Capitolo 37 - Heavy (Pt. 5)
Alessio fece tintinnare un'ultima volta il cucchiaino contro la tazzina, prima di metterlo da parte e portarsi la tazzina alle labbra. Il caffè era ancora piuttosto caldo, ma lo buttò giù in un sorso comunque, amaro come lo prendeva sempre.
Caterina sbuffò debolmente, guardandolo scettica:
-È da dicembre che non è un bel periodo. Ormai va avanti da un po'-.
Alessio dovette trattenersi dal correggerla: se i tempi bui fossero iniziati da così poco, avrebbe fatto i salti di gioia lui stesso.
-E probabilmente durerà ancora per parecchio tempo- borbottò, più a se stesso che all'amica.
Gli occhi gli caddero di nuovo sul viso innocente di Francesco, le palpebre abbassate a nascondere le iridi castane. Sembrava sereno, mentre dormiva, in pace con il mondo: Alessio lo invidiava parecchio. Era ancora troppo piccolo per rendersi conto di quanto la vita di tutti i giorni fosse ardua, e di come i rapporti famigliari, talvolta, potevano affossarti in un battibaleno.
Si ritrovò a domandarsi, per un fugace secondo, come sarebbe stato suo figlio. Avrebbe ereditato la chioma rossa di Alice o i suoi capelli biondi, a loro volta eredità di sua madre Eva? E gli occhi, sarebbero stati verdi o azzurri? Non che l'aspetto fosse una questione di vitale importanza. Ad Alessio sarebbe bastato avere la certezza che il piccolo avrebbe ereditato il carattere di Alice, piuttosto che il suo: di personalità pessime, in famiglia, ne bastava già una, senza il bisogno che l'ereditasse anche lui.
-Alessio-.
Caterina lasciò perdere il thè, sporgendosi verso di lui e posandogli una mano sul braccio; a quel contatto inaspettato, Alessio si ritrovò quasi a trasalire.
-Lo so che non è facile. Sai benissimo anche tu che io ero l'ultima che avrebbe voluto avere un figlio così presto- non c'era traccia di dolcezza nella voce di Caterina, ma c'era comprensione nel suo sguardo – Però devi affrontare la cosa. È inutile continuare a piangere sul latte versato. Ormai è capitato ... Dovresti cercare di andare avanti e capire cosa vuoi fare-.
Pur sforzandosi di non far trasparire nulla dalla sua espressione, Alessio si sentì punto sul vivo:
-Che intendi?-.
Sapeva benissimo cosa intendeva Caterina. Sapeva anche da solo che l'unica cosa da fare era smetterla di piangersi addosso e prendere in mano la situazione – un po' quello che aveva fatto lei due anni prima quando aveva scoperto di essere incinta. Il problema era riuscirci davvero.
-Lo hai sempre detto tu stesso: non è bene far pesare sui propri figli i nostri rimpianti-.
Caterina teneva stretta la tazza di thè tra le mani, anche se non stava bevendo; lanciò un'occhiata veloce a Francesco, ancora profondamente addormentato, ed ignaro che gli occhi preoccupati di sua madre si fossero appena posati su di lui.
-È vero- si ritrovò a dire sottovoce Alessio, mordendosi un labbro – Ma non so più nemmeno io cosa voglio-.
Era difficile spiegarlo persino a Caterina, che tra tutti era colei che più poteva capirlo. Sapeva che da lei avrebbe ricevuto comprensione, perché non si era mai dimenticata quanto era stato difficile anche solo scegliere di portare avanti la gravidanza, e sapeva anche che non avrebbe ricevuto indignazione da parte sua.
Nonostante quelle premesse, parlarle a cuore aperto era quasi un'impresa.
"Con Pietro sarebbe diverso".
Alessio sentì una fitta partirgli dal petto.
Cercava di pensare il meno possibile a Pietro – non che le occasioni per vedersi fossero molte-, perché la sola idea di saperlo legato per sempre proprio a Giada da un figlio gli faceva male a prescindere.
Lo aveva pensato perché si conosceva: con Pietro, pur dolorosamente, le parole sarebbero uscite naturalmente. Almeno quelle su quella situazione che li accomunava.
