Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 7 - London rain (Pt. 3)

-Non ti ho chiesto di schierarti, so che non sarebbe facile- cercò di correggere il tiro Alessio, sperando che potesse bastare per stemperare almeno in parte la tensione. Cominciava a sentirsi in colpa: probabilmente nemmeno lui avrebbe reagito bene nel sentire parlare così di sua madre.

Vide Alice annuire, gli occhi meno severi di prima. Con un po' di esitazione Alessio avvicinò una mano a quella di Alice poggiata sotto il tavolo, carezzandone il dorso con il pollice in gesti lenti e appena accennati; era l'unico modo che gli era venuto in mente per chiederle tacitamente scusa. Alice non scostò la mano, ed Alessio lo reputò un segno d'incoraggiamento.

-I tuoi genitori preferirebbero saperti qui, anziché in Italia- mormorò lui, con una punta di malinconia.

-Sì, forse, ma stiamo parlando della mia vita, non della loro-.

-E probabilmente ti vorrebbero anche fidanzata ad un inglese-.

-Hai qualcos'altro da obiettare?- Alice lo guardò per qualche attimo con un sorriso esasperato, prima di tornare seria in viso – Ok, ci sei rimasto male, lo capisco. Anche io mi sento ... Incompresa, perché speravo e pensavo che le cose sarebbero andate bene. Ma i miei genitori possono sempre cambiare idea, e lo faranno quando ti conosceranno meglio-.

-Sempre se vorranno farlo- Alessio sbuffò piano, rassegnato: invidiava non poco l'ottimismo che contraddistingueva Alice la maggior parte delle volte.

Alice gli strinse la mano nella sua, la presa gentile e forte allo stesso tempo. Alessio si costrinse ad alzare lo sguardo verso di lei, in attesa.

-Anche se non dovesse succedere, la loro opinione non deve cambiare le cose tra noi. Io sto bene in Italia, non voglio tornare a vivere qui. E sto bene con te, and that's all-.

Alessio non disse nulla, accennando solo un sorriso malinconico. Il senso di colpa nei confronti di Alice cominciava a diminuire, ma la voglia di trovarsi il più lontano possibile da quel posto sembrava non volersene andare.

Ancora sperava di lasciarsi alle spalle il prima possibile Londra, i suoi edifici grigi e la pioggia che continuava a cadere.

*

Liverpool I left you, said goodbye to Madryn Street

I always followed my heart and I never missed a beat

Destiny was calling, I just couldn't stick around

Liverpool I left you, but I never let you down

(Ringo Starr - "Liverpool 8")*


Il colore del cielo sopra Londra, la mattina del 23 marzo, non differiva da quello dei giorni precedenti: era il solito cielo plumbeo che ad Alessio cominciava a mettere tristezza, una sorta di malinconia che mitigava sempre più il suo già cattivo umore.

Erano solo le sette e mezza quando lui ed Alice erano partiti dalla stazione di Euston: ci sarebbero volute quasi tre ore per arrivare a Liverpool, e partire quanto prima era parsa una soluzione quasi obbligatoria.

I suoi sforzi nel provare a dormire durante il viaggio non sembravano star sortendo alcun risultato, se non il fatto che Alessio non stava proprio chiudendo occhio. Sentiva il capo di Alice, seduta accanto a lui, poggiato sulla sua spalla: si era addormentata ancora prima di arrivare anche solo a Stafford, e benché la stanchezza fosse parecchia, per lui il sonno sembrava solo un lontano desiderio.

L'ambiente esterno si stava facendo sempre più campestre e rurale, case isolate che sembravano perse in mezzo alla brughiera – solo in prossimità delle stazioni dove il treno doveva fermarsi la civiltà sembrava recuperare piede. Lo osservò scorrere fuori dal finestrino, mentre la pioggia mattutina si faceva sempre più sottile e debole, fino a scomparire del tutto a mano a mano che il treno si inoltrava nelle regioni del nord dell'Inghilterra.

La luce cominciò a diffondersi sempre più solamente dopo un'abbondante mezz'ora di viaggio, eppure il sole non fece capolino dietro la solida coltre di nubi scure che riempivano il cielo. Si preannunciava un'altra giornata di pioggia, fredda e scura come le precedenti.

