Capitolo 6 - The truth untold (Pt. 1)
It's never too late
To be who you wanna be
To say what you wanna say
It's never too late
To leave if you wanna leave
Or to stay if you wanna stay
(Lana del Rey - "Summer Bummer")*
"I morti ci parlano dalla loro tomba, e formano la nostra coscienza"
Quando sentì la porta dell'ingresso aprirsi, dopo minuti che gli erano parsi infiniti nell'attesa di quel momento, Pietro si irrigidì di colpo. Alzò gli occhi da Giacomo – seduto sul tappeto del salotto ed intento a giocare allegramente con uno dei suoi giocattoli- giusto in tempo per scorgere Giada fare il suo ingresso nella stanza. Aveva il viso stanco, il vestito che indossava che le lasciava le gambe leggermente gonfie scoperte e che sottolineava il ventre ormai visibile, ma con un sorriso luminoso che non le vedeva addosso da tempo.
Cercò di reprimere il pensiero che quello stesso sorriso e l'aria affaticata ma felice sarebbe durato ancora per poco, concentrandosi invece sull'ipotesi – ormai piuttosto certa- che la visita fosse andata bene.
Pietro si alzò con gesti lenti, scavalcando Giacomo con un passo lungo, andando incontro a Giada:
-Com'è andata?- le chiese semplicemente, ancora un po' in apprensione.
-Bene- disse lei, avvicinandoglisi per lasciargli un bacio a stampo su una guancia. Pietro si irrigidì impercettibilmente, stringendosi nelle spalle: era piuttosto sicuro che quello sarebbe stato l'ultimo bacio che ci sarebbe mai stato tra di loro dopo quella sera.
La lasciò fare, ben consapevole che, quando avrebbe iniziato a parlarle – e quando lei avrebbe iniziato a capire dove la conversazione sarebbe andata a parare-, difficilmente gli si sarebbe riavvicinata ancora. Di certo non lo avrebbe fatto ancora allo stesso modo.
-La ginecologa ha detto che è tutto in regola- proseguì Giada, muovendo qualche passo verso l'interno del salotto – Sta crescendo bene-.
Pietro si sentì sollevato, e solo un po' meno in colpa verso il piccolo non ancora nato.
-Bene, direi- si limitò a mormorare, rendendosi conto di non riuscire ad aggiungere altro per l'agitazione che si sentiva addosso. Avrebbe voluto dire a Giada altro, tanto altro – dirle che era sinceramente contento che andasse tutto bene, che fosse felice per lei e i bambini, che per loro ci sarebbe sempre stato in qualunque caso-, ma non ci riuscì.
Vide Giada guardarlo confusa per qualche attimo: per un attimo a Pietro sembrò quasi che avesse intuito qualcosa – ma come avrebbe potuto?-, che avesse l'impressione che di lì a poco qualcosa sarebbe successo.
Si schiarì la gola, ancora sorridente, posandogli una mano su un braccio:
-Mi ha anche detto un'altra cosa- mormorò, con voce dolce – È un maschio-.
Pietro allargò gli occhi, sorpreso. Avrebbe voluto esserci anche lui, a scoprire il sesso del bambino, ma non si sentì deluso a lungo. Aveva in parte sperato in una femmina, per questa volta, ma andava bene anche così: sapeva già che, così come con Giacomo, si sarebbe ritrovato ad amarlo profondamente dalla prima volta in cui l'avrebbe visto.
-Sono contento che stiate bene. Sul serio-.
Giada sembrò in attesa di un qualche suo gesto – un abbraccio, una carezza, un bacio- ma Pietro non si mosse. Non riuscì nemmeno ad allungare una mano per poggiarla sopra il grembo di Giada, il cuore che cominciava a palpitargli troppo forte.
Si chiese, per un attimo, se non fosse il caso di rimandare di qualche altro giorno, ma cercò di frenare quell'istinto subito: andava avanti così, a rimandare in continuazione, da troppo tempo.
Era giunto il momento.
Non sapeva se fosse quello giusto, ma non poteva essere rimandato ancora.
-Perché non vieni a sederti un po' qua?- le disse, indicandole con un cenno il divano, schiarendosi la voce. Vide Giada guardarlo confusa, ma non protestò nel seguirlo. Si sedettero entrambi lì, uno di fianco all'altra, nel punto del salotto più distante da Giacomo, ma con una visuale piuttosto ampia per riuscire a vederlo.
Fu verso di lui che Pietro puntò gli occhi, durante quell'attesa: lo osservò giocare divertito, ogni tanto bofonchiando una qualche parola sgrammaticata che aveva appena memorizzato, i capelli castani che gli ricadevano quasi sugli occhi.
-Stai bene?- Giada lo distrasse, posandogli una mano su una spalla con delicatezza – Ti vedo strano-.
Pietro si voltò a fatica verso di lei, ma non fece in tempo a formulare una risposta che fu di nuovo Giada a parlare:
-E prima che tu me lo dica: ho capito che non è un bel periodo- mormorò, con cautela – Non intendo dire che tu non debba sentirti in lutto per il tuo amico, ma ... -.
