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Capitolo 46 - What if (Pt. 2)

Il sole non era ancora del tutto tramontato quando stava per arrivare alla meta. Venezia non brulicava di gente in ogni angolo come nel weekend, ma pur essendo lunedì sera c'erano comunque moltissimi turisti in giro, e anche qualche veneziano che stava finendo l'aperitivo o che già si stava dirigendo a cena.

Alessio invidiava chi si trovava ai tavoli dei bar che aveva superato: avrebbe voluto anche lui poter affogare nell'alcool, bere fino a svenire e dimenticare tutto. La sua resistenza, temprata in mesi e mesi di terapia e buona volontà, stava venendo sempre meno, ma non aveva ancora ceduto.

"Devo rimanere lucido" si disse tra sé e sé, mentre arrivava agli scalini dell'ultimo ponte che doveva attraversare, "Per Pietro".

Mentre saliva la scalinata cercò di non ripensare all'ultima volta che si era trovato in quell'esatto ponte, due sere prima: era stato lì che Martino gli aveva riposto al cellulare di Pietro, e da quel momento era cambiato tutto. La luce aranciata del tramonto rendeva diversi i contorni e i colori, ma il luogo era lo stesso, e inevitabilmente avvertì il petto farsi più pesante.

Gli ultimi metri, però, furono ancora più difficili da percorrere.

La piazzetta dove si affacciava l'edificio che ospitava il Rose Mary non era mai particolarmente frequentata, e men che meno lo era in quel momento. Alessio si costrinse a tenere gli occhi abbassati a terra, senza guardarsi troppo intorno, il respiro accelerato per lasciarsi alle spalle quella zona il prima possibile.

"È successo qui, a pochi metri da me".

Se si fosse fermato sarebbe scoppiato di nuovo in lacrime, come era successo innumerevoli volte in quegli ultimi giorni.

Non voleva vedere. Non voleva riconoscere qualche segno del pestaggio che Pietro aveva subito su quel cemento. Tenne gli occhi fissi sul percorso davanti a sé, fino a quando non arrivò al portone di legno scuro che era l'entrata del centro.

Prima di entrare si fermò, aggrappandosi alla porta, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, cercando di recuperare una parvenza di controllo.

Non era sicuro che fosse stata una buona idea venire fin lì, dove sapeva ci avrebbe trovato Martino – non sapeva nemmeno se fosse stata una buona idea uscire di casa. Lasciare il suo nido di disperazione e solitudine era stata una violenza che si era autoimposto, e per cui ora ne risentiva.

Eppure, nonostante quell'ultimo pensiero, quando riaprì gli occhi dopo qualche secondo, spinse la porta e avanzò all'interno.





-Sei già tornato in ospedale?-.

Martino si era appoggiato contro la parete dell'atrio, con aria abbattuta. Alessio non ricordava altre volte in cui l'aveva visto vestito in maniera così sobria, quasi trasandata, senza nemmeno un velo di trucco in viso. E, nonostante tutto, aveva comunque un'aria migliore di quanto fosse la sua.

-Non ancora. Oggi ci sono andati i suoi genitori- spiegò, rimanendo fermo di fronte a Martino, a pochi passi da lui – Mi hanno chiesto se posso accompagnarli domani-.

-E te che hai risposto?-.

Alessio alzò le spalle:

-Non avevo molta altra scelta. Dovrei anche parlare con il medico, capire se ci sono cambiamenti ... -.

Lasciò cadere la frase senza concluderla. Era spaventato a morte dalla chiacchierata che si sarebbe dovuto fare con il chirurgo, o di quello che avrebbero potuto raccontargli i genitori di Pietro della visita di quella giornata, ma non aveva altre opzioni. Non poteva permettersi di ficcare la testa sottoterra, non nella posizione in cui si ritrovava.

-Ma per ora è stabile, no?- fece Martino, con la speranza ad animargli le iridi – È già qualcosa-.

-È qualcosa-.

Alessio non aggiunse nient'altro. Si sentiva a disagio a trovarsi lì al centro, senza Pietro: si era sempre ripromesso di visitarlo, venire a conoscere quegli spazi che a lui stavano tanto a cuore, e di certo lo avrebbero fatto insieme quando sarebbe capitata l'occasione adatta. Invece, in quel momento, si ritrovava ad essere lì per la prima volta da solo, con la sola compagnia di Martino, in un luogo che gli sembrava molto più freddo di quel che si era sempre immaginato rispetto ai racconti di Pietro.