-Non è che non voglia figli. Magari in futuro ne avrei voluti, solo che ... - si bloccò di nuovo, la voce spenta.
"Non ne volevo ora, non con Alice, e non così presto".
-Cosa?- Caterina lo guardava con la fronte aggrottata, mentre lo incalzava a continuare.
-Non credo di essere del tutto pronto a concentrarmi sia sui i miei progetti e anche a dedicarmi ad un figlio-.
Quella parte era stata facile da dire, ma il resto fu la cosa più difficile da pronunciare ad alta voce:
-Mi sembra di star diventando come mio padre-.
Tenne il capo chino, gli occhi abbassati sulla tazzina ormai vuota ma comunque sporca di caffè. Si torturò le mani, nascoste sotto il tavolino, consapevole che quel silenzio che era appena calato era ben più teso di quel che avrebbe potuto sembrare.
Sapeva che Caterina lo stava guardando – sentiva il peso del suo sguardo addosso, come un macigno-, e forse poteva anche già sapere cosa stesse pensando in quel momento.
Di sicuro stava cercando un modo per convincerlo del contrario, ma Alessio era piuttosto cosciente del fatto che non ci sarebbe riuscita.
Quella sensazione si rafforzava ogni giorno di più, senza arrestarsi mai. Prendeva forza dalla sua voglia di scappare da tutto quello che lo aspettava e dagli sguardi delusi di Alice.
Più si soffermava a pensarci, e più gli sembrava di rivedere la copia di sua madre e suo padre in Alice e lui.
-Non lo pensi sul serio- disse infine Caterina, in un soffio appena udibile.
Alessio alzò il viso per incrociare gli occhi scuri e apprensivi dell'amica:
-È da un po' di tempo che vorrei parlargli-.
Quelle parole fecero sgranare gli occhi di Caterina ancor di più.
-Per avere un confronto o ... Non lo so bene neppure io cosa vorrei da lui- Alessio continuò a torturarsi le mani nervosamente, come se bastasse il solo nominare Riccardo per renderlo inquieto – Forse vorrei solo sapere com'è stato per lui, almeno all'inizio-.
Sembrava un'idea stupida già al solo pensarci, eppure erano due mesi che non riusciva a togliersi quel tarlo dalla testa. Caterina doveva pensarla allo stesso modo, mentre lo fissava scettica:
-E sei sicuro che ti farebbe bene saperlo?-.
Alessio fece fatica a non scoppiare in una risata amara; sapevano benissimo entrambi qual era la risposta, ma per non sembrare del tutto ammattito doveva accantonare la logica almeno temporaneamente.
-Non lo so. Però per quanto mi abbia fatto del male, è pur sempre mio padre- Alessio si rese conto già da solo che quelle parole suonavano davvero malissimo, ma non si interruppe comunque – Lui ci è già passato da questo stadio. Sa cosa vuol dire ritrovarsi incastrati in una situazione del genere-.
-Stai forse dimenticando che siete stati tu e tua sorella a rimetterci per le sue scelte?- gli chiese Caterina, alzando appena la voce. Sembrava sul punto di arrabbiarsi, e quello era il segno peggiore che Alessio potesse aspettarsi.
-Non potrei mai dimenticarlo-.
Quello che aveva fatto passare Riccardo a lui, Irene e a sua madre sarebbe rimasto per sempre impresso sulla sua pelle. Detestava anche solo l'idea che Caterina potesse metterlo in dubbio.
-Ma non dimentico nemmeno che, per quanto possa essere insopportabile da pensare, mi sto ritrovando nei suoi panni più di quanto vorrei-.
Aveva parlato con voce dura, forse anche più di quanto avrebbe voluto, ma non fece alcuna marcia indietro. Alessio scostò lo sguardo di nuovo, aspettando che la rabbia del momento scemasse: non voleva litigare con Caterina. Non in quel momento, e tanto meno per Riccardo; non voleva perdere anche l'unica altra persona oltre a Pietro con cui avrebbe potuto parlare liberamente di quel fardello.
Sapeva di esser stato freddo, ma voleva farle capire; non era semplice nemmeno convivere con la consapevolezza di star rivivendo una parte della vita di suo padre, né lo era stato cercare di spiegarlo a voce.
