Capitolo 47 - When love and death embrace (Pt. 3)
-Com'è andata la visita?-.
Fu una delle prime domande che Nicola le pose non appena lei lo raggiunse in cucina. Era tornata da poco a casa, e aveva avuto giusto il tempo di infilarsi sotto la doccia per rinfrescarsi e cercare di calmarsi del tutto in quel frangente. Non voleva che né Nicola né Francesco sospettassero dell'ansia che l'aveva assalita per tutto il tempo in cui era stata in ospedale, e anche una volta uscita.
Francesco era nel salotto, seduto sul divano a guardare i suoi cartoni animati preferiti che venivano trasmessi ogni giorno a quell'ora della sera, poco prima di cena; c'era solo Nicola in cucina, che già stava iniziando a cucinare. A lei non rimase altro che prendere posto su una delle sedie attorno al tavolo, osservandolo mentre si accingeva ad aprire alcune uova.
-Tutto bene. Nessun neo da togliere-.
Nicola sorrise:
-Direi ottimo. Non dev'essere piacevole doverli togliere-.
Sulla sua fronte comparve qualche ruga di concentrazione, ma continuò comunque a parlare:
-Sei passata da Pietro?-.
-No, ero troppo stanca. È stata una giornata lunga-.
"E di certo non una delle migliori".
Nicola non sembrò sospettare nulla, ma era naturale: era pur sempre inizio Agosto, e anche se la sua visita era stata fissata nel tardo pomeriggio, il clima era ancora afoso. Non era così insolito che una donna incinta non se la passasse troppo bene ad andarsene in giro in quel periodo dell'anno.
-Non ti preoccupare. Andremo a salutarlo quando tornerà a casa, tanto mancano pochi giorni- borbottò Nicola, lanciandole una rapida occhiata – L'ho sentito per messaggio oggi pomeriggio. Sta bene, si sta riprendendo in fretta-.
-Meno male-.
Caterina lo disse con sincerità. Era davvero sollevata da quella notizia, soprattutto pensando che, fino a una decina di giorni prima, Pietro era in coma farmacologico.
-Magari adesso Alessio si preoccuperà un po' meno- disse, ma con meno convinzione.
-Non ci giurerei troppo- la voce di Nicola era tinta d'ironia, ma era evidente che la pensasse come lei sul serio: Alessio era stato in pessimo stato fino a quando Pietro non era stato fatto uscire dal coma, ma anche in quei giorni non sembrava molto più sereno. Era come se ci fosse qualcosa a bloccarlo, anche se Caterina non avrebbe saputo dire cosa, né se fosse realmente così o solo una sua sensazione.
Rimase silenziosa per un po', fissando il vuoto davanti a sé, accarezzandosi lentamente il grembo con una mano. Lei e Nicola avevano saputo da poco, all'ultima ecografia fatta, che avrebbero avuto una bambina: era stata una notizia che l'aveva lasciata sia felice sia in ansia, come se inevitabilmente ogni particolare le ricordasse l'ultima gravidanza e tutto ciò che era successo.
Avvertire i calci leggeri di sua figlia, però, la rincuorava: la sentiva vitale e piena di energia, e sperava solo che sarebbe stato così per sempre.
-Sei sicura di stare bene?-.
Caterina sobbalzò appena, quando si rese conto che Nicola le si era avvicinato, posandole gentilmente una mano su una spalla, per scuoterla. La stava guardando perplesso, e lei scosse velocemente il capo:
-Sì, è che ... -.
Si ritrovò ad esitare. Avrebbe potuto semplicemente dirgli che la piccola stava scalciando parecchio e le stava causando qualche dolore: sarebbe stato plausibile, ed in parte anche veritiero. Ma l'altra opzione prevedeva parlare a Nicola di come si era sentita quella sera, in ospedale. Era l'opzione più impervia, ma anche la più sincera. E sapeva che, in fondo, non avrebbe dovuto nascondergli quei particolari.
-Oggi sono finita per sbaglio al reparto di Ginecologia e ostetricia-.
Iniziò a parlare scostando lo sguardo da Nicola, abbassandolo sulla superficie del tavolo.
