Capitolo 17 - The blackest days (Pt. 4)
And I'll be happy for you
If you can be happy for me
La notte era passata lentamente, e Caterina aveva chiuso a malapena occhio, le angosce che nell'oscurità della stanza d'ospedale sembravano diventare più vivide e materiali.
Nicola, prima di andarsene la sera prima, le aveva promesso che sarebbe tornato non appena avrebbe potuto anche quel giorno, e Caterina gliene era stata grata: era capitata in una delle poche stanze dove non c'erano, al momento, altre pazienti, e quel silenzio e la solitudine in cui si trovava a convivere non le giovavano.
Fortunatamente quella mattina ci aveva pensato Giulia a interrompere quella mesta routine alla quale Caterina si stava per rassegnare. Le aveva telefonato anche la sera prima, come programmato, ma non le aveva accennato nulla a quella sua venuta in ospedale: eppure, nonostante fosse passata a malapena mezza giornata dall'ultima volta in cui aveva messo piede lì, Giulia era entrata nella stanza ancora una volta, cercando di sembrare più sorridente possibile.
-Ti hanno visitata di nuovo oggi?- Giulia non perse tempo: si sedette sulla stessa sedia del giorno prima, sistemandosi gli occhiali e osservando l'amica.
-No, non ancora- sospirò Caterina – Ma tra non molto un'infermiera dovrebbe passare per l'iniezione di progesterone-.
-Probabilmente- annuì Giulia. Rimase in silenzio per qualche secondo, prima di domandare velocemente:
-Nicola passerà tra poco, per caso?-.
-Credo verrà qui stasera-.
-Ottimo- Giulia sembrò soddisfatta della risposta, e Caterina non poté evitare di guardarla incuriosita: ora le sembrava ancor più sorridente, e a tratti nervosa. Era strana, ed aveva come l'impressione che presto avrebbe scoperto la ragione che ci stava dietro.
-Ottimo?- ripeté, alzando un sopracciglio.
-Sì, perché volevo parlarti di una cosa. E volevo farlo solo con te- Giulia abbassò un attimo gli occhi, torturandosi le mani, prima di rialzare il capo e ridacchiare nervosamente – In realtà avevo promesso di non dirlo a nessuno ancora, ma sai ... Stamattina mi sono alzata, e mi sono ripromessa di cercare di distrarti in un qualche modo. Quindi ho deciso di andare contro la promessa che avevo fatto, e di dirti una cosa che mi riguarda-.
-Mi devo preoccupare?-.
Caterina aveva seguito tutto il discorso cercando di intuire qualcosa, ma le era servito a poco. Immaginava solo che Giulia stesse parlando di qualcosa riguardante lei e Filippo, ma non aveva la certezza nemmeno di quello.
-Diciamo di no, anche se forse mi prenderai per pazza- Giulia arrossì, e Caterina non poté fare a meno di guardarla per davvero con aria agitata:
-Ti prego, dimmi che non sei incinta anche tu, o potrei davvero darti della pazza-.
-No, no, nessuna gravidanza per me- Giulia rise di nuovo, nervosamente e divertita allo stesso tempo, agitando le mani per aria come a voler evidenziare la sua innocenza.
Fu in quel momento che Caterina notò l'anello che Giulia portava all'anulare, e che era sicura di non aver mai notato prima. Trattenne il respiro per un attimo, sgranando gli occhi e finalmente intuendo cosa stava succedendo.
-Quell'anello- mormorò, lentamente – Sono io che non lo ricordo affatto, o è spuntato dal nulla?-.
-In realtà l'ho ricevuto la sera della proclamazione, ma avendo promesso di non dire niente a nessuno non l'ho mai indossato prima di oggi- stavolta il sorriso di Giulia era meno nervoso, ma raddolcito e a tratti imbarazzato – È un anello di fidanzamento-.
Caterina portò le mani al volto: per quanto potesse averlo già intuito, sentirselo dire era qualcosa di totalmente inaspettato.
-Oddio, non ci credo- mormorò, trattenendo a stento una risata, sorpresa e nervosa.
-Tranquilla, è normale. Anche io devo ancora realizzare il tutto- Giulia arrossì ancora un po', ma sembrava più a suo agio in quel momento, dopo averne parlato, che non quando ancora teneva dentro di sé quella novità inaspettata.
Si sistemò meglio sulla sedia, e Caterina continuò ad osservarla: cominciava a capire meglio lo strano comportamento di Giulia dell'ultimo mese e mezzo, quella sua aria allegra apparentemente senza ragione, e quell'imbarazzo sincero che aveva avuto nell'annunciarle il fidanzamento.
-Certo che di cose ne stanno cambiando- si lasciò sfuggire, con aria pensosa – Fino a sei mesi fa non avrei mai pensato a tutto questo. Tu che ti sposi con Filippo, io e Nicola che diventeremo genitori-.