Le pareti dell'atrio erano tappezzate di locandine colorate, poster e fotografie, eppure gli sembrava tutto così spento e smorzato. E si sentiva osservato ogni volta che qualcuno dell'associazione passava di lì per uscire o entrare, come se tutti, pur non conoscendolo e non avendolo mai visto prima, sapessero perfettamente come mai si trovasse in quel luogo.

E poi, adesso che il portone d'ingresso era stato lasciato aperto da qualcuno che era uscito poco prima, non riusciva a trattenere troppo a lungo il suo sguardo dall'andare allo spazio esterno, lì dove Pietro aveva sofferto e dove doveva aver temuto per la sua stessa vita. Cercava di non indulgere troppo in certe immagini, ma era difficile farlo quando quel posto aveva legati a sé certi avvenimenti.

-Ciao-.

Alessio sobbalzò, guardandosi intorno. La voce femminile che aveva appena parlato era arrivata da un punto vicino a dove si trovavano lui e Martino, segno evidente che era a loro che quel saluto era rivolto. E poi, oltre a loro due, in quel momento non c'era nessun altro fermo nell'atrio.

C'era una ragazza giovane, con una frangia di capelli scuri che rischiava di finirle negli occhi altrettanto scuri, ferma poco distante da loro, e che appena lo vide voltato verso di lei gli allungò la mano destra.

-Tu devi essere Alessio. Io sono Lara-.

Di colpo tutti i dubbi che Alessio aveva avuto fino a quel momento scomparvero.

"Come ho fatto a non pensarci?".

Avrebbe dovuto intuirlo anche solo dall'accento siciliano. Pietro spesso gli parlava di lei, insieme a Martino e a qualcun altro dell'associazione. Quello di Lara, in ogni caso, era uno tra i nomi più ricorrenti, anche solo per il fatto che lavoravano insieme.

-Sono io- le confermò, stringendole la mano per brevi secondi – Pietro mi parla spesso di te-.

-Spero parli solo di cose belle- fece, con un sorriso – Anche di te parla spesso. Sempre, a essere più precisi-.

Martino ridacchiò debolmente, ma Alessio si ritrovò ad arrossire comunque, nonostante tutto.

-Non mi è difficile immaginarlo-.

-Avrei preferito conoscerti in altre circostanze ... - proseguì Lara – Più felici, diciamo-.

-Già. Penso lo avremmo voluto tutti- mormorò Alessio, con sincerità.

-Ci sono novità?-.

Prima che Alessio potesse trovare la forza per rispondere a quell'ennesima domanda, che continuava a metterlo sempre più in difficoltà, fu Martino a prendere la parola:

-Non rispetto a quello che t'ho già detto io- disse, prima di rivolgersi ancora ad Alessio – Quando vai in ospedale domani facci sapere come va-.

-Certo. Dovrò farlo sapere a un po' di gente- Alessio si strinse nelle spalle, già sapendo che l'indomani sarebbe stata una giornata tutt'altro che semplice. E il dover parlare con i genitori di Pietro, oltre a dare un aggiornamento sulle sue condizioni a molte persone, non era neanche lontanamente la cosa più difficile che si sarebbe ritrovato ad affrontare.

Inconsciamente aveva di nuovo alzato lo sguardo, gli occhi che erano andati oltre la soglia dell'entrata, fuori nella piazzetta che le prime scie della sera stavano rendendo meno nitida.

"Se fossi stato lì cosa sarebbe successo?".

Quella domanda avrebbe continuato a tormentarlo.

-È successo là, vero?-.

Non si era quasi reso conto di aver parlato. Quando si voltò di nuovo verso Martino, però, vide i suoi occhi spenti, e il suo lento annuire in una muta conferma.

-Appena abbiamo notato che c'era un pestaggio in corso io e Martino siamo corsi-.

Lara aveva iniziato a parlare, la voce grave come se faticasse lei stessa a sopportare il ricordo di quella sera.

