Capitolo 33 - Falling (Pt. 1)
I'm gonna swing from the chandelier
From the chandelier
I'm gonna live like tomorrow doesn't exist
Like it doesn't exist
I'm gonna fly like a bird through the night
Feel my tears as they dry
I'm gonna swing from the chandelier
From the chandelier
Il silenzio che respirava in quella casa non faceva altro che asfissiarlo, lasciandolo in balia di pensieri che invano aveva tentato di scacciare anche le notti precedenti.
Era di notte che, incapace di addormentarsi in poco tempo, Alessio continuava a tormentarsi. E anche quando finalmente il sonno sembrava finalmente essere arrivato, il suo inconscio sembrava voler prendersi gioco di lui, sempre. Steso sul materasso, le coperte che gli arrivavano fino al petto, quella sera non sembrava diversa da tutte quelle che l'avevano preceduta.
Non appena aveva toccato la superficie morbida del letto la stanchezza accumulata durante il giorno sembrava essere passata in secondo piano, sovrastata dalla sua mente ancora lucida.
I pensieri erano frastornanti, urlati nel silenzio notturno.
Non c'era nessun suono attorno a lui, ma a quell'ora di notte sarebbe parso strano il contrario.
Aveva perso la cognizione del tempo, e costringendosi a non guardare l'ora sul quadrante della sveglia – si sarebbe sicuramente dato dell'idiota nel constatare che, dopo tutto quel tempo, ancora riusciva a perdere intere ore di sonno per pensare a lui-, se ne stava rimanendo lì per inerzia. Alice doveva essersi già addormentata, nella stanza accanto alla sua, e di certo lo stesso doveva essere per Christian e Federica: aveva dato loro la buonanotte prima delle dieci, e per quella notte nessuno dei due sembrava intenzionato a svegliarsi in preda a qualche incubo.
Stava odiando tutto quel silenzio immobile.
Sospirò seccato: per quanto cercasse di distrarsi, di lasciare che il sonno prevalesse su tutto, non ce la faceva. Non poteva allontanare Pietro dalla sua testa, non riusciva a scacciarlo nemmeno dai suoi pensieri. A lui non veniva così semplice, non come ci era riuscito lui in pochi minuti la sera prima.
Si sentì un totale incapace – se c'era evidentemente riuscito Pietro, perché non trovava anche lui una ragione altrettanto valida per fare lo stesso?
Sì, era decisamente un incapace.
Sbuffò stizzito, scostando bruscamente le coperte, alzandosi subito. Afferrò il paio di pantaloni di una tuta che aveva lasciato sulla sedia accanto al letto, e dopo esserseli infilati uscì dalla stanza, percorrendo il corridoio e finendo velocemente nella cucina. Avvertì i brividi di freddo percorrergli le braccia e la schiena, ma non se ne curò: non aveva voglia di tornarsene in camera per infilarsi una felpa sopra la canottiera che indossava per dormire, e l'unica soluzione sembrava quella di tenersi quel freddo che lo raggelava.
Il nervosismo e l'insonnia gli stavano annebbiando la mente, e – anche se in fondo lo sapeva che stava facendo una cazzata, una cosa senza senso di cui si sarebbe pentito sicuramente qualche ora dopo, alla consueta ora di alzarsi per prepararsi ad una nuova giornata- quasi senza pensare, in un modo automatico che gli diede parecchio da pensare, afferrò la prima bottiglia d'alcool che gli era capitata sotto tiro. Aveva alzato lo sguardo verso una delle tante mensole della cucina, e ora si ritrovava a riempire per metà un bicchiere, il liquido trasparente della vodka liscia che sarebbe potuto passare per della semplice acqua, ma che invece gli bruciò le labbra e la gola al primo sorso.
Chiuse gli occhi per un lungo secondo, con l'odio verso se stesso e la sua debolezza che soccombeva al sapore dolciastro dell'alcool. Sentiva di potersi davvero detestare in quei momenti, quando cedeva al dolore e cercava di narcotizzarlo a quel modo. Aveva bevuto anche durante la giornata, fin troppo per i suoi gusti, e troppo per sembrare un uomo senza preoccupazioni o tormenti.
