Capitolo 8 - Tonight (Pt. 1)
Mancavano pochi minuti a mezzanotte quando lasciò il cellulare posato sul tavolino di vetro di fronte al divano – quello che ormai da qualche mese poteva definire il suo nuovo comodino. Pietro si rigirò meglio sul divano, il lenzuolo leggero che gli copriva le gambe nude e lo proteggeva dall'aria che entrava dalla finestra del salotto lasciata aperta.
La mattina dopo, un qualsiasi venerdì di fine Luglio, si sarebbe svegliato presto come al solito per andare al lavoro, ma non aveva ancora sonno: prospettava di doversi rigirare più volte su quel divano troppo stretto, prima di riuscire a raggiungere anche solo uno stadio di sonnolenza.
Dette le spalle al tavolino e al resto della stanza, posizionandosi con la testa verso lo schienale, cercando di riparare gli occhi dalle luci dei lampioni che riusciva a notare dalla finestra. Si era scordato di tirar giù le persiane – o perlomeno tirare le tende-, ma non aveva voglia di alzarsi.
Non sapeva quanti minuti erano passati da quando si era sforzato di serrare gli occhi e rimanere fermo, al momento in cui gli parve di percepire il rimbombo di alcuni passi sul pavimento.
Pietro alzò la testa lentamente, chiedendosi se si fosse addormentato prima del previsto e fosse tutto un sogno, o se quei passi fossero davvero di Giada.
Ebbe la sua risposta nemmeno un minuto dopo, quando sentì i passi fermarsi sulla soglia del salotto. Si mise seduto per riuscire a guardare oltre lo schienale del divano, e nella penombra riuscì a riconoscere la figura di Giada. Era vestita con una camicia da notte leggera e viola, i capelli lunghi biondi scompigliati come se si fosse agitata nel letto. Rimase in silenzio per qualche secondo, prima di parlare per prima:
-Non pensavo fossi ancora sveglio-.
A Pietro parve più il contrario: era piuttosto evidente che fosse venuta fin lì senza qualche altro motivo preciso, se non parlare con lui. Giada doveva aver in qualche modo imparato le sue nuove abitudini: Pietro, da quando non dormiva più con lei in quella che era stata la loro stanza, aveva preso ad addormentarsi a notte fonda.
-Tu dovresti essere già andata a riposarti- le rispose, lanciando un cenno al grembo ormai evidente coperto dal tessuto della camicia da notte. Mancavano meno di due mesi al parto, e il pancione di Giada sembrava già sul punto di scoppiare. Pietro non ne era del tutto sicuro, ma gli sembrava di ricordare che quando stava aspettando Giacomo, la pancia al settimo mese non fosse così prominente.
-Tanto non riuscirei comunque a dormire- Giada sbuffò a mezza voce, per non farsi udire da Giacomo. Fece qualche passo lentamente, andando a sedersi su una delle poltrone accanto al divano.
-Non ne posso più di questa situazione-.
Pietro annuì, colpevole:
-Lo so- mormorò, un sussurro appena udibile.
Pur nella penombra della stanza, fu sicuro di notare un sorriso tutt'altro che allegro sulle labbra di Giada.
-Oh, lo so che lo sai- fece lei, con ironia pungente. Sospirò a fondo, stancamente, passando una mano tra le ciocche bionde per spostarle dal viso.
-Sto pensando da settimane ... Anzi, da mesi, su cosa fare dopo che nascerà il bambino- fece di nuovo lei, dopo alcuni secondi di silenzio.
Pietro si ritrovò a strabuzzare gli occhi, incredulo:
-Ne vuoi parlare ora?- le chiese, senza provare a nascondere il disappunto.
Per un attimo credette davvero di star sognando: aveva provato ad introdurre quell'argomento infinite volte, nei mesi precedenti, ritrovandosi di fronte al muro di silenzio eretto da Giada. Era come se anche il solo accennare a quel che sarebbe venuto dopo la nascita del loro secondogenito le potesse procurare un rigetto totale.
Non si era aspettato che fosse lei a tornare su quella discussione, né tantomeno che l'avrebbe fatto in piena notte. Forse era proprio quello che la stava tenendo sveglia.
Giada sbuffò di nuovo, stavolta più sonoramente:
-Farebbe differenza aspettare qualche ora?- disse, con tono di sfida – E poi in realtà la situazione è molto semplice-.
Pietro schioccò le labbra, preso in contropiede. La situazione poteva essere meno semplice di quel che sembrava – con il suo budget stava diventando piuttosto difficoltoso pensare di trovare un appartamento a Venezia, o anche solo a Mestre-, ma riusciva ad intuire cosa Giada intendesse con quelle parole.
D'altra parte non era lei ad avere urgenza di andarsene.
-Sì, sto già cercando un altro posto dove andare a stare, solo che ... -.
-No- Giada lo interruppe bruscamente, rivolgendogli uno sguardo duro – Sono io che me ne andrò-.