-Non sapevamo ancora che fosse Pietro quello che stava ... - si interruppe per qualche secondo, la voce che era venuta meno – Beh, quando ce ne siamo resi conto è stato uno shock-.

Martino annuì di nuovo:

-Avevamo paura che ci fossero andati giù pesanti. Quei pezzi demmerda ... -.

-Aveva perso i sensi e non rispondeva quando abbiamo provato a svegliarlo- aggiunse Lara.

-Il colpo alla testa. È per quello che è svenuto- si ritrovò a mormorare Alessio, con voce vuota – Forse anche per la paura-.

"Forse se fossi stato lì si sarebbe sentito meno impaurito".

Se fosse stato solo si sarebbe lasciato andare all'ennesimo pianto di disperazione e pieno di colpa, ma c'erano Martino e Lara con lui. Si trattenne a stento, soffocò persino la voglia di tornarsene a casa che, in quegli ultimi attimi, era tornata pressante.

-Smettila de pensacce-.

Martino gli aveva afferrato una mano, quasi con foga, costringendolo a tornare a guardarlo.

-Stai ancora pensando che è colpa tua. Non lo è-.

Alessio non provò a negarlo: la sua espressione doveva essere come un libro aperto, i suoi pensiero così intuibili.

-Dovevo essere già lì quando Pietro è uscito- disse a mezza voce – Magari vedendoci in due non si sarebbero avvicinati-.

-O magari vi avrebbero visto baciarvi e avrebbero deciso di picchiare entrambi- Lara sospirò a fondo – Era ovvio che volevano far finire male qualcuno. Forse erano ubriachi o fumati ... Se ne sono andati quando siamo arrivati io e Martino probabilmente solo perché ormai erano soddisfatti della loro opera. Forse, se fossimo arrivati prima, avrebbero provato a menare pure noi-.

-Sicuro- Martino ne sembrava davvero convinto. L'attimo dopo Alessio si ritrovò con il viso tra le mani dell'altro, e i suoi occhi verdi puntati addosso:

-Alè, basta con ste pare. Ok, eri in ritardo e altrove, ma so' cose che succedono-.

Martino lasciò scivolare le mani alle sue spalle, in una stretta gentile.

-Mica potevi sapere come sarebbe andata a finire ... In una qualsiasi altra sera saresti arrivato in ritardo, Pietro t'avrebbe mandato un po' a fanculo per un paio de minuti, e poi ve ne sareste andati a fa' serata come niente fosse. Sarebbe andata così, se a sto mondo non ci fosse certa gentaglia-.

Alessio avrebbe voluto che fosse andata così, esattamente come l'aveva raccontata Martino, più di ogni altra cosa al mondo.

"E invece è in un cazzo di letto d'ospedale".

-E poi non credo che Pietro stesso ti incolperà mai di una cosa del genere- la voce di Lara sembrava sul punto di rompersi, forse per il pianto – Se ci fossi stato anche tu, avrebbe avuto paura anche e soprattutto per te. Per quel che avrebbero potuto farti-.

-Appunto-.

Martino non aveva ancora mollato la presa, e forse Alessio avrebbe quasi voluto essere abbracciato. Sarebbe scoppiato in lacrime se Martino lo avesse fatto.

-Fa una cosa: domani va in ospedale. Va da lui- gli disse ancora – Stagli vicino, adesso e soprattutto quando si sveglierà. Sono piuttosto sicuro che avrà bisogno di te, e vorrà te, più di chiunque altro-.








NOTE DELLE AUTRICI
Alla fine Alessio ha davvero accettato la proposta di Martino, incontrandolo direttamente all'associazione e passando di fronte proprio al luogo dell'aggressione a Pietro. Ovviamente l'umore di Alessio è ancora a terra, e il senso di colpa è enorme: è infatti di questo che finiscono per parlare lui e Martino ... Più Lara, che Alessio conosce per la prima volta proprio in questa circostanza.
Nonostante le rassicurazioni di entrambi sul fatto che Alessio non abbia colpe per quello che è successo, lui non ne sembra affatto convinto. Ma saranno almeno riusciti a spingerlo ad andare in ospedale, dove Pietro è ancora ricoverato e in coma farmacologico?
Lo scopriremo nel prossimo aggiornamento di mercoledì!
Kiara & Greyjoy

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