Capitolo 33 - Somewhere I belong (Pt. 2)
Let me apologize to begin with
Let me apologize for what I'm about to say
But trying to regain your trust was harder than it seemed
And somehow I got caught up in between
Non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che era stato lì. Doveva essere passato almeno un anno, forse un po' meno; era comunque un sacco di tempo, tenendo conto che una volta quelle scalinate le percorreva ogni singolo giorno, alla mattina per andare a lezione e alla sera per rientrare.
Sembrava così lontana l'epoca in cui chiamava casa l'appartamento che aveva condiviso con Pietro. E in un certo senso, la sentiva ancora come casa sua, in un modo in cui non avrebbe mai sentito di poter chiamare l'appartamento in cui viveva con Alice: potevano passare anche anni interi, ma ricordava ogni singolo dettaglio alla perfezione, dalle crepe sul soffitto dell'atrio del palazzo, alle venature del marmo degli scalini, al campanello bistrattato della porta dell'appartamento. Si sentiva sempre al sicuro, lì dentro, tra quegli spazi che lo avevano visto crescere per tre anni.
Alessio si fermò di fronte a quella stessa porta, una mano in tasca e l'altra con cui rigirava nervosamente il suo vecchio mazzo di chiavi. Era entrato nel palazzo grazie a quelle, ma ora sarebbe stato decisamente più inopportuno riutilizzarle per entrare anche in quella che, a tutti gli effetti, era casa solamente di Pietro. Avrebbe rischiato di capitare in un momento inopportuno, oltre che sembrare un ficcanaso pronto ad invadere gli spazi altrui senza permesso.
Era vero che Pietro gli aveva donato quelle chiavi per dirgli che lì sarebbe sempre potuto tornare, ma era anche vero che da quel regalo il loro rapporto era scemato quasi del tutto, continuando ad esistere solo in sporadiche chiacchierate piuttosto distaccate.
Sentì stringersi il cuore a quella consapevolezza: era anche colpa sua se ora lui e Pietro sembravano a malapena dei conoscenti qualsiasi. E si sentiva ancor più idiota nel rendersi conto che, nel momento del bisogno, era proprio Pietro l'unico a cui aveva trovato la forza per parlare.
Alzò lo sguardo, puntandolo sul campanello. Se non lo avesse suonato entro il prossimo minuto, sapeva già che non lo avrebbe fatto mai più; se ne sarebbe andato, e Pietro né nessun altro avrebbero mai saputo che lui era stato lì, seppur per poco.
Prese un sospiro profondo, chiudendo gli occhi per un attimo. Non poteva andarsene, non dopo essere arrivato fino a quel punto.
Premette il polpastrello sul campanello così velocemente che quasi non se ne rese conto, e probabilmente fu meglio così: meglio farlo subito, che continuare a rimandare per poi, magari, lasciar perdere.
Ora sentiva il battito accelerare notevolmente: era riuscito a mantenere una parvenza di calma fino all'appartamento, ma solo in quel momento si stava rendendo conto che rivedere Pietro, da solo, lo stava mettendo in agitazione più di quanto non avrebbe mai creduto.
Attese per almeno un minuto, o così gli parve: il tempo sembrava essersi dilatato all'infinito, mentre il cuore gli rimbombava nelle orecchie e il respiro accelerava.
Alessio prese a guardarsi intorno, quasi sul punto di andarsene – forse Pietro non era in casa, forse era occupato, magari aveva deciso di passare il sabato pomeriggio altrove. E poi, probabilmente, doveva esserci anche Giada in casa, nel caso ci fosse stato anche lui.
Scosse il capo, dandosi dell'idiota mentalmente: era stata una pessima idea cercarlo lì, a casa sua. Non imparava mai dai suoi errori, continuando a ripeterli sempre di continuo.
Fece per scendere il primo scalino, il cuore ancora che batteva veloce e l'amaro in bocca che gli dava un sapore di fiele. Dovette bloccarsi nell'istante stesso in cui poggiò il piede sul gradino più in basso del pianerottolo, perché, se l'udito non l'aveva ingannato dandogli una qualche allucinazione sonora, la serratura della porta d'ingresso era appena scattata.
Alessio si girò lentamente, e solo quando si rese conto che ad averla aperta era stato proprio Pietro, sentì il battito del proprio cuore calmarsi.
-Alessio?-.
Pietro si sporse di più fuori dalla porta d'ingresso, la fronte aggrottata e gli occhi sgranati: sembrava completamente incredulo di trovarlo lì. Non c'era traccia di rabbia o di rancore, né nella voce né nello sguardo: era solo meraviglia, la sua.
-Ciao, Pietro-.
Alessio assaporò il nome dell'altro sulle labbra, come se bastasse già solo quello per sentirsi più al sicuro. Avrebbe voluto sorridergli, ma si trattenne: non si faceva troppe illusioni che il loro rapporto sarebbe tornato quello di prima solo perché quel giorno era andato da lui.
-Che ci fai qui?-.
Di nuovo nella voce di Pietro non sembrava esserci nervosismo. Era più una freddezza cortese, quella che stava usando, mista alla curiosità che doveva averlo spinto a porre quella domanda. Alessio alzò le spalle, vago:
-Posso parlarti?- fece una pausa, durante la quale temette che, arrivati a quel punto, Pietro gli avrebbe sbattuto la porta in faccia – In privato, se possibile-.
