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Capitolo 31 - Just breathe (Pt. 1)

"Why do I and everyone I love pick people who treat us like we're nothing?"

"We accept the love we think we deserve"*





Ottobre era passato nella calma placida ed annoiata che ormai caratterizzava ogni mese da un po' di tempo a quella parte. Mancavano solo cinque giorni all'inizio di novembre, ma il freddo era già arrivato: quando Pietro, una volta entrato nel palazzo, si era tolto i guanti, si era accorto che le mani erano comunque gelate.

Avrebbe comunque preferito passare la serata fuori, piuttosto che tornare a casa in quel momento, con la consapevolezza di ritrovarvi Giada. Era sabato sera, e non ci sarebbe stato alcun motivo per cui lei non potesse trovarsi già a casa: d'altro canto era lui ad essere sotto accusa di passare gran parte dei weekend in giro con gli amici, piuttosto che a casa con lei.

Giada, in fin dei conti, non aveva tutti i torti, Pietro dovette ammetterlo a se stesso per l'ennesima volta mentre saliva gli scalini per arrivare al loro appartamento – al suo appartamento, perché ancora non riusciva a dire che quella casa fosse loro, sua e di Giada-: ormai ogni occasione era buona per passare altrove più ore possibili. Stava diventando esperto di neonati, visto la quantità di ore che aveva passato ultimamente da Caterina e Nicola, e cominciava a cavarsela bene persino in fatto di cucina spagnola grazie alle lezioni che Fernando gli impartiva quando lo invitava da lui.

Estrasse dalla tasca della giacca le chiavi dell'appartamento, inserendole nella toppa e girando; la porta emise il solito cigolio che produceva nell'aprirsi, ma Pietro non vi badò più di tanto. L'unica cosa che lo infastidiva era che quel cigolio avrebbe avvisato Giada del suo ritorno a casa.

Percorse velocemente il corridoio, dopo essersi tolto la giacca e averla riposta sull'appendiabiti in ingresso, dirigendosi infine in camera da letto. Non si stupì di ritrovare Giada alla scrivania, con la lampada da tavolo accesa, china su un mucchio di fogli che dovevano essere i compiti dell'ultimo parziale dei suoi studenti. Probabilmente doveva aver passato gran parte del pomeriggio a correggerli.

Si avvicinò piano alla scrivania, senza dire nulla: era sicuro che Giada fosse consapevole della sua presenza, ed era altrettanto sicuro che quel suo volerlo ignorare il più a lungo possibile fosse altrettanto voluto.

-Ciao- Pietro si lasciò sfuggire quel saluto appena borbottato, troppo a disagio per continuare a stare in silenzio. Non si era ancora abituato a quei lunghi silenzi che avevano cominciato a crearsi tra di loro da qualche mese.

Giada sospirò a fondo, continuando a tenere gli occhi incollati sui compiti da correggere, i lunghi capelli biondi stretti in una coda bassa per non lasciare che le cadessero davanti agli occhi:

-Ti sei divertito da Filippo e Giulia?-.

Pietro si trattenne a stento dal roteare gli occhi al cielo. Era sicuro che appena avrebbe aperto bocca, Giada avrebbe fatto in modo di farlo sentire in colpa. Ormai capitava quasi tutte le volte in cui lui usciva nel weekend, quando in quei due giorni in cui nessuno di loro due doveva lavorare Pietro non cercava altro che una scusa per allontanarsi da lei.

Gli faceva piacere passare più tempo che poteva con i suoi amici – aveva bisogno di sopperire alla mancanza di avere qualcuno davvero vicino, ultimamente-, ma in quel momento si ricordò anche dell'altro motivo per cui aveva cominciato a passare tutte quelle ore fuori casa.

Era il modo più semplice per tornare a respirare, per dimenticarsi e lasciare da parte la sua vita fallimentare per qualche ora, senza dover piantare gli occhi su Giada e leggervi dentro tutto il rancore che cominciava a dimostrargli per tutte le sue assenze e il suo distacco sempre più palpabile.

-Sì- rispose, stavolta senza indugi – Direi che mi sono divertito abbastanza-.





La cena era stata piuttosto silenziosa, e a Pietro andava bene così. Aveva tenuto gli occhi abbassati sul proprio piatto per gran parte del tempo, anche se sapeva che Giada gli aveva lanciato delle occhiate più di qualche volta. Forse aveva tentato di dirgli qualcosa, di parlargli, ma alla fine doveva aver rinunciato.

Non era una novità, ormai, che Giada avesse cominciato a rinunciare a parlargli. Pietro non avrebbe saputo spiegare cosa fosse cambiato negli ultimi mesi: sapeva solo che qualcosa era scattato, e le loro strade, già di per sé diverse, avevano preso a biforcarsi sempre di più. Vivevano sempre sotto lo stesso tetto, eppure a Pietro sembrava di abitare con un'estranea. In diversi momenti si era ritrovato a ripensare con nostalgia ai tempi in cui c'era Alessio a vivere lì: non rimpiangeva le notti agitate in cui ci si rigirava nel letto per il suo amore impossibile, ma gli mancava del tutto l'aria allegra che più di una volta Alessio aveva portato tra quei muri.

