Capitolo 12 - Barcelona (Pt. 2)
-Giulia! Sveglia!-.
Giulia venne riscossa dal proprio torpore dalla voce di Eleonora, che la scuoteva piano.
Aprì gli occhi lentamente, cercando di non far finire a terra gli occhiali mentre tentava di passarsi una mano sugli occhi, le palpebre ancora pesanti per il sonno appena interrotto.
-Che c'è?- domandò, disorientata, guardando Eleonora in piedi di fronte a lei. Doveva essersi addormentata durante il viaggio in corriera, anche se non ricordava nemmeno il momento in cui il sonno e la stanchezza avevano preso il sopravvento. Dovevano essere passate alcune ore dalla partenza: il sole della mattina era già salito in cielo, sostituendo il cielo plumbeo con il quale erano partiti da Piano.
Si guardò intorno: dal sedile dov'era seduta - un posto da quattro con un tavolino a dividere le due file di sedili- si trovava di fronte a Nicola e Caterina, che sin dalla partenza avevano occupato quei posti di fronte a Giulia ed Eleonora. Anche loro dovevano essersi addormentati durante il viaggio, a giudicare dalle espressioni ancora assonnate e stravolte.
-Siamo all'aeroporto- spiegò Eleonora, recuperando il suo zaino, appoggiato sopra al tavolino - Abbiamo appena parcheggiato-.
Giulia cercò di alzarsi dal sedile, lanciando un'occhiata fuori dal finestrino: si trovavano effettivamente nella zona delle fermate delle corriere, vicino ad una struttura che con ogni probabilità doveva essere l'aeroporto stesso. Osservò la gente che si dirigeva in qualsiasi direzione, in una caotica corsa con valigie di ogni tipo appresso.
Le porte della loro corriera erano già state aperte, ed altri studenti stavano già scendendo. Poco dopo anche lei, Eleonora, Nicola e Caterina si ritrovarono a percorrere il corridoio della corriera, uscendo finalmente nel parcheggio.
Passarono almeno altri venti minuti, prima che tutti fossero scesi da entrambe le corriere e recuperato le proprie valigie. Alla fine, scortati dai professori, si diressero tutti verso l'ingresso dell'aeroporto.
Giulia si guardò intorno, osservando l'interno della struttura, se possibile ancor più caotico del parcheggio: tra negozi, gruppi di viaggiatori con un gran numero di valigie, monitor su cui poter controllare ritardi e cancellazioni dei voli, e il grande salone dove vi erano i banchi dove poter fare il check-in, si sentiva completamente disorientata.
I banchi del check-in erano la prossima tappa, una delle ultime prima della partenza vera e propria. Giulia accellerò il passo per riuscire a stare dietro a Caterina, Nicola e Eleonora, ma un colpo ricevuto dalla propria valigia rischiò di farle perdere l'equilibrio.
Era sicura che si sarebbe ritrovata faccia a terra, se la stessa persona che l'aveva fatta inciampare non l'avesse afferrata per un braccio, tenendola in piedi.
Giulia si girò indietro, lo sguardo già minaccioso, innervosita ancor di più per quell'imprevisto; quando però si rese conto che la persona ad averle causato quella quasi caduta era Filippo, si fermò all'istante dal riempirlo d'insulti. Restò semplicemente immobile, completamente presa alla sprovvista, incapace di decidere cosa fare.
Filippo la guardava con sguardo colpevole, mentre a poco a poco lasciava andare la presa sul braccio di Giulia, che ricadde lungo il fianco.
-Io... - Filippo aprì la bocca più di una volta, nel tentativo di formulare una frase - Scusami-.
Prima che Giulia potesse dire qualcosa, se ne era già andato, allontanandosi con lo stesso sguardo dispiaciuto.
Giulia rimase a fissare il punto in cui era rimasto fermo fino a pochissimo prima, il cuore in gola e il respiro accelerato. Era stato tutto talmente veloce che temette di esserselo solo immaginato.
*
Tutto quel mare sotto di loro gli dava il voltastomaco. Non odiava il mare, anzi, ma trovarsi a così tanti chilometri d'altezza ed in volo sopra quella distesa d'acqua lo preoccupava non poco. Pregava solamente che il comandante di volo sapesse quel che stava facendo.
Filippo si sporse ancora una volta per osservare il mar Mediterraneo. Non era la prima volta che volava, ma proprio non rusciva a rimanere calmo. L'unica cosa che lo consolava era che si trovavano in volo da un'ora, e poco mancava all'atterraggio all'aeroporto di Girona.
