Capitolo 4 - Ave atque vale (Pt. 5)
Pietro tirò su con il naso, gli occhi che si inumidivano ancora. Tornò ad osservare le acque sempre più scure della laguna, il sole che aveva smesso di riverberare i suoi raggi sulle onde molli che si muovevano per la brezza.
-Ti avrebbe fatto troppo male, Pietro-.
Si sentiva addosso gli occhi di Fernando, ma non riuscì a restituirgli quello sguardo, non subito.
Cercò di respirare lentamente, in un ultimo tentativo di mantenere il controllo, ma l'unica cosa che riusciva a percepire era lo strappo sempre più grande che gli partiva dal petto.
-E ti saresti spaventato, e non era il caso-.
Si voltò verso Fernando, ignorando del tutto le lacrime che erano tornate a rigargli il viso. Non era più il pianto disperato di prima: erano lacrime silenziose, come se, inconsciamente, la rassegnazione avesse già preso il posto delle urla rabbiose che prima aveva lanciato dentro di sé.
-Ma ti avrei aiutato, in un qualche modo ... - Pietro represse a stento un altro singhiozzo, la voce che sembrava sul punto di venire a mancare da un momento all'altro – Non so ... -.
Fernando gli sorrise ancora in quella maniera che apparteneva solo a lui, un sorriso morbido e dolce che, in un modo o nell'altro, riusciva a far sentire Pietro al sicuro anche in quel momento di intima tristezza.
-Lo so, lo so che l'avresti fatto-.
Pietro scosse il capo:
-Ma i dottori che dicono?-.
Era una speranza inutile, lo sapeva già: bastava lo sguardo perso di Fernando, e quel che gli aveva detto poco prima per dargli quella certezza.
Pietro non era un medico, e le sue conoscenze in materia erano quasi del tutto inesistenti, ma proprio quel nome – AIDS, perfino quell'acronimo suonava così terribilmente male- lasciava un senso di ineluttabilità innegabile.
Ineluttabile, quella era la parola giusta: la fine, quella era ineluttabile sul serio.
-Che dicono ... -.
Fernando sbuffò debolmente, a disagio:
-Dicono che è meglio che me la goda, arrivato a questo punto-.
Pietro si trattenne a stento dal dirgli che forse, da qualche parte, c'era qualche medico più bravo, specializzato a sufficienza per cercare di alleviare – si morse il labbro nel rendersi conto che risolvere quella situazione sarebbe stato impossibile anche per il massimo luminare in materia- gli effetti della malattia. Sarebbe servito tempo anche solo per trovare qualcuno del genere, e il tempo non era in loro favore.
-Non sempre va bene, non a tutti- continuò Fernando, con rassegnazione nella voce – Sono sicuro che qualcun altro al posto mio ora sta portando avanti la sua terapia e tiene a bada l'HIV meglio di quanto non sia capitato a me-.
Quella era una consolazione talmente magra che Pietro non riuscì a reprimere uno sbuffo rabbioso:
-Non so come tu faccia a non essere incazzato-.
Fernando lo osservò intensamente per diversi secondi, uno sguardo che Pietro non riuscì a decifrare.
-Che senso avrebbe avuto passare quel che mi rimaneva da vivere incazzato per qualcosa, Pietro?- esalò infine, la fronte corrucciata – Non voglio sprecare le ultime energie per il rancore, nemmeno per quello che mi ha causato tutto questo-.
Aveva parlato con una durezza che trasudava tutta la stanchezza che doveva provare. Strinse le mani in grembo, lasciandosi andare ad un sospiro pesante; anche Pietro rimase in silenzio per un po', stringendosi nelle spalle a disagio: l'unica cosa che riusciva a pensare in quel preciso momento era solo che, se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe urlato fuori tutta la frustrazione che cominciava a provare.
-Eppure è per quello che è successo se ora stai per ... -.
La voce gli morì in gola prima di riuscire a concludere la frase. Non riusciva a dirlo, non ad alta voce, non ancora; forse non ci sarebbe mai riuscito, nemmeno quando il fato avrebbe fatto il suo corso.