Ora, invece, con lui non c'era né Alessio – che vedeva solo sporadiche volte, e mai da soli-, e in un certo senso non c'era nemmeno Giada.

Era sabato sera, ma Pietro sapeva che non sarebbero andati da nessuna parte dopo cena. Immaginava che Giada fosse troppo stanca, dopo aver passato ore a correggere esami, e in fin dei conti nemmeno lui aveva troppa voglia di uscire di nuovo.

La camera da letto era diventata un buon rifugio per quel tipo di serate. Pietro si era steso sul letto appena finita la cena, aveva preso in mano il libro che stava leggendo, e si era isolato nel mondo racchiuso tra quelle pagine. Talvolta sostituiva la lettura con la scrittura degli articoli per Il Mattino di Venezia, ma per quella sera poteva andare bene anche distrarsi in maniera meno impegnativa.

Doveva essere passata almeno mezz'ora, quando Pietro percepì i passi di Giada avvicinarsi sempre di più alla stanza. Si ritrovò ad alzare gli occhi proprio nell'istante in cui lei fece capolino sulla soglia, l'aria incerta che non si addiceva per niente alla sua figura distinta e risoluta.

-Ti disturbo se mi metto lì?- Giada fece cenno con il capo alla metà del letto lasciata libera. Non sembrava troppo entusiasta di doverlo chiedere – probabilmente doveva essersi sentita quasi umiliata nel chiedere il permesso-, ma non sembrava nemmeno intenzionata a cedere. Pietro cercò di reprimere il senso di incertezza, e sperando di non aver lasciato trasparire troppa sorpresa:

-No, ovvio che no-.

La verità era che invece sì, si sarebbe sentito a disagio eccome con lei lì, così vicina. Era una sensazione che ormai accompagnava la loro crisi spesso e volentieri: erano rari i momenti in cui, ormai, Pietro accettava di buon grado la vicinanza di Giada.

Riabbassò gli occhi sul libro, anche se non riprese a leggere sul serio. Avvertì Giada camminare verso il letto, e percepì lo spostamento del suo peso sul materasso, di fianco a lui ma abbastanza distante da non sfiorarlo. Non erano sposati, eppure a Pietro parve di essere sul serio l'altra metà di una coppia sull'orlo del divorzio.

-Hai ancora mal di stomaco?- le chiese, per non sembrare del tutto menefreghista. Giada non era mai stata di salute cagionevole, eppure nell'ultima settimana Pietro l'aveva vista vomitare più volte.

-Solo un po' di mal di testa- liquidò la questione lei, in fretta. Pietro non restò a guardarla a lungo, riportando gli occhi verso la pagina stampata del libro.

Si sentiva gli occhi chiari di Giada addosso, e non si meravigliò quando, poco dopo, la sentì rompere ancora una volta il silenzio:

-Vuoi davvero continuare a far finta di leggere?- gli chiese, lievemente irritata.

-Vuoi proporre qualcos'altro?- sbuffò a sua volta Pietro, alzando gli occhi al soffitto con fare altrettanto seccato.

Giada lo guardò con aria di sfida:

-In effetti sì-.

Cercò di reprimere il senso di meraviglia – meraviglia misto a sgomento-, quando Giada gli si fece notevolmente più vicina, allungando una mano verso il libro e buttandolo senza troppa grazia ai piedi del letto. Pietro soffocò a stento un'imprecazione, sapendo che, da quel momento in poi, la serata avrebbe preso una piega ancor peggiore di quel che si sarebbe aspettato.

Giada gli si era messa a cavalcioni ancor prima che lui potesse fare qualsiasi cosa per evitare maggiore vicinanza a quella che già c'era tra loro; spostò le mani altrove, lungo i fianchi e sul materasso, sperando che anche quello fosse un segnale abbastanza esplicito per farle capire che non aveva la minima intenzione di stare al suo gioco.

Pietro cercò di divincolarsi con maggiore forza quando lei si chinò in avanti per baciarlo, mentre faceva scorrere le mani fino all'orlo della felpa. Non aveva intenzione di farle del male, ma dovette posarle le mani sulle spalle per allontanarla da sé, e riuscire finalmente ad alzarsi dal letto. Giada ricadde scompostamente sul materasso, rossa in viso e con i capelli scompigliati, gli occhi pieni di rabbia.

-Non ti era abbastanza chiaro che non volessi fare nulla di simile?- le sibilò con ira Pietro, cercando di risistemarsi gli abiti, e guardandola con astio.

Giada ricambiò l'occhiata con la stessa espressione che avrebbe avuto davanti ad un insulto appena subito:

-Perché?-

-Perché non mi va!-.

Pietro fece fatica a trattenersi dall'urlare, e fece ancor più fatica di fronte allo sbuffo derisorio dell'altra:

-Come ogni giorno. E da quanto? Rinfrescami la memoria- allargò le braccia come ad invitare Pietro a fare ciò che gli aveva appena chiesto – Almeno due settimane? E altre due prima di quelle-.