Filippo ributtò indietro la testa contro il sedile, sospirando rumorosamente e sperando che quello strazio avesse una fine prestiva. Gabriele, seduto accanto a lui, gli lanciò un'occhiata interrogativa:
-Ti senti bene?-.
Filippo dovette trattenersi a stento dall'urlare per la frustrazione.
Non si sentiva affatto bene, quella era la verità: aveva cercato di rilegare in un angolo della memoria l'incidente avvenuto con Giulia solo due ore prima, ma in realtà non aveva fatto altro che tornarci con il pensiero svariate volte. A poco era servito cercare di distrarsi chiacchierando con Gabriele, o dedicandosi al suo lettore mp3: il volto di Giulia, il suo sguardo sorpreso e il suo silenzio, continuavano a far capolino nella sua mente, imperterriti.
Aveva immaginato svariati modi in cui lui e Giulia si sarebbero potuti rivolgere di nuovo la parola, dopo tutto quel tempo di distacco, ma non aveva mai pensato sarebbe potuto accadere in un modo così disastroso e per così breve tempo.
Non aveva pianificato di farla quasi cadere, e si era accorto di essere andato addosso proprio alla sua valigia troppo tardi. Sapeva che in gita sarebbe potuto capitare di incrociarla, ma aveva sperato non accadesse così in fretta e in maniera così idiota.
Quando lei aveva alzato lo sguardo impietrito su di lui, si era sentito morire. Era riuscito a stento a scusarmi pateticamente, riuscendo a stento a dirlo a voce.
Era stato strano scusarsi con lei per quel singolo episodio, quando nella sua mente quella parola sottintendeva tantissimo altro: anche in quel frangente inaspettato avrebbe voluto farle capire che voleva scusarsi con lei per tutto - per il bacio, per le parole che le aveva riservato a fine gennaio, per i mesi di silenzio-, ma i suoi pensieri erano rimasti tali, celati solo nella sua mente.
Cominciava a pensare che il tempo delle scuse che le doveva fosse ormai già passato.
Filippo sbuffò seccato, scuotendo appena il capo:
-Mi sento benissimo. Davvero benissimo-.
Giulia riaprì gli occhi solo per qualche secondo, prima di richiuderli e lasciarsi cullare dalle note riprodotte dalle cuffie attaccate al telefono. Fingere di dormire, o perlomeno di essere troppo concentrata ad ascoltare qualche canzone, era un ottimo metodo per distogliere le attenzioni che avrebbero potuto esserle riservate: di fianco a lei Caterina e Nicola l'avevano lasciata stare poco dopo il decollo dell'aereo, dopo averla vista chiudere gli occhi. Dovevano essere convinti che stesse dormendo sul serio.
In realtà stava ripensando a ciò che era successo a Bergamo: Filippo che le andava addosso e l'aiutava a non cadere, e lui che le chiedeva scusa. Era stata la prima parola che le aveva rivolto dopo mesi di lontananza, ed era stato tutto così veloce che temeva ancora che tutto fosse solo frutto della sua immaginazione. Forse era la mancanza di Filippo ad averle giocato un brutto scherzo.
Guardò il mare sotto di loro, l'azzurro così intenso spruzzato dal bianco della schiuma delle onde, e cercò di non pensare ancora a lui.
Accanto a sè, sentiva Caterina prendere scherzosamente in giro Nicola:
-Non hai studiato per il prossimo compito, prima di venire in gita? Mi deludi, Tessera!- stava esclamando Caterina, ridendo.
-Preoccupata che possa prendere un'insufficienza?- reggieva il gioco Nicola, che sembrava star ridendo a sua volta.
-Mi preoccupo per la tua media. Mi dispiacerebbe se calasse di mezzo voto per questa tua negligenza- lo canzonò lei.
Giulia sorrise appena, mentre ascoltava ancora quella loro conversazione. Per quanto fosse felice lei per prima per Caterina e Nicola, li invidiava tremendamente: loro due stavano riuscendo ad essere felici insieme. Lei e Filippo, invece, erano riusciti a distruggere tutto ancor prima di iniziare qualcosa che sarebbe potuto essere altrettanto bello.
*
Atterrarono all'aeroporto di Girona-Costa Brava perfettamente in orario; recuperarono le valigie, ed usciti in tutta fretta dall'aeroporto, si diressero tutti al parcheggio poco distante, dove li attendevano gli autobus prenotati per la loro gita.