Si rifiutava di pensare a Fernando lontano da lui in quella maniera irraggiungibile come era la morte. Era un vuoto che già sentiva nascere dentro di sé, e che sapeva già, in un gioco crudele, che prima o poi sarebbe scoppiato del tutto.
-E allora?- Fernando si voltò ancora verso di lui, lo sguardo indurito quando la voce – A me va bene così, te lo posso assicurare-.
Sbuffò ancora una volta, sonoramente, mordendosi il labbro inferiore nervosamente. Ci vollero diversi minuti prima che, inalando un respiro profondo, Fernando tornasse a guardarlo con determinazione:
-Il fatto è che tu non ti sei mai esposto, non hai mai provato a vivere la vita che avresti voluto per te, e per questo sei spaventato all'idea della morte-.
Pietro abbassò per un attimo gli occhi, incapace di sostenere quelli castani di Fernando che ora non gli stavano lasciando scampo.
-Ma ti voglio dire una cosa: tu ora mi chiedi se ne sia valsa la pena, vivere come ho fatto io, vivere senza render conto a nessuno ... -.
Quando rialzò il viso, Pietro si ritrovò di fronte il viso contratto e cereo di Fernando, lo sguardo grave e concentrato. Aveva parlato lentamente, come se avesse in mente con precisione tutto ciò che voleva dirgli. C'era qualcosa nel suo modo di guardarlo, si ritrovò a pensare Pietro, che trasudava più forza di quanto non si aspettasse:
-Tu ora vorresti che io mi incazzassi, che mi guardassi indietro e meditassi vendetta, ma non è così: ho deciso di vivermi la vita senza darmi limiti, magari rischiando le botte, magari rischiando anche di ammalarmi ... Ma è stata una mia scelta. E non c'è niente di frivolo, o di stupido, nel decidere di vivere quel che si è ogni giorno, a testa alta, sempre, nonostante tutto-.
Fernando trasse un lungo sospiro, tornando a volgere lo sguardo verso le acque scure della laguna. Cominciava a calare la sera, il lampione a qualche metro da loro l'unica fonte di luce ormai rimasta che rischiarasse i dintorni.
-Preferisco morire con la consapevolezza di non avere rimpianti, di essere in pace con me stesso e con gli altri, piuttosto che avere l'alternativa di essere in salute e vivere nella rabbia, o dovermi precludere la mia libertà per fingere qualcosa che non sono- mormorò ancora Fernando, a mezza voce. Per un attimo Pietro ebbe il sospetto che quelle ultime parole le avesse dette cercando di trattenere le ultime lacrime, il respiro un po' velocizzato e la voce incrinata.
Avrebbe voluto posargli una mano su una spalla esattamente come Fernando aveva fatto con lui prima, ma si trattenne: aveva l'impressione che quello non fosse il momento giusto per farlo. Attese ancora in silenzio, fino al momento in cui lo vide girarsi ancora, gli occhi lucidi:
-Lo so che è un discorso forte, e che magari non è nemmeno condivisibile ... - Fernando tirò su con il naso, la voce arrocchita – Ma se tu dovessi morire domani, Pietro, potresti dire anche tu di non avere rimpianti, di non avere rancore verso nessuno?-.
Pietro tacque ancora, gli occhi che ricambiavano l'occhiata di Fernando.
-Secondo me no. Secondo me devi ancora trovare quel coraggio e quella forza-.
Il labbro inferiore gli doleva per la forza con cui l'aveva morso per gli ultimi secondi.
Avrebbe davvero voluto trovare il modo per controbattere a quelle parole di Fernando, dimostrargli che si sbagliava e che non era vero, che non era vero niente di quel che aveva detto su di lui. Dovette rifugiarsi in quel silenzio assordante che gli stava ricordando che, se non stava trovando nulla con cui confutarlo, era solo perché, a malincuore, Fernando aveva ragione.
Ce l'aveva sempre avuta, e ce l'aveva anche in quel momento di intenso sfogo.
-Io non sono come te-.
Gli venne ancora da piangere, anche se per motivi così intimamente diversi da quelli precedenti: stavolta c'era lui al centro di quel che Fernando gli aveva appena detto, c'era lui e la sua vulnerabilità messa a nudo.