-No, ho capito cosa intendi-.
Pietro cercò di sorriderle, ma gli riuscì talmente a fatica e così forzato che vi rinunciò. Prese un sospiro profondo, distaccando ancora una volta lo sguardo, il cuore in gola e il fiato che si faceva sempre più corto.
-Effettivamente ti devo dire una cosa-.
-Cosa?-.
Anche se non la poteva vedere in viso, Pietro riuscì a percepire la leggera agitazione nella voce di Giada. Era una novità, sentirla così incerta.
Pietro cominciò a muovere il piede, ticchettando nervosamente contro il pavimento. Si era preparato quel discorso almeno un centinaio – un migliaio- di volte nella sua mente, ma nessuna delle tante gli sembrava la versione migliore da seguire, in quel momento.
Forse doveva solo improvvisare, sperare che le parole giuste, quelle migliori, sarebbero state pronte per essere pronunciate.
-Non so neanche se sia il momento giusto. Probabilmente no-.
Sospirò ancora, pesantemente, mentre si costringeva ad alzare lo sguardo verso Giada. Voleva guardarla in faccia, nel parlarle: non voleva nascondersi, non più.
-Il fatto è che potrebbe non esserlo mai, il momento giusto-.
Ci aveva riflettuto a lungo, ogni singolo secondo che c'era stato dall'alba vista sulla panchina del parco delle Rimembranze a quel momento preciso, in cui si ritrovava di fronte a Giada, senza più maschere a proteggerlo.
Aveva pensato a qualsiasi fattore potesse anche solo fargli pensare di rimandare a dopo la nascita del bambino che lei stava aspettando, ma quella prospettiva non era riuscita a convincerlo: dirglielo in quel periodo, o aspettare alcuni mesi non avrebbe alleggerito il peso che Giada avrebbe sentito addosso.
Non aveva idea di come avrebbe reagito, né di cosa sarebbe successo: sperava solo di non doversi separare per troppo tempo da Giacomo e dal bambino che ancora doveva nascere.
E sperava che Giada non lo avrebbe odiato per il resto dei suoi giorni, anche se l'avrebbe accettato se fosse successo: al posto suo avrebbe fatto lo stesso, lo sapeva.
-Di che stai parlando?- gli chiese ancora Giada, lentamente, a mezza voce.
Il sorriso che aveva quando era rientrata in casa si era andato spegnendosi inevitabilmente, sostituito da una cupa espressione d'ansia. Pietro si sentì tremendamente in colpa: l'aveva vista agitata nei giorni precedenti alla visita di quella sera, nel timore che qualcosa potesse andare storto, e ora che poteva sentirsi finalmente sollevata stava per arrivare l'ennesima tegola.
Si odiò profondamente per quello, ma non poté non ripetersi che, in fin dei conti, lo faceva anche per il bene di Giada stessa.
Le prese delicatamente una mano tra le sue. Non l'aveva mai fatto prima: non era mai riuscito a lasciarsi andare a quel genere di gesti con lei. In quel momento, per la prima volta, gli sembrò giusto, naturale, farlo.
-C'è una cosa ... - sentì la propria voce tremare, di paura ed emozione insieme – Avrei dovuto dirtela molto tempo fa. Me la sono sempre tenuta dentro perché io per primo non riuscivo ad accettarlo. Ho sperato così tanto di poterla ignorare ... -.
Abbassò per un attimo gli occhi, prima di tornare a puntarli su Giada. La vide sbiancare, e per un attimo pensò quasi che avesse già intuito, o perlomeno avesse qualche sospetto, su quel che le avrebbe detto.
Giada ricambiò la stretta delle sue mani, gli occhi chiari che tradivano insicurezza:
-Pietro, così mi spaventi-.
Avrebbe voluto dirle che non c'era nulla di cui spaventarsi, anche se lui per primo aveva una paura immensa di quel che sarebbe successo dopo quel momento. Avrebbe voluto dirle che, nonostante tutto, avrebbero potuto trovare una soluzione che non li mettesse troppo in difficoltà entrambi, che per i bambini e per lei ci sarebbe stato sempre.
Avrebbe voluto dirle che le voleva bene, gliene avrebbe sempre voluto, ma che non poteva offrirle nulla di più, e che non se lo meritava. Si meritava qualcuno che la amasse davvero, meglio di quanto aveva e avrebbe mai potuto fare lui.
Non riuscì a dire nemmeno una parola, il groppo in gola che gli impediva di dar voce a tutte quelle parole, e il cuore che aveva preso a battergli così forte che, nel quasi totale silenzio del salotto, si stupì che Giada non riuscisse ad udirlo a sua volta.
-Sono gay-.
Rilasciò il fiato che, senza quasi accorgersene, aveva trattenuto fino a quel momento.
Aveva parlato con un filo di voce a malapena udibile, ma gli sembrò di aver appena urlato. E avrebbe voluto farlo davvero, urlarlo a squarciagola e a pieni polmoni, in un momento che lo stava facendo sentire tremendamente male e più libero che mai allo stesso tempo.
Quando alzò di nuovo gli occhi, Giada lo stava guardando impietrita, cerea in volto.