Quando raggiunsero a Liverpool, due ore e mezza dopo, ad Alessio sembrò di essere arrivato in una dimensione completamente diversa da quella di Londra: Liverpool era meno maestosa, più piccola e vivibile, più vicina al suo modo di vivere.

Ritornare nella sua città natale dopo anni di assenza doveva aver giovato un bel po' ad Alice: Alessio la teneva osservata sin da poco prima di scendere dal treno, e anche in quel momento, appena fuori dalla Central Station della città, aveva lo stesso sguardo luminoso e gioioso che aveva assunto appena svegliatasi e accortasi di essere arrivata a casa. Sembrava una bambina che aveva appena ricevuto in regalo il giocattolo che aveva tanto richiesto.

-Fa così strano essere di nuovo qui- mormorò Alice, fermandosi sul marciapiede, la Central Station appena dietro le sue spalle – È un'emozione unica-.

-Mi stai dicendo che stai per metterti a piangere dalla felicità? Non lo hai fatto nemmeno quando sono venuto a vivere con te- la prese in giro Alessio, trattenendo a stento una risata dopo uno sguardo fulminante di Alice.

-Ti sentiresti così anche tu, se dopo anni vissuti all'estero tornassi in Italia. Ti accorgi di quanto ti manchi casa tua solo dopo essertene andato-.

Alessio si ritrovò ad annuire, inconsciamente. Non metteva in dubbio che Alice avesse ragione: era sicuro che anche lui, per quanto Villaborghesenon gli fosse mai particolarmente piaciuta, si sarebbe emozionato allo stesso modo nel ritornare là dopo troppi anni di assenza.

"Non c'è dolore più grande della perdita della terra natia".

-So che abbiamo le valigie con noi, e che forse sarebbe meglio andare subito in albergo- riprese Alice, a tratti esitante – Ma prima c'è un posto in cui vorrei andare. Voglio farti vedere una cosa-.

-Dove mi porti?-.

-Let time run its course- sorrise Alice, timidamente – Lo scoprirai presto-.

Alessio si affidò completamente a lei, di nuovo, come un moderno Dante che seguiva fedelmente il suo Virgilio tra i fumi dell'inferno.

Presero l'autobus per arrivare al luogo dove Alice lo stava portando. Pur non essendo per niente pratico di Liverpool, ad Alessio ci volle poco per capire che si stavano dirigendo vero le zone di periferia: l'autobus si stava allontanando sempre più dal centro della città, lasciandosi alle spalle il traffico ed addentrandosi sempre più nelle aree prettamente residenziali.

Alice, in piedi accanto a lui, teneva lo sguardo fisso fuori dal finestrino: Alessio la vide tenere un sorriso accennato per tutto il viaggio, un sorriso che sapeva più di malinconia e tacita sofferenza.

Arrivarono a destinazione dopo un tempo che Alessio non avrebbe saputo quantificare. Sceso dall'autobus, tirandosi dietro la valigia, si fermò qualche attimo per guardarsi intorno: si trovavano davvero in una zona lontana dal centro, e  la prima sensazione che provò fu quella di trovarsi in un quartiere povero, degradato.

I palazzi che si trovavano lungo quella via apparivano vecchi, alcuni addirittura decadenti; quelle case a schiera dai mattoni rossi, dall'aspetto spartano e sgraziato, gli ricordavano un po' i vecchi film ambientati negli anni '70, quando nel nord dell'Inghilterra la maggior parte delle persone lavorava ancora nelle miniere.

-Hai per caso intenzione di uccidermi e per farlo hai deciso di portarmi in un posto abbastanza isolato e mal frequentato?- cercò di ironizzare Alessio, prima che Alice ricominciasse a camminare.

-Nulla di tutto ciò- gli sorrise lei, paziente – Siamo quasi arrivati-.

Alice riprese ad avanzare, trascinandosi dietro la valigia; procedeva con passo sicuro, segno che doveva conoscere bene il posto in cui si trovavano.

Nonostante i dubbi iniziali, Alessio la seguì. Non molti metri dopo Alice si accinse a svoltare a sinistra, in una via perpendicolare, più stretta e con una zona verde che costeggiava il marciapiede disastrato.

Più si addentravano in quel quartiere, più Alessio sentiva crescere la sensazione di abbandono e decadimento. D'altro canto, tutte le periferie delle grandi città inglesi dovevano apparire così: trascurate, con l'asfalto delle strade ormai ceduto, le tipiche case dai mattoni rossi abitate da famiglie di operai e impiegati.

