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Capitolo 45 - Tonight is the night I die (Pt. 2)

tw: slur omofobi, violenza (non eccessivamente grafica)

Lonely, another day

Drowning, please save me

I am struggling

In my own daydream

I know I can't live much longer

Hear the angels sing

Le luci al neon della stanza cominciavano a fargli lacrimare gli occhi. Pietro se li stropicciò con gesti stanchi, chiedendosi se sarebbe mai resistito per almeno due ore davanti allo schermo del cinema. Non aveva granché fiducia di potercela fare, e forse avrebbe fatto meglio a chiedere ad Alessio di rimandare, ma pur sapendo che di certo spiegandogli la situazione non se la sarebbe presa, non gli andava nemmeno di deluderlo. Nonostante l'assenza di Christian e Federica non avevano avuto molte occasioni per uscire nelle ultime settimane.

Il rumore di sedie spostate arrivò alle sue orecchie, facendolo trasalire. Le persone stavano cominciando a defluire fuori dalla stanza dove, per quasi due ore intere, tutto il comitato centrale del Rose Mary si era riunito per decidere gli appuntamenti di incontri informativi e di approfondimento dei successivi due mesi.

Era stata una riunione infinita, anche se perlomeno avevano raggiunto un punto d'incontro che poteva soddisfare quasi tutti. La certezza che aveva Pietro, oltre alla stanchezza dovuta alle ore pomeridiane passate con Giacomo e Giorgio e poi lì dentro, era che lui e Lara avrebbero avuto un gran bel daffare sui canali social e sul blog del centro per molte settimane a venire.

-Oi-.

Nel momento stesso in cui Pietro si era alzato a sua volta, con l'intenzione di uscire il più in fretta possibile, Martino gli si era avvicinato. Non avevano avuto occasione di parlarsi prima, non quando Martino era arrivato talmente in ritardo che la riunione era già iniziata da una mezz'ora abbondante.

-'Na riunione intensa, eh?- gli fece, prima ancora che Pietro lo salutasse di rimando.

-Non volete proprio farvi un po' di vacanze. Manco in estate- si ritrovò a bofonchiare, con sarcasmo.

Martino rise debolmente:

-Le lotte per i diritti civili nun se fermano mai, tesò-.

Aveva ovviamente ragione, e quindi Pietro si ritrovò in silenzio, senza saper come replicare. Forse, in un futuro non ancora delineato, avrebbe trovato anche lui coraggio per prendere parte anche ai momenti di lotta vera e propria, e non solo a quelle riunioni organizzative. Martino era stato tra quelli in prima linea al Pride che si era tenuto il mese prima a Padova, e ci si sarebbe trovato anche in una qualsiasi futura marcia di protesta che si sarebbe resa necessaria. Lui, invece, al Pride non ci aveva ancora messo piede, e non riusciva ancora a figurarsi del tutto in uno scenario del genere.

-Che fai mo'?- Martino gli si rivolse ancora, forse incuriosito dal suo silenzio prolungato.

-Devo vedermi con Alessio-.

A quelle parole Pietro si ricordò di controllare l'ora sul cellulare. Lo tirò fuori dalla tasca dei jeans, e quello che vide sul display non gli piacque affatto.

-Cazzo!- esclamò a denti stretti – Non mi ero accorto che fosse così tardi-.

Alessio gli aveva dato appuntamento per le nove e un quarto, ma quell'ora era passata già da almeno una decina di minuti.

-Abbiamo sforato giusto un po' con l'orario- confermò Martino – Devi annà?-.

-Sì, dovevo uscire dieci minuti fa- Pietro si rimise il cellulare in tasca in tutta fretta, deciso a correre fuori dall'edificio nel minor tempo possibile – Salutami Lara se la vedi. Devo scappare-.

Vide di sfuggita Martino annuire, prima di uscire a sua volta dalla stanza. Non c'era già più nessuno, a parte un gruppetto di persone ferme in fondo al corridoio. Tra loro gli parve di intravedere Lara, ma non ebbe il tempo per esserne certo: si catapultò giù per le scale, diretto all'atrio.

