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Capitolo 20 - Wawing goodbye (Pt. 1)

"Andarsene non significa andare avanti"

Those nights were on fire

We couldn't get higher

We didn't know that we had it all

But nobody warns you before the fall [1]


C'era solo silenzio attorno a lui.

Era un silenzio innaturale, atipico per una serata di metà Luglio così afosa e così soleggiata come lo era quella. Nonostante fosse giovedì, si era aspettato di udire il chiacchiericcio delle persone per le calli non appena si era deciso ad aprire le finestre del salotto, per far arieggiare un po' la stanza ora che il sole stava tramontando. Ma c'era solo silenzio. O forse era lui che non riusciva ad udire nient'altro se non il rumore dei suoi pensieri.

Filippo tenne gli occhi fissi al soffitto, le mani impegnate però a tenere in equilibrio Beatrice, che sembrava essersi addormentata sopra il suo petto. Caterina gli era stesa di fianco, e le teneva una mano sulla schiena per impedirle di cadere accidentalmente giù dal divano nel caso si fosse agitata nel sonno.

Avrebbe voluto riuscire a dormire anche lui così serenamente come stavano facendo loro, ma in verità erano mesi che riusciva a stento a chiudere occhio durante la notte. Forse era perché quel divano, in fin dei conti, non era proprio il giaciglio migliore che potesse esistere.

Anche dalla camera da letto – quella che una volta era sua e di Giulia, la loro camera da letto, e che ora era di Giulia e basta- non riusciva a recepire alcun rumore. C'era però la luce accesa: riusciva a scorgere la mezzaluna di luce riflessa sul pavimento del corridoio, segno che c'era qualche possibilità che Giulia fosse ancora sveglia.

Sarebbe stato più strano il contrario, d'altro canto: erano passate le nove da poco. Avevano finito di cenare da appena mezz'ora, e fuori il sole ancora non era calato del tutto. Sarebbe stata la serata ideale per fare una breve passeggiata fuori prima di tornare e mettere a letto le gemelle, e ritagliarsi un po' di tempo per loro da soli. Magari seduti sul divano davanti ad un film che avrebbero lasciato a metà perché la stanchezza avrebbe cominciato a farsi sentire, e perché il giorno dopo la sveglia sarebbe suonata troppo presto.

Sarebbe stato quello che avrebbero potuto fare se fossero stati ancora una famiglia unita, e non mille pezzi di un vaso caduto a terra e frantumatosi in resti non più ricomponibili.

Guardò ancora a lungo la mezzaluna che la luce della lampada in camera da letto rifletteva. Giulia era a pochi metri da lui, ma sembrava ci fosse un muro invalicabile tra loro.

E non aveva nessun altro da incolpare se non se stesso.

Non poteva darle torto se non aveva voglia di passare del tempo con lui, o di guardarlo, o di parlargli. Di dormire insieme nello stesso letto. Di sfiorarlo, anche solo con lo sguardo.

Era solo colpa sua.

Si domandò se fosse possibile provare la mancanza di una persona che viveva ancora sotto lo stesso tetto, ad una camera di distanza. Doveva esserlo, perché a lui mancava Giulia in un modo così doloroso che non avrebbe neanche creduto possibile.

Si chiese se anche per lei doveva essere lo stesso, anche se solo in parte.

Forse era proprio per combattere quella mancanza, e quell'assenza di voglia di stargli attorno, che la vedeva andarsene ogni weekend, quando l'impedimento del lavoro non c'era ed era libera di far quel che voleva.

Si era chiesto a lungo dove andasse ogni volta, ma si era sempre fermato dal chiederglielo. C'erano piccoli dettagli di cui probabilmente Giulia neanche si rendeva conto che però gli facevano supporre non andasse sempre dai suoi genitori, o da sua sorella, o da uno qualsiasi dei loro amici. Piccoli gesti che gli facevano pensare ci potesse essere qualcuno, qualcun altro con cui si vedeva, e al solo pensiero si sentiva ribollire ogni volta. Non aveva alcun diritto di farlo, Filippo ne era consapevole. Forse era anche per quel motivo che non aveva mai trovato il coraggio di chiederle una qualche conferma.

Poteva solo limitarsi a guardarla da distante, con i suoi capelli rossi a cui, dopo più di un mese, ancora non si era abituato.

Le mancava in maniera viscerale, ma non poteva chiederle di sopportare la sua vicinanza. Era stato lui a creare quel casino, ed era giusto che fosse lui a subirne le maggiori conseguenze.

Filippo sospirò sconfitto, la distanza da Giulia che lo opprimeva sempre di più senza alcun rimedio.

"Dovrei cercare di parlarle".

Non ci aveva mai provato in tutti quei mesi, forse perché qualcosa dentro di lui gli diceva che Giulia non l'avrebbe ascoltato o, ancor peggio, non gli avrebbe neanche lasciato il tempo di avvicinarsi. In fondo era per quel motivo che ormai lei passava meno tempo possibile in quella casa: era l'unico modo per evitare qualsiasi occasione di parlare.

La poteva capire. Probabilmente se i ruoli fossero stati invertiti, lui avrebbe agito allo stesso modo.

Ma Giulia, quella sera, era lì a pochi metri da lui, probabilmente stesa a letto in attesa che il sonno la cogliesse. Avrebbe potuto dirle finalmente tutto ciò che si stava tenendo dentro da mesi, magari renderle anche le cose più semplici dicendole che, se voleva, se ne sarebbe andato. Gli avrebbe spezzato ancor di più il cuore ricevere una risposta affermativa, ma non c'era altro da fare. Toccava a lui pagar pegno, non a lei.