Strisciò i piedi fino al salotto, buttandosi sgraziatamente sul divano e protendendosi verso il tavolino che vi era di fronte: osservava la vodka, quasi finita, nel bicchiere, e non poté fare a meno di darsi dello stupido ancora una volta.
In quel momento, immobile e con lo sguardo perso, non impedì il fluire di pensieri nella sua mente: riusciva a vedere Pietro ovunque in quella casa. Pietro seduto accanto a lui su quello stesso divano, poco tempo dopo il trasferimento di Alessio in quell'appartamento. Pietro che teneva in braccio Christian, nato appena da una settimana, lo stesso ricordo che aveva anche per quando era nata Federica, quando era rimasto lì interi giorni per aiutarlo.
E Pietro che gli diceva che non voleva più vederlo, parole alle quali era rimasto più fedele di quanto Alessio non aveva sperato.
Bevve un lungo sorso, come per sopire il dolore di quella ferita appena aperta, che non si sarebbe rimarginata ancora a lungo perché era tutto troppo fresco, un ricordo indelebile e troppo recente per essere seppellito. Avrebbe voluto solamente cancellare totalmente la sera prima, vivere come se non fosse mai esistita. Sarebbe stato tutto più semplice se solo ieri avesse deciso di non uscire ed andare al Celebrità a cercare Pietro. Dannatamente più semplice, perché se fino a ventiquattr'ore prima era convinto di aver già toccato il fondo, ora aveva dovuto ricredersi: adesso stava scivolando davvero verso il fondo, e non lo aveva ancora nemmeno raggiunto.
Alessio buttò giù l'ultimo sorso di vodka, mollando distrattamente il bicchiere sulla superficie del tavolino non appena sentì la gola bruciare meno. Forse nemmeno l'alcool e la sensazione di leggerezza alla testa sarebbero bastati ad attutire quella caduta.
Si coprì il volto con le mani, cercando di scacciare la voglia di piangere che lo avvolse in quel momento. Avrebbe voluto piangere ed urlare per tutto: per il dolore, per la rabbia, per il suo sentirsi inadatto e incapace ad esternare qualsiasi sentimento. Per essere stato rifiutato, quando era stato lui per primo a rifiutare Pietro.
Era stato uno stupido egoista, su questo Alice aveva ragione. Era colpa sua.
Impellente e urgente, il bisogno di alcool tornò a farsi forte, ad essere quasi vitale. Sentire quel liquido bruciargli la gola e il palato sembrava essere una distrazione momentanea, ma pur sempre una distrazione: il bruciore fisico, anche se per pochi secondi, avrebbe sostituito quello emotivo. Si passò un'ultima volta i palmi delle mani sulla barba troppo cresciuta, prima di alzarsi subito dopo diretto ancora una volta in cucina.
Si vergognava, in quel momento, si considerava totalmente patetico; per quanto se lo ripetesse, continuava a tenere inclinata la bottiglia di vodka, facendone scendere il liquido nel bicchiere ormai quasi del tutto pieno.
Si faceva pena da solo, e non osava nemmeno immaginare cosa avrebbero potuto pensare i suoi famigliari e gli amici nel guardarlo bere così, come se la dignità avesse smesso di esistere per lui. Riusciva ad immaginarsi così vividamente gli sguardi feriti e delusi di Alice e dei suoi figli, e gli occhi scuri di Pietro scrutarlo con sufficienza, che non indugiò oltre: in un attimo la vodka che fino a poco prima riempiva il bicchiere, scendeva ora lungo lo scarico del lavandino.
-Coglione- borbottò Alessio, ad alta voce.
Fosse almeno stato l'unico passo falso che aveva fatto negli ultimi mesi.
Malgrado l'alcool già ingerito, la sua mente era troppo poco annebbiata e lui ancora troppo lucido per riuscire ad ignorare quanto gli mancasse Pietro, quanto facesse male non più solamente il ricordo di due mesi prima, ma anche quello della notte precedente.
A che gli era servito provare a mettersi in gioco, provare a parlare apertamente, se poi in quel momento si ritrovava comunque in quello stato?
Si era ripetuto per ore che doveva almeno provare a cambiare le cose, ma ora che l'aveva fatto, e Pietro gli aveva fatto capire che non bastava, si sentiva solo peggio di prima.
Era così che si era sentito Pietro per tutto quel tempo?