Ci furono alcuni secondi di totale silenzio, in cui Pietro si morse il labbro, lo sguardo un po' perso altrove e l'indecisione dipinta in faccia. Alessio si ritrovò di nuovo ad attendere, in un'attesa, se possibile, anche peggiore della prima.
Alla fine Pietro sospirò a lungo, passandosi una mano tra i capelli castani, e portando gli occhi scuri su Alessio:
-Sono a casa da solo, Giada è andata da qualche parte a fare compere- aprì un po' di più la porta d'ingresso, in un tacito invito ad Alessio di seguirlo all'interno dell'appartamento – Entra, possiamo parlare qui-.
Between my pride and my promise
Between my lies and how the truth gets in the way
The things I want to say to you get lost before they come
The only thing that's worse than one is none [1]
*
C'era ancora una certa tensione nell'aria, che Alessio non avrebbe saputo dire fosse più nervosa o imbarazzata. Pietro gli aveva offerto un caffè, e circa quindici minuti dopo essere rientrati insieme nell'appartamento, Alessio si ritrovava seduto sul divano del piccolo soggiorno, una tazzina fumante e calda in mano. Il caffè amaro – Pietro doveva ancora ricordarsi di certe sue abitudini- era ancora troppo caldo per essere bevuto, ed Alessio si stava limitando ad aspettare prima di mandarlo giù in un unico sorso.
Era anche un modo per temporeggiare: forse, dentro di sé, aveva ritenuto talmente improbabile che Pietro lo lasciasse entrare in casa, che ora si ritrovava completamente disorientato e senza saper bene cosa dire. O, come avrebbe fatto meglio a correggersi, senza sapere come dirlo.
Alessio lanciò uno sguardo di sottecchi verso Pietro, rimasto in piedi, in attesa a sua volta che il caffè smettesse di scottare: aveva delle brutte occhiaie sotto gli occhi, e l'aria di chi doveva aver passato parecchie notti insonni. Il viso pallido completava l'aspetto trasandato che sembrava aver adottato da un mese a quella parte.
-Non mi hai ancora detto come mai sei venuto fin qua-.
Pietro aveva alzato gli occhi all'improvviso, costringendo Alessio a voltarsi di scatto. Probabilmente Pietro doveva averlo beccato comunque nel fissarlo.
Alessio avvicinò la tazzina alle labbra, buttando giù il caffè, nonostante fosse ancora troppo caldo per essere bevuto. Represse una smorfia al passaggio bruciante del liquido sulle labbra e nella gola, sperando di aver guadagnato ancora un po' di tempo per pensare.
Si era disabituato al parlare da solo con Pietro, e si era disabituato anche ad averlo intorno, così vicino, sempre da soli.
Alessio si rigirò la tazzina tra le mani, gli occhi azzurri abbassati:
-Volevi parlarti- iniziò, senza una reale convinzione – O forse volevo solo vederti-.
Hello my friend
We meet again
It's been a while, where should we begin?
Feels like forever
Within my heart are memories
Of perfect love that you gave to me
Oh, I remember [2]
-Ci siamo visti anche ieri- replicò Pietro, aggrottando la fronte.
-È vero- si ritrovò ad annuire Alessio – Ma vederti in mezzo ad altre trenta persone non è esattamente la stessa cosa che vederti qui da solo-.
Si meravigliò per la naturalezza con cui riuscì ad dire quelle parole. Non gli era mai facile esternare i propri sentimenti, anche se a quanto pareva la forza della disperazione superava di gran lunga qualsiasi altro imbarazzo.
Anche Pietro doveva essere rimasto sorpreso: lo fissava perplesso, gli occhi neri puntati su Alessio in un muto interrogativo.
-Va tutto bene?- chiese infine, con lo stesso tono di confusione che Alessio riusciva a leggergli in faccia.
Lui non rispose subito. Si limitò a posare la tazzina ormai vuota sul tavolino di fronte al divano, pensando velocemente a cosa gli sarebbe convenuto dire – poteva fare finta di nulla e rifilargli un alquanto improbabile "Va alla grande, non si vede?", o un più disperato "Sto meditando la fuga fuori dal Paese"-, ma tutto ciò che gli stava venendo in mente non ricalcava minimamente lo stato d'animo con cui si era presentato lì. Non era per buttare tutto sul ridere che si era recato da Pietro; in realtà, non capiva bene neanche lui perché aveva voluto così tanto andare da lui.
-No, non va tutto bene- mormorò Infine, il capo ancora abbassato – Sta andando tutto a rotoli-.
[1] Linkin Park - "In Between"
[2] Creed - "My sacrifice"
*il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente alle rispettive band e autori
NOTE DELLE AUTRICI
Alla fine, nonostante le basse speranze che alcuni di voi avevano per Alessio (dovete ammetterlo!), quest'ultimo ce l'ha fatta a prendere coraggio e ad andare da Pietro senza tirarsi indietro. Nonostante un'atmosfera non proprio leggerissima, il nostro biondo sembra essere sul punto di iniziare a parlare con l'amico.Ma conoscendo Alessio, quanto entrerà nei dettagli in questa conversazione? Si lascerà andare parlando fino in fondo?A mercoledì per scoprirlo!
Kiara & Greyjoy
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