Fece una pausa, la malinconia e la paura che aveva ignorato fino a quel momento che, invece, tornarono a farsi vive nel pronunciare quelle ultime parole:
-O forse sarebbe più corretto dire che avremmo potuto diventarlo. Se solo le cose fossero andate diversamente-.
Caterina scostò lo sguardo, anche se sentì ugualmente Giulia alzarsi dalla sedia e compiere qualche passo più vicino al letto, sospirando a fondo:
-Non dire così. Non è ancora detto che vada a finire male-.
Prima che Caterina potesse rispondere qualcosa, o che Giulia aggiungesse altro, sentirono un leggero bussare alla porta lasciata semiaperta. Si voltarono entrambe verso di essa, e Caterina si rese conto di non essere molto stupita nel vedere Giovanni sulla soglia, esitante e con il volto tirato.
Per i primi secondi nessuno disse nulla: Giulia lo guardava stupita, e Caterina era pronta a scommettere che l'amica non avesse sentito la sua minima mancanza in quegli anni.
Giovanni, d'altro canto, aveva la stessa aria di qualcuno giunto lì per puro caso, dopo essersi perso ed aver imboccato la strada sbagliata. Sembrava disorientato, forse colto impreparato per la presenza di Giulia.
-Scusate- farfugliò, spostando lo sguardo da Caterina a Giulia – Io ... Ero venuto per una visita veloce, ma non sapevo ci fosse già qualcuno-.
-Non preoccuparti- Caterina si sforzò di apparire tranquilla, mentre si muoveva appena sul letto per sistemarsi meglio – Giulia può aspettare un attimo fuori-.
Giulia sembrò colta di sorpresa, ma non replicò nulla, sebbene niente le impedì di guardare male Caterina per un attimo. Incrociò le braccia contro il petto, prima di dire, con cipiglio severo:
-E va bene, me ne vado a prendere un caffè al bar dell'ospedale. Contenti?-.
Caterina si lasciò sfuggire un piccolo sorriso divertito, osservando Giulia uscirsene con la stessa severità con la quale aveva parlato e con la quale aveva lanciato uno sguardo fulminante a Giovanni.
Dopo che se ne fu andata, Giovanni avanzò verso l'interno della stanza, con lo stesso fare esitante con cui si era presentato qualche minuto prima. Caterina aspettò, studiandolo e chiedendosi come dovesse sentirsi. Non appariva affatto tranquillo, e nemmeno agitato: gli occhi chiari erano venati più di preoccupazione, forse malinconia, ma non di nervosismo. Le ricordavano un po' gli stessi occhi che tre anni prima aveva incrociato il giorno in cui si erano lasciati, l'ultima volta in cui avevano parlato prima di prendere due strade diverse.
Era un po' come se la storia si fosse appena ripetuta, solo con mille sfumature diverse a renderla differente.
-Come stai?-.
Finalmente Giovanni sembrava aver preso coraggio per parlare, ma sembrò pentirsene subito dopo: si passò una mano sul viso con aria stanca ed imbarazzata, scuotendo appena il capo:
-Oddio, scusa. È una domanda così stupida-.
-Sta tranquillo- Caterina cercò di rassicurarlo, forse non risultando convincente quanto avrebbe desiderato o quanto si sarebbe aspettata – Diciamo che potrebbe andare meglio, ma sarebbe anche potuta andare molto peggio-.
Tacque, con il brutto presentimento che quello fosse più un incoraggiamento verso se stessa che verso Giovanni.
-Dovrai restare qui ancora molto?-.
-Dipenderà da come si evolverà la situazione prossimamente- riprese lei, dopo aver abbassato lo sguardo alcuni secondi – Mi devono visitare di nuovo stasera, e poi saprò con più precisione-.
Giovanni prese a mordersi il labbro inferiore, dondolandosi spostando il peso da un piede all'altro:
-Ma ... Il bambino ... -.
Non riuscì a finire la frase, ma Caterina intuì cosa avesse voluto chiederle. Cercò di sorridergli rassicurante, sforzandosi per risultare sincera:
-Non l'ho perso- mormorò, stringendosi nelle spalle – Ma sono preoccupata comunque. Ho un distacco della placenta, e anche se è lieve avrei preferito non averlo proprio. Sono spaventata-.
-Lo capisco- annuì Giovanni, spostando gli occhi verso un'altra direzione – Non sai quanto mi dispiace-.
A Caterina sembrò di essere ritornata al loro primo incontro casuale, quando entrambi erano troppo imbarazzati per riuscire a parlare liberamente e senza problemi. Anche in quel momento il silenzio che si andava creando non aveva nulla di piacevole, e Caterina si sforzò quanto mai di dire qualcosa per interromperlo:
-Non dovevi ripartire oggi?-.
-Ho l'aereo al Marco Polo tra qualche ora. Prima di partire volevo venire a vedere come stavi: ero in pensiero- spiegò Giovanni, facendo qualche passo per avvicinarsi ai piedi del letto.
-È gentile da parte tua-.
