Capitolo 47 - When love and death embrace (Pt. 1)
Aveva atteso quella telefonata per tutta la mattinata, e anche per qualche ora del pomeriggio. Alessio aveva ponderato a lungo se rimanere a casa anche per quella giornata, o se tornare al lavoro – quella sua azienda a cui, per quei giorni, aveva affidato le redini completamente ai suoi collaboratori più stretti- nel tentativo di distrarsi e far sì che le ore passassero più in fretta. Alla fine aveva optato per quella seconda scelta, seppur con poca convinzione.
Aveva lanciato occhiate al suo cellulare silente così tante volte da averne perso il conto, ma era riuscito a concentrarsi almeno in parte. Aveva l'umore a terra, ma c'era quella piccola fiamma di speranza che continuava a spingerlo a pregare che il suo cellulare squillasse. Quando alla fine era successo, alle quattro del pomeriggio da poco passate, era sobbalzato sulla poltrona della sua scrivania. Si era alzato per chiudere la porta del suo ufficio e aveva risposto con voce tremante al numero che ormai associava immediatamente all'ospedale.
Quando la chiamata era terminata, si era lasciato andare a lacrime altrettanto silenziose. Era la prima volta da giorni che non piangeva per la disperazione.
"Pietro è sveglio".
Sapeva già che quella sera sarebbe uscito dall'ufficio il prima possibile e non sarebbe tornato a casa, non prima di aver deviato il suo percorso fino all'ospedale di Venezia.
Quando il giorno prima aveva messo piede lì dentro, nella luce del pomeriggio estivo, Alessio si era sentito soffocare, vuoto dentro come uno spettro che si aggirava per i corridoi dell'ospedale senza più uno scopo. Stavolta, nel cielo tinto d'arancio per il sole che ormai stava tramontando, aveva praticamente corso lungo il percorso che già conosceva. Pietro era ancora in terapia intensiva, come gli era stato riferito nella telefonata dal team medico. Era un'informazione utile a lui come alla famiglia di Pietro: aveva composto il numero di cellulare di Alessandra con mani tremanti, pochi minuti dopo l'aver avuto la notizia del risveglio di Pietro. Adesso che erano passate alcune ore si era in parte calmato, ma avvertiva comunque un'agitazione positiva che lo spingeva a camminare più veloce.
Quando le porte della terapia intensiva gli vennero aperte, dopo aver spiegato il motivo della sua presenza lì all'infermiera di turno, si diresse a passo sicuro nella stanza dove si trovava Pietro.
Si bloccò solo quando alla porta mancava poco più di un metro. Non aveva osato immaginarsi come sarebbe stato il momento in cui l'avrebbe rivisto sveglio: era stato sufficientemente traumatico la visita del giorno prima, passata più a piangere che altro, ma quella era una circostanza diversa. Pietro, per quanto intontito dal risveglio avvenuto alcune ore prima, era sveglio.
"Ed è vivo".
Quell'ultimo pensiero lo spinse ad aprire la porta, il più delicatamente possibile, e varcare la soglia. Se la richiuse dietro, in gesti così simili a quelli compiuti il giorno prima, ma stavolta le cose furono totalmente diverse quando si girò.
Anche se nella stessa posizione del giorno precedente, steso a letto ma con i cuscini che rialzavano la schiena e la testa, Pietro teneva gli occhi socchiusi. Alcune ciocche di capelli cadevano di nuovo sulla fronte, e c'era la traccia della barba cresciuta quel giorno a coprirgli le guance.
Quando si accorse della sua presenza, Alessio lo vide sorridere, con un lieve velo d'imbarazzo:
-Ehi-.
Prima che potesse aggiungere altro, o fare qualsiasi altra cosa, Alessio si mosse nella sua direzione. Per un attimo, mentre annullava lo spazio tra sé e Pietro, abbassandosi su di lui per poterlo abbracciare stretto, riuscì a ignorare del tutto il morso della colpa che lo teneva ancora stretto. Tenne distante da sé tutto il resto, concentrandosi solo sulla sensazione del corpo di Pietro tra le sue braccia, del suo respiro regolare e della leggera risata roca a cui si stava lasciando andare in quel momento.