Come Giulia prospettava, il viaggio fino a Barcellona fu noioso e lungo: era troppo assonata per riuscire a parlare a lungo con Caterina, seduta di fianco a lei su uno dei sedili della corriera, ma ormai aveva rinunciato a dormire da quando erano partiti da Bergamo.
Durante il tragitto, guardando il paesaggio, Giulia si accorse che il territorio spagnolo non era poi molto diverso da quello italiano, se non si contava l'aspetto più arido dei campi. Il paesaggio rimase uguale per gran parte del viaggio: campi agricoli coltivati, alternati a fabbriche e case. Cambiò, però, quando finalmente l'autobus entrò nei confini della città. Caterina si era appiccicata al finestrino non appena se ne era resa conto, quasi coricandosi sopra le gambe di Giulia a costo di vedere fuori: era troppo emozionata e felice per accorgersi di quanto fosse messa male in quella posizione.
Il primo tratto della città era caratterizzato da quartieri formati da altissimi palazzoni, che a Giulia non piacevano per niente. Fu dopo una decina di minuti, quando l'autobus finalmente passò nei quartieri più centrali della città, che il paesaggio intorno cambiò drasticamente.
Caterina le indicò alla sua sinistra la Torre Agbar, talmente strana nella sua forma da sembrare surreale. Ma ciò che meravigliò ancor di più Giulia, fu ciò che le indicò subito dopo Caterina alla sua destra: in lontananza una grande costruzione dalle alte torri, dove dietro di essa si alzavano le colline, si ergeva su tutti gli altri palazzi. Le lunghe torrette che si alzavano dal complesso sembravano toccare le nuvole.
-Quella è la Sagrada Familia- disse Caterina, sorridendo come non mai.
-Deve essere un bello spettacolo vista da vicino- Giulia non riuscì a dire altro per lo stupore. Barcellona stava già cominciando ad interessarla.
Ci misero parecchio tempo ad arrivare all'hotel dove avrebbero alloggiato, a causa del traffico del primo pomeriggio che rendeva caotica la zona del centro della città.
Quando finalmente arrivarono a destinazione, Giulia fu felice di scendere: sentiva le gambe intorpidite per le lunghe ore di viaggio, e respirare aria fresca all'aperto l'aiutò ad uscire dallo stato assonnato in cui si trovava da fin troppo tempo.
Prima di recuperare la valigia dal fondo della corriera, si prese qualche attimo per guardarsi intorno: Plaça Espanya, con al centro la sfarzosa fontana, rappresentante i principali fiumi spagnoli ed omaggio all'intera Spagna, appariva fin troppo monumentale ai suoi occhi. Oltre la fontana e la strada, vi erano due alte torri in stile veneziano, all'imbocco di un'altra strada decisamente meno trafficata, che salendo in pendenza portava al Montjuic. Pur da quella distanza si riusciva a riconoscere il palazzo del Museo d'Arte Nazionale della Catalogna, che sembrava guardare dall'alto della collina tutta Plaça Espanya.
Il loro hotel era poco distante, nel carrer de Tarragona. Nulla di particolarmente elegante o lussuoso, Giulia contò almeno cinque piani, quando arrivarono di fronte alla facciata dell'hotel dove avrebbero alloggiato per una settimana.
Solo in quel momento realizzò sul serio che la gita era appena che cominciata, e con essa, tutto ciò che sarebbe potuto accadere in quei giorni.
*
A Giulia sembrava incredibile: contro ogni previsione a Barcellona si stava divertendo moltissimo. Caterina aveva ragione: era una città fantastica. La sera in cui erano arrivati avevano passato il tempo restante in camera. Lei, Caterina ed Eleonora erano state assegnate alla camera 103, e l'unica cosa che a Giulia non andava a genio era che la camera era fin troppo poco distante dalla 101, quella in cui alloggiavano Nicola, Pietro, Gabriele e Filippo.
Nonostante quel particolare, stava passando dei bei giorni. Il giorno dopo l'arrivo avevano cominciato finalmente le visite turistiche, partendo proprio dalla Sagrada Familia. Vederla così da vicino l'aveva emozionata: curata nei minimi dettagli, e totalmente fuori dall'ordinario, l'unica cosa che le dispiacque fu quella di rendersi conto di averla visitata ancora non ultimata.
