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Capitolo 37 - Heavy (Pt. 4)

La mattina era arrivata più in fretta di quanto aveva sperato Giulia. Cominciava a detestare il suono della sveglia: sebbene in quel periodo non lavorasse e non frequentasse i corsi all'università, aveva comunque continuato a puntarla alle prime ore del mattino. Non era inusuale che capitasse di fare colazione insieme a Filippo, e salutarlo prima che uscisse per andare al dipartimento in università, dove era diventato ricercatore.

Svegliarsi definitivamente dopo l'ennesima nottata a dormire solo a tratti le era sempre difficilissimo, ma cercava di farsi forza ugualmente. Si girò dall'altro lato del letto, rendendosi conto che la zona di Filippo era vuota: doveva essersi alzato prima.

Giulia cercò di alzarsi dal letto facendo più piano possibile, sperando di non svegliare le figlie ancora dormienti. Cercò alla cieca gli occhiali e il cellulare sul comodino, usando la torcia del telefono per riuscire a farsi strada verso la porta della stanza. Non era difficile capire dove fosse Filippo: parecchi rumori provenivano dalla cucina, accompagnati da un forte odore di caffè appena preparato.

Giulia vi si diresse quasi in automatico, con gli occhi ancora semichiusi. Quando finalmente giunse sulla soglia della cucina, osservò Filippo in piedi, intento a versare il caffè appena fatto in una tazzina; quando si accorse della presenza di Giulia, ne recuperò subito un'altra.

-Buongiorno- Giulia gli lasciò un bacio sulla guancia, prima di trascinarsi su una delle sedie attorno al tavolo. Per quanto poche attenzioni fossero riusciti a riservarsi in quel mese, Giulia cercava in ogni caso di non tralasciare alcun gesto d'affetto, nemmeno il più piccolo. Nemmeno quando si ritrovava a pensare, affranta, a quanto Filippo fosse cambiato nel giro di pochissimo.

-Come stai?- le chiese subito lui, allungandole la tazzina e sedendosi a sua volta su una sedia.

-Assonnata-.

"Come sempre".

-Prima o poi cominceranno a dormire di più entrambe- borbottò Filippo, le cui occhiaie erano ben visibili sulla pelle chiara del viso.

Nemmeno a farlo apposta, Giulia non fece neppure in tempo a rispondere che un pianto a dirotto proruppe nel silenzio della casa. Nonostante fossero troppo piccole per aver già sviluppato voci diverse, riuscì comunque a riconoscere Caterina dal modo di piangere. Un attimo dopo si aggiunse anche la voce di Beatrice.

-Perfetto. Si sono svegliate entrambe, stavolta- mormorò, più tra sé e sé che non propriamente a Filippo.

Lui annuì, buttando giù il caffè in un unico sorso ed alzandosi subito dopo, dirigendosi al frigo:

-Credo sia giunto il momento di riscaldare il latte-.

Giulia annuì, impotente. Non le rimaneva che aspettare che Filippo tirasse fuori il latte conservato in frigo, opera compiuta da Giulia con l'aiuto del tiralatte la giornata prima, e che lo riscaldasse sul fornello. Ci sarebbe voluto un po', giusto qualche minuto che Giulia doveva farsi bastare per cercare di non crollare a terra dal sonno, e per farsi forza psicologica nell'affrontare l'ennesimo allattamento collettivo.

Dopo qualche minuto Filippo versò il latte riscaldato in due biberon diversi; sarebbe già stato pronto ad avviarsi verso la camera da letto, se Giulia non si fosse alzata per bloccarlo:

-Hai controllato che il latte fosse tiepido?-.

Era palese che no, Filippo non l'avesse proprio fatto: per quanto fosse stato meticoloso nel preparare tutto l'occorrente, e per quanto lei faticasse ancora ad aprire bene gli occhi, era piuttosto sicura di non averlo visto versarsi qualche goccia di latte sul braccio per capire se non scottasse.

Filippo spostò lo sguardo confuso da lei ai biberon che teneva in mano, sempre più disorientato.

-Sì, credo di sì- disse infine, esitante. Probabilmente aveva fatto tutto così meccanicamente ed in preda alla stanchezza che doveva davvero essere convinto di aver compiuto tutti i passaggi.