Si era sentito così ogni volta che erano insieme, ogni volta che Pietro lo guardava sapendo che tra loro non sarebbe mai cambiato niente?
Ad Alessio venne voglia di vomitare a quel pensiero.
Si costrinse a muovere i piedi fuori dalla cucina, senza una meta precisa: non aveva la minima idea di tornarsene a letto, non in quello stato, soggiogato completamente dai ricordi e dal dolore. Tornò in salotto, lo sguardo che vagava perso da un angolo all'altro della stanza, lungo i mobili, attraverso la finestra, fino agli scaffali colmi di album e libri. Avrebbe volentieri messo su qualche disco, se non fosse stato per l'ora in cui si ritrovava lì, giusto per spezzare quel silenzio che cominciava a non sopportare più.
Si avvicinò alla libreria, limitandosi solo ad osservare i contorni degli album e dei vinili, scorrendone velocemente i titoli. E poi, senza nemmeno farci caso subito, notò un album tenuto in disparte, come se non avesse nulla a che fare con tutti gli altri: Alessio si allungò verso quello, scoprendo la copertina di un cd masterizzato, percependo una fitta al cuore che sembrava non lasciargli scampo.
Lui gli album aveva sempre preferito comprarli originali, non certo masterizzarli al computer, ma ricordava perfettamente la ragione della presenza di quel cd in casa sua.
Accostatosi allo stereo, ed impostando il volume minimo, mise su l'album, serrando gli occhi e sperando che le lacrime non scendessero proprio in quel momento.
"Their heavy words can't bring me down, boy I've been raised from the dead" , la voce sottile di Lana Del Rey era partita immediatamente, riportando indietro Alessio al momento in cui Pietro gli aveva dato in mano quel cd, in cui aveva raccolto alcune delle canzoni che più avevano ascoltato nel loro viaggio a Los Angeles. Alessio si era arrischiato ad ascoltarlo solo un'altra volta, un mese dopo essere tornati, come se avesse troppa paura ad affrontare certi ricordi legati invariabilmente ai loro giorni in California e alla breve parentesi di New York che aveva chiuso il loro viaggio.
Anche in quel momento provò paura, ed un vuoto all'altezza dello stomaco impossibile da ignorare, nell'ascoltare quell'album. Ricordi di giorni felici gli si affacciarono nella mente, una felicità così lontana nel tempo e nello spazio che li teneva separati che sembrava quasi essere stata solo un'illusione.
Gli Stati Uniti erano stati la loro bolla di felicità, così effimera e temporanea, destinata a finire inesorabilmente, che sembrava esserci solo quell'album come prova materiale che non fosse stata solo un'illusione. Ed Alessio fu sollevato di averlo, ed era sicuro che Pietro glielo avesse regalato con quell'esatto proposito: dargli una prova tangibile che era successo, che quei giorni erano esistiti, e che avrebbe potuto ricordarli ogni volta che avrebbe ascoltato quelle canzoni.
Pietro lo conosceva così a fondo, ed aveva voluto così tanto arrivare a comprenderlo anche nei suoi particolari più profondi, che sapeva esattamente come farlo sorridere e come farlo sprofondare sempre più in basso.
Mentre il cd continuava a suonare, il volume così basso che si potevano distinguere a malapena le melodie, Alessio non fece più nulla per evitare che le sue lacrime scendessero a rigargli le gote.
But I'm holding on for dear life
Won't look down, won't open my eyes
Keep my glass full until morning light
'Cause I'm just holding on for tonight
Help me, I'm holding on for dear life
Won't look down, won't open my eyes
Keep my glass full until morning light
'Cause I'm just holding on for tonight
On for tonight
(Sia - "Chandelier")*
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla cantante e ai suoi autori
NOTE DELLE AUTRICI
Iniziamo questo capitolo con un aggiornamento tutto introspettivo, con protagonista Alessio. Vediamo quindi il post incontro con Pietro, in cui il nostro biondo se la sta passando tutt'altro che bene, deluso e disperato dal fatto che la conversazione con Pietro non ha avuto effetti positivi sulla loro situazione.
Si riprenderà? E che succederà nel resto del capitolo?
Lo scopriremo dal prossimo aggiornamento, questo venerdí!
Kiara & Greyjoy
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