Avrebbe voluto rimanere in quella posizione per molto altro tempo, ma poi si rese conto che forse lo stava schiacciando un po' troppo, e Pietro di certo non doveva sentirsi in gran forma.
-Scusa, ti ho fatto male- Alessio si scostò da lui, impensierito, ma Pietro scosse il capo:
-No, per niente- gli disse, continuando a sorridere. Aveva la voce roca e raschiante, risultato di giorni passati senza parlare, e sembrava ancora faticare ad articolare ogni parola.
-Sono solo un po' ammaccato- aggiunse, ammiccando e indicando il torace – Ma credo che tu lo sappia già-.
"Lo so anche troppo bene".
Alessio annuì. Prese posto sul bordo del materasso su cui era adagiato Pietro, osservandolo in silenzio. Gli sembrava abbastanza sereno, nonostante tutto: la sua era un'espressione di sincera tranquillità, forse più felice di vederlo e di essere vivo che spaventato per tutto il resto.
Si chiese quanto gli fosse stato raccontato di quel che era successo, o cosa ricordasse dell'aggressione. Forse non era ancora a conoscenza di tutti i particolari, o forse non ricordava tutto. Di certo doveva essergli stato spiegato che era stato tenuto in coma farmacologico negli ultimi giorni, e quali danni avesse riportato.
Vederlo tutto sommato sereno, però, almeno per il momento, ebbe il potere di calmare anche Alessio.
-Come ti senti?- gli chiese, prendendo ad accarezzargli il dorso della mano, facendo attenzione a non andare addosso al dito fasciato.
Pietro sbuffò:
-Stordito. Mi hanno detto che è normale, però-.
-Direi che lo è- Alessio rise senza alcun divertimento – Hai visto i tuoi genitori e i tuoi fratelli?-.
Loro erano riusciti a raggiungere l'ospedale almeno un'ora prima di lui, quando era iniziato l'orario di visita.
-Sì. Se ne sono andati poco fa- spiegò Pietro – I bambini?-.
-Giada non ha detto loro dove sei. Che sei in ospedale ... - iniziò a dire Alessio – Magari adesso che sei sveglio e stai meglio proverà a spiegarglielo per portarli qua. O magari preferirà aspettare che torni a casa-.
Pietro non sembrò sorpreso dalle sue parole, ma nemmeno deluso:
-Forse è l'idea migliore-.
Alessio annuì. Era sicuro che gli mancassero i suoi figli più di chiunque altro, ma aveva anche la netta impressione che Pietro temesse almeno in parte il suo primo incontro con loro dopo il coma. Forse temeva di spaventarli, o di non essere abbastanza in forma per stare con loro. Quel pensiero gli spezzò il cuore.
"Ma per quando tornerà a casa, forse si sarà un po' ripreso".
-Li possiamo videochiamare domani- propose, per mediare – Anche Christian e Federica ... Chiedono sempre di te quando non ti vedono per troppo tempo-.
Gli venne quasi da ridere al pensiero che per troppo tempo fosse da intendere qualche ora. Era sicuro che i suoi figli sentissero la mancanza di Pietro quanto la sua, e ora ancor di più dopo non averlo visto in videochiamata per quegli ultimi giorni.
Pietro rimase in silenzio per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore.
-Non si spaventeranno per la mia faccia?-.
L'aveva domandato con voce esitante, come se fosse indeciso lui stesso nell'esporre quel suo timore. Doveva essersi specchiato, dopo che l'avevano svegliato, e resosi conto del livido scuro sulla sua guancia, e delle altre escoriazioni che segnavano il volto qua e là.
Eppure Alessio trovava quelle ferite dei dettagli insignificanti, rispetto a ciò che Pietro aveva rischiato di perdere.
Prima ancora di rendersene conto, si ritrovò con gli occhi offuscati dalle lacrime, e con un singhiozzo che lasciò le sue labbra quasi inaspettatamente. Non si era aspettato di crollare così all'improvviso, ma forse, si rese conto, era resistito anche troppo a lungo.
Chiuse gli occhi, portandosi una mano al viso; anche se non poteva vederlo, percepì Pietro muoversi sotto il lenzuolo leggero, a fatica, e poi avvertì l'ombra di una sua mano sul suo braccio.