Fuori dall'ordinario erano anche le altre strutture costruite da Antoni GaudÍ, come Casa Batlló e Casa Milà la Pedrera, e le costruzioni del Park Güell, dalla cui collina dove si trovava si poteva ammirare il mare che bagnava le coste di Barcellona.
Quel giorno, il 6 aprile, avevano invece percorso tutta la Rambla, partendo da Plaça Catalunya, mangiando tra le bancarelle della Boqueria, e proseguendo il cammino passando per il teatro del Liceu, il Palau Güell e Plaça Reial. Erano infine giunti al Port Vell, dove la statua di Cristoforo Colombo troneggiava nel cielo, indicando la rotta per le Americhe.
Ora erano le venti passate, e tutta la spedizione del Virgilio si trovava a cena, nel ristorante dell'hotel.
Stanca per la fatica della giornata, ma entusiasta e finalmente più rilassata, Giulia si trovava al tavolo con Caterina e Nicola.
Negli ultimi due giorni quei due erano stati inseparabili, e spesso anche Giulia si era fermata con loro. In quasi due mesi aveva avuto tempo per abituarsi all'idea che, finalmente, stessero insieme, e anche Nicola aveva smesso di avercela con Giulia per la storia del bacio con Filippo.
-È una bella gita, devo ammetterlo- Giulia finì il petto di pollo che aveva nel piatto, cercando poi di trattenere uno sbadiglio - Ma non sento quasi più le gambe-.
-E mancano ancora diversi giorni al ritorno in Italia- obiettò Nicola, seduto di fianco a Caterina, dall'altro lato del tavolo.
Giulia non sembrava l'unica a passarsela male: Caterina non aveva una bella cera, ed era anche piuttosto pallida. Aveva parlato poco per quasi tutto il tempo della cena, ed ora teneva gli occhi chiusi, forse per la stanchezza.
-Stai bene?- Nicola si girò verso di lei, ponendole finalmente la fatidica domanda.
-È solo un po' di mal di stomaco- cercò di rassicurarlo lei, tentando di sorridendogli, e poi aggiungendo -Vado di sopra a sdraiarmi un po'. Non preoccupatevi-.
Si allontanò dal tavolo, ed attraversò il ristorante, sparendo oltre la soglia; Giulia l'aveva osservata allontanarsi fino a quando non era scomparsa dalla sua vista, rimanendo in silenzio e lievemente in imbarazzo per essere rimasta da sola con Nicola.
-State bene insieme-.
Non si era davvero resa conto di averlo detto ad alta voce fino a quando non incrociò gli occhi sorpresi di Nicola. Giulia si schiarì la voce, gesticolando nervosamente:
-Voglio dire ... Non ve l'ho mai detto prima, ma sembrate una bella coppia-.
-Grazie- replicò l'altro, a sua volta in imbarazzo. Abbassò lo sguardo, rimanendosene in silenzio, forse sperando che fosse di nuovo Giulia a spezzare l'atmosfera silenziosa.
-Forse dovresti raggiungerla- Giulia parlò quasi con nonchalance, anche se si rese conto di aver fatto ancor più arrossire Nicola.
-In camera?- chiese, come se non avesse capito bene - Non preferisci andarci tu?-.
In quel momento, a qualche tavolo di distanza, anche Filippo si alzò, insieme a Gabriele, Pietro e Laura. Giulia scostò lo sguardo come se si fosse appena scottata, rialzandolo solo quando li vide uscire, probabilmente diretti verso le loro camere.
Di sicuro lei sarebbe rimasta ancora per un po' lì, ben intenzionata a non incrociarli nemmeno per sbaglio.
-Salirò più tardi- borbottò, senza troppa convinzione - Prenditi pure un po' di tempo da solo con Caterina-.
Nicola la guardò dubbioso un'ultima volta, prima di alzarsi e mormorare a mezzavoce un "Va bene".
NOTE DELLE AUTRICI
Eccoci finalmente calati nell'atmosfera spagnola di Barcellona (i nomi delle località sono trascritti in catalano)!
Siamo ancora in una parte di transizione del capitolo, ma nel frattempo qualcosa è successo comunque. Vi aspettavate che Giulia e Filippo si dicessero qualcosa di più durante il loro breve incontro?
A mercoledì prossimo, in cui (forse) scopriremo che si diranno Nicola e Caterina soli in camera *risata malefica*
Kiara & Greyjoy
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