Fu mentre lo attraversava a lunghi passi che gli sorse un dubbio: tirò di nuovo fuori il cellulare, abbassando gli occhi sullo schermo. Era come aveva immaginato: nessuna notifica, né di messaggi né di chiamate perse, da parte di Alessio.

"Strano".

Era insolito che non gli chiedesse dove fosse finito, seppur il ritardo non fosse così grave. Ed era ancora più anomalo che non gli avesse scritto per avvisarlo che era già arrivato.

Mentre usciva nel buio della sera, i lampioni accesi a rischiarare insieme alla luce proiettata dalle finestre aperte delle abitazioni lì intorno, Pietro digitò velocemente un messaggio indirizzato ad Alessio:

«Ho appena finito con la riunione. Dove sei?».

Si fermò a guardare il display per qualche secondo, prima di bloccare il cellulare e rimetterlo nella tasca dei jeans. Alessio era in ritardo più di quanto lo era lui, palesemente; si guardò intorno nella speranza di vederlo spuntare, ma di Alessio non c'era traccia. La videochiamata doveva essersi protratta più del dovuto, o forse aveva avuto qualche altro imprevisto che gli aveva impedito di essere puntuale.

Pietro alzò le spalle: non era nulla di grave, si sarebbe fumato una sigaretta mentre lo aspettava. Avrebbe ingannato il tempo di attesa, con l'unica speranza che da una sigaretta non dovesse passare a due.

Fece per tirare fuori il pacchetto, nell'altra tasca dei jeans, quando avvertì un rumore di passi poco distanti da lui. Quando alzò gli occhi non era Alessio che gli stava venendo incontro, né qualcuno dell'associazione: era un gruppetto di tre ragazzi, vestiti completamente di nero, con dei cappellini con le visiere calate sugli occhi. Pietro era sicuro di non conoscerli, già solo con il poco del volto visibile da sotto le visiere abbassate, ma era anche altrettanto sicuro che si stessero dirigendo verso di lui.

-Ehi, frocio! Che ci fai qua tutto solo?-.

Si bloccò completamente non appena si sentì apostrofare in quel modo, dal ragazzo che si trovava in mezzo agli altri due. Era stato tutto così inaspettato, così improvviso, che Pietro non trovò nulla con cui ribattere.

"Possibile che siano proprio loro?".

Non aveva mai visto il gruppetto di ragazzi che aveva causato danni e fastidio fuori dal centro per tutto il mese appena trascorso, se non da lontano una sera in cui si era affacciato da una delle finestre del primo piano. Aveva avuto fortuna, perché in verità erano stati in molti all'interno dell'associazione ad avere a che fare con loro, purtroppo: in molti erano stati insultati mentre entravano o uscivano dall'edificio, poi era venuto il tempo dei gesti vandalici sula facciata del palazzo, con disegni turpi e frasi ancora peggiori. Era da qualche giorno che era tornata ad essere calma piatta, e Pietro, come tutti gli altri, aveva pensato che si fossero stancati.

Cominciava ad avere il sospetto, in quel momento mentre quei tre lo approcciavano e gli si avvicinavano, di essersi sbagliato.

-Dove li hai lasciati i tuoi amichetti?- fece un altro dei ragazzi, quello più alto dei tre, con fare canzonatorio. Dovevano essere ubriachi, a giudicare dall'odore di alcool che emanavano, e forse oltre a quello doveva esserci l'effetto anche di altro.

-Voi non dovreste essere a casa?- Pietro ritrovò la voce dopo secondi in cui aveva accarezzato l'idea di allontanarsi e basta, senza replicare – Avrete a malapena quindici anni-.

Non aveva idea di che età avessero, ma erano giovani. Di quello ne era sicuro, come era certo che non sembravano affatto spaventati da lui.

"E d'altro canto loro sono in tre, e io solo uno".

Lanciò un'occhiata nervosa verso l'ingresso del centro: forse qualcuno sarebbe uscito di lì a poco. C'erano ancora persone quando lui era uscito ... C'era ancora Martino, e anche Lara.