-Non conoscevo la strada, ho girato un po' a caso ... E sono finita lì- si strinse nelle spalle, parlando con rassegnazione – A Dicembre ci dovrò andare per forza, d'altro canto. È stata una preparazione a quello che verrà-.
-Non dev'essere stato facile- Nicola le accarezzava ancora la spalla. Si sedette sulla sedia a fianco, lasciando perdere la preparazione della cena.
-No. È stato un periodo pieno di stress. Prima Pietro, poi Alessio che non si sapeva come avrebbe reagito a tutta questa storia, adesso questo ... - Caterina sospirò a fondo con esasperazione – Forse sono esagerata, ma non riesco ancora a rimanere indifferente a quel posto. Nonostante la terapia, nonostante il tempo passato. Forse è perché sono di nuovo incinta, e allora sono più sensibile-.
Gli occhi le si fecero lucidi. Piangeva spesso nelle ultime settimane, a volte anche senza un motivo specifico: gli ormoni della gravidanza le stavano causando sbalzi d'umore che, con gli ultimi avvenimenti, avevano solo peggiorato il tutto.
-È normale non sentirsi a proprio agio in un ambiente dove sono successe brutte cose. Nemmeno io sarei stato molto tranquillo- mormorò Nicola – Vuoi tornare dalla psicologa?-.
A quello non aveva una risposta nemmeno lei, per il semplice motivo che ancora non si era soffermata su quell'ipotesi.
-Non lo so ... - ammise, dopo alcuni secondi – Pensavo di essere più pronta per tornare in quell'ospedale-.
"Ma oggi non è andata affatto bene", si ritrovò a pensare, oltre al fatto che non poteva rischiare un attacco di panico quando sarebbe giunto il momento del parto.
-Magari è solo il periodo. Sono successe tante cose tutte insieme-.
Non ne era del tutto convinta, ma si ripromise di rifletterci meglio nei giorni a venire. Forse non sarebbe stato necessario un nuovo periodo di terapia, ma solo qualche seduta.
-Va bene- Nicola le prese una mano tra le sue, sorridendole con dolcezza – Però se ne avessi bisogno, sai che non sarebbe un problema-.
Si sporse verso di lei, baciandola piano.
-Vedrai che stavolta andrà tutto bene-.
*
I'm in love with you
And it's crushing my heart
All i want is you
To take me into your arms
When love and death embrace
(H.I.M. - "When love and death embrace")*
"If I loved you less, I might be able to talk about it more" - Jane Austen, "Emma"
-Hai bisogno di sederti?-.
Alessio tenne stretto il braccio di Pietro, ma poi si ricordò che forse avrebbe dovuto allentare la stretta: gli ematomi erano quasi scomparsi dal suo corpo, ma alcuni c'erano ancora. Non era il caso di premerci sopra. Cercò di aiutare Pietro a camminare verso l'interno dell'appartamento con attenzione, anche se non lo vedeva particolarmente insicuro nella sua andatura: stava andando piano, e con cautela, ma non aveva rischiato di cadere nemmeno una volta. Aveva già camminato, nelle due precedenti settimane, mentre era ancora in ospedale: prima pochi passi, all'interno della sua stanza, e poi diversi metri lungo i corridoi del reparto. Stava recuperando le forze in fretta e bene, ma Alessio temeva sempre di causargli dolore ogni volta che lo toccava. Gli sembrava fosse così fragile da poterlo spezzare con un solo dito.
-Sto bene- rispose Pietro, con tranquillità – Dovrò sedermi in ogni caso, comunque. Non credo di riuscire a togliermi le scarpe stando in piedi-.
-A quelle ci penso io- mormorò Alessio. Le costole incrinate di Pietro erano praticamente guarite, ma faticava ancora un po' a piegarsi; e poi, come se non bastassero quelle, c'era sempre il dito rotto di cui tenere conto. Avrebbe faticato a compiere vari gesti, ancora per una settimana.
Varcarono finalmente entrambi la porta dell'appartamento, chiudendosela alle spalle. Immaginava che per Pietro fosse una sensazione strana – e di sollievo- tornare finalmente a casa: erano passati ventitré giorni dall'ultima volta che ci aveva messo piede. Un tempo che ad Alessio sembrava immenso.