Pietro era sicuro che, se avesse avuto uno specchio di fronte, avrebbe visto il suo riflesso con occhi sgranati e la bocca semiaperta, senza riuscire ad articolare alcuna parola.
Giada sospirò appena, abbassando per un attimo lo sguardo:
-Non ho alcun motivo di rimanere in questa casa- disse a mezza voce, con amarezza – È sempre stata tua, di mio non ha mai avuto granché. Puoi anche tenertela, per quel che mi riguarda-.
Pietro cercò di riordinare le idee, di ritrovare la voce per essere in grado di chiederle se fosse del tutto certa di voler proseguire in quella direzione. Era sicuro che Giada, con il suo stipendio, era decisamente più avvantaggiata di lui, e non escludeva del tutto che avesse iniziato a cercare un'altra abitazione già da qualche tempo, senza dirglielo. Non riuscì però a non pensare al fatto che, con lei, sarebbero andati anche Giacomo e il piccolo che sarebbe nato tra non molto.
-Sei sicura?- le chiese, schiarendosi la voce dopo essersi reso conto di averla troppo rauca – Voglio dire, non è facile trovare un altro appartamento a Venezia-.
Si rese conto che avrebbe potuto farle notare qualsiasi altro aspetto problematico della questione – come il fatto che un trasloco con un neonato e un bambino di due anni non sarebbe stato esattamente facile-, ma Giada non sembrò farci comunque caso.
-Ho i miei contatti- gli rispose, distendendosi meglio contro lo schienale della poltrona – E in ogni caso mi sono mossa già da tempo, solo che non te l'ho detto-.
Pietro non si stupì affatto di sentir confermare i suoi sospetti: Giada era sempre stata previdente. Era avversa solo alle sorprese, come quella che Pietro le aveva riservato nel lasciarla.
-Non appena mi sarò ripresa abbastanza dal parto per affrontare un trasloco, me ne andrò- proseguì ancora lei, con determinazione. A Pietro bastò sentirla parlare in quel modo per capire che non ci sarebbe stato modo di farle cambiare idea nemmeno di una virgola su quel suo progetto.
C'era qualcos'altro che gli premeva sapere, qualcosa che lo stava tormentando da quando aveva fatto coming out con la certezza che sarebbe cambiata ogni cosa.
-E ... -.
Pietro si schiarì la voce, forse per la prima volta intimidito di fronte a Giada. Anche se teneva lo sguardo abbassato sul lenzuolo leggero che in parte gli copriva le gambe nude, sentiva addosso gli occhi di lei scrutarlo in attesa.
Cercò di farsi coraggio, anche se la risposta che avrebbe potuto ricevere avrebbe potuto anche distruggerlo:
-E i bambini?-.
Giada aggrottò la fronte:
-Che intendi dire?-.
Pietro continuò a tenere gli occhi lontano da lei, le mani che si torturavano tra loro con nervosismo:
-Me li farai vedere?- mormorò, con voce a malapena udibile – Quando non vivrai più qui-.
Si era ripromesso tante volte di parlarne con Giada, molto prima di quella notte, ma si era sempre frenato per paura. Paura di sentirsi dire che non gli avrebbe permesso di vederli, che non se lo meritava.
Giada rimase in silenzio per diversi secondi, immobile sulla poltrona. Sembrava immersa in pensieri profondi, e Pietro sperò solo che non fosse indecisa su come dirgli che i loro figli sarebbero rimasti con lei e unicamente con lei. Quando la sentì sospirare, Pietro si stupì di cogliere quella che sembrava una nota di sconfitta nella sua voce:
-Non sono quel tipo di persona, Pietro-.
Staccò la schiena dallo schienale della poltrona, sporgendosi verso di lui per quanto le era possibile, il viso che a Pietro parve più stanco del solito.
-Lo so che sono i tuoi figli, e per quanto meschino e codardo tu sia stato con me, non mi hai ancora dato un reale motivo per impedirti di vedere loro- sussurrò ancora Giada, la voce completamente diversa da come gli si era rivolta prima. Si alzò qualche secondo dopo, probabilmente diretta alla stanza da letto; prima di allontanarsi, però, gli rivolse ancora un ultimo sguardo, ferito e deluso come poche altre volte Pietro lo aveva visto.
-Lo faccio solo per loro, tienitelo bene a mente-.
Per quanto quelle ultime parole di Giada gli risuonarono sprezzanti e taglienti, Pietro non aggiunse nulla, mentre la osservava allontanarsi dal salotto. Quella risposta gli bastava.
*
-Stai bene?-.
Caterina sobbalzò di colpo, voltandosi con sguardo torvo verso la direzione da cui proveniva la voce. Nicola emerse dalla penombra, soffermandosi sulla soglia della porta e venendo finalmente colpito dal fascio di luce della lampada accesa del bagno.
-Ti sembra il modo di sbucarmi alle spalle?- lo rimproverò Caterina, non smettendo nemmeno per un attimo di guardarlo malamente – Di notte, poi ... Come un ladro-.