-E a te che ti frega, eh?- quello che era rimasto in silenzio fino a quel momento si fece avanti, fin troppo vicino –Finocchio di merda-.

Pietro aveva la gola e la bocca secche. Era la prima volta che si ritrovava in una situazione simile, con un retrogusto di paura e voglia di scappare. Non stava badando nemmeno troppo agli insulti, anche se sapeva che avrebbero fatto male dopo, quando si sarebbe ritrovato a ripensarci; voleva solo andarsene via, essere lasciato in pace e continuare per la sua strada, il più lontano possibile da quel gruppetto.

-Non mi pare di avervi fatto nulla- disse ancora, cercando di suonare sicuro di sé – Quindi, direi che io non dò fastidio a voi e voi non date fastidio a me-.

Si rese conto che non avrebbe funzionato l'attimo stesso in cui li udì ridere.

-Oh, pensa di poterci dire cosa fare-.

"Non finirà bene".

Quell'ultimo pensiero lo fece tremare impercettibilmente.

-Siete voi che campate qua fuori da un mese, vero?-.

Non aveva idea di come si sarebbe sentito poi nell'averne la conferma. Avrebbe fatto qualche differenza? Di certo, l'unica cosa che avrebbe saputo in più era che fino a quel momento nessuno dei tre aveva mai provato a sfiorare qualcuno del centro. Si erano sempre limitati solo agli insulti e al vandalismo, ma non erano mai andati oltre.

"Solo che stasera sono ubriachi e fatti".

E se non erano gli stessi ragazzi, non avrebbe avuto nemmeno quella certezza.

-Dovreste andarvene- quello che gli si era fatto più vicino aveva preso a biascicare, ignorando la sua domanda – Dovete sloggiare da questa zona-.

-Dovete proprio smettere di esistere- gli diede man forte un altro – Siete dei malati, dei pervertiti-.

In altre circostanze, circostanze passate, Pietro avrebbe udito quelle parole e avrebbe cercato il modo più veloce per filarsela via, con una voce dentro di lui a  dirgli che avevano ragione a trattarlo così. Ma quel Pietro aveva smesso di esistere, e in quel momento non provò alcuna vergogna e nemmeno il timore che aveva avuto fino a quell'istante: avvertiva solo rabbia, e la consapevolezza che non sarebbe più rimasto zitto a subire. E che no, non era lui quello ad essere dalla parte sbagliata.

-Siete voi quelli normali, eh?-.

Stavolta fu lui a fare un passo avanti, a muso duro contro il ragazzo che aveva appena parlato. Era consapevole che un gesto del genere equivaleva a dichiarare guerra aperta, ma non era riuscito a trattenersi: era troppo furioso, la rabbia sovrastava persino la paura che da quell'incontro potesse beccarsi un pugno in faccia.

-Andate via, lasciatemi in pace- sibilò, spostando lo sguardo su tutti e tre.

Per i primi attimi nessuno dei tre reagì. Quel silenzio gli fece supporre che non dovevano essersi aspettati una sua reazione, men che meno di quel tipo; forse credevano che avrebbe subito in silenzio, magari scappando a gambe levate.

"Un tempo forse lo avrei fatto".

Quando i secondi divennero un minuto, credette di essere riuscito a porre la parola fine a quel teatrino che era andato avanti anche troppo a lungo. Fece un passo indietro, intenzionato a lasciarseli alle spalle, imboccando la via verso casa. Magari avrebbe incrociato Alessio lungo il cammino, e forse dopo avergli raccontato cos'era successo avrebbero preferito entrambi rientrare e rimandare la loro uscita ad un'altra sera.

-Che cazzo hai detto, frocio?-.

Forse avrebbe dovuto stupirsi quando il primo pugno gli arrivò dritto in faccia, ma non successe: forse si era aspettato quel finale sin dall'inizio, da quando quei tre erano comparsi. La parte del viso colpita gli doleva, ed era sicuro che l'indomani si sarebbe ritrovato con un ematoma ben evidente.

Non era, però, pronto al resto e al dolore che lo accompagnò.