-Ehi, no ... - la voce di Pietro sembrò allarmata – Alessio ... -.
Gli ci vollero alcuni secondi per cercare di calmarsi almeno in parte:
-Scusa, io non ... -.
Si stropicciò gli occhi, e fece dei respiri profondi. Pietro lo stava osservando con occhi mortificati e malinconici, senza dire nulla.
-Non sono stati giorni semplici-.
"E i miei lo sono stati comunque più dei tuoi".
Si sentiva un debole. Era Pietro, tra loro due, ad aver subito un'aggressione ed essere finito in coma, eppure era lui a risultare più forte. Sarebbe dovuto essere Alessio a consolarlo, non il contrario come invece stava avvenendo.
-Immagino-.
Pietro gli accarezzò il braccio fino a quando il pianto di Alessio non sfumò fino a interrompersi, dopo un paio di minuti.
-Adesso andrà meglio-.
Alessio avrebbe voluto credergli. Avrebbe davvero voluto farlo, ma si sentiva ancora a pezzi, esattamente come si sentiva il giorno prima. Nonostante ciò, si sforzò di sorridergli, anche solo per rassicurarlo, per fargli capire che non sarebbe stato solo.
-Andrà meglio, sì-.
*
-Quindi ti hanno detto quando ti cacciano da qui?- fece Filippo, mentre osservava brevemente fuori dalla finestra della stanza, nel reparto dove Pietro era stato spostato quella mattina stessa.
A quella domanda, pronunciata con una certa ironia – un'ironia, per una volta, piuttosto allegra-, Pietro alzò un sopracciglio:
-Pensi che abbiano così tanta fretta di liberarsi di me, Pippo?-.
Risero un po' tutti, persino Caterina che, da quando era arrivata, sembrava un po' spaesata ed era cerea in viso. Alessio non capiva a cosa fosse dovuto quel pallore innaturale, anche se poteva semplicemente essere la stanchezza dettata dalla gravidanza e dal caldo che faceva in quei giorni di inizio Agosto. Non era riuscito ad indagare, e dubitava sarebbe riuscito a farlo in quel momento: la stanza di Pietro era insolitamente affollata, con tutti i loro amici che non avevano perso tempo a venire a fargli visita non appena avevano potuto. Avevano lasciato i bambini al campo estivo, e poi erano arrivati; Alessio li aveva preceduti di poco, quella mattina.
-Comunque, se tutto va bene, dovrei tornare a casa nella settimana di Ferragosto. Giorno più, giorno meno- rispose infine Pietro, tornando serio. Era il terzo giorno da quando i medici avevano deciso di interrompere il coma farmacologico, e Alessio lo trovava tutto sommato in forma: la voce era tornata normale, e anche il suo disorientamento era scomparso. E sembrava ancora sereno, forse perché ancora non ricordava nulla dei momenti più brutti dell'aggressione subita.
-Quindi dovrai subirti le nostre visite qui dentro ancora qualche altra volta- commentò Nicola, che stava passeggiando con passi lenti e casuali nello spazio della stanza. Pietro era stato fortunato ad essere stato spostato in una camera dove, al momento, non c'era nessun altro oltre a lui; potevano parlare liberamente senza sussurrare, e senza preoccuparsi di creare troppa confusione.
Pietro sbuffò, ma sorridendo ancora:
-Ma che gentili-.
Giulia rise, spostando un po' il passeggino di Alberto, l'unico bambino presente nella stanza:
-Suvvia, Pietruccio, lo sappiamo che ti siamo mancati. Come tu sei mancato a noi-.
-Noto una certa ironia nella tua voce- replicò Pietro.
-C'era dell'ironia, ma anche un fondo di verità-.
Pietro rise debolmente. Alessio sapeva che era sinceramente toccato dall'ondata di affetto che tutte le persone vicine a lui gli stavano dimostrando, dai suoi genitori e i suoi fratelli, passando dai loro amici, per finire con Giada e i piccoli. Era passata a visitarlo anche lei, il giorno prima, in mattinata, quando Alessio non c'era, portando con lei anche Giacomo e Giorgio. Pietro non gli aveva raccontato molto, all'orario di visita della sera, ma al ricordo gli si erano inumiditi gli occhi.
