E per quanto cercasse di nasconderlo persino a se stesso, anche Filippo gli mancava terribilmente.

Was it a dream?

Was it a dream?

Is this the only evidence that proves it?

A photograph of you and I





*

Your reflection I've erased

Like a thousand burned out yesterdays

Restare in quel letto, steso sopra le lenzuola leggere, che avevano ormai sostituito le pesanti coperte invernali, lo rilassava. Ascoltava le gocce di pioggia battere contro i vetri della finestra della camera, tenendo gli occhi chiusi e le mani lasciate mollemente sopra il petto. Ora la pioggia cadeva più lentamente, scemando sempre di più mentre la sera scendeva su Torre San Donato.

A Filippo sembrava incredibile: da un lato si sentiva estremamente tranquillo e rilassato. Stava passando un bellissimo periodo; fino a quel momento non credeva di essersi mai sentito così vivo. Almeno, non quanto da quando lui e Giulia avevano ufficializzato quello che c'era tra di loro.

Stava vivendo giorni magnifici, in cui tutto sembrava dover andare per il meglio; non se l'era aspettato nemmeno dopo l'esito positivo della gita a Barcellona, eppure quella era la realtà che si stava trovando a vivere.

Aveva avuto paura di un secondo rifiuto di Giulia, anche se stavolta si era ritrovato consapevole che le cose fossero andate molto meglio rispetto all'inverno passato. Non aveva visto incertezze nei suoi gesti e nel suo sguardo quando le aveva chiesto di diventare la sua ragazza, e a volte, nonostante fossero già passati diversi giorni, ancora ritornava con il pensiero a quel momento, quasi a volersi accertare che fosse successo davvero.

E poi, inevitabilmente, insieme a quel ricordo, arrivava anche l'altra faccia della medaglia.

Anche in quel momento, a ripensarci, Filippo dovette trattenere a stento uno sbuffo. Per quanto detestasse l'idea di ripensare spesso a Pietro non riusciva ad evitarlo: era più forte di lui, tornare con il pensiero agli ultimi momenti in cui si erano rivolti la parola, e riascoltare nella propria mente le parole indegne che Pietro aveva rivolto a Giulia con l'unico intento di ferirli entrambi.

Filippo aveva mantenuto la parola, almeno su una questione: da quel 25 maggio non aveva rivolto l'attenzione a Pietro nemmeno una volta. Era difficile, in alcuni momenti, ignorarlo del tutto – certe volte avrebbe solamente voluto urlargli addosso tutta la frustrazione che gli procurava la sua sola vista-, ma ce la stava facendo. Cercava di evitare di parlare di lui anche con Nicola e Gabriele: solamente lui sapeva quanto avrebbe voluto gridargli in faccia tutto il suo risentimento, tutte quelle parole non dette che si stava tenendo dentro a fatica.

Sapeva che, in fondo, anche per Pietro non doveva essere facile. La corazza in superficie non sembrava essere stata scalfita – era sempre il solito sbruffone, il ragazzo più popolare della classe fidanzato con la ragazza altrettanto più popolare-, ma era nei momenti in cui l'attenzione non era rivolta a lui, che Pietro lasciava emergere il dolore. Lo conosceva troppo bene e da troppo tempo per non saperlo, ma quel lato non aveva fatto altro che far infuriare ancor di più Filippo: cosa costava a Pietro scusarsi?

Sapeva che avrebbe voluto farlo, che nonostante tutto si era pentito di quel che aveva fatto. Ma Filippo sapeva altrettanto bene che, fino a quando Pietro non avrebbe ceduto, non lo avrebbe fatto nemmeno lui. Nemmeno per colui che, nonostante tutta la rabbia, considerava ancora suo amico.

Di sicuro del tempo separati avrebbe fatto bene ad entrambi. Non solo perché Filippo sentiva che in quel momento la rabbia e la frustrazione erano ancora troppo vive, ma anche perché cedere per primo avrebbe significato non far capire fino in fondo a Pietro quanto quel confine, tra tolleranza ed offesa, fosse stato ampiamente superato.

Filippo si sistemò meglio sul letto, portando le braccia piegate sotto il capo, sospirando rumorosamente. Non sarebbe stato facile, era consapevole di ciò. Gli mancava Pietro; era tremendamente adirato con lui, lo reputava troppo immaturo ... Ma gli mancava.

La loro amicizia gli mancava.

Le loro chiacchierate, le giornate passate insieme, le prese in giro amichevoli ... Voleva sperare che, oltre quel periodo tremendo, sarebbero stati in grado di recuperare quei momenti.

Forse Pietro avrebbe capito dai suoi errori, forse sarebbe tornato sui suoi passi. Filippo voleva sperarci profondamente: forse era troppo ingenuo, in quel suo ultimo tentativo di speranza nel ritrovare la loro amicizia, prima o poi, ma non gli interessava.

Filippo, in quel momento, mentre la pioggia ancora batteva contro la finestra e il cielo plumbeo ricopriva tutta Torre San Donato, ne sentiva la certezza: la sua rabbia se ne sarebbe andata, lasciando il posto a quel legame che c'era – ancora, seppur danneggiato e indebolito- tra lui e Pietro.

Is this the only evidence that proves it?

A photograph of you and I*








*il copyright della canzone (Thirty Seconds to Mars - "Was it a dream?") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.


NOTE DELLE AUTRICI
Siamo finalmente tornate, e per giunta con un nuovissimo capitolo. Questa prima parte è un po' di passaggio, ma ci aiuta senz'altro ad indagare maggiormente sui pensieri di Pietro e Filippo.
Pietro è forse fin troppo pessimista e severo con se stesso... o voi al posto di Filippo sareste ancora più arrabbiati con lui? Riusciranno prima o poi a risanare le crepe della loro amicizia?
Intanto a venerdì con la seconda parte del capitolo!

Kiara & Greyjoy

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