-Non ci riesco a ... - Pietro scosse la testa con rassegnazione – A fregarmene. Forse sono solo troppo codardo e basta-.
Lo sguardo di Fernando si ammorbidì quasi all'istante, mentre lo osservava in ascolto. Non era davvero arrabbiato, Pietro ne aveva la certezza: sapeva che se lo fosse stato avrebbe insistito ancora, senza arretrare di un millimetro. Invece, tutto quello che fece Fernando, fu passargli un braccio attorno alle spalle come a volerlo consolare.
"Dovrei essere io a consolare lui, non il contrario".
-E io che pensavo di averti dato le basi per trasformarti nel miglior omosessuale di tutta Venezia- sospirò con teatralità Fernando, in un tentativo di alleggerire l'atmosfera che si era andata creando.
Pietro rise debolmente, cercando di tirargli una gomitata leggera in risposta a quella presa in giro del tutto affettuosa. Fernando lo attirò ancor di più nel suo abbraccio:
-A parte gli scherzi, non credi di star esagerando con la sfiducia in te stesso?-.
Le dita fredde di Fernando gli toccarono delicatamente il viso, spingendolo gentilmente ad alzarlo.
-Guardami-.
Con un sospiro, Pietro cedette a quei gesti, tornando ad alzare gli occhi su di lui, smettendo di provare a nascondere il volto nell'incavo della sua spalla.
-Non puoi pensare unicamente alla felicità degli altri e mai alla tua- sussurrò Fernando, accarezzandogli piano le guance ispide con i polpastrelli – So che fa paura percorrere la propria strada, piuttosto che seguire quella che gli altri si aspettano-.
-Non è solo quello- replicò Pietro, abbassando per un attimo lo sguardo.
Vide annuire l'altro, comprensivo:
-Sei terrorizzato dal metterti in gioco- disse semplicemente – Esattamente come la notte in cui ci siamo rivisti, dopo la laurea di Giulia: ero sicuro non avresti accettato le mie avances, che mi avresti mandato a fanculo piuttosto che rivedermi ancora ... Eppure poi hai accettato il mio invito e sei venuto da me. Hai messo da parte la tua paura, quella sera-.
Pietro non fece nulla per impedire ad un sorriso intenerito di distendergli le labbra. Sembrava passata un'eternità da quella sera; gli sembrava incredibile quanto l'aver incontrato Fernando proprio quel giorno avesse cambiato invariabilmente tutto ciò che era venuto dopo.
-E guarda dove siamo ora- anche Fernando sorrise, continuando con le sue carezze – Hai fatto dei passi avanti, in fin dei conti-.
Pietro sbuffò amareggiato:
-Sì, ora sono un frocio consapevole che però si nasconde ancora nell'armadio-.
-Farai bene a romperlo, quel cazzo di armadio- Fernando gli puntò contro l'indice con aria minacciosa, ma l'unico risultato che ebbe fu quello di far ridere Pietro. Per un attimo gli parve che nulla di tutto quello che Fernando gli aveva detto prima fosse mai avvenuto: niente AIDS, niente filosofeggiare sulla vita, niente di niente. Poteva essere sembrato tutto un incubo troppo lungo, un incubo dal quale si sarebbe svegliato a momenti.
La mano che lo spagnolo gli posò su una spalla, però, era fin troppo reale per essere solo una proiezione della sua mente addormentata.
-E sai una cosa?- Fernando lo guardò sorridendo dolcemente – Sono sicuro che lo farai. Altrimenti non avrei sprecato il mio tempo con te-.
"Tu mi sopravvaluti".
NOTE DELLE AUTRICI
Doppio aggiornamento anche per stasera, arrivando ad un punto chiave: il segreto di Fernando di cui veniamo a conoscenza è la sua malattia, e anche, purtroppo, la sua fine certa. La sensazione di Pietro che ci fosse qualcosa che non andava era effettivamente fondata, e in questi due aggiornamenti scopriamo anche un po' la storia di cosa è successo a Fernando negli ultimi due anni, e anche del perchè abbia tenuto a distanza Pietro.
Venerdì avremo la conclusione di questo capitolo piuttosto triste ... Chissà che non ci sia ancora qualche speranza per Fernando!
Kiara & Greyjoy
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