-Credi?- Giulia cercò di essere il più gentile possibile, mentre sfilava uno dei biberon dalla mano di Filippo e cercava di far pressione per far fuoriuscire un po' di latte. Non scottava, ma era comunque troppo caldo per essere bevuto subito dalle gemelle.

-Avresti dovuto scaldarlo meno- Giulia ripose il biberon sul ripiano della cucina, prendendo anche il secondo dalle mani di un Filippo piuttosto attonito – Aspettiamo un po' che diventi più tiepido-.

-È stata una svista- dopo alcuni secondi Filippo tornò a parlare, la voce piatta di chi sembrava alquanto stanco – La mancanza di sonno fa male a tutti-.

Giulia dovette trattenersi a stento dal fargli notare che, tra loro due, lui era quello che sicuramente riusciva a dormire di più. D'altra parte era quasi sempre lei a cui toccava alzarsi di notte, accudire le piccole, e cercare di dormire nelle ore che la separavano dalla poppata successiva.

-Non dormiamo entrambi, ma devi stare più attento- replicò seccamente, il sonno che d'un tratto sembrava essere decisamente diminuito.

Filippo dovette percepire il cambio d'atteggiamento, perché si mise a guardarla truce, le braccia incrociate contro il petto:

-Credi che non ci stia attento? Lo faccio sempre, penso che per una volta che scaldo troppo il latte non debba scoppiare per forza la terza guerra mondiale-.

Giulia prese un respiro profondo, prima di dire qualcosa di cui poi, una volta a mente fredda, avrebbe potuto pentirsi amaramente.

Filippo aveva lasciato completamente da parte qualsiasi calma, adirato come non mai per quelle che credeva accuse del fatto che non gliene importasse abbastanza. Giulia era sicura che gli importasse eccome del benessere delle loro figlie; eppure, allo stesso tempo, non poteva nemmeno negare l'errore che aveva appena commesso. Era sicura fosse solo una disattenzione dovuta alla stanchezza mentale e fisica di entrambi, così come l'eccessiva rabbia di Filippo.

Dovette comunque trattenersi parecchio, prima di urlargli addosso di starsene zitto.

-Volevo solo dire che tutti qui dentro siamo stanchi, ma dobbiamo stare attenti. Potremmo farle stare male- cercò di essere più diplomatica Giulia, senza troppi risultati.

-Lo so benissimo da me!- sbottò Filippo, allargando le braccia e gesticolando spasmodicamente – Cerco di essere lucido anche quando mi alzo alle tre di notte quando piangono, cerco di esserlo sempre ... Sul serio dobbiamo litigare per una cosa del genere?-.

"A quanto pare sì".

Giulia ripensò amaramente a tutte le volte in cui si erano ritrovati a litigare per delle sciocchezze nell'ultimo mese: un'infinità di battibecchi, più di quanti non ne avessero mai avuti da quando stavano insieme.

-Sono quasi sempre io che mi alzo di notte anche se dovremmo fare a turno, o te lo sei dimenticato?- gli fece notare, sempre più infastidita.

Quello non sembrò aiutare affatto a distendere gli animi:

-Cerco di fare il più possibile- Filippo la guardò ancora una volta in cagnesco, offeso – Ma lavoro otto ore al giorno, almeno la notte vorrei riuscire a riposare qualche ora. Pretendo troppo?-.

Quelle parole ferirono Giulia ancor di più delle precedenti, talmente tanto da rimanere in silenzio più di qualche secondo.

Immaginava che dovesse essere dura per Filippo lavorare tutte quelle ore in università, e rientrare a casa senza la reale possibilità di riposarsi a fondo. Ma non aveva alcun motivo per farle notare quel dettaglio come se fosse una sua colpa: quando avrebbe potuto, anche lei sarebbe tornata al lavoro il prima possibile.

Le parole di Filippo l'avevano fatta sentire un'inutile mantenuta che se ne stava a casa per scelta, senza mai alzare un dito. Dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non mandarlo a quel paese.

-Voglio solo dire ... -.

-Vuoi dire che non ti sono abbastanza d'aiuto e che combino guai- Filippo non le dette nemmeno il tempo di finire la frase, e probabilmente non le avrebbe nemmeno dato il tempo di replicare – Ecco cosa vuoi dire-.