Lui esitò un po', ed aprì bocca un paio di volte prima di riuscire a parlare:
-E Nicola? Gli hai raccontato come è andata?-.
Caterina si ritrovò ad annuire, osservando il volto dell'altro tendersi maggiormente.
-È agitato anche lui. Non se l'è presa con te, è l'intera situazione a mandarlo in crisi-.
Sperò che quella spiegazione aiutasse Giovanni a calmarsi un po': immaginava come dovesse sentirsi comunque in colpa, e per quanto la situazione fosse già difficile, le dispiacque anche per lui.
Giovanni abbassò di nuovo il viso, le mani poggiate sul bordo del materasso come per sostenere il corpo; si schiarì la voce, più roca e bassa del solito:
-Non sai quanto mi dispiace-.
-Non è colpa tua. Non stavo benissimo nemmeno prima di uscire di casa . Sono io che non ho colto in tempo i segnali- Caterina abbassò la voce, il senso di colpa che la attanagliava che tornava a farsi sempre più vivo, a tormentarla ancora.
-Avrei dovuto fare più attenzione in ogni caso- Giovanni sospirò sconsolato, e non sembrava ancora essersi del tutto convinto di non c'entrare nulla in quella faccenda. Sbuffò nuovamente, prima di tornare ad osservare Caterina in silenzio.
Rimase così per alcuni secondi, prima che le sue labbra si curvassero in un leggero sorriso triste, come se stesse ricordando qualcosa di doloroso e bello allo stesso tempo.
-A quanto pare io e te dobbiamo sempre vivere una qualche nota dolente, quando ci troviamo insieme. Speravo non succedesse anche stavolta-.
Caterina si ritrovò impreparata di fronte ad un'affermazione simile. Le sembrava davvero di essere tornata all'ultima volta in cui si erano parlati tre anni prima, quando tutto sembrava perduto e quando i rimpianti superavano perfino tutti i lati positivi che potevano esserci tra loro.
Si sarebbe alzata volentieri dal letto, anche solo per lasciargli una carezza sul braccio o per stargli più vicino, ma non poté fare altro che rimanere ferma e stesa, cercando di sorridergli:
-Non essere troppo duro. È la vita: non possiamo sempre controllare ciò che ci succede-.
-Già- Giovanni sospirò di nuovo, poi si sollevò e dette un'occhiata all'orologio da polso, e Caterina capì, inevitabilmente, che stava arrivando il momento della separazione – Dovrei andare ora, si è fatto tardi-.
Sembrava ancora esitante, indeciso se dire qualcos'altro, e Caterina attese senza dire nulla che Giovanni si decidesse a parlare; si inumidì le labbra, prima di aggiungere:
-Nonostante tutto sono stato contento di rivederti, anche se poi ci sono stati gli esiti che conosciamo- le sorrise debolmente – Spero almeno si risolva tutto per il meglio. Lo spero sul serio-.
-Lo spero anche io- Caterina sorrise a sua volta, una punta di malinconia ravvisabile nella voce – Buona fortuna, Giovanni -.
Osservò Giovanni sorriderle di rimando, con quell'aria un po' ingenua e malinconica che lo aveva sempre caratterizzato ai suoi occhi. In quel momento le sembrò davvero di essere di fronte allo stesso Giovanni di tre anni prima, deluso ma consapevole di dover andare avanti.
Continuò a guardarlo mentre si avvicinava alla porta e, sulla soglia, si voltava un'ultima volta verso di lei, gli occhi azzurri più vividi di quando era entrato lì dentro poco prima:
-Quando il piccolo nascerà mandami un messaggio o chiamami. Anche se sarò distante molti chilometri, vi penserò e sarò contento per voi-.
Caterina si ritrovò ad annuire automaticamente, in una tacita promessa che, sperava, avrebbe mantenuto con tutto il cuore. Vide Giovanni andarsene, in quello che poteva essere l'ennesimo addio tra di loro.
L'ennesimo addio, fino al prossimo inaspettato incontro, tra le calli di Venezia.
We have changed but we're still the same
After all that we've been through
I know we're cool
I know we're cool
(Gwen Stefani - "Cool")*
*il copyright della canzone appartiene unicamente alla cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Alla fine tutto è bene quel che finisce bene, almeno per ora. Caterina e il bambino sembrano star bene e questo è quello che conta davvero, come hanno potuto appurare di persona Giulia e Giovanni.
Giulia, oltre al supporto all'amica, ha portato con sé una notizia bomba, notizia che voi lettori già conoscete. Sembra proprio che le nostre ragazze e i relativi fidanzati stiano crescendo... Non trovate?
Anche Giovanni, visto il diretto coinvolgimento con i recenti eventi, ha fatto visita all'amica prima di ripartire. Un gesto sicuramente gentile da parte sua. Secondo voi lo rivedremo ancora in tempi più o meno celeri?
Chi lo sa! Noi, invece, torneremo con un nuovo aggiornamento mercoledì prossimo!
Kiara & Greyjoy
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