Lasciò la valigia con i vestiti e le cose che aveva usato Pietro in ospedale in quelle settimane in un angolo dell'ingresso, e si chinò in basso a slacciargli i lacci delle scarpe prima ancora di farlo con le sue. Anche in quel momento, Pietro non sembrò in pericolo di cadere: se la stava cavando bene, oppure era particolarmente bravo a farlo sembrare.
-Ecco, finito- Alessio gli sfilò prima una scarpa e poi l'altra, lasciandole in un angolo dell'ingresso. Avrebbe rimesso in ordine dopo, una volta che Pietro si fosse sistemato in casa.
-Grazie- Pietro gli sorrise, i capelli ormai un po' troppo lunghi che andavano a coprirgli la fronte, arrivando quasi agli occhi – È bello essere tornato a casa-.
Alessio cercò di rispondere al sorriso, e per una volta gli venne spontaneo: era felice anche lui del ritorno di Pietro. Era letteralmente l'unica cosa in cui aveva sperato ogni singolo giorno di quelle ultime settimane.
-Hai fame?- gli chiese, mentre si spostavano lentamente verso il soggiorno – Vuoi che inizi già a preparare qualcosa per pranzo?-.
Mezzogiorno era passato da poco, ma Pietro aveva fatto colazione diverse ore prima. Non sarebbe stato strano che fosse già affamato e, soprattutto, che non vedesse l'ora di mangiare qualcosa che non fosse il cibo pessimo dell'ospedale.
-Ho un po' di fame, in effetti-.
Pietro non si mise seduto sul divano come Alessio aveva sperato. Ogni volta che lo vedeva in piedi temeva di vederlo cadere, o che si stancasse troppo; era più forte di lui, anche se era consapevole che le sue condizioni stessero migliorando sempre di più, e che se voleva tornare in forma doveva pur cominciare a non rimanere sempre fermo a letto.
-Mi cambio gli abiti e possiamo iniziare-.
A quelle parole Alessio alzò un sopracciglio:
-Mi sa che per un po' di giorni dovrai subirti la mia cucina, mentre tu mi guarderai stando seduto-.
L'espressione che gli rivolse Pietro, di malcelato sarcasmo, gli fece subito supporre cosa stesse pensando.
-Vorrei fare una battura sulla tua cucina ... - iniziò a dire, di fronte allo sguardo fintamente tediato di Alessio – Ma non vorrei che per vendetta poi mi avvelenassi intenzionalmente-.
Alessio si ritrovò a sbuffare, scuotendo il capo:
-Non sono così vendicativo-.
Pietro rise. Era evidentemente felice di essere tornato: era più solare e spensierato di quanto fosse stato in tutte le settimane precedenti, e non esitò prima di avvicinarsi ad Alessio e lasciargli un bacio a fior di labbra.
"Pensa mai che se non fosse stato per me, probabilmente non sarebbe mai finito in ospedale?".
Alessio si morse il labbro, incapace di reprimere il senso di vuoto che conviveva con il desiderio di baciarlo ancora. Era un dissidio che ancora non aveva imparato a gestire del tutto.
-E di certo non avveleneresti me-.
Dopo quelle ultime parole Pietro si avviò lungo il corridoio, verso la loro stanza. Ad Alessio non rimase che seguirlo, dopo aver recuperato la valigia, trascinandosela dietro in un silenzio che lo stringeva nella sua morsa.
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Fortunatamente Caterina ha trovato un sostegno in Nicola, parlandogli delle sue sensazioni avute nel capitare nel reparto sbagliato in ospedale ... Insomma, non un gran periodo nemmeno per lei.
Ma, finalmente, ci sono anche buone notizie: dopo due settimane dal risveglio, infatti, Pietro fa il suo ritorno a casa! Anche se, dobbiamo dire, Alessio continua ad essere mangiato dai sensi di colpa e l'inquietudine ... Scopriremo cosa riserverà loro il futuro prossimo!
Al prossimo aggiornamento di venerdì!
Kiara & Greyjoy
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