Giulia lo guardò freddamente, arrabbiata con se stessa e con lui. Prima o poi nemmeno la politica del quieto vivere avrebbe più funzionato: immaginava che, ad un certo punto, sarebbe scoppiata del tutto. Ed in quel momento, ne era sicura, Filippo avrebbe fatto bene a preoccuparsi.

-Credi quel che vuoi- mormorò, con voce piatta.

Non fece nulla per fermare Filippo mentre lo guardava andarsene, uscire dalla cucina diretto in chissà quale altra parte della casa.

*

I don't like my mind right now

Stacking up problems that are so unnecessary

Wish that I could slow things down

I wanna let go but there's comfort in the panic

And I drive myself crazy

Thinking everything's about me

Yeah, I drive myself crazy

'Cause I can't escape the gravity

(Linkin Park - "Heavy")*

Stava già calando la sera, nonostante fosse solo pomeriggio; le giornate di marzo ancora non accennavano ad allungarsi, limitando le ore di luce solamente fino al primo pomeriggio.

Alessio rigirò pigramente il cucchiaino, aspettando che il caffè si raffreddasse almeno un po'. Teneva gli occhi fissi davanti a sé, nel passeggino dove, ancora addormentato, se ne stava Francesco. Ora che aveva più di un anno, riusciva a notare ancor di più la somiglianza con Nicola: gli stessi capelli biondissimi, la stessa curva del naso, e i tratti del volto che richiamavano parecchio quelli del padre. Da Caterina aveva ereditato unicamente gli occhi, anche se – come le aveva appena fatto notare Alessio- poteva sempre sperare di rivedere qualcosa del suo carattere in quello del figlio.

Anche Caterina rigirava il cucchiaino, nell'attesa che il suo thè caldo fumante smettesse di scottare; quello che si era instaurato era un silenzio rilassato, uno di quelli in cui non c'era imbarazzo e in cui non c'era bisogno di riempitivi per spezzarlo a forza.

A quell'ora di sabato il bar in cui si trovavano era piuttosto affollato. A poco serviva il fatto che il loro tavolino fosse in un angolo del piccolo locale: il chiacchiericcio era quasi assordante, accompagnato dai tintinnii di tazzine e cucchiaini maneggiati dagli avventori e dai camerieri.

-Ti vedo pensieroso-.

Per quanto non stesse puntando gli occhi su di lei, Alessio sapeva che, al contrario suo, Caterina lo stava osservando eccome. Si sentiva studiato, anche se non ci voleva molto per capire che il suo umore non fosse dei migliori: aveva a malapena spiccicato parola da quando si erano incontrati, una quindicina di minuti prima, davanti al bar. E d'altra parte non si era fatto nemmeno convincere facilmente ad uscire: aveva ceduto solo perché Nicola era troppo indaffarato con alcune scartoffie del lavoro, e Caterina aveva voglia di qualche chiacchiera in tranquillità.

Il fatto che ci fosse anche Francesco con loro era solo una conseguenza che Alessio non aveva tenuto in conto, fino a quando non si era reso conto che la sua presenza sarebbe stata da tenere a mente sin da subito. Per quanto gli fosse affezionato, gli faceva strano andarsene in giro con un bambino piccolo appresso: in un certo senso, era solamente un promemoria di quello che sarebbe toccato anche a lui da luglio in poi.

Anche incrociare Alice ogni giorno a casa non aiutava a lasciar da parte almeno per un po' il destino incombente: il pancione si faceva più sporgente ogni giorno che passava, lasciando ben pochi dubbi sul suo stato. Alessio non aveva ancora trovato il coraggio di accarezzarle il grembo come invece faceva spesso lei.

-Lo sai che non è un bel periodo-.





*il copyright della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

L'occasione di un confronto tra Giulia e Filippo, alla fine, in modo totalmente casuale e non programmato, si è presentata la mattina seguente. Purtroppo però un episodio di sbadataggine di Filippo, ritenuto di troppo da Giulia, fa scoppiare la ragazza. Riusciranno i neo genitori a risolvere le loro divergenze e i loro problemi? Nel frattempo cambio scena, ma non cambia il mood diversamente allegro. La conversazione tra Alessio e Caterina, infatti, non sembra avere un tenore felice. Ma come evolverà questo dialogo? Cosa si diranno i due amici?

A mercoledì con il finale di capitolo per scoprirlo!

Kiara & Greyjoy

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