Alice imboccò una via ancor più piccola dopo pochi metri, Alessio che continuava a seguirla domandandosi dove stessero andando a finire. Era ormai palese che stesse cercando una casa: non sembrava esserci altro, in quella zona cupa e grigia.

Non passarono molti altri minuti, quando Alice finalmente si bloccò, davanti ad una piccola casa che faceva angolo ad un incrocio. Rimase ferma davanti al muretto di mattoni che delimitava il piccolo giardino dell'abitazione, il sorriso malinconico che si stava facendo più visibile e gli occhi che – Alessio ci avrebbe giurato- sembrava più lucidi del solito.

-Va tutto bene?- le chiese lui, avvicinandosi a sua volta, e posandole una mano sulla spalla, come per scuoterla. Alice annuì silenziosamente, prima di passarsi una mano sul viso.

-È  da tanto tempo che non venivo qui a Toxteth - mormorò, la voce più rauca e bassa – Questa è la vecchia casa dove abitavamo. La mia prima casa: ho abitato qui fino a quando avevo otto anni circa-.

-Qui? Sul serio?- esclamò Alessio, spalancando gli occhi, incredulo. La casa che era stata della famiglia di Alice lì a Liverpool e quella in cui abitavano i suoi genitori a Londra non erano minimamente paragonabili: la prima sembrava solo la brutta copia da famiglia proletaria della seconda.

Un po' si ritrovò ad ammirare Michael Bennington: era innegabile che potesse annoverarsi tra coloro che ce l'avevano fatta, che erano emersi e avevano fatto carriera. Aveva vinto, almeno da quel lato. E se, per quanto riguardava se stesso, i soldi potevano interessargli relativamente, non poteva non ammettere che immaginarsi allo stesso livello, in una carriera che avanzava a gonfie vele, gli dava una certa vena d'eccitazione.

"Chissà se ci riuscirò davvero anche io".

-Mio padre non ha sempre lavorato in banca- spiegò Alice, voltandosi per un attimo verso Alessio – E poi ci ha messo un po' a fare carriera. Vivevamo qui, poi quando ha iniziato a guadagnare bene ci siamo spostati ad Allerton-.

-Un altro quartiere?-.

-Sì, un quartiere benestante e tranquillo della città- Alice sbuffò piano tra sé – Ad Allerton non c'erano poveracci, non c'erano piccoli delinquenti e spacciatori che giravano per le strade la notte. Al massimo si poteva trovare solo qualche ricco borghese posh-.

-Da come ne parli ti doveva piacere molto, quel posto- rise appena Alessio, stringendola un po' di più a sé.

-Sono rimasta più legata a Toxteth, nonostante tutto- sospirò Alice, la voce appena udibile – Ci sono le mie radici, qui-.

Alessio annuì piano: capiva ciò che voleva dire Alice. In un certo senso capiva anche quell'attaccamento al luogo in cui aveva passato la sua infanzia. Poteva essere un posto orrendo, pericoloso e fatiscente, ma sarebbe stato sempre la sua prima casa. Avrebbe fatto parte di lei sempre.

-D'altro canto nessuno di noi sceglie dove nascere. Nessuno di noi sceglie a quali luoghi rimanere legati-.

Alice non rispose, e ad Alessio andò bene così: era sicuro che stesse pensando la stessa cosa, mentre osservava per un'ultima volta quella vecchia casa dai mattoni rossi e il tetto spiovente.











*il copyright della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

Here we go again, stavolta con una parte di capitolo che si smezza tra Londra e Liverpool. Ripartiamo subito da dove ci eravamo lasciati l'ultima volta e scopriamo che, alla fine, Alice si è mantenuta parziale, probabilmente evitando così di peggiorare le cose.

Ed è proprio Alice, in un certo senso, la protagonista della seconda parte dell'aggiornamento di stasera: con l'arrivo a Liverpool scopriamo qualcosa di più sul suo passato, in particolare sulla sua infanzia, decisamente molto diversa dalla vita che sta facendo ora. Ve lo sareste aspettati?

Secondo voi ci sarà un'ultima tappa in questo viaggio tutto inglese?

A venerdì con il finale di capitolo!

Kiara & Greyjoy

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro