Capitolo 21 - Il regalo più grande (Pt. 1)
I believe in nothing
Not the end and not the start
I believe in nothing
Not the earth and not the stars
I believe in nothing
Not the day and not the dark
I believe in nothing
But the beating of our hearts
(Thirthy Seconds to Mars - "100 Suns")*
Faceva freddo durante quei primi giorni del nuovo anno. Il 2018 si era aperto con giornate adornate da un sole pallido, tra l'aria gelida e l'umidità imperante.
Lo spicchio di cielo che si intravedeva dalla finestra della cucina era di un insolito azzurro cristallino: sembrava essere tornato finalmente limpido, dopo che aveva piovuto sin dal primo giorno dell'anno.
Caterina si sistemò meglio sulla sedia, spostando lo sguardo lontano dalla finestra. Cercò di concentrarsi sulla figura di Nicola, impegnato a scolare la pasta per il pranzo, ma senza molti risultati. C'era un'inquietudine di fondo a renderla nervosa, distratta da tutto ciò che avveniva intorno a lei.
Si stava concentrando troppo sulle sensazioni che provenivano dal suo corpo, e sapeva che non avrebbe dovuto farlo: rischiava di scambiare dolori innocui per contrazioni, ed agitarsi per nulla.
Tirò un sospiro, sostenendo il capo con una mano; forse era la frustrazione di non aver ancora partorito a renderla così reattiva ad ogni minimo segnale. Stava entrando nella quarantesima settimana, e non si sentiva altro che gonfia all'inverosimile, stanca e pesante. Ma nessuna vera contrazione, ancora niente di niente. Solo falsi allarmi, sempre e solo falsi allarmi che avevano contribuito ad illuderla e a renderla più ansiosa.
-Ecco qua, il pranzo!- la voce di Nicola la distrasse, facendola quasi sobbalzare per la vicinanza. Caterina fece appena in tempo ad alzare gli occhi per notare il piatto di pasta che Nicola le aveva appena poggiato sul tavolo, davanti a lei.
Per quanto potesse risultare invitante, Caterina storse il naso: non aveva fame nemmeno quel giorno.
-Hai fame?-.
Alzando il viso, notò Nicola ricambiare il suo sguardo, con un sorriso incoraggiante stampato in faccia: non sembrava molto convinto nemmeno lui di poter ricevere una risposta positiva, ma perlomeno sembrava voler provare ad essere ottimista. Si sedette sulla sedia di fianco a quella di Caterina, afferrando la forchetta per iniziare a mangiare.
-Non molta, in realtà- sbuffò lei, seccata.
Nicola annuì pensieroso, prima di prendere una forchettata di pasta:
-Beh, devi mangiare comunque. Per tenerti in forza-.
Caterina roteò gli occhi verso l'alto, ancor più seccata di prima. In quegli ultimi giorni non vedeva molti motivi per cui avrebbe dovuto conservare energie: per sopportare quei piccoli dolori, che durante l'ora precedente erano aumentati, non doveva certo fare sforzi sovrumani.
-Tenermi in forza? Per cosa, per urlare di più quando finalmente tuo figlio deciderà di nascere?-.
-No, per avere più energie per far nascere nostro figlio- la corresse con tranquillità disarmante Nicola, come se la cosa fosse ovvia. Caterina lo guardò minacciosamente, sentendo già di essere vicina al perdere la calma che, invece, Nicola ostentava fin troppo.
Preferì non dire nulla, e si limitò a mettere sotto i denti un po' di pasta a sua volta: era buona, ma non aveva alcuna voglia di mangiarla.
-Devi cercare di stare tranquilla- pur non guardando Nicola, era sicura che lui la stesse osservando con lo stesso sorriso addolcito di prima, mentre le lasciava una carezza sul braccio – Ormai manca poco, potrebbe essere questione di pochi giorni come di poche ore-.
Non sapeva se Nicola ci credesse davvero o no. Poteva averlo detto solo per farla sentire meno in ansia, per darle la parvenza che tutto stesse andando bene.
-Sulle poche ore avrei qualche dubbio. In ogni caso, non è detto che manchi così poco, come dici tu- sospirò Caterina, passandosi una mano sul viso. Aveva pensato al momento del parto come una cosa terrificante per tutta la gravidanza, fino alla fine dell'anno.
In quel momento, quando ormai non si sentiva altro che dolorante, gonfia ed isterica, non vedeva quasi l'ora che finalmente giungesse il giorno in cui suo figlio sarebbe venuto alla luce.
-Nascerà quando sarà il momento. Mal che vada ti indurranno il parto, come ti hanno detto- continuò Nicola, gli occhi azzurri che trasmettevano meno serenità di quella che invece lasciava trasparire la calma della sua voce.
-Oh, una passeggiata, vero?-.
Caterina ricordava bene le parole della sua ginecologa all'ultimo controllo, solo pochi giorni prima: se le contrazioni non si fossero presentate entro la quarantunesima settimana, ci avrebbero pensato in ospedale ad indurle. Per quanto potesse essere l'unica soluzione che le si prospettava, non riusciva ad entusiasmarsi all'idea di indurre il parto artificialmente.
Sospirò di nuovo, a fondo, lasciandosi andare con la schiena contro lo schienale della sedia, lo sguardo perso davanti a sé:
-Tutta questa attesa mi sta logorando-.
Si sentiva quasi patetica nel sentirsi così abbattuta, ma non ci poteva fare nulla: si sentiva stanca di aspettare, di illudersi che ogni giorno fosse quello giusto, o che le cose sarebbero andate come se le era sempre immaginate lei.
-Lo so- Nicola lasciò la forchetta sul tovagliolo, sporgendosi verso di lei per passarle un braccio attorno alle spalle. Negli ultimi mesi sembrava essere diventato quasi più protettivo, oltre che più dolce.
-Continui ancora a sentirti un po' strana? Magari sono i primi segnali-.
Caterina sentì un'altra fitta attraversarle l'addome, più forte e prolungata della altre. Era sicura di non aver mai percepito un dolore simile prima di allora, ma cercò di non pensare subito alle contrazioni. Poteva essere l'ennesimo falso allarme, e non ci teneva a farsi aspettative troppo grandi per l'ennesima volta.
-Sì, ma ormai non mi faccio più illusioni. Non ne vale la pena-.
Non disse altro, limitandosi a prendere un altro boccone di pasta. Sperava solo che anche quella giornata, in cui di sicuro non sarebbe successo alcunché, passasse il più in fretta possibile.
*
Era la prima volta che poteva definirsi contenta di essersi sbagliata – anche se immaginava che, di lì a qualche ora, era sicura avrebbe preferito di nuovo avere ragione.
I dolori non se ne erano andati, e con il passare delle ore si erano fatti più intensi e presenti. Se inizialmente poteva percepire una fitta ad ogni ora, nel pomeriggio erano aumentate progressivamente, con regolarità.
Si sentiva strana a poter affermare, finalmente, di avere le prime contrazioni. In fin dei conti non le stavano impedendo di fare le solite cose – pulire la casa, stirare gli ultimi vestiti che avrebbe dovuto portare in ospedale-, non faticava nemmeno a rimanere in piedi per troppo tempo. Si sentiva insolitamente piena di energie, euforica e spaventata allo stesso tempo. Si era immaginata a lungo come sarebbe stato vivere l'inizio delle contrazioni, ma la verità era che le cose stavano andando molto diversamente da come aveva sempre pensato.
Era sempre stata sicura che si sarebbe agitata come non mai. In quel momento, invece, dopo che erano passate ormai cinque ore dai primi dolori, manteneva una calma che non si sarebbe mai aspettata. Cominciavano a farsi più dolorose e fastidiose, ma resisteva stoicamente anche a quella sensazione.
Era l'originaria calma di Nicola che, invece, si era dissipata mano a mano. Caterina stava ben attenta a non dare a vedere come il dolore delle prime contrazioni aumentasse inesorabilmente, ma anche così si ritrovava ad essere fissata da lui con aria a tratti terrorizzata. Le teneva gli occhi addosso da quando lo aveva avvertito che le fitte cominciavano a farsi regolari – seppur ancora a distanza di lungo tempo-, e anche se erano passate diverse ore in cui non c'erano stati problemi, il viso di Nicola appariva sempre più pallido e tirato.
Caterina si era trattenuta diverse volte dal vendicarsi dicendogli che doveva "cercare di stare tranquillo". Infierire su di lui in quel momento sarebbe stato come sparare sulla croce rossa.
Erano da poco passate le sette di sera, quando Caterina si era avviata verso la stanza da letto, dopo essersi fatta una doccia calda veloce: l'acqua tiepida aveva alleviato un po' il dolore delle fitte, che ormai si ripetevano ogni mezz'ora. Aveva tutta l'intenzione di prendersi tutto il tempo possibile per mettere ordinatamente nella valigia i vestiti puliti e stirati che avrebbe dovuto portare con sé in ospedale, e per controllare i documenti da presentare per il ricovero.
La valigia era già aperta sul pavimento, ed una pila di vestiti ripiegati sopra al materasso attendevano solo di esservi infilati. Fece per piegarsi per prenderli in mano, ma si bloccò per alcuni secondi: era passata mezz'ora dall'ultima contrazione, e puntuale ne era sopraggiunta un'altra.
Si lasciò sfuggire un gemito di dolore a bassa voce, mentre si teneva una mano sulla schiena dolorante e l'altra sul pancione. Si mise una mano sulla bocca per non farsi scappare altri lamenti: sentiva i passi di Nicola avvicinarsi alla camera, e non aveva la minima intenzione di farlo andare ancor più nel panico.