-Veramente sei tu che rovistavi come un ladro- le fece notare lui, alzando un sopracciglio e rispondendo all'ennesima occhiata minacciosa di Caterina con un sorriso compiaciuto – Non hai risposto alla domanda, comunque-.
Caterina sbuffò sonoramente, ritirando la mano che aveva infilato in mezzo ai medicinali che tenevano nell'armadietto del bagno. Tenne stretta tra le dita la scatola degli analgesici che era venuta a cercare, ignorando ancora per qualche secondo Nicola e il suo sguardo insistente.
-Sto bene- gli disse, a mezza voce – Solo un po' di mal di testa-.
A quelle parole gli occhi di Nicola brillarono:
-Mal di testa, eh?- ripeté, avvicinandosi ancora un po'. A Caterina parve quasi che stesse sperando di vederla malconcia.
-Non è uno dei sintomi- gli fece presente, con un sorriso falso che somigliava più ad uno stiramento dei muscoli facciali.
Nicola sembrò adombrarsi un po':
-Nemmeno un po' di nausea?- tentò ancora, senza sentirsi sconfitto di fronte al cenno di diniego di Caterina – Neanche poca?-.
-Stai sperando che io stia male?- Caterina lasciò la scatola di medicine sul lavandino, dando pacche leggere in direzione di Nicola con entrambe le mani. Si mise a ridere, nonostante tutto. Lui le bloccò i polsi dopo qualche tentativo andato a vuoto, tenendoli in una presa non troppo forte, ma salda:
-Non esattamente- puntualizzò, affannato – Cioè ... Sì, ma per un buon motivo-.
Caterina lo guardò ancor più malamente di prima:
-Che ne dici di dormire sul divano stanotte?-.
Nicola la guardò con occhi sgranati, cosa che fece rischiare Caterina di scoppiare a ridergli in faccia. Scosse il capo, spostando lo sguardo verso la confezione di antidolorifici: l'aprì per prendere tra le dita il blister già iniziato, recuperando una delle ultime pastiglie. La portò alla bocca velocemente, prima di afferrare il bicchiere che era andata a riempire in cucina e mandar giù un sorso generoso di acqua. Lo rimise subito giù, sulla mensola sotto lo specchio, tornando finalmente a guardare Nicola, rimasto in silenzio.
-L'unico sintomo che ti dovrà far drizzare le antenne sarà quando avrò un ritardo- gli disse, con molta più calma di quanto lei stessa si sarebbe aspettata – Fino ad allora qualsiasi nausea o mal di testa potrebbe essere semplicemente stress-.
Era una sensazione strana parlare così di possibili sintomi di una gravidanza. Era una novità talmente grande che Caterina faticava ancora, dopo alcuni mesi, a rendersene conto.
Da quando un giorno d'Aprile aveva confessato a Nicola, senza nemmeno starci troppo a pensare per il timore di cambiare nuovamente idea, che l'idea di un secondo figlio non le era più così sgradita, non si era comunque sentita troppo sotto pressione. Nicola le chiedeva puntualmente ogni mese come si sentisse, ma Caterina si ritrovava più divertita da quelle domande senza capo né coda, che infastidita. Quella era forse l'unica sera, probabilmente non aiutata dall'imperante mal di testa, in cui l'avrebbe volentieri fatto dormire sul serio nel salotto dell'appartamento.
-Stress causato da te e tuo figlio, per la precisione- puntualizzò, puntandogli un dito accusatorio contro il petto.
Nicola non sembrò darsi per vinto:
-O magari dai miei figli- disse, per niente intimorito dall'occhiata di fuoco che Caterina gli lanciò subito – Che sarebbero anche tuoi, per inciso-.
Caterina roteò gli occhi al cielo, esasperata e del tutto intenzionata a porre fine a quella conversazione il prima possibile:
-Ci rinuncio- sospirò pesantemente, rassegnata.
NOTE DELLE AUTRICI
In questo inizio di capitolo, seppur a giorni di distanza tra loro, i nostri protagonisti non sembrano voler dormire 😂Da un lato, infatti, abbiamo Pietro e Giada che, con toni più o meno pacati, discutono sul loro futuro. Non sorprende di certo, visti i recenti avvenimenti, la scelta di Giada di voler lasciare quella casa dopo il parto. Forse non sorprende nemmeno troppo scoprire che la donna abbia già iniziato a cercare, senza dirlo a Pietro. Anche Caterina e Nicola sembrano non aver troppo sonno: in modo più o meno esplicito, capiamo che i due stanno già cercando di "mettere in cantiere" un o una secondogenito/a. Nicola, in particolar modo, sembra molto entusiasta ed ansioso all'idea, mentre Caterina vorrebbe ammazzarlo sempre più 🤣Come finirà il loro dialogo? Con altri stuzzicamenti da parte di Nicola oppure finalmente tutti a nanna?Lo scopriremo venerdì!
Kiara & Greyjoy
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