Caterina rimase in silenzio a lungo; si limitò a sorseggiare il suo thè caldo, con calma e con gli occhi castani abbassati sulla tazza. Sembrava combattuta su che posizione prendere.
-Se proprio vuoi parlargli, allora forse dovresti- mormorò alla fine, senza molta convinzione nella voce – Se è una cosa che senti potrebbe aiutarti, allora provaci-.
Fece un'altra lunga pausa, prima di alzare il volto per osservarlo:
-Posso però darti un parere da esterna?-.
Alessio annuì ancor prima di decidere se voleva davvero sapere quale poteva essere l'opinione di Caterina. Aveva l'impressione che avrebbe pagato la sua durezza con altrettanta franchezza da parte di lei.
-Onestamente credo che tuo padre sia l'ultima persona che potrebbe darti una lezione su cosa voglia dire essere genitori-.
Caterina scosse il capo, come a voler rafforzare le sue parole. Sembrava anche lei sul baratro della rabbia, anche se sapeva nasconderlo meglio di lui.
-Ti ha dato problemi per anni, e ricordo ancora quanto male sei stato quando se n'è andato di casa- proseguì, imperterrita – Vuoi davvero chiedere aiuto ad una persona simile?-.
"Non ha tutti i torti".
Alessio si costrinse ad ammettere che, in fondo, doveva prendere in considerazione anche la possibilità che Riccardo avrebbe potuto rappresentare solo un'ulteriore vuota delusione.
-Credi che potrei perdere il mio tempo con lui?-.
-Credo solo che difficilmente potrebbe darti consigli costruttivi su come vivere il diventare padre- Caterina accartocciò malamente il tovagliolo che aveva accanto alla tazza, in un gesto di nervosismo – Non vorrei ti influenzasse-.
-Non sono così stupido da farmi influenzare da lui. So benissimo anche io che tipo di persona è- ribatté Alessio, anche se non riuscì a dirlo con la convinzione con cui avrebbe voluto e in cui aveva sperato – Eppure è l'unico in cui io mi stia identificando in questi mesi-.
Era difficile ammetterlo, ed ancor più difficile sembrava per Caterina ascoltare quelle parole. Alessio le vide gli occhi rabbuiarsi, farsi meno vividi: probabilmente doveva sentirsi sconfitta per non essere riuscita a fargli cambiare idea del tutto.
Prima che Alessio potesse aggiungere qualsiasi cosa, Caterina allungò una mano sopra il tavolo, appoggiandola piano tra il polso e il dorso della sua mano. In quel gesto di vicinanza Alessio ci vide solo timore ed apprensione.
-Riflettici su, poi deciderai cosa fare- disse infine lei, a bassa voce. Sembrò un discorso chiuso, prima che Caterina tornasse a parlare di nuovo, stavolta con la stessa dura dolcezza con cui aveva parlato all'inizio:
-Ma fammi un favore, Alessio: se mai deciderai davvero di parlarci, fai attenzione, ok? Non vorrei ti facesse soffrire troppo, di nuovo-.
Alessio si ritrovò ad annuire, completamente sconsolato perché, in fondo, sapeva già che non avrebbe potuto mantenere quella promessa. L'unica certezza che aveva, da un possibile confronto con Riccardo, era che ne sarebbe uscito a pezzi di nuovo, in un modo o nell'altro.
I'm holding on
Why is everything so heavy?
Holding on
So much more than I can carry
I keep dragging around what's bringing me down
If I just let go, I'd be set free
Holding on
Why is everything so heavy?
(Linkin Park - "Heavy")*
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Arriviamo alla conclusione di questo capitolo con un altro dialogo molto tranquillo 😂
Alessio sembra sempre più intenzionato a voler cercare un dialogo con il padre che non vede da anni, cosa su cui si confronta con Caterina ... Che, invece, non sembra affatto convinta che questa possa essere una buona idea. Per voi chi ha più ragione? Ma soprattutto: Alessio ascolterà il consiglio dell'amica, o farà di testa sua cercando suo padre?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli! A venerdì con la prima parte del 38 :)
Kiara & Greyjoy
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