-Sul serio vuoi aprire una discussione su questo?-.

Pietro la guardò esasperato, anche se non stentava a credere che Giada volesse davvero affrontare quell'argomento a quell'ora di sabato sera. Non si dava mai per vinta in nessun caso, e non accettava mai di perdere: di sicuro il fatto che dovesse sentirsi indesiderata come non mai prima di quel momento, doveva bruciarle parecchio.

-Voglio aprire una discussione sul fatto che mi ignori. Sono stanca di contare meno di un'ombra per te- Giada si alzò a sua volta, puntando il dito accusatore contro Pietro – Mi trascuri, non mi degni nemmeno di un'occhiata in certi momenti!-.

Pietro non si sentì colto alla sprovvista: sapeva che prima o poi gliel'avrebbe detto chiaro e tondo che, ormai, la loro relazione si basava sulla distanza.

Giada lo guardava con tutto il rancore che doveva aver cresciuto dentro di sé per giorni. In fin dei conti, Pietro non riusciva a darle del tutto torto: probabilmente, al suo posto, anche lui si sarebbe sentito allo stesso modo. E non poté fare a meno di pensare che, per quanto arduo potesse essere ammetterlo, quella situazione era solo colpa sua. Fu solo l'orgoglio e il nervosismo del momento a farlo restare sulla difensiva:

-Esattamente cosa vorresti sentirti dire, ora?- si strinse le braccia contro il petto, scuotendo il capo – È un periodo in cui va così, Giada, e non ci posso fare nulla-.

-È da quando sono venuta a vivere qua che va così-.

Aveva di nuovo ragione, e Pietro se ne era già reso conto da molto più tempo di lei. Forse, dopo tutto quel tempo, cominciava ad aprire gli occhi anche Giada sulla loro situazione.

-Non mi guardi, e a malapena mi ascolti quando ti parlo- continuò lei, imperterrita, la voce piena di esasperazione.

-Forse non ti ascolto perché hai delle idee del cazzo- borbottò Pietro, colto sul vivo.

Sapeva che arrivati a quel punto della discussione Giada avrebbe voluto tornare a parlare della sua idea di cambiare casa, e rinfacciargli il fatto di non averla nemmeno voluto ascoltare. E Pietro sapeva anche che, se fossero arrivati a litigare su quell'argomento, non si sarebbero parlati per almeno i due giorni successivi.

-Idee del cazzo?- Giada lo guardò spalancando gli occhi, prima di ridurli di nuovo a due fessure – Scusa se per te fare progetti sul nostro futuro equivale ad avere idee del cazzo-.

Nostro futuro.

Quella definizione – quella strana definizione, insolita e che Pietro ormai non riteneva più adatta riferita a loro due insieme- gli ronzò nelle orecchie, come una litania che rimaneva stampata in mente controvoglia. Non disse nulla, limitandosi al silenzio. Non si meravigliò nemmeno quando, di fronte a quella risposta muta che lasciava comunicare qualsiasi cosa, Giada preferì andarsene da quella stanza. La osservò mentre lo oltrepassava, gli occhi abbassati e – Pietro ci avrebbe scommesso- colmi solamente di rabbia.

Era rimasto finalmente solo, come avrebbe voluto fosse fin dall'inizio, e come avrebbe dovuto essere sempre. Si ricordò del primo incontro che aveva avuto con Giada fuori dall'università: era stata la sera in cui aveva cercato di scappare da Alessio e da quel che provava, finendo nella rete di un'altra persona. Forse, per qualche attimo negli ultimi quattro anni, aveva davvero pensato che con Giada sarebbe potuto andare bene, che sarebbe riuscito a soffocare una parte di sé che non accettava; era stata una falsa speranza, qualcosa a cui si era aggrappato nei momenti più bui solo per farsi meno pena.

Ora lo sapeva, e se ne rendeva conto più che mai: un vero futuro, con lei, da passare insieme, non ci sarebbe stato mai.








* da "The Perks of Being a Wallflower"

NOTE DELLE AUTRICI

Dopo un piccolo salto temporale di più di un mese che ci catapulta nel cuore dell'autunno, con novembre ormai alle porte, eccoci immersi nella quotidianità di Pietro. Il clima a casa di quest'ultimo sembra sempre meno sereno e proprio a causa di queste tensioni accumulate il moro preferisce passare meno tempo possibile all'interno di quelle quattro mura. La compagnia degli amici appare sempre preferibile alla compagnia di Giada, la quale si sente sempre più trascurata dal ragazzo.

Con queste premesse, le tensioni non possono di certo mancare... e così è! La relazione tra i due sembra ormai agli sgoccioli e forse, visti i sentimenti e il comportamento di Pietro, una rottura tra i due non appare così insensata.

Ma avverrà davvero oppure i due continueranno su questa linea a lungo?

A venerdì con il prossimo aggiornamento!
Kiara & Greyjoy

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