Tonight is the night I die

Tonight is the night I die

Tonight is the night I...

Surrender to my pain

Locked inside my cage

Non ebbe il tempo di reagire, troppo stordito da quel primo colpo e dal secondo che arrivò a distanza di pochi secondi. Si ritrovò con gli occhi chiusi, a barcollare, chiedendosi se avrebbe toccato prima terra o i muri dei caseggiati lì intorno, mentre con piedi incerti si trascinava indietro.

Ebbe solo l'impressione di avvertire delle mani bloccargli le braccia, ma ne ebbe poi la certezza quando cercò di alzare le mani: uno dei tre l'aveva sicuramente raggiunto per tenerlo fermo, impedirgli di difendersi.

"Come se non fossi già stato da solo in balia di tre pazzi".

Stavano schiamazzando, dicendo qualcosa, ma Pietro non li udì: era come se la sua mente si stesse allontanando, andando in un posto sempre più lontano ad ogni colpo ricevuto. Anche il dolore, seppur presente, era come se stesse sfumando in qualcosa di più indefinito: sapeva che il volto gli doleva, così come l'addome e il busto, sotto i pugni che stava ricevendo, ma era come se una parte di lui si stesse distaccando da tutto quello che stava accadendo.

Tossì violentemente all'ennesimo colpo che gli fece uscire tutta l'aria nei polmoni, ma non sembrò essere un deterrente per farli fermare. Forse, se fossero stati lucidi e non ubriachi, avrebbero capito quando fermarsi. Ma non avevano freni, questo Pietro lo ricordò in un momento di lucidità presente. Non sarebbero stati soddisfatti molto presto, anche se lo sperava.

"C'è qualcosa che può fermarli?".

Non urlò, forse per non dare loro anche quella soddisfazione. Poteva solo sperare che qualcuno passasse di lì e li fermasse in un qualche modo, o che si stancassero presto. Non sapeva come lo avrebbero ridotto fino a quando una delle due cose non fosse successa.

Si sentì spingere a terra all'improvviso, e nonostante la poca resistenza che le sue gambe potevano dargli in quel momento, non cedette subito. Ma erano in tre e lui uno solo, e quando toccò la pavimentazione della strada, in modo violento, avvertì un dolore sordo dietro l'orecchio.

Stava aprendo la bocca, ma non capì se stava riuscendo a far uscire la voce: stava urlando o era solo la sua immaginazione, l'ultimo pensiero lucido prima del buio?

I suoi occhi si offuscarono. Tutto stava divenendo troppo confuso, la notte si stava chiudendo intorno a lui lasciandolo cieco.

Non aveva paura nemmeno in quel momento.

"È così che ci si sente quando si muore?".

Pensò ai suoi figli, a Giacomo e Giorgio, che aveva visto quello stesso pomeriggio, promettendo loro che il prossimo weekend li avrebbe portati al mare. Pensò ai suoi genitori, ai suoi fratelli. Pensò anche ai suoi amici, Nicola, Filippo, Caterina e Giulia ma anche a Martino, a Lara e a Fernando.

Pensò ad Alessio.

Poi tutto scomparve.

Tonight is the night I die

Believe me, believe me when I say

Tonight is the night I die

Believe me, believe me when I say

Tonight is the night I die*






*il copyright della canzone (Palaye Royale - "Tonight is the night I die") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Prima di maledirci aspettate di leggere il resto del capitolo!😂😱
Il tono di questo aggiornamento è in forte contrapposizione al precedente, e di certo Pietro non si sarebbe aspettato che la serata avrebbe preso una piega così drammatica.
Avevamo lasciato un piccolo indizio su cosa sarebbe potuto succedere nel capitolo precedente, e come Alessio aveva temuto in quell'occasione, effettivamente i teppisti che avevano infastidito l'associazione precedentemente sono tornati a colpire nel peggiore dei mondi.
Scopriremo cosa sarà di Pietro, ma soprattutto: che fine ha fatto Alessio?
Fidatevi di noi! Nel frattempo vi diamo appuntamento a mercoledì prossimo 😉
Kiara & Greyjoy

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