Avrebbe potuto prendere le bambine e metterle nella loro camera, e poi proseguire il suo cammino verso la stanza da letto, la loro vecchia stanza da letto.

E poi non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere. Non aveva idea se sarebbe riuscito a far uscire le parole che gli riempivano la testa, o se Giulia le avrebbe ascoltate.

Era da tempo che doveva fare un tentativo. Quella sera era, molto semplicemente, solo una delle tante in cui sembrava star trovando un po' più coraggio del solito.

Ho perso le parole

Eppure ce le avevo qua un attimo fa

Dovevo dire cose

Cose che sai

Che ti dovevo

Che ti dovrei

Ho perso le parole

Può darsi che abbia perso solo le mie bugie

Si son nascoste bene

Forse però

Semplicemente

Non eran mie [2]

*

Two hearts, one past

I was your lover

Cruel words broke us

You became another [3]

Avrebbe fatto meglio ad andare a dormire, piuttosto che star lì a perdere tempo – ed ore di sonno- facendo finta di leggere quando invece rimuginava sempre sulle solite cose.

Giulia fu quasi sul punto di chiudere il libro che aveva in mano. Glielo aveva prestato Caterina, e forse era proprio quel particolare che non le permetteva di togliersi l'amica dalla mente.

Doveva parlarle.

Sospirò a fondo, la mente nel caos che non le permetteva di trovare alcuna soluzione.

Era passato più di un mese da quando aveva parlato di Lorenzo a Ilaria. Ed era più di un mese che doveva parlarne anche a Caterina. Aveva perso il conto delle occasioni che si era ritrovata davanti e nelle quali avrebbe potuto parlarle, senza tuttavia farcela.

Era scoraggiante, soprattutto dopo aver rifiutato l'offerta di Lorenzo di dirlo insieme – Giulia non ci aveva pensato neanche un minuto, imbarazzata alla sola idea di presentarsi alla porta di Caterina direttamente con lui per dirle "Ehi, lo sai che io e tuo fratello stiamo insieme?".

Era una cosa che doveva risolvere da sola. Solamente, non sapeva come.

-Ti disturbo?-.

Giulia sobbalzò visibilmente, il libro che si richiuse per sbaglio e che le scivolò accanto, sul letto. Quando alzò gli occhi si ritrovò a squadrare sorpresa il viso esitante di Filippo, fermo sulla soglia della camera. Non l'aveva nemmeno sentito arrivare, tanto era rimasta concentrata nei suoi pensieri e nella sua disperazione per l'incapacità di parlare a Caterina.

Cercò di riprendere contegno nel giro di qualche secondo:

-Non stavo ancora dormendo, quindi ... - rispose, piuttosto freddamente.

Era forse la prima volta che vedeva Filippo comparire così all'improvviso in quella che era stata la loro camera da letto. Solitamente nel dopocena, nelle poche ore che li separava dall'andare a dormire, non capitava quasi mai di incrociarsi – tanto meno di parlare. Era difficile gestire le gemelle, che avrebbero preferito di gran lunga giocare e passare del tempo con loro, ma per Giulia era impossibile accontentarle in quello: era già abbastanza doloroso cenare con Filippo vicino come se niente fosse, in silenzio come due sconosciuti.

Ritrovarselo lì era una novità, e non credeva potesse essere positiva.

Filippo sospirò, le mani nelle tasche dei pantaloni sportivi che indossava sempre a casa. Sembrava a disagio, ma forse più spaventato. Giulia non gli chiese nulla, lasciando che fosse lui a parlare per primo.

-Lo so che non vorresti vedermi qui adesso, ma ... -.

"Hai proprio ragione" pensò Giulia, nervosamente, "Non vorrei vederti qui".

Filippo sembrò tentennare, lo sguardo abbassato, prima di prendere coraggio e tornare a guardarla:

-Giulia, forse dovremmo parlare-.

Quella era la proposta più ridicola con cui se ne sarebbe potuto uscire.

-Hai ritrovato la lingua improvvisamente?- sbuffò Giulia.

Non le importò di essere stata brusca e insensibile. Poteva averlo ferito, ma in quel momento non riuscì a provare alcun senso di colpa.

Filippo la osservò con sguardo abbattuto:

-Forse ero solo troppo codardo per venire da te a parlarti-.

-Sei codardo, ma lo sei stato per un altro motivo-.

Giulia lo guardò duramente. Non c'era bisogno che entrasse ancor più nello specifico: era sicura che Filippo avesse già capito. Glielo leggeva nelle iridi castane che avevano perso la loro luce vivace, quegli stessi occhi che lei cercava ogni volta che aveva bisogno di sapere che non era sola. Ora erano soli entrambi, irrimediabilmente.

-Forse per stasera smetterò di esserlo- Filippo lo disse in un sussurro poco più che udibile – Me lo lascerai fare?-.

Per diversi secondi Giulia non disse nulla, in bilico tra la voglia di dirgli di lasciarla sola e che non aveva alcuna voglia di starlo ad ascoltare, e quella parte di lei consapevole che prima o poi quel momento avrebbe dovuto affrontarlo. Stava scappando alla stessa maniera da Caterina, e da ancor più tempo da Filippo: doveva fermarsi, ad un certo punto.

Lo guardò a lungo, chiedendosi se sarebbe vacillata, se le forze per ascoltarlo sarebbero venute meno, ma non poteva neanche più continuare a rimandare.

-Di cosa devi parlarmi?-.




[1] Lana Del Rey - "The greatest"

[2] Ligabue - "Ho perso le parole"

[3] Sia - "Wawing goodbye"

*il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente ai rispettivi cantanti e autori.

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