-Resteranno qui a Venezia anche i tuoi genitori e i tuoi fratelli?- chiese Caterina, dopo qualche secondo.
-No, Michele e Andrea sono già partiti ieri. I miei partiranno domani- Pietro si passò una mano tra i capelli, mentre continuava a parlare – Torneranno nel weekend, e poi quando riusciranno-.
-Devo passare a salutarli, prima che tornino a Torre San Donato- Alessio lo mormorò quasi più a sé stesso che non agli altri, ma Pietro lo udì perfettamente:
-Ormai sei di famiglia, in effetti-.
"E tua madre ne è già consapevole".
Alessio si limitò a rispondere con un sorriso gentile. Tra tutto quello di cui si era dovuto occupare in quegli ultimi giorni, non aveva ancora avuto l'opportunità di parlare a Pietro del fatto che Alessandra avesse intuito della loro storia. C'erano così tante cose di cui dovevano parlare che in certi momenti si sentiva spaesato più di quanto si sentiva Pietro.
-Manca solo l'atto ufficiale- la voce di Giulia lo distrasse da quei suoi ultimi pensieri. Si voltò verso di lei con espressione scettica, scuotendo impercettibilmente il capo:
-No, Giulia, non ci stiamo per sposare-.
"È già tanto che Pietro non mi odi dopo quel che è successo".
Forse nemmeno si ricordava del fatto che lui si era evitato l'aggressione solo perché si era distratto tanto da non sapere che ore fossero.
-Peccato, potevo farvi da damigella d'onore-.
A quelle parole Caterina ghignò:
-Ti ci vedrei-.
-Va bene, direi che è il momento di togliere le tende- Filippo tagliò corto prima che Giulia potesse ribattere qualsiasi cosa – Pietro deve riposare-.
Alessio si ritrovò ad annuire in assenso, ma con poca convinzione. La presenza degli altri gli impediva di pensare troppo a tutto ciò che lo faceva sentire in colpa ogni volta che si ritrovava vicino a Pietro, pensieri intrusivi che non facevano altro che ricordargli che era anche colpa sua se Pietro si trovava in quell'ospedale. Rimanere da solo con lui, per più tempo di quanto non ne avessero avuto a disposizione i due giorni precedenti, avrebbe significato dover affrontare da vicino certi timori.
-Ci rivediamo un'altra volta. Magari verremo di nuovo anche noi nel weekend- convenne Nicola, con praticità.
-Quando volete- Pietro spalancò le braccia – Tanto sapete dove trovarmi ... E non avrò molti impegni nei prossimi giorni-.
Alessio si tenne in disparte, mentre a turno Filippo, Nicola, Caterina e Giulia si avvicinavano al letto di Pietro per salutarlo con abbracci e baci sulle guance. Si limitò a salutarli con cenni e muovendo la mano, osservandoli mentre in un paio di minuti uscirono tutti dalla stanza, lasciando solo loro due nella loro bolla ora silenziosa. L'allegria e la spensieratezza che la loro presenza aveva portato, seppur per poco, scomparì e Alessio si ritrovò a domandarsi se sarebbe riuscito a mantenere almeno una parvenza di serenità.
NOTE DELLE AUTRICI
Finalmente, dopo capitoli di dolori, una buona notizia: Pietro è stato fatto svegliare dal coma farmacologico, e quindi inizierà la sua lenta ripresa per riprendersi totalmente da ciò che è successo. Ovviamente vediamo Alessio reagire con gioia e sollievo alla notizia che Pietro è di nuovo cosciente, anche se il loro primo incontro non è esente da qualche lacrima.
Alessio non è l'unico a fargli visita: il giorno dopo, infatti, è la volta dei parenti stretti di Pietro e, soprattutto, dei loro amici. Un incontro breve, ma molto anelato da entrambe le parti!
Ma ora che Giulia, Filippo, Nicola e Caterina se ne sono andati, rimane di nuovo Alessio da solo con Pietro ... Che si diranno?
Lo scopriremo nel prossimo aggiornamento di venerdì!
Kiara & Greyjoy
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