Dopo nemmeno un minuto la figura di Nicola comparve sulla soglia. Non l'aveva praticamente mai lasciata da sola per tutta la giornata, seguendola come un'ombra silenziosa, a tratti inquietante. A Caterina un po' faceva ridere quell'immagine di Nicola, così tanto apprensivo da riuscire a lasciarla in pace solo per i dieci minuti di una doccia veloce.
-Stai bene? Le contrazioni ti fanno troppo male? Dobbiamo andare in ospedale?- Nicola, compiendo ancora qualche passo verso di lei, la tartassò di domande. Doveva averla tradita la smorfia contratta del viso, che doveva senz'altro aver lasciato intuire come le fitte si erano fatte più intense e durature.
-È ancora presto- liquidò velocemente la questione Caterina, tirando un lungo sospiro – Ti ricordo che al corso preparto hanno detto che, se non ci sono problemi, si può andare in ospedale quando le contrazioni sono ogni dieci minuti-.
-Lo ricordo- replicò Nicola, portandosi le mani sui fianchi, con cipiglio severo – Ma ricordo anche che hanno detto che, volendo, si può anche andare prima-.
-Per morire di noia e di ansia tutte insieme?- Caterina scosse la testa, chinandosi lentamente verso la pila di vestiti e prendendoli in mano – Sto molto meglio a casa mia, se permetti. E poi se andassimo là troppo presto ci direbbero di tornarcene indietro, stanne sicuro-.
Nicola sembrò voler dire qualcosa, ma si ritrovò ad aprire e richiudere la bocca senza aver proferito parola. Sembrava aver rinunciato a ribattere già in partenza, e Caterina si compiacque con sé stessa per averlo messo a tacere almeno su quella questione.
-Dammi una mano a sistemare la valigia, piuttosto- Caterina gli passò i vestiti, facendogli un cenno con il capo per indicargli dove posarli – Almeno in due ci metteremo molto meno-.
-Sono pur sempre più agile di te, ultimamente- rispose lui, chinandosi a terra e riponendoli in un angolo della parte interna della valigia.
Ci misero relativamente poco a riempirla con tutto il necessario, e Caterina rilesse più volte il lungo elenco che si era scritta per controllare che tutto fosse lì dentro. Sembrava esserci tutto, e potevano dire di aver concluso anche quella questione aperta in poco tempo.
-Hai ricontrollato i documenti? Sono tutti a posto?- chiese infine Nicola, rialzandosi dopo aver chiuso la valigia.
-È tutto ok-.
Caterina andò a sedersi sul bordo del letto, lanciando un'occhiata al display della sveglia sul comodino: mancavano ipoteticamente dieci minuti circa alla successiva contrazione.
Si sentiva più stanca rispetto a prima: forse cominciava ad accusare un po' la pressione psicologica, o forse era tutto dovuto solo alle contrazioni che sembravano dover giungere un po' in anticipo rispetto alla tabella di marcia.
Rimase seduta per alcuni minuti, prima di spalancare gli occhi d'un tratto, portando lo sguardo verso il basso e le mano sulla zona bassa del pancione, in un gesto automatico.
Sembrò recuperare tutto il panico che non l'aveva assalita fino a quel momento tutto di colpo, non appena una sgradevole sensazione di bagnato la assalì.
-Che succede?- Nicola le si avvicinò curioso, dopo aver notato il suo cambio d'espressione e quei gesti allarmati.
Caterina non riuscì a far altro che alzare gli occhi verso di lui solo dopo alcuni momenti, che le erano serviti per rendersi conto sul serio cosa poteva essere successo.
-Credo mi si siano appena rotte le acque-.
Nicola ricambiò lo sguardo, e si ritrovò a parlare in maniera così calma che Caterina intuì subito che doveva sentirsi talmente terrorizzato da non aver nemmeno il coraggio di urlare dall'agitazione:
-Dobbiamo andare in ospedale?-.
Caterina si lasciò sfuggire un singulto rassegnato.
-Dobbiamo andare, sì-.
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori
NOTE DELLE AUTRICI
"Il regalo più grande" sembra proprio un capitolo in grado di spiegarsi da solo.L'inizio, infatti, sembra relativamente tranquillo, seppur scandito dagli ultimi preparativi in vista dell'arrivo di baby Tessera. Un po' di apprensione c'è nei due futuri genitori, ma è un sentimento più che comprensibile. Alla fine, però, come direbbe Rafiki, "è giunto il momento" per il piccoletto di fare la conoscenza con i propri genitori, i loro amici e, perché no, con voi lettori!Nel frattempo a venerdì per un nuovo aggiornamento!
Kiara & Greyjoy
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