-È uno scherzo?-.
Pietro sapeva che non credeva nemmeno lei a quella possibilità, glielo leggeva in faccia: era troppo immobile, troppo scossa per sperarci davvero.
-Non lo è- sospirò piano, scuotendo appena il capo.
Giada sfilò la mano che Pietro teneva ancora tra le sue, e non si stupì affatto di quel gesto. Se l'era aspettato, e non fece nulla per costringerla a subire un qualsiasi contatto fisico.
-Pietro, che cazzo stai dicendo?- sibilò, la rabbia che cominciava a superare lo sbigottimento iniziale, rendendole la voce tremante – Abbiamo un figlio, Pietro, e ne stiamo aspettando un altro-.
Pietro annuì debolmente, il senso di colpa che lo faceva sprofondare sempre di più.
Giada lanciò uno sguardo veloce verso Giacomo, troppo piccolo per comprendere, prima di tornare a guardarlo con sguardo duro:
-Mi spieghi come cazzo è possibile che tu sia gay?- disse ancora, sforzandosi di non alzare la voce ma riuscendoci a stento – Se devi lasciarmi almeno dammi un motivo più plausibile-.
-Non è una scusa-.
Pietro si passò una mano sul viso. Era perfettamente consapevole che la vera difficoltà sarebbe giunta da lì in poi: si era immaginato quel punto della discussione tante volte, ma nessuna si avvicinava nemmeno lontanamente alla realtà.
-È la verità- mormorò ancora, con decisione – La verità che ti ho taciuto per anni-.
Era una sensazione strana, quella di essersi liberato di un peso che l'aveva oppresso per così tanto tempo, ma non riuscire a sentirsene felice fino in fondo. Forse prima o poi ci sarebbe riuscito, a sentirsi davvero così. Era difficile, di fronte agli occhi attoniti e feriti di Giada, anche solo pensare che una qualche felicità sarebbe potuta derivare da quel momento.
-Non ti sei mai chiesta perché in certi momenti non ti cercavo mai?- proseguì ancora, dopo alcuni momenti di silenzio pesante – Perché le cose vanno sempre peggio, anche se abbiamo provato a fingere che non fosse così?-.
Da Giada non arrivò alcuna risposta, se non uno sguardo di pura rabbia.
-È per questo. Perché vivevo la vita di un altro-.
Pietro si ritrovò a pensare che sarebbe anche potuta essere una vita bella – con una famiglia felice, un lavoro di cui non poteva nemmeno lamentarsi, poter ancora scrivere, una bella casa dove vivere-, se solo fosse stata la sua.
-E so che ti ho trascinata dentro a questo casino, te e Giacomo e il bambino che deve ancora nascere, e so anche che per questo non mi perdonerò mai-.
Voleva che suonassero come delle scuse, le più sincere che poteva offrirle, ma era complicato anche solo pensare che a Giada potessero bastare quelle parole. Pietro sospirò a fondo, congiungendo le mani come se stesse pregando:
-Però è questa la verità. Ho provato a dirtelo anni fa, ma poi sei rimasta incinta e ... E non ce l'ho fatta- mormorò ancora, trovando sempre più difficile continuare a parlare – Mi dispiace-.
Calò il silenzio per minuti che a Pietro sembrarono durare cent'anni. Aveva distolto lo sguardo da Giada, incapace di continuare a guardarla.
La sentiva respirare pesantemente, e poteva intuire già solo da quello la rabbia che doveva animarla. Tenne gli occhi fissi su Giacomo, seduto sul tappeto, che ogni tanto si distraeva ricambiando lo sguardo.
-Perché me lo dici ora?-.
Nel silenzio del salotto a Giada bastò sibilare quelle parole per essere comunque udibile.
-Sono successe cose che mi hanno fatto capire che non potevo più continuare a fingere- ammise Pietro con un filo di voce.
Quando si girò, vide il volto teso, gli occhi leggermente socchiusi e le labbra contratte di Giada: sembrava sul punto di trattenersi a stento dall'urlargli addosso, e Pietro non aveva alcun dubbio fosse esattamente così. Doveva cercare di trattenersi solo per non spaventare Giacomo.
-Ha a che fare con il tuo amico?- gli chiese aspramente, in una domanda che si avvicinava più ad un'affermazione.
Pietro si sentì insicuro, per davvero e nel profondo, per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata. Non poteva parlarle di Fernando, quello non l'avrebbe mai fatto: sarebbe servito solo a procurarle più dolore del necessario.
-Guardami, Pietro, cazzo- Giada alzò appena la voce, serrando i denti per non mettersi a gridare – Guardami e dimmelo-.
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Quando si dice... iniziare con il botto! 💣
Il momento che tutti, probabilmente, stavamo aspettando da tempo... Pietro, finalmente (e diciamolo questo finalmente!!!), ha sganciato la bomba con Giada sui suoi veri sentimenti. Com'era prevedibile, Giada non ha reagito con gioia alla notizia, ma sembra piuttosto particolarmente alterata. Come finirà la loro conversazione?
A mercoledì per scoprirlo